sabato 15 ottobre 2005

Varzi, Achille, Ontologia.

Roma-Bari, Laterza (Biblioteca Essenziale), 2005, pp. 178, € 10,00, ISBN 88-420-7623.

Recensione di Roberto Ciuni - 15/10/2005

Filosofia teoretica (ontologia)

Ontologia di Achille Varzi offre una vasta e articolata panoramica sui principali problemi del dibattito ontologico contemporaneo, spaziando dal problema della distinzione fra ontologia e metafisica a quello dei rapporti fra considerazioni linguistiche e considerazioni ontologiche (problemi, questi, prettamente metodologici), dal problema dello statuto delle proprietà o degli eventi a quello delle entità fittizie (più strettamente contenutistici). Proprio in tal modo il volume riesce contemporaneamente a introdurre ai problemi e a fornire una visione d’insieme su un campo d’indagine che negli ultimi quindici anni è stato ripreso in considerazione, e che si è rapidamente diramato in settori specializzati, senza talvolta riuscire a fornire, di sé, l’immagine di una disciplina unitaria. Il libro è così diviso: all’Introduzione seguono due capitoli metodologici e un capitolo sui temi di ricerca, più esteso dei due precedenti. Segue un’appendice con suggerimenti per ulteriori letture (introduttive e specifiche) e una bibliografia che ha il pregio di essere il più possibile ricca ed esauriente (impresa ardua, data la quantità di volumi pubblicati sui temi ontologici).

Il volume è aperto da un problema d’obbligo: i rapporti fra metafisica e ontologia. In questo argomento Varzi dà ampio spazio a quella che, notoriamente, è la sua posizione: la ricerca ontologica è preliminare a quella metafisica, dato che scopo della prima è stabilire cosa c’è, mentre scopo della seconda è stabilire cosa è ciò che c’è. Dopo avere presentato questo approccio, cui si atterrà in linea di massima per tutto il libro, Varzi dedica alcuni paragrafi a concezioni alternative o anche fortemente divergenti. In quest’ultimo caso, è interessante il confronto con quelle posizioni deflazioniste secondo le quali non vi è alcun interesse filosofico nell’individuazione di cosa c’è (piuttosto è interessante chiarire le nostre pratiche linguistiche o cognitive su ciò che assumiamo ci sia). Vengono anche discusse quelle teorie non deflazioniste secondo le quali è dubbia soltanto l’idea che si possa dire che cosa c’è senza al contempo specificarne almeno un certo numero di proprietà fondamentali. Si capirà già fin d’ora che, nonostante il capitolo sui temi di ricerca occupi più di metà del testo, ai problemi di natura metodologica viene dedicata particolare attenzione, con una esposizione sufficientemente completa. Questa scelta è, a nostro avviso, molto felice: dati i pregiudizi e le ostilità che permangono nei confronti dell’ontologia (perlomeno in Italia), infatti, è opportuno che un volume introduttivo esordisca discutendo a fondo gli argomenti adoperati da chi sostiene che i problemi ontologici non siano che pseudoproblemi. È esattamente ciò che Varzi fa. Un esempio estremamente significativo di tale impostazione è l’esauriente disamina delle concezioni per cui i problemi ontologici sono, in ultima analisi, problemi linguistici. È la nota posizione per cui l’analisi degli enti è secondaria rispetto all’analisi del linguaggio, o in qualche modo dipendente da essa. Ora, questa concezione può trovare applicazione in diverse strategie, talvolta distanti fra loro, e Varzi ha il merito di prendere in considerazione tutte le più importanti fra di esse, e di introdurre il lettore alle obiezioni standard. Citiamo qui soltanto un caso: la critica alla strategia della parafrasi. La strategia della parafrasi – di ascendenza russelliana – suggerisce di rimpiazzare, in un enunciato, i termini denotanti entità “dubbie” (ad es. eventi o universali) con termini che denotano entità non problematiche (ad es. particolari). L’obiezione standard, riportata da Varzi, suggerisce però che le parafrasi sono simmetriche (ovvero valgono nei due sensi), e che, di conseguenza, affermare che i termini per certe entità vanno parafrasati comporta avere prima preso una decisione su quali entità sono dubbie e quali non lo sono. E questa è palesemente una decisione di natura ontologica, non linguistica. Inoltre, Varzi evidenzia che fare ricorso a tale strategia può condurre a non conservare la validità delle inferenze: se “C’è un taglio diagonale su questa tela” implica “C’è un taglio su questa tela”, la traduzione del primo “Questa tela è tagliata in diagonale” non implica logicamente la traduzione del secondo “Questa tela è tagliata”; la validità dell’inferenza viene restaurata solo se si aggiunge un postulato di significato che consente di derivare “x è tagliato” da “x è tagliato in diagonale” (pp. 36-38) e quindi, nel caso della parafrasi, essa non è puramente logica. Un altro pregio dei due capitoli metodologici è l’esposizione della distinzione fra la concezione prescrittiva e la concezione descrittiva dell’ontologia – che in una certa misura accompagna la distinzione fra chi ritiene di dover prendere le mosse dal linguaggio e chi ritiene che l’ontologia abbia perlomeno una certa autonomia rispetto all’analisi linguistica. Varzi ha anzitutto il merito di mostrare la varietà di strategie che l’ontologo prescrittivo può approntare davanti alla domanda “Cosa esiste?” (p. 45), le ragioni di merito che la concezione descrittiva ha e l’intreccio – tutt’altro che lineare – fra le due concezioni citate e l’atteggiamento deflazionista o massimalista nei confronti dell’ontologia. Per quanto riguarda la parte “metodologica” del libro, va aggiunta un’altra considerazione: il volume introduce i due principali modi di intendere l’ontologia formale (ovvero la teoria del “semplice qualcosa”, p. 26): come algebra e come logica. Questo costituisce un altro pregio del volume, dato che questi due approcci sono, al giorno d’oggi, i più rappresentativi. Da un lato, abbiamo infatti la tradizione di coloro che tendono a considerare logica e ontologia come due momenti di un’unica scienza “di ciò che è” (p. 30), e che si differenziano comunque dai deflazionisti per la presenza di uno specifico interesse ontologico; dall’altro vi è chi, insistendo sulla distinzione di compiti e di statuto fra logica formale e ontologia formale, ritiene che l’algebra o la mereotopologia siano gli strumenti formali più adatti a trattare i problemi ontologici. Inoltre, Varzi fa notare come vi siano non pochi argomenti – la teoria dell’identità, la teoria della dipendenza, la mereologia – contesi fra le due discipline. Questo è molto importante, perché, proprio in certi settori, aspetti logici e aspetti ontologici sono strettamente legati l’uno con l’altro, e ciò rende difficile tracciare di fatto un confine netto fra le due discipline. Bisogna però rilevare che, nel trattare l’approccio algebrico, si dà non poco spazio anche a trattazioni che algebriche non sono (almeno dal punto di vista strettamente tecnico) mentre non si menzionano alcuni specifici approcci (ad esempio, quello di Casari), che danno invece molta attenzione a una rielaborazione algebrica dei problemi ontologici. Un pregio è comunque quello di ricordare la concezione dell’ontologia come “teoria del possibile in quanto possibile”, dovuta a Wolff e, in qualche modo minoritaria. Per quel che riguarda i temi di ricerca, a ciascuno di essi è dedicato uno spazio piuttosto breve se confrontato con quello dedicato ai problemi metodologici. Ciò è però dovuto all’elevato numero di problemi ontologici specifici, e la soluzione adottata da Varzi risulta forse la migliore per un volume introduttivo. Molto esauriente appare la parte dedicata al problema dello statuto ontologico delle proprietà. In essa vengono introdotte le tre teorie principali: realismo, nominalismo e particolarismo, e ad ognuna di esse viene dedicato un paragrafo comprendente il nucleo essenziale della teoria, alcune obiezioni, e le repliche (struttura che caratterizza gran parte del volume). In particolare, viene sottolineata la principale difficoltà cui va incontro la teoria realista (che comunque risulta come la più convincente): è problematico fare corrispondere una effettiva proprietà a un predicato (sarebbe ad esempio implausibile far corrispondere una proprietà a ciascun predicato disgiuntivo; si pensi anche ai problemi causati dal predicato “eterologico”). Per quel che riguarda il nominalismo, il volume ha il pregio di spaziare tra le teorie di questo secolo che sono già diventate classiche (Carnap e Sellars), e di considerare con grande attenzione le teorie più recenti, sorte da un rinnovato interesse per la posizione per cui le proprietà non esistono. È particolarmente interessante la segnalazione di quelle teorie nominaliste che si basano su una relazione di somiglianza fra tokens di predicati (considerati come types linguistici). Fra gli altri problemi segnalati, quello della dipendenza spicca soprattutto perché accenna tanto agli approcci mereologici quanto a quelli modali, facendo riferimento in quest’ultimo caso alle pubblicazioni più recenti. Altri argomenti sono introdotti e discussi. Fra di essi: lo statuto di azioni ed eventi, con un esauriente confronto fra teorie riduzioniste e teorie introduzioniste; le relazioni d’“identità” e di “parte di” (pp. 118-123); lo statuto delle entità sociali e quello delle entità indeterminate.

Riguardo al volume nel suo complesso, particolarmente indovinata è la strategia espositiva scelta dall’autore: in relazione a ciascun problema trattato, vengono introdotte le teorie che si sono imposte nel dibattito, seguite a loro volta dalle obiezioni classiche e, nella maggior parte dei casi, da alcune repliche. Ciò fa del libro anche un’utile guida agli argomenti e alle obiezioni standard del dibattito ontologico, rendendolo molto diverso dal ruolo di mero catalogo di teorie. L’esposizione dei problemi risulta chiara e perspicuo, senza per questo trascurare (come si è detto) l’aspetto argomentativo. Un’ultima nota va riservata alla bibliografia: è compilata con un ottimo criterio. Laddove, nel testo del libro, si è approfondito di più, viene offerto un ventaglio di volumi e articoli utili per chi intende affrontare i problemi a un livello, se non avanzato, almeno superiore a quello introduttivo. Per gli argomenti meno approfonditi si danno invece i riferimenti necessari per potersi introdurre ai problemi. In generale, ognuna delle diverse posizioni riceve un adeguato spazio. Una simile bibliografia si presenta quindi anche come un utile strumento per chi vuole raccogliere informazioni su testi di ontologia, senza volere per questo essere indirizzato soltanto su introduzioni generali, o, al contrario, soltanto su articoli o monografie specialistici.

Indice

Introduzione
1. Che cos’è l’ontologia
2. Come si fa ontologia
3. Temi di ricerca
Cos’altro c’è da leggere
Bibliografia ragionata

L'autore

Achille Varzi (1958) è Associate Professor alla Columbia University di New York, dove insegna Logica e Metafisica. Fra le sue pubblicazioni ricordiamo An Essay in Universal Semantics (Kluwer, 1999) e Parole, Oggetti, Eventi (Carocci, 2001). Con Roberto Casati è autore dei volumi HolesandOtherSuperficialities e PartsandPlaces (MIT Press, 1994 e 1999), il primo dei quali tradotto da Garzanti, 1996. Fra le curatele segnaliamo Events (Dartmouth, 1996), SpeakingofEvents (Oxford University Press, 2000) e Formal Ontology in Information System (IOS Press, 2004). È uno fra i maggiori e più noti ontologi e metafisici contemporanei. La sua ricerca ha abbracciato argomenti quali lo statuto ontologico degli eventi, l’applicazione della mereologia in metafisica, e il problema metodologico dei rapporti fra ontologia e metafisica, lo statuto ontologico di entità topologicamente ben caratterizzabili ma escluse dall’inventario ontologico del “senso comune”.

Links

Personal web page dell’autore: www.columbia.edu/~av72/

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