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mercoledì 28 settembre 2016

Calabi, Clotilde, Coliva, Annalisa, Sereni, Andrea, Volpe, Giorgio (a cura di), Teorie della conoscenza. Il dibattito contemporaneo

Milano, Raffaello Cortina, 2015, pp. 416, euro 34, ISBN 978-88-6030-779-8

Recensione di Giacomo Borbone – 12/12/2015

Com’è stato sostenuto da molti filosofi, ad esempio da Immanuel Kant o dal nostro Giulio Preti, la conoscenza non è un problema bensì un fatto, ed in questo senso si è ritenuto opportuno saggiarne criticamente la portata conoscitiva come anche la portata oggettivo-costitutiva dei singoli ambiti disciplinari; in tal modo è stato possibile abbandonare le pretese assolutistiche della metafisica classica. 

lunedì 7 gennaio 2013

Coliva, Annalisa, Scetticismo. Dubbio, paradosso e conoscenza

Roma-Bari, Laterza, [Biblioteca essenziale Laterza, Filosofia], 2012, pp. 163, euro 12, ISBN 978-8842098614.

Recensione di  Giulio Di Basilio - 07/08/2012

Leggendo il sottotitolo del volume in oggetto, ci si rende subito conto del tipo di scetticismo con cui l’autrice vuole avere a che fare. Coliva affronta i problemi posti dallo scetticismo epistemico. Con questa dicitura ci si riferisce a quel tipo di scetticismo di cui conosciamo, con buona approssimazione, la data di nascita: si tratta del 1641, anno in cui Descartes pubblica le sue Meditationes de Prima Philosophia. Attraverso le riflessioni e i problemi posti dal filosofo francese si fa strada un problema nuovo per il pensiero filosofico, 

lunedì 7 gennaio 2008

Coliva, Annalisa (a cura di), Filosofia Analitica.

Roma, Carocci, 2007, pp. 460, € 35,00, ISBN 9788843038695.

Recensione di Sarin Marchetti - 07/01/2008

Filosofia analitica

Questo manuale di filosofia analitica colma un vuoto editoriale italiano ed è unico nel suo genere dato il suo taglio marcatamente teorico –la cui unica controparte quasi-storica è rappresentata dal volume curato da D’Agostini e Vassallo Storia della Filosofia Analitica (Einaudi 2002)– e per il fatto che gli autori dei saggi che lo compongono sono tutti studiosi italiani o che lavorano in Italia. Come si legge nella breve introduzione della curatrice, questo manuale è utile sia per prendere contatto con la molteplicità delle branche di studio della filosofia analitica, sia per capire quale siano gli interessi e i gli indirizzi di ricerca degli addetti ai lavori oggi: per questo motivo tale volume è uno strumento essenziale per chi voglia addentrarsi con decisione allo studio della filosofia analitica, e anche per chi è già avanti con gli studi e voglia comprendere in che direzione si sta orientando la discussione e la ricerca in tale disciplina. Se infatti la filosofia analitica in senso stretto ha una vita relativamente breve che può essere fatta risalire senza troppa precisione ai lavori di Frege e di Wittgenstein, essa è un organismo vivo che ha una storia articolata che si snoda attraverso fasi dai confini sfumati che individuano certi plessi all’interno del paradigma di ricerca che, seppur non immutato, ha comunque ancora una sua fisionomia ben precisa. Questo volume conferma questa diagnosi poiché i temi trattati, che coprono buona parte del panorama teorico analitico, sono presentati con un taglio molto preciso che rispecchia il loro essere problemi aperti e vivi nella discussione contemporanea.

Come si desume chiaramente leggendo i vari capitoli di questo manuale, per fare filosofia analitica oggi è necessaria, pena una limitazione sul piano esplicativo, una conoscenza della storia della filosofia che sia non un esercizio di storiografia fine a se stesso, bensì sia una conoscenza che ci aiuti a comprendere la genesi e lo sviluppo di certi problemi e stili di ragionamento, di certe preoccupazioni e scrupoli filosofici che ancora oggi sono al centro della sensibilità culturale e filosofica occidentale. Concetti e problemi filosofici non spuntano dal nulla e la loro trattazione presuppone una dimestichezza con le discussioni classiche portate avanti nella storia delle idee; tuttavia la filosofia analitica tout court ha come esigenza primaria l’analisi di problemi vivi che toccano la nostra esperienza intellettuale quotidiana più variegata, come ad esempio il problema dell’identità personale (cap. 2) – legato ad esempio alle pratiche di individuazione e di punizione/merito- o quello circa il rapporto tra eguaglianza e libertà (cap. 12) – il quale interessa diversi aspetti della vita associata. Questa sua ‘attualità’ porta la filosofia analitica a configurarsi come un’analisi a volte molto complessa di fenomeni e concetti che sono al centro delle nostre società o anche delle nostre esistenze private; essa non fa nulla di più che concentrare il suo fuoco di attenzione su alcuni problemi derivanti dalla richiesta di validità di alcune nostre pratiche comuni, come quelle di attribuire significati e seguire regole (non solo) linguistiche (cap. 6) oppure quella fondamentale di conoscenza del mondo che ci circonda (cap. 7). In questo senso la filosofia analitica è molto vicina all’analisi della struttura di alcune nostre attività speculative e pratiche comuni, anche se spesso le prime impressioni quando ci si addentra in un testo filosofico sono di disorientamento poiché il tipo di lavoro richiesto al lettore è quello di fare un sospendere alcune convinzioni radicate che ha circa il problema analizzato, ad esempio quello della natura delle proprietà estetiche (cap. 10) o quello dell’esistenza di dio o del libero arbitrio (cap. 14), e di passare al setaccio tali convinzioni per testarne la validità. A volte si rimane con poco in mano, e spesso la nostra stessa comprensione del problema muta conseguentemente al fatto che tramite l’analisi filosofica ne abbiamo illuminato aspetti non più messi in discussione o abbiamo cambiato il nostro modo di porci rispetto a tale problema.

Tali caratteristiche dei testi di filosofia analitica sono presenti in tutti gli interventi che compongono questo volume, per quanto essi siano diversi tra loro nello stile oltre che ovviamente nel contenuto: i capitoli, tutti di grande e qualcuno di ottima fattura, sono accumunati dal loro toccare in modi diversi temi sensibili e salienti della riflessione filosofica, tanto da formare un nucleo armonico. Una domanda a questo punto sorge spontanea, viste le considerazioni svolte circa la possibile caratterizzazione dell’indagine intellettuale che cade sotto l’etichetta ‘filosofia analitica’: se dovessimo oggi dare una definizione di filosofia analitica o provare ad individuare dei tratti salienti che la caratterizzino, come dovremmo muoverci? Data la molteplicità degli stili possibili con cui articolare tale analisi, e riconosciuta un’ampia libertà rispetto a i temi e problemi che possono rientrare sotto tale etichetta, non pare più fruibile la vecchia linea di demarcazione che segnava la filosofia analitica come quel ramo di indagine filosofica centrata sullo studio del linguaggio e della logica (se mai questo criterio sia mai stato realmente proposto da qualche filosofo analitico o non sia piuttosto stato indicato da chi si voleva discostare da tale modello di indagine). Ci si è sempre più resi conto che la risposta a questa domanda gioca un ruolo importante nella stessa organizzazione dell’analisi filosofica, anche se a volte si è abusato di questa connessione per espungere alcune linee di riflessione ritenute scomode o ininfluenti dal campo d’indagine legittimo della filosofia analitica. Quello che sembra emergere dalla lettura dei saggi che compongono il volume in questione è che ciò che accomuna più testi sotto tale etichetta è un’esigenza di chiarezza e onestà intellettuale che caratterizzano questa ricerca come libera da preconcetti ereditati dalla tradizione, il cui unico interesse è la comprensione dell’oggetto studiato. Questa nota di stile, la quale attraversa registri diversi presenti all’interno della filosofia analitica ed anche opposte fazioni all’interno della stessa, sembra essere ciò che funge da trait d’union e che fornisce al lettore una chiave di lettura proficua per comprendere un testo di filosofia analitica.

Alla luce di quanto detto, passiamo ora a una breve ricognizione dei temi trattati dai vari capitoli del libro. Questo è diviso in 14 capitoli che potremmo senza troppo forzare la mano dividere in diverse aree tematiche: i capitoli 1-2-14 trattano problemi metafisici centrali quali quello della natura degli oggetti materiali (1), dell’identità personale (2), dell’esistenza di Dio e del mistero del libero arbitrio (14); i capitoli 3-4-5, riguardanti la teoria del pensiero, la filosofia dell’aritmetica e della logica costituiscono il nucleo più teoretico della filosofia analitica; il capitolo 6 è incentrato sul tema del significato del linguaggio; i capitoli 7-8-9 trattano diversi aspetti della gneseologia, come quello della natura della conoscenza (7), dello scetticismo (8) e del problema della causalità (9); i capitolo 10-11-12-13 costituiscono invece il nucleo ‘estetico-pratico’, trattando problemi centrali dell’estetica (10), dell’etica (11), della filosofia politica (12) e della filosofia del diritto (13). La scelta che rende questo volume particolarmente interessante è che per ognuno di questi temi vengono analizzati aspetti parziali della riflessione filosofica, che tuttavia rispecchiano il cuore della problematica generale a cui fanno capo. Prendiamo come esempio il capitolo 11 intitolato ‘L’etica analitica dal punto di vista del soggetto’: questo capitolo tratta un nodo peculiare della teoria etica analitica, ossia il rapporto che intercorre tra il soggetto e la dimensione pratica della morale, ma lo fa coinvolgendo una serie di concetti centrali dell’etica, come quello di ragioni morali, di conoscenza morale, di spiegazione e giustificazione in etica, di normatività e autonomia. Ne risulta un connubio originale e fertile: da una parte nello spazio di un capitolo si affronta un tema preciso piuttosto che la totalità delle questioni circa l’etica, ma attraverso tale analisi si ripercorrono i nodi fondamentali che caratterizzano il cuore dell’etica analitica ossia la metaetica: in questo senso si ha un’analisi teorica non-standard di un particolare tema ma si ha anche una presentazione dello sviluppo del pensiero morale intorno a tale tema che coinvolge le domande centrali della stessa filosofia morale. Questo peculiare modo di presentare e discutere una questione particolare come quella della caratterizzazione della vita morale dalla prospettiva del soggetto in prima persona fornisce una chiave di comprensione del cuore stesso della teoria morale, portando il lettore al centro della discussione circa lo statuto e la natura della riflessione morale analitica. Quanto ne deriva non è né un’introduzione nel senso tradizionale, né tantomeno un sunto, bensì è un’immersione diretta in alcuni dei temi aperti e vivi della discussione etica contemporanea, che tuttavia sono presentati prestando attenzione alla genesi che tali problematiche hanno avuto nel corso della storia del pensiero filosofico.

In tal senso questo volume è un manuale, data l’ampiezza e il numero dei temi trattati, ma tuttavia rappresenta nello stesso tempo un importante contributo teorico alla discussione contemporanea dato il taglio non-enciclopedico che ha ogni capitolo. Queste caratteristiche ne fanno davvero un testo interessante da consultare e con cui confrontare il proprio orientamento filosofico al duplice fine di continuare la ricerca filosofica e di avanzare nella comprensione della realtà.

Indice

Prefazione, di Annalisa Coliva

La natura e l’identità degli oggetti materiali, di Achille Varzi

Identità personale, di Andrea Bottani

La teoria del pensiero: questioni metodologiche e ontologiche, di Elisabetta Sacchi

Il platonismo aritmetico, di Marco Panza

Conseguenza logica, di Sebastiano Moruzzi e Elia Zardini

Significato e regole, di Cesare Cozzo

Credere o sapere, di Tito Magri

Lo scetticismo sull’esistenza del mondo esterno, di Annalisa Coliva

Causalità e cause, di Raffaella Campaner

Le proprietà estetiche, di Alfonso Ottobre e Stefano Velotti

L’etica analitica dal punto di vista del soggetto, di Piergiorgio Donatelli e Lorenzo Greco

Eguaglianza e libertà, di Ian Carter

Diritto naturale minimo, di Mario Ricciardi

Questioni metafisiche: Dio e la libertà, di Gabriele De Anna e Mario De Caro

Indice degli argomenti

Indice dei nomi


La curatrice

Annalisa Coliva è specializzata in filosofia della mente, filosofia del linguaggio e metafisica, ed è attualmente ricercatrice di Filosofia del linguaggio presso l’Università di Modena. Ha pubblicato numerosi articoli apparsi su riviste italiane ed internazionali e vari libri, tra i quali Moore e Witgenstein: Scetticismo certezza e senso comune (Il Poligrafo 2003) I concetti. Teoria ed Esercizi (Carocci 2004) ed ha curato inoltre diversi volumi tra cui Wittgenstein Today (con Eva Picardi, Il Poligrafo 2004) e Mind Meaning and Knowledge: Themes from the Philosophy of Crispin Wright (Oxford 2008).

sabato 14 ottobre 2006

Coliva, Annalisa, Moore e Wittgenstein. Scetticismo, certezza e senso comune.

Padova, Il Poligrafo, 2003, pp. 188, € 19,00, ISBN 88-7115-347-2.

Recensione di Chiara Pastorini – 14/10/2006

Filosofia del linguaggio, Epistemologia

«Ecco qui una mano. Ed eccone qui un’altra». Può l’affermazione di queste parole insieme all’esibizione stessa delle due mani, fornire una prova valida per l’esistenza del mondo esterno? Tale interrogativo è ciò su cui si interroga Annalisa Coliva in questo volume, partendo dal riferimento al filosofo George Edward Moore, e in particolare alla sua celeberrima Proof of an External World del 1939.
L’analisi dell’opera di Moore ha un duplice scopo: non solo si tratta di valutarla come tale, ma anche di mettere in evidenza quale ne sia stata l’interpretazione fornita da Ludwig Wittgenstein in Über Gewißheit (Della Certezza), opera scritta secondo uno stile frammentario e provvisorio durante gli ultimi diciotto mesi di vita del filosofo.
Coliva, attraverso un esame molto accurato dei testi originali ed un rigore argomentativo eccellente, ricostruisce lo sfondo epistemologico alla base delle prospettive di Moore e Wittgenstein, facendo emergere la dissoluzione wittgensteiniana di problemi malposti sia da parte degli scettici che dei sostenitori del senso comune. Wittgenstein, pur ereditando da Moore la critica alla possibilità da parte dello scetticismo di scalzare le nostre certezze condivise, si distanzia dal filosofo negando la legittimità di inquadrare propriamente le verità del senso comune in una cornice epistemica, di conoscenza. In particolare, come sottolinea Coliva, Wittgenstein riporta il discorso sulla conoscenza e i suoi limiti a considerazioni di carattere linguistico, attraverso l’analisi di espressioni come “sapere”, “essere certi”, e “dubitare”.
Il volume si suddivide in quattro capitoli.
Nel primo capitolo, l’autrice prende in considerazione i due articoli di Moore che costituiscono l’antecedente polemico delle osservazioni annotate da Wittgenstein in Über Gewißheit: A Defence of Common Sense, del 1925, e Proof of an External World, del 1939. Il primo articolo di Moore rappresenta un appello al senso comune, di contro a tesi filosofiche idealiste o scettiche che negano rispettivamente l’esistenza o lo statuto epistemico di verità secondo il filosofo autoevidenti e indimostrabili, come la realtà degli oggetti materiali, dello spazio, del tempo e dell’io. Nel secondo articolo, invece, Moore tenta di provare che la visione del mondo del senso comune è vera, contrariamente a quanto sostenuto nel primo articolo in cui questa viene assunta come tale e ritenuta indimostrabile. Prima di passare alla reinterpretazione wittgensteiniana delle tesi mooriane, Coliva introduce riflessioni sul pensiero di Moore da parte di altri filosofi: Norman Malcolm (Moore and Ordinary Language, 1942) Thompson Clarke e Barry Stroud (rispettivamente The legacy of Skepticism, 1972, e The Significance of Philosophical Scepticism, 1984) le cui interpretazioni sono alla base del cosiddetto contestualismo epistemico (esistono contesti differenti determinati da diversi standard di ammissibilità di ciò che vale come giustificazione, o prova, di una certezza) e, infine, Crispin Wright (Facts and Certainty, 1985).
Nel secondo capitolo Coliva prende in considerazione l’uso delle espressioni come “sapere”, “credere” ed “essere certi” e ne analizza l’impiego secondo le riflessioni wittgensteiniane. L’autrice riconosce nelle osservazioni del filosofo una pars destruens, volta a criticare una concezione filosofica del sapere molto diffusa e di cui la posizione di Moore rappresenta soltanto un caso particolare, ed una pars construens che, pur non assumendo mai le forme di una teoria della conoscenza, costituisce piuttosto una descrizione perspicua del nostro gioco linguistico con il sapere, la credenza e la certezza.
Il gioco linguistico del dubitare viene invece affrontato nel terzo capitolo, dove Coliva mette in evidenza l’insensatezza del dubbio scettico denunciata dal filosofo austriaco. Quindi, sono introdotti i due argomenti classici a favore dello scetticismo a proposito dell’esistenza del mondo esterno: l’argomento dell’(in)affidabilità dei sensi e l’argomento del sogno. Questi argomenti, se da una parte mettono in luce l’irrazionalità del dubbio scettico, dal momento che non vi sono logicamente ragioni che lo sostengano, dall’altra mostrano la sua non-sensatezza, dal momento che il dubbio, inteso come assoluto, farebbe venire meno i presupposti stessi per la sensatezza delle parole utilizzate per esprimerlo. In altre parole, secondo l’autrice, come per Wittgenstein, il dubbio presuppone un certo grado di certezza.
Il quarto e conclusivo capitolo dell’opera si concentra sulla legittimità o meno dell’impiego di termini epistemici o di un atteggiamento proposizionale nella descrizione di ciò che quotidianamente noi mostriamo con la nostra vita. Viene poi analizzata la tesi che Avrum Stroll (Moore and Wittgenstein on Certainty, 1994) ha recentemente sostenuto a proposito del fondazionalismo in Wittgenstein, e, cioè, che in Über Gewißheit il filosofo ha sviluppato una forma di fondazionalismo coerente con la convinzione della centralità in filosofia della pratica descrittiva a scapito di quella esplicativa. Secondo Stroll il fondamento wittgensteiniano del gioco linguistico starebbe al di fuori del gioco stesso e questo, attraverso una duplice modalità: relativa e assoluta. Nel primo caso, una delle proposizioni che costituiscono il fondamento per uno o più giochi entra in uno o più giochi linguistici differenti; nel secondo caso, invece, la proposizione fondamentale non rientra mai in alcun gioco linguistico. Stroll distingue anche due tipi di certezza nelle riflessioni wittgensteiniane: proposizionale e pratica. Coliva prende in considerazione questa posizione interpretativa, sia per quanto riguarda il fondazionalismo che per quanto concerne la natura della certezza, ma se ne distanzia parzialmente fornendo argomentazioni di una notevole finezza intellettuale.

Indice

Elenco delle abbreviazioni
Introduzione
I. G. E. Moore: scetticismo, certezza e senso comune
II. Wittgenstein: credere, sapere, essere certi
III. Wittgenstein: il gioco linguistico con “dubitare” e le insensatezze dello scetticismo
IV. Logica, esperienza, immagine del mondo e mitologia
Bibliografia
Indice di nomi

L'autrice

Annalisa Coliva, laureatasi a Bologna in filosofia, ha conseguito il dottorato di ricerca in filosofia del linguaggio a Vercelli, un Master e un PhD presso l’Università di St. Andrews. Dopo un periodo di insegnamento e ricerca presso l’Università di Bologna e un periodo di perfezionamento alla Columbia University (New York), è ora assegnista di ricerca all’Università di Modena. Autrice con Elisabetta Sacchi di Singular Thoughts. Perceptual Demonstrative Thoughts and I-Thoughts (2001), ha pubblicato in volumi collettanei e riviste italiane e internazionali numerosi articoli.