giovedì 17 luglio 2008

Walther, Gerda, Fenomenologia della mistica.

Trad. it. di Angelo Radaelli, Milano, Glossa, 2008, pp. LXXVI+282, € 32,00, ISBN 9788871052380.
[Ed. or.: Phanomenologie der Mystik, Walter, Olten 19552]

Recensione di Giuseppe Pulina - 17/07/2008

Filosofia teoretica (fenomenologia), Filosofia della religione (mistica)

Che cosa è un vissuto mistico? Le esperienze mistiche hanno una qualche affinità con le conoscenze intellettuali? Quale grado di attendibilità conoscitiva può vantare la visione mistica? Sono queste alcune delle domande alle quali ha provato a rispondere quasi novant’anni fa Gerda Walther, una delle allieve di Edmund Husserl che ha innestato il metodo fenomenologico su questioni che il maestro non aveva mai considerato di grande pertinenza per una corretta indagine filosofica. Filosofa credente, frequentatrice dei corsi di Edith Stein e amica di Hedwige Conrad-Martius, Gerda Walther dedicherà molte energie a dimostrare che l’applicazione del metodo fenomenologico poteva sortire risultati interessanti anche in questioni mai seriamente prese in considerazione da Husserl e dai suoi allievi più conosciuti. Per intenderci, quando la Walther parla di vissuti mistici non intende delle visioni fantastiche alle quali la ragione non potrà mai dare un fondo di legittimità. Per Gerda Walther, autrice di una Fenomenologia della mistica che è stata per la prima volta tradotta in italiano dalla casa editrice Glossa, «anche la comunione così come è intesa dalla Chiesa Cattolica, quale presenza in carne e ossa di Cristo, può rientrare tra i vissuti mistici» (p. 22). L’esperienza mistica diventa così un fenomeno quotidianamente ricorrente, che cade in un certo senso sotto gli occhi di tutti, ma che esige, per una sua piena comprensione, la totale estensione dello sguardo fenomenologico. Forte di questa convinzione, Gerda Walther procede oltre Husserl, il quale, tiene a precisare nella Prefazione, «riteneva che l’unica cosa reale fosse il fare esperienza dei mistici, il loro amore ardente, ma non il suo oggetto» (p. 14). Ciò non la farà desistere dal dare una seconda e aggiornata edizione alla sua Fenomenologia della mistica, apportando integrazioni, correzioni e tenendo conto di nuove e sempre più approfondite letture. Questa seconda, e più completa edizione dell’opera, costituisce il testo di riferimento della traduzione italiana.
Come precisa l’autrice nelle prime righe del suo saggio, «la mistica è un fenomeno originario, una datità originaria ultima, non riconducibile ad altro, né deducibile da altro, come i colori, i suoni ecc.» (pp. 18-19). Ha, quindi, le credenziali necessarie per essere considerata un oggetto degno di indagine fenomenologica. Che la distanza da Husserl sia netta si capisce meglio quando l’autrice precisa che «Attraverso un esame così approfondito dell’essenza propria dei vissuti mistici, vogliamo anche tentare di far luce sulla questione se i vissuti mistici siano – o possano essere – quello che pretendono di essere: un reale fare esperienza di Dio, “in carne e ossa”» (p. 19). Si scopre però (ma, francamente, non poteva essere altrimenti) che l’ipotesi di lavoro che dovrebbe guidare la ricerca, vale a dire la possibilità che l’esperienza mistica sia reale e che l’oggetto di questa esperienza sia un vissuto per così dire fondato, è per l’autrice un dato acquisito in partenza. Mentre descrive con grande acume e ricchezza di particolari l’esperienza dei mistici, procede la difesa ad oltranza dell’opera dei grandi mistici, accusati sovente di avere fatto uso di un linguaggio improprio. «Eppure qui si tratta esclusivamente di similitudini: come dovrebbero i mistici spiegare altrimenti, anche solo per accenni, ciò che è “totalmente altro” a coloro che non ne hanno fatto esperienza, se non rifacendosi a quelle datità note della vita quotidiana? Che si tratti, e possa trattarsi, di similitudini assolutamente inadeguate lo hanno continuamente ribadito con chiarezza» (p. 23). Il linguaggio “colorito” dei mistici è anche una delle ragioni che spiegano l’attrazione di Edith Stein (di frequente citata nell’opera della Walther) e Maria Zambrano per la lirica di san Juan de la Cruz, mistico, santo e poeta nello stesso tempo.
Confidare nel valore della visione mistica significa per la Walther definirne approfonditamente la natura e tratteggiare una sorta di linea di demarcazione tra le esperienze mistiche autentiche e quelle che, pur presentandosi come tali, non lo sono. Determinante è la fonte dei vissuti, e qui si possono classificare «i vissuti propri in senso più stretto, cioè tutti quei vissuti che non solo sono vissuti, sperimentati e attualizzati dall’io-centro della persona» (p. 63), ma anche quei vissuti che scaturiscono e prendono corpo quasi magmaticamente dalle sollecitazioni che il “grembo dell’essere” (Einbettung) riceve attraverso il contatto con i vissuti di altri.
La ricerca di Gerda Walther si è protratta per tanti anni durante il periodo compreso tra la prima (1923) e la seconda edizione (1955) della Fenomenologia della mistica. In questo lasso di tempo l’autrice ha rivisto molte pagine dell’originale e ulteriormente esteso la casistica delle esperienze mistiche, inserendo tra queste anche le proprie e molte di quelle che Buber ha raccolto nelle Confessioni estatiche. L’ambito in cui si orienta e procede questa ricerca è davvero grande, tanto da comprendere tutta una serie di annotazioni sulla filosofia joga, il sufismo islamico, l’ipnosi e la telepatia. Alla fine, il lettore troverà confermato quanto non era mai stato posto veramente in dubbio, ovvero l’assoluta validità dell’esperienza mistica, che varia nelle modalità (può esserci, ad esempio, una certa differenza esteriore tra mistici e mistiche), ha sempre un fondamento comune. Vale, in fin dei conti, per Gerda Walther, quanto già aveva sostenuto Stefan Gorge, e cioè che «Tre sono del sapere i gradini… l’ultimo lo conosce solo colui che Dio ingravida» (p. 180).

Indice

Editoriale. Introduzione (Angelo Radaelli). Nota della traduttrice (Lucia Parrilli Fina). Note redazionali e tipografiche. 
Fenomenologia della mistica 
Indice 
Presentazione del Prof. Dott. G. Frei 
Prefazione 
Introduzione. Definizione del metodo e dell’oggetto 
L’io come centro del fare esperienza 
Il subconscio [Il «grembo» dell’io] e i vissuti che da esso emergono 
Vissuti di soggetti altri nel proprio intimo 
La comunicazione telepatica con altre persone 
La comunicazione interiore con i defunti 
I vissuti interiori veramente «propri» 
La comprensione dell’essenza fondamentale dell’essere a partire dai vissuti che da essa emergono 
L’essenza fondamentale dell’essere come corpo 
L’essenza fondamentale dell’essere come psiche 
L’essenza fondamentale dell’essere come spirito 
Il darsi dell’essenza fondamentale dell’essere immediato o mediato, immanente o trascendente 
La forza concentrata dell’io e l’essenza fondamentale dell’essere 
La comprensione mistica di Dio e dell’essenza fondamentale dell’essere in Lui 
La comprensione del soggetto altro come persona attraverso le sue comunicazioni e le sue risposte 
La comprensione di Dio come persona spirituale infinita 
La comunione con Dio 
La comunione con Dio attraverso un mediatore 
La comunione immediata con Dio, senza mediatore 
La presunta identità di soggetto e oggetto nell’unio mystica 
Il rapporto tra figliolanza divina del cristiano e comunione mistica con Dio


L'autrice

Gerda Walther (1897-1977) è stata allieva di Alexander Pfänder. Frequentò Husserl, abbracciando la fenomenologia. È autrice di un saggio Sull’ontologia delle comunicazioni (1921). A due anni dopo risale la prima edizione della Fenomenologia della mistica. Il suo pensiero assume elementi delle filosofie di Hedwige Conrad-Martius e Edith Stein.

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