lunedì 18 settembre 2006

Gembillo Giuseppe, Benedetto Croce. Filosofo della complessità.

Soveria Mannelli, Rubbettino, 2006, pp. 188, € 13,00, ISBN 88-498-1512-3.

Recensione di Francesco Crapanzano – 18/09/2006

Storicismo, Epistemologia

Il volume di Giuseppe Gembillo su Benedetto Croce raccoglie organicamente sei saggi che danno vita ad altrettanti capitoli. Contrariamente ad una prima impressione, non si tratta di un libro “facile”. La lettura complessivamente scorrevole può ingannare il lettore poco esperto, portandolo all’erronea considerazione che si tratti di una monografia (per quanto eterogenea) di storiografia filosofica il cui oggetto imporrebbe un serio limite ad ogni pretesa di originalità; considerazione ingenua che reca il pregiudizio più o meno consapevole di confinare lo storicismo crociano ai margini della cultura contemporanea. Se come ha scritto Goethe, “ciò cha abbiamo ereditato dai nostri padri dobbiamo riconquistarlo per possederlo” (P. 33), se “la vita e la realtà è storia e nient’altro che storia” (cfr. p. 34); se si conviene almeno su uno di questi concetti, allora è obbligatorio interrogarsi sulla figura del filosofo napoletano: farlo attraverso le pagine del volume in questione riserva non poche sorprese.

Il primo capitolo (Benedetto Croce: un profilo) fa da introduzione ai successivi presentando la figura di Croce filosofo, dando rilievo sia al “dialogo” intellettuale ch’egli ebbe con Hegel e Vico sia al sostanziale svecchiamento che la sua filosofia rappresenta rispetto all’idealismo classico. Lo spirito innovatore viene evidenziato, nell’ambito della teoria della conoscenza, attraverso considerazioni e confronti con alcuni dei maggiori epistemologi contemporanei: “Pensatori come Atlan, Serres, Maturana, Morin, e così via, stentano ad entrare nel nostro dibattito culturale, che evidentemente si svolge in un ambiente poco preparato a comprenderli. In questo senso Croce appare ancora il più contemporaneo dei nostri pensatori, sia per la critica al riduzionismo della scienza classica, sia per la tematica epistemologica della complessità” (pp. 38-39).

Una prima chiave di lettura, quindi, può essere quella che evidenzia l’attualità del pensiero crociano dando così senso all’operazione culturale che Gembillo pone in atto. Accanto a questa esiste, a un livello diverso, un tessuto filosofico che colloca sotto diversa luce la produzione di Croce; non a caso il secondo capitolo (Il circolo dei distinti) prende in esame “uno dei nuclei tematici attorno a cui ruota tutta l’argomentazione filosofica di Benedetto Croce” (p. 44): il nesso tra unità-molteplicità. Il lettore si cimenterà con un’argomentazione di taglio teoretico che non trascura la contestualizzazione epistemologica. Hegel, Marx, Bergson, i positivisti, Gentile, hanno in modi diversi privilegiato una categoria, risolvendo la realtà - fatta di distinzioni nell’unità e unità nelle distinzioni – (cfr. p. 44) o “nell’astratto pensiero” (Hegel, cfr. pp. 47-51) o nell’economia (Marx, cfr. pp. 51-55) o nell’intuizione (Bergson, cfr. pp. 55-57) o nella mera quantità (i positivisti, cfr. pp. 57-61) o nell’atto (Gentile, cfr. pp. 61-65, cfr. p. 109). Croce recupera, invece, l’immagine della circolarità, l’unica capace di tenere insieme pensiero ed essere, affermazione e negazione ecc. Anzi, l’Assoluto stesso è questa relazione tra due polarità che non si esaurisce, che non precipita infine nel “resultato calmo”, ma continua alimentando se stessa in differenti forme (cfr. pp. 65-70).

Si passa, nel successivo capitolo (Attualità della svalutazione crociana della scienza), all’analisi del modo di intendere la scienza da parte di Croce. In questo caso, si smentisce la vulgata che vede Croce nemico delle scienze, “trito luogo comune” (p. 74). Gembillo lo colloca in un’originale posizione che intreccia l’empiriocriticismo (Mach, Poincaré), la nuova scienza che riscopre il valore del tempo (Darwin, Fourier) e la tradizione filosofica antiriduzionista e organicista che ha Vico ed Hegel come alfieri.

L’originalità delle considerazioni crociane sulla scienza risiede nella capacità di tenere insieme ed elaborare le esigenze teoretiche (apparentemente estranee fra loro) di ciascuno dei filoni prima elencati. Il risultato è un’organica e al tempo stesso rigorosa argomentazione, esposta per lo più nella Logica, in cui si afferma come il metodo scientifico “non serve a conoscere la realtà esterna, ma è semplicemente un modo operativo e pratico di manipolarla” (p. 75). Conseguenza di tale convinzione, mutuata dagli empiriocriticisti, è che la natura viene costruita dall’uomo distruggendo “l’individualità e l’universalità del reale”, cioè si opera una naturalizzazione della realtà (cfr. p. 77); non si ‘trova’ la realtà, oggettiva e immutabile, si ‘fa’ (cfr. pp. 78-80). Con numerosi e mirati riferimenti al testo crociano, Gembillo sottolinea come “la svalutazione crociana della scienza è, di fatto, […] particolarmente attuale a livello internazionale perché, contrariamente a quanto è avvenuto e avviene nella cultura italiana, essa è in perfetta consonanza con gli sviluppi epistemologici, gnoseologici e genericamente filosofici emersi dalla fisica quantistica, dalla termodinamica, dalla neurofisiologia, dalla biologia molecolare e dalla filosofia della complessità” (p. 81).

L’ultima affermazione, se non adeguatamente supportata, rischierebbe di far naufragare l’intero impianto del volume, invece, Gembillo articola nel prosieguo dei confronti e tutta una serie di riferimenti che avallano in modo efficace la sua tesi (cfr. pp. 82-101); può affermare che “il Croce critico della scienza galileiano-newtoniana in nome dello storicismo metodologico e gnoseologico, appare non solo attuale ma anche un vero e proprio precursore”; e può considerare la “superficialità e leggerezza” con cui gli sono state rivolte accuse di liquidare il valore della scienza (cfr. pp. 102-104).

Il quarto capitolo (Croce e i teorici della complessità) mette in evidenza il nucleo teoretico esposto nel precedente, quello dell’attualità crociana, su un versante più filosofico. Si riconosce come Croce abbia avuto punti di riferimento scientifico-epistemologici di tutto riguardo per supportare la critica della scienza classica (Mach per la meccanica, Poincaré per la geometria e Russell per l’aritmetica); e se ciò si è tradotto in una marginalità delle sue considerazioni all’epoca in cui le ha esposte, oggi si può rintracciare proprio in Benedetto Croce la teorizzazione di una “ragione storica” alternativa a quella “analitica” (cfr. pp. 105-108). Gembillo lo fa dando vita al confronto con Prigogine e Morin, indicando il nucleo filosofico del primo e la straordinaria capacità poietica e di sintesi metodologica del secondo (cfr. pp. 109-113). Croce, Prigogine, Morin hanno combattuto la “mentalità cartesiana” e lo hanno fatto, non a caso, giudicando quei filosofi che avevano in parte confuso il metodo scientifico col metodo della filosofia, cioè, sotto diversi aspetti, Leibniz, Spinoza, Kant. Quest’ultimo, in particolare, ha confuso – secondo Croce - la sintesi a priori con il modo di procedere delle scienze, non cogliendo “tutte le implicazioni della svolta logica che pure aveva impresso alla conoscenza” (cfr. pp. 116-117). E Prigogine critica Kant altrettanto duramente come colui che – suggerisce Gembillo - “avallando la frattura programmaticamente iniziata da Galileo e dagli altri scienziati, ha ulteriormente confermato la distanza tra scienza e filosofia” (p. 117). Morin punta l’indice su Cartesio, il quale ha separato res cogitans e res extensa, sradicando “l’uomo dal contesto naturale in cui vive e dal quale è emerso come essere biologico” (p. 120).

Fronte comune, quindi, di Croce, Prigogine e Morin contro il riduzionismo; ma fronte comune pure sotto l’aspetto “propositivo”: tutti concordano sul valore da attribuire alla storia nella conoscenza della realtà (cfr. pp. 121-124).

Nel quinto capitolo (Croce e l’epistemologia contemporanea) si pone attenzione nell’attribuire l’aggettivo “contemporanea” alla riflessione epistemologica che dall’empiriocriticismo arriva fino a Heisenberg, Prigogine, Maturana e Morin, passando per Croce. Heisenberg, cui dobbiamo, oltre che il principio di indeterminazione, delle considerazioni filosofico-epistemologiche di assoluto valore (contro il riduzionismo, per un approccio complesso ai fenomeni, per il lucido recupero di antiche linee di pensiero ecc.; cfr. pp. 142-145); Prigogine, Nobel per la chimica consapevole del fatto che il dialogo con la natura, scoperto dalla scienza moderna, “non suppone un’osservazione passiva, ma una pratica” (p. 145); Maturana, neurofisiologo alle prese con problemi di carattere ontologico che lo portano a considerare come “la scienza non è un modo per rivelare una realtà indipendente, ma un modo per costruire una realtà particolare vincolata dalle stesse condizioni che costituiscono l’osservatore come essere umano” (p. 146); Morin, che ha sgretolato i “pilastri” della certezza su cui si fondava la scienza classica e ha segnato la via della complessità (cfr. pp. 147-148). Una “via” complessa e di matrice storicista (cfr. pp. 149-153).

Il sesto e ultimo capitolo del volume (Linguaggio, filosofia ed etica nel carteggio Croce-Vossler) è quello che più si allontana dal pensiero complesso; tuttavia si può trattare di una collocazione strategica: quale più degna conclusione di una monografia su Croce “filosofo della complessità” di quella che presenta Croce filosofo? Quale miglior modo di attestare l’attualità di Croce se non quello di metterlo in “rilievo” rispetto al contesto precedente?

Karl Vossler, specialista di studi linguistici, avvertiva l’esigenza di elevare gli studi linguistici dalla mera filologia al piano filosofico. Croce aveva capito che sul terreno del linguaggio si giocava una partita ben più importante della semplice ‘espressione’; non era un problema di estetica ingenua, bensì “ogni concezione filosofica si [fondava] su una precisa caratterizzazione del linguaggio” (pp. 164-165).

Le opinioni tra i due divergevano sul modo d’intendere le categorie retoriche (cfr. pp. 164-165) e, soprattutto, sullo status della grammatica, intesa da Vossler come unico strumento potenzialmente in grado di rendere conto del passaggio tra pensiero ed espressione, credendo di poter disambiguare un terreno sul quale Croce aveva non a caso costruito l’autonomia dell’Estetica come scienza dell’espressione e linguistica generale.

Alla base delle loro divergenze filosofiche vi era un diverso modo di intendere le scienze: distinte secondo gradi di utilizzo “dell’arbitrario” per Vossler, su base metodologica per Croce (cfr. pp. 168-175). Accordo pressoché pieno mostrano, invece, su Hegel, la cui interpretazione crociana sarà alla base – ricorda Gembillo – della polemica con Gentile (cfr. pp. 179-184).

Quanto la “consonanza” tra la filosofia di Croce e la contemporanea epistemologia della complessità reggerà il vaglio critico non dipenderà solo dal suo effettivo riscontro, cui Gembillo ha dato un valido e decisivo contributo; ci vorrà, probabilmente, una diversa “temperie” culturale che porti ad accettare senza pregiudizi il carico di novità filosofico-metodologiche rappresentate dai vari Prigogine, Heisenberg, Morin, Bohr ecc. ecc. In questo caso si riaprirà quel “dialogo che la cultura italiana, per ragioni ideologiche e non teoretiche, aveva chiuso troppo frettolosamente e prematuramente [con Croce] e che, senza di lui, non ha saputo aprire nemmeno con la scienza contemporanea e con la sua epistemologia” (p. 41).

Indice

Premessa
Nota editoriale
I Benedetto Croce: un profilo
II Il circolo dei distinti
III Attualità della “svalutazione” crociana della scienza
IV Croce e i teorici della complessità
V Croce e l’epistemologia contemporanea
VI Linguaggio, filosofia ed etica nel Carteggio Croce-Vossler

L’autore

Giuseppe Gembillo è ordinario di Storia della Filosofia presso la Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università di Messina, Ateneo ove insegna pure Filosofia della Scienza. Dirige il Centro Studi di Filosofia della Complessità “Edgar Morin”; è membro del comitato scientifico dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici e del consiglio accademico della Multiversidad Mundo Real Edgar Morin. Fra le sue numerose pubblicazioni su Croce si ricordano: Filosofia e scienze nel pensiero di Croce (Napoli, 1984); Croce e il problema del metodo (Napoli, 1991). Ha curato B. Croce, La storia ridotta sotto il concetto generale dell’arte (Messina, 1994); B. Croce, Dialogo con Hegel (Napoli, 1995).

Links

Sito web del Centro Studi di Filosofia della Complessità “Edgar Morin” diretto dall’Autore
Biografia dell’Autore sul sito dell’Enciclopedia Multimediale delle Scienze Filosofiche con collegamenti ai suoi contributi

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