domenica 6 agosto 2006

Viganò, Federica (a cura di), La natura osservata e compresa. Saggi in memoria di Francesco Moiso.

Milano, Guerini, 2005, pp. 416, € 43,50, ISBN 88-8335-678-0.

Recensione di Davide Sisto - 06/08/06

Storia della filosofia (idealismo, moderna, contemporanea), Filosofia della scienza, Filosofia della natura

La lettura del sofferto omaggio che Xavier Tilliette dedica, nella parte iniziale del volume, a Francesco Moiso, non può che cagionare in ogni spirito autenticamente devoto al sapere filosofico un vertiginoso senso di sincera nostalgia. La morte prematura di Moiso ha infatti privato l’universo filosofico italiano di uno studioso profondamente eclettico e onnisciente, erede della puntigliosa acutezza ermeneutica del maestro Luigi Pareyson e uomo visceralmente innamorato delle arti e della cultura tedesca, “in grado – osserva, con una punta di rimpianto, Tilliette – di improvvisare una dissertazione sui vini del Piemonte come sulla Sacra Sindone, sui tesori della Galleria di Brera o della Pinacoteca di Monaco come sui viaggi e amori di Goethe” (p. 14). Pertanto, colleghi italiani e stranieri, su invito dell’ex allieva Federica Viganò, hanno deciso di mantenere viva la memoria del grande pensatore torinese attraverso una serie di brevi saggi, riguardanti tematiche affini ai suoi interessi principali. Indubbiamente non può che essere la natura, dal volto “misterioso e patente”, la protagonista incondizionata di un simile progetto editoriale, pubblicato col contributo del Dipartimento di Filosofia dell’Università degli Studi di Milano. “Una natura osservata con quell’invidiabile curiosità per i fenomeni concreti che tanto traspariva dalle sue lezioni; una natura compresa con lo sguardo appassionato e lucido di chi ha profondamente rintracciato il legame tra le scienze e la loro storia, riuscendo a carpirne alcune ‘leggi’ che sfuggono ai più” (p. 12). A partire dai primi scritti del 1968 - come si evince dall’esaustiva bibliografia curata dalla moglie Cornelia Diekamp, in collaborazione con Andrea Potestio - Moiso ha cercato di insinuarsi nei penetrali più reconditi della filosofia della natura, alternando puntuali e minuziose indagini scientifico-morfologiche, incentrate tanto sulle implicazioni culturali dell’Urpflanze goethiana quanto sulle complesse evoluzioni della cosiddetta “scienza romantica”, ad appassionate ricostruzioni tragico-mitologiche poggianti sul fecondo connubio arte/natura. Buona parte del volume riguarda la Naturphilosophie di Schelling, affrontata non solo in relazione alla concitata diatriba con la Wissenschaftlehre fichtiana o in rapporto alle discussioni scientifiche tra fautori del preformismo e fautori dell’epigenesi, ma anche in considerazione delle successive riflessioni contenute nelle Ricerche filosofiche sull’essenza della libertà umana e gli oggetti che vi sono connessi – laddove l’elaborazione della comune nozione di Dio passa attraverso i principi di una filosofia della natura – e degli ultimi interessi per la mitologia e la rivelazione. Curioso risulta, in particolar modo, il saggio di Tonino Griffero, il quale mostra come l’indole irascibile e solipsistica di Schelling sia esponenzialmente foraggiata dalla sua ossessiva plagiofobia, “una patologica mania dell’originalità che si può considerare l’effetto di un’autentica ‘angoscia dell’influenza’, cioè del sentimento ipocondriaco dell’impossibilità di convivenza con altre posizioni filosofiche” (p. 55). Griffero, pertanto, ripercorre le varie beghe giuridiche del filosofo di Leonberg, mettendo in luce il forte attrito con Hegel e gli hegeliani, evidenziando la paranoica allergia schellinghiana nei confronti di appunti e dispense e sottolineando la tragicomica antipatia verso il teologo di Heidelberg Paulus, querelato da Schelling per la pubblicazione non autorizzata di una vasta trascrizione delle lezioni sulla Filosofia della rivelazione.
Su un piano prettamente ermeneutico si collocano, invece, quei saggi intenti ad affrontare tematiche che concernono l’idealismo tedesco e la Goethezeit: Matteo Vincenzo D’Alfonso si sofferma, per esempio, sul problema dell’impulso nella fichtiana Dottrina della Scienza 1804-II, ripercorrendo i significati principali che il concetto di Trieb assume con il continuo evolversi del pensiero fichtiano, mentre Vittorio Morfino confronta scrupolosamente le interpretazioni elaborate da Herder e Goethe nei confronti della filosofia spinoziana, sottolineando come Goethe, rispetto a un Herder intento a trasformare la sostanza di Spinoza in un soggetto dai tratti hegeliani, evidenzi piuttosto il carattere “acentrico e asimmetrico” di una natura, in cui “ogni forma è l’effetto dell’istantaneo rapporto tra l’infinita variazione cui è soggetto ogni individuo lo sforzo di persistere di questo una volta venuto all’esistenza” (p. 243). 
Due autori particolarmente cari a Francesco Moiso sono, senza dubbio, Kant e Nietzsche. Del filosofo di Königsberg si occupano Piero Giordanetti, il quale pone in evidenza come la Critica della ragion pura “proponga una fondazione a priori del passaggio graduale dalla coscienza all’inconscio, tema che si svincola dalle ricerche empiriche dell’antropologia e si inserisce, come “anticipazione della percezione”, nel sistema dei principi sintetici dell’intelletto puro, oggetto della filosofia trascendentale” (p. 244); e Maurizio Ferraris, convinto che la rivoluzione copernicana di Kant “non sia avvenuta senza spargimento di sangue” (p. 256): la riduzione del conoscibile a ciò che sta nello spazio e nel tempo, la dipendenza della conoscenza dagli aspetti soggettivi dell’uomo e l’inevitabile indifferenza tra “essere” e “conoscere”, da cui consegue l’assottigliarsi della distanza che separa l’ontologia dall’epistemologia, sono le principali fallacie insite nel criticismo kantiano, elementi teorici scottanti che nessun studioso odierno può permettersi d’ignorare. Nietzsche è, invece, protagonista dei saggi di Federico Vercellone e Vincenzo Vitiello. Vercellone, mettendo in luce i fattori escatologici che hanno determinato una profonda lacerazione nel rapporto tra antico e moderno, segue quella via teorica che, attraverso il graduale dissolversi della quieta compiutezza formale goethiana, porta a una vera e propria ermeneutica morfologica, prospettante una forma aperta, non “formata” ma “formante”, quindi avvertita come sorgente e genesi. Vitiello, invece, s’immerge nel cuore del pensiero di un Nietzsche fautore di Eraclito e avversario di Parmenide, i cui scritti sono guidati “dall’esigenza antimetafisica di sciogliere completamente e definitivamente l’essere nel divenire, l’Uno nel molteplice” (pp. 280-281). Da qui le celebri critiche alla scienza, al linguaggio ordinario e a una verità intesa metafisicamente come adaequatio intellectus et rei, come accordo della rappresentazione soggettiva con un oggetto semplicemente presente. 
Ampio spazio viene dato alla scienza e alla filosofia della natura tout court: Claudio Ciancio, per esempio, pone la propria attenzione su alcune divergenze di stampo epistemologico che allontanano la prospettiva filosofica di Pascal da quella più strettamente razionalistica di Cartesio, mentre Stefano Poggi analizza i caratteristici tratti neurologici della scienza romantica, dedicando maggior interesse al medico Georg Büchner, il quale ritiene, da monista spinoziano qual è, che “l’assoluta necessità delle leggi di natura costituisca un fatto, così come il passaggio a un fatalismo d’impronta decisamente materialistica gli appare inevitabile, innanzitutto dal punto di vista delle scienze naturali” (p. 330).
Nella parte conclusiva del volume spiccano gli interventi di Giuseppe Riconda, che in contrapposizione alle tendenze nichilistiche e postmoderne di una società obnubilante l’esperienza del male esplicita, attraverso precisi richiami ai più importanti filosofi russi, la necessità di affermare Dio e il male insieme, sviscerando il profondo e abissale senso escatologico della religione cristiana; e di Federica Viganò, il cui obiettivo consiste nel porre alla base del paradigma dello sviluppo economico il concetto di libertà, soffermandosi, in particolare, sulle teorie di Isahia Berlin e di Amartya Sen, quest’ultimo premio Nobel per l’economia del 1998. 
Ora, da questa concisa e sommaria descrizione dei saggi più significativi contenuti nel presente tributo a Francesco Moiso è possibile notare il carattere prevalentemente composito di un lavoro colmo di spunti stimolanti, preziosa fonte per l’approfondimento di temi - storici e teoretici – d’interesse ineludibile per l’attuale panorama filosofico europeo. 

Indice

Premessa

XAVIER TILLIETTE
Omaggio a Francesco Moiso

FÉLIX DUQUE
Schelling: Filosofìa de la Revelaciòn como dialéctica de la historia

TONINO GRIFFERO
Un “segreto pubblico”. Schelling e l’idea di proprietà intellettuale

WILHELM G. JACOBS
Schellings Philosophie der Musik

JÖRG JANTZEN
Ausser der Vernunft ist nichts, und ihr alles

HANS JÖRG SANDKÜHLER
Naturwissenschaft und Idealismus. Zur Naturphilosophie Schellings

RAINER E. ZIMMERMANN
Freiheit & Unfreiheit. Zur Interpretation der Freiheitsschrift Schellings durch Francesco Moiso

CARLO TATASCIORE
Note su filosofia e scienza empirica nelle Ideen e nella Weltseele di Schelling

GIANFRANCO FRIGO
Filosofia della natura e medicina in Schelling

MATTEO VINCENZO D’ALFONSO
L’impulso nella Dottrina della Scienza 1804-II di J.G. Fichte

DIETRICH VON ENGELHARDT
Altern und Alter in der Philosophie Hegels

VITTORIO MORFINO
Spinoza tra Herder e Goethe

PIERO GIORDANETTI
Dalla coscienza all’inconscio. Implicazioni della lex continuitatis nella Critica della ragion pura

MAURIZIO FERRARIS
Goodbye Kant. Dalla critica della ragione alla ontologia

FEDERICO VERCELLONE
Estetica tra morfologia ed ermeneutica. Dalla Klassik all’espressionismo tedesco

VINCENZO VITIELLO
Nietzsche: l’origine del linguaggio e la critica della metafisica

CLAUDIO CIANCIO
Scienza e filosofia in Cartesio e Pascal

PAOLA BASSO
La “prima maglia” della deduzione. Riflessioni a margine di un manoscritto del 1801

STEFANO POGGI
La neurologia dei romantici e il caso Georg Büchner

LUCA GUZZARDI
Scienza e Morfologia: da Mach a Goethe

REINHARD BRANDT
Ein Bilder-Essay: Moskau-New York

GIUSEPPE RICONDA
Escatologia e Apocatastasi

FEDERICA VIGANÒ
“More Aesthetics, more Ethics”. Il concetto di libertà alla base del paradigma dello sviluppo economico

BIBLIOGRAFIA DI FRANCESCO MOISO
(a cura di Cornelia Diekamp e Andrea Potestio)

2 commenti:

MAURO PASTORE ha detto...

In recensione pur non esplicitandosi di pubblicazione recensita causalità non casualità di curatrice ed autrice di saggio finale, tuttavia se ne fa riferimento non riferendone, significati di combinazioni da recensore evidentemente interpretati qual coincidenzialità, ignorando dunque la pregnanza di ultimo assunto di pensiero filosofico liberale, che afferma necessità deduttiva, traendo conseguenze in prima istanza da pensatore e suoi pensieri e risultanti filosofiche non solo intrinseche, in seconda istanza da rapportarsi altrui eminente, ideologicamente attivo e necessitante una conclusione inevitabilmente a scopo di giusta rammemorazione...

Dunque recupero da regime interpretativo alieno ed alienante soggetto ed oggetti rammemorati, che disposizione di memoria filosofica reca altra attività ideologica ad opposta matrice cui idea alla base dei rapporti altrui menzionati ed illiberale... Questa ultima è una determinazione non interpretativa primariamente e non filosoficamente critica, ovvero critica estranea a realtà criticata ed interpretativamente distruttiva, tutt'altro da Critica kantiana non a caso rifiutata non refutata in uno dei rapporti contenuti, poiché idea di base in tal caso non dialetticamente applicabile senza opposizione del tutto priva di logica dialettica:
Difatti riflessione di Piero Giordanetti principia da soggettualizzazione alterizzante di oggetto che trattato differentemente da quel che è ne viene replicato non alterato ma infine alterizzato cioè assunto in altro evento da quello ad esso proprio in ciò pur non essendovi illogicità di scambio di altro\non-altro nondimeno restandovene alogicità a permetterne anche sovrapposizione di altra ragione estranea a Kant e kantiani non ad intero kantismo e per una ragionativa logicamente sovrapposta attribuibile a parte di ex kantismo... di Piero Giordanetti stesso!, cui valevole soltanto quale sua autocritica logicità di conclusione, che esclude futuro kantiano da sua stessa parte di cui relazionamento a kantiani e Kant mostrasi vacuo oltre che vano; difatti è stato il pensiero kantiano attratto da pensamenti kantisti a doversi terminare e se in estraneità a stessa realtà filosofica di Kant e kantiani a terminarsi senza filosoficità di intero termine, assenza terminologica, una logica in meno a creare apparenza di non sovrapposizione e parvenza di idea alternativa ma in realtà di base illiberale - non-alternativa invero oppositiva ed esterna, aliena ed alienante che definisce alieno ed alienante ciò che rifiuta e rifiutandolo a modo proprio se lo rende in effetto tale... Restando però effettività una soggettivizzazione con replicazione di oggetto, in fattispecie Critica kantiana, da odio illiberale e controculturale solo intesa non compresa e cui ricostruzione quindi refutazione solo apparente... resa da suoi rifiutanti aliena ad essi medesimi, replicata ed usata, inutilizzabile per replicanti non essa davvero inutile; e replicanti in azione che è usufruibile solo per definire falsa logica o per atto autodistruttivo in quanto da azione intrinsecamente etica che se ridotta ad estetica vale per finire di filosofia di stessi autori in operazione non eticamente condotta per azione stessa: che di fatto è un rovesciamento di valori per disvalori cui inversione di senso...:
Mentre Critica di ragion pura vale a superare pretese eccessive di pura razionalità, stessa Critica non è diretta a rifiutare origine - non-scaturigine di eccessi stessi; ma se di tal origine si volesse occultare possibile eventuale assunzione a tal scaturigine, si dovrebbe volger critica al rovescio non valida per conoscere ed atta a disconoscere; in fattispecie a disconoscere ruolo di gnoseologia e ad esorbitare funzione di ontologia ad essa dipendente cui restando una gnosi ma senza razionale possibilità consapevole; coi rifiutanti medesimi in sofistica sospensione tra oscurantismo cattolicista pseudoplatonico e positivismo scientista engelsiano-marxista, ovvero costrutto anticulturale illiberale antikantiano principale...

...

MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

... Con sua parzialità, recensore agisce in medesimo registro, cui logica restante tutta esterna e avversa da assommare apparenze; sicché soggettivazione arbitraria formalisticamente incontraddittoria però... da affermazioni non pertinenti su estremismi emotivi-cogitativi - personali del filosofo Schelling, per sciagura adottato qual antiesempio antropologico... Poiché essendovi in quella idea di base, in suddetto rifiuto ovvero, attrazione etnologica ed avversione etnica, da parte oscurantista idealità di antropizzazione alternativa, da parte positivista idea di omologazione antropologica... Ma filosofia di Kant e Schelling non era solo tedesca e ideologia tedesca di Marx ed Engels fu altrimenti valida dalle pretese concomitanti di stessi autori; ne prova irrealizzabilità pratica di pensiero illiberale, che o è nullo o si annienta in altro di avverso, in essere qual errore — che in esistere fu torto.

MAURO PASTORE