Recensione di Ivo Silvestro - 31/05/2007
Filosofia della matematica, logica
Il saggio di Carlo Cellucci è una presentazione e analisi critica delle filosofie della matematica del Novecento.
Il primo capitolo, intitolato Filosofia e matematica, presenta brevemente quali sono i rapporti tra la filosofia della matematica e le altre discipline. Il secondo capitolo, La filosofia della matematica di ieri, affronta i programmi di ricerca di Frege, Hilbert e Brouwer, che hanno caratterizzato la prima metà del Novecento. Il terzo capitolo, La filosofia della matematica di oggi, è dedicato alle varie scuole, come il neologicismo o il costruttivismo, sviluppatesi durante la seconda metà del Novecento. Nel quarto capitolo, La filosofia della matematica di domani, l'autore descrive infine alcune caratteristiche che una filosofia della matematica dovrà possedere per non incorrere nelle difficoltà del passato. Il quinto capitolo, I teoremi di incompletezza di Gödel, è una esposizione di alcuni limiti della logica matematica di primo e secondo ordine.
Al centro dell'analisi di Cellucci vi è quella che egli chiama "ortodossia prevalente" (p. 3), una vulgata filosofica secondo la quale la filosofia della matematica nasce nel 1884 con la pubblicazione dei Grundlagen der Arithmetik di Frege, che avrebbe operato una vera e propria rivoluzione. Affermare che prima di Frege la filosofia della matematica si trovasse in una sorta di preistoria è, secondo Cellucci, problematico, sia perché sono numerosi gli autori antecedenti Frege che hanno prodotto ottime riflessioni filosofiche sulla matematica, sia perché Frege stesso si è mosso in sostanziale continuità con i pensatori precedenti. Cellucci riconosce a Frege di essere stato il primo filosofo della matematica a tempo pieno, ma questa autonomia non è un merito, in quanto ha contribuito all'isolamento della filosofia della matematica sia dal resto della filosofia che dalla matematica stessa: «un filosofo della matematica a tempo pieno è solo un filosofo dimezzato” (p. 6).
Per Frege il compito della filosofia della matematica è indagarne il fondamento. Per quanto riguarda la geometria, Kant ha già risolto il problema: le verità geometriche sono sintetiche a priori. Per quanto riguarda l'aritmetica, invece, Kant si sbagliava: le verità aritmetiche sono analitiche, l'aritmetica altro non è che una branca della logica. L'obiettivo del programma logicista di Frege è appunto questo: mostrare come le verità dell'aritmetica siano tutte deducibili da un insieme di verità logiche primitive.
Il programma è purtroppo destinato al fallimento: oltre alle difficoltà sollevate dal paradosso di Russell (pp. 31-33), il primo teorema di incompletezza di Gödel mostra inequivocabilmente che non tutte le verità aritmetiche sono verità logiche (pp. 33-35).
Il logicismo di Frege riprende molte idee, soprattutto sulla natura della logica, da Kant e, in misura minore, da Leibniz. La conclusione di Cellucci, in proposito, è netta: «[l’]unico contributo originale [di Frege] alla filosofia della matematica – che era di natura non filosofica, ma tecnica: il progetto di ridurre le verità aritmetiche da un insieme finito di verità logiche – si risolse in un fallimento”.
Conclusioni simili vengono tratte anche per Hilbert e Brouwer che, per l'ortodossia prevalente, «sono gli zii della filosofia della matematica, così come Frege ne è il padre” (p. 6).
Per trovare un fondamento alla matematica Hilbert introduce la distinzione tra matematica finitaria, basata sull'intuizione sensibile pura, e matematica infinitaria, che contiene un riferimento all'infinito attuale e quindi non ha un contenuto intuitivo (p. 39-41). Per Hilbert è possibile formalizzare la matematica infinitaria e dimostrarne, all'interno della matematica finitaria, la coerenza, trovando così un solido fondamento per tutta la matematica. I teoremi di incompletezza di Gödel hanno mostrano l'impossibilità di questo progetto.
Hilbert, come già Frege, riprende molti temi da Kant, interpretando tuttavia in maniera deviata alcune sue idee. La tesi di Cellucci è che le debolezze del programma di Hilbert non avevano bisogno dei teoremi di Gödel per venire scoperte, ma erano già manifeste nelle divergenze tra le idee di Hilbert e quelle di Kant (p. 59 e ss.).
Anche Brouwer si pone il problema del fondamento della certezza matematica. Riprendendo alcune idee da Kant, ma discostandosene nell’interpretazione, Brouwer identifica questo fondamento nell'intuizione, arrivando così a rifiutare tutti i concetti matematici che non si possono costruire intuitivamente. Contrariamente a quanto solitamente si crede, non vi è un rifiuto del metodo deduttivo: semplicemente, si considerano valide solo le deduzioni intuitivamente date, in opposizione al formalismo di Hilbert. La matematica intuizionista non coincide dunque con la matematica classica, e non è neppure facilmente confrontabile con essa (p. 75). Questo è uno dei motivi che ha determinato il fallimento dell'intuizionismo: l'assenza di molti oggetti matematici importanti rende poco utile la matematica di Brouwer. Inoltre i teoremi di incompletezza di Gödel rendono quantomeno problematico uno degli assunti dell'intuizionismo: una affermazione è vera solo se è dimostrabile, ma il teorema di Gödel mostra appunto che esistono affermazioni vere che non sono dimostrabili.
La filosofia della matematica della seconda metà del novecento avrebbe potuto prendere atto di questi fallimenti e determinare così un radicale ripensamento della disciplina. I teoremi di incompletezza di Gödel hanno infatti dimostrato i limiti del metodo assiomatico, e pertanto tale metodo non può essere quello della matematica e va quindi abbandonato.
Un tale ripensamento non vi è stato: la maggior parte delle scuole di filosofia della matematica sono «variazioni su temi di Frege, Hilbert e Brouwer” (p. 84). Il neologicismo e il platonismo, riconducibili a Frege, l’implicazionismo, lo strutturalismo, il finzionalismo e l’internalismo, mutuati da idee di Hilbert, il costruttivismo, che si richiama a Brouwer, non sono quindi in grado di superare le difficoltà che avevano già determinato il fallimento dei programmi originari.
Anche le scuole che non riprendono le idee di Frege, Hilbert o Brouwer, ossia il congetturalismo, l’empirismo e il cognitivismo, pur allontanandosi dall’ortodossia prevalente, «offrono una analisi insufficiente dell’esperienza matematica” (p. 84), e pertanto risultano inadeguate.
Oltre al già accennato abbandono del metodo assiomatico, Cellucci traccia alcune caratteristiche della filosofia della matematica futura. Innanzitutto la non autonomia: «la filosofia della matematica non è una disciplina autonoma, ma può esistere solo come parte di una filosofia generale” (p. 142). Inoltre, la filosofia della matematica non può limitarsi a fare chiarezza sulle conoscenze già acquisite, ma deve dare il suo contributo al progresso della conoscenza, pertanto, contrariamente all’ortodossia prevalente, il suo problema non potrà essere il fondamento della certezza della matematica (p. 144), bensì il momento della scoperta: «la scoperta è la principale questione della filosofia della matematica, perché solo migliorando i metodi di scoperta esistenti, e inventandone di nuovi, la filosofia della matematica può contribuire al progresso della conoscenza” (p. 146).
Questa nuova filosofia della matematica implica un’immagine della matematica per molti versi opposta a quella tratteggiata dall’ortodossia prevalente. Secondo Cellucci la matematica non può prescindere dall’esperienza, dipende essenzialmente dalle strutture cognitive umane, è il frutto dell’evoluzione e, per comprenderne appieno la natura, è necessario un approccio storico. La matematica non è dimostrazione di teoremi tramite il metodo assiomatico, ma soluzione di problemi tramite il metodo analitico. La matematica, infine, non possiede una certezza superiore: «al pari di ogni altro insieme di conoscenze umane la matematica è solo un insieme di proposizioni plausibili” (p. 155).
In questo percorso attraverso la filosofia della matematica del Novecento, Cellucci affronta numerosi temi, troppi per una trattazione esaustiva e soddisfacente.
Si avverte, ad esempio, la mancanza di una trattazione autonoma della filosofia matematica di Kant, utile per meglio seguire le analisi e soprattutto le critiche di Cellucci a Frege, Hilbert e Brouwer.
L’ultimo capitolo, dedicato alla logica matematica, è sostanzialmente inutile: arduo pensare che qualcuno, digiuno di logica, riesca a seguire i passaggi che, dalla logica del primo ordine, in una cinquantina di pagine portano all’aritmetica di Peano passando per i teoremi di incompletezza, mentre chi è già pratico di logica difficilmente troverà adeguata una esposizione così densa. Un glossario dei termini tecnici impiegati nel testo sarebbe stato forse più utile.
Interessante la parte sulla natura plausibile e aleatoria della matematica, purtroppo introdotta senza una reale discussione. Lo stesso vale per le caratteristiche della filosofia della matematica futura: Cellucci non affronta alcune ovvie obiezioni ai suoi argomenti, ad esempio che la ricerca della chiarezza non sia una attività irrilevante, oppure che non possano esservi metodi della scoperta migliorabili. Difficile capire, inoltre, come affermare la semplice plausibilità di un teorema possa contribuire al progresso della conoscenza.
Questi limili rendono il saggio di Cellucci difficilmente catalogabile: troppo tecnico per essere una introduzione, troppo personale per essere una presentazione, troppo sintetico per essere una monografia specifica. Probabilmente il senso di questo libro si comprenderà meglio quando uscirà, sempre per Laterza, Filosofia e conoscenza, attualmente in corso di pubblicazione, nel quale verrà pienamente sviluppata l’alternativa alla ortodossia prevalente.
Indice
Premessa
I. Filosofia e matematica
II. La filosofia della matematica di ieri
III. La filosofia della matematica di oggi
IV. La filosofia della matematica di domani
V. I teoremi di incompletezza di Gödel
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Bibliografia
L'autore
Carlo Cellucci (Santa Maria Capua Vetere, 1940), dopo aver insegnato nelle Università del Sussex (UK), di Siena e della Calabria, insegna Logica presso la Facoltà di Filosofia dell’Università di Roma La Sapienza. Ha pubblicato Teoria della dimostrazione (Boringhieri, Torino 1978), Le ragioni della logica (Laterza, Roma-Bari 1998), Filosofia e matematica (Laterza, Roma-Bari 2002), Filosofia e conoscenza (Laterza, Roma-Bari, in corso di pubblicazione). Ha curato La filosofia della matematica (Laterza, Bari 1967), Il paradiso di Cantor. Il dibattito sui fondamenti della teoria degli insiemi (Bibliopolis, Napoli, 1979)
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