giovedì 7 giugno 2007

Dorato, Mauro, Cosa c’entra l’anima con gli atomi. Introduzione alla filosofia della scienza.

Roma-Roma-Bari, Laterza, 2007, pp. 227, € 18, ISBN 978-88-420-8270-5.

Recensione di Silvano Zipoli Caiani – 07/06/07

Filosofia della scienza, Epistemologia

Il libro di Mauro Dorato rappresenta una risposta a coloro che ritengono che il sapere scientifico possa fare a meno della ricerca filosofica, proponendo a tal fine un ampio e lucido esame dei luoghi di contatto dove s’incontrano due inseparabili modalità d’interpretare il mondo. Un’introduzione tematica flessibile, adatta agli standard non solo del filosofo edotto, ma anche dello studente che per la prima volta volesse affacciarsi al dibattito epistemologico contemporaneo, per lo più ignorato dalla maggior parte dei percorsi liceali.

Domande come “può la scienza fornire conoscenza vera?”, “in che modo può la scienza fornire conoscenza?” e infine “cosa conosciamo effettivamente con la scienza?”, rappresentano le linee guida ai tre grandi temi affrontati all’interno del libro: spiegazione, esperienza e realtà. Tre argomenti attraverso i quali Mauro Dorato lascia emergere l’importanza della discussione filosofica rispetto ai problemi che affliggono, oggi più che in altre epoche, lo status conoscitivo delle discipline scientifiche e che riguardano da vicino il lavoro degli scienziati, nonché la loro percezione pubblica.

Ma facciamo un passo indietro e partiamo da un’altra domanda fondamentale: “di cosa si occupa la scienza?” Abbandonato il vecchio presupposto concernente la distinzione assoluta tra fatti e valori, la moderna riflessione sul sapere scientifico ha posto sul piatto della discussione nuovi temi, scombinando il solido assetto caratteristico dell’impostazione positivista. Che ciò abbia condotto a una più profonda comprensione del sapere scientifico è tutt’ora oggetto di discussione, certo è che oggi la scienza non è un fenomeno chiuso in sé stesso, essa è piuttosto contraddistinta da risvolti etici e sociali, evidenti non solo nella sua capacità di produrre effetti che riguardano la vita di milioni di persone, ma vivi anche all’interno del suo versante prettamente teorico. Nel momento in cui la scienza ha riconosciuto il proprio carattere pubblico, nonché il valore della discussione critica che la pone a stretto contatto con i più diversi atteggiamenti, valori e aspirazioni, essa si è scoperta un fenomeno culturale tra gli altri, il cui ruolo intellettuale necessita a sua volta di una giustificazione che solo una riflessione filosofica può concedergli.

I problemi che la conoscenza scientifica pone oggi al cospetto della filosofia sono molteplici. Non solo gli interrogativi riguardanti gli effetti che la scienza produce rispetto alla percezione dei valori sociali (per questo basti pensare al ruolo pubblico assunto dalla bioetica negli ultimi anni) ma anche problemi dotati di una più stretta pertinenza al processo di formazione del sapere scientifico, inteso sia come contesto metodologico dotato di una propria unità, sia come luogo di frammentazione disciplinare. Domande del tipo “che cos’è una legge di natura?” oppure “quando una teoria si definisce vera?” pongono al filosofo, così come allo scienziato, interrogativi che riguardano le basi stesse della conoscenza scientifica. Questioni che ruotano attorno ai fondamenti delle scienze, ai loro presupposti e metodi d’indagine, e che rappresentano i luoghi in cui la riflessione filosofica trova ancora lo spazio per lavorare a fianco della conoscenza scientifica.

La peculiarità del sapere scientifico è difesa da Mauro Dorato ribaltando alcuni dei più diffusi luoghi comuni che informano le ostilità verso di esso. Si tratta in primo luogo del pregiudizio secondo il quale la scienza non sarebbe in grado di fornire alcuna spiegazione, una condizione dovuta all’inadeguatezza delle leggi naturali di fronte alla comprensione di eventi, la cui ragione ultima resterebbe inesorabilmente celata ai metodi d’indagine scientifica. Del resto, come nota l’autore, sembra essere diffusa l’idea che la scienza non sia in grado di fornire alcuna comprensione completa dell’accadere degli eventi, lo spettro delle cause ultime, la costante presenza di fenomeni che non si lasciano ricondurre all’interno delle teorie più generali, spingono alcuni a ritenere che la scienza non spieghi ciò che veramente conta, che non abbia il potere di farlo e che dunque, in ultima istanza, non sia in grado di spiegare “niente”. Ciò mette in discussione il valore stesso della conoscenza scientifica. La sua impossibilità di rispondere con certezza a domande attinenti al fine ultimo dell’esistenza, al perché esiste qualcosa anziché il niente, condannerebbe la scienza allo status di un sapere di secondo piano, incompleta e per giunta incapace di fornire spiegazioni a ciò che molti considerano il più importante cruccio della conoscenza umana, la metafisica.

L’intento polemico nei confronti degli atteggiamenti anti-scientifici diviene per Mauro Dorato lo spunto utile a introdurre quelle che sono le reali prerogative del metodo scientifico, la sua effettiva portata esplicativa nonché la sua consapevole incompletezza. La ricognizione di Dorato muove dall’evidenza di alcuni dei più eclatanti risultati scientifici, spaziando dal campo della biologia a quello della fisica. Il valore causale di agenti batterici nel diffondersi delle epidemie, o il ruolo esplicativo della legge di Rayleigh rispetto all’osservazione del colore azzurro del cielo, rendono evidente la stretta connessione tra teorie scientifiche e processi di comprensione, ribadendo l’aspetto conoscitivo dell’impresa scientifica.

In questo frangente l’autore non tralascia di sottolineare il carattere contestuale della spiegazione. La maggiore o minore capacità di soddisfare le richieste di comprensione provenienti da più parti è associata da Mauro Dorato alla quantità d’informazione di cui ogni soggetto dispone, nonché al tipo di assunzioni riconducibili all’idea stessa di spiegazione. Credere che la scienza rappresenti un modello esplicativo universale, applicabile in modo identico in ogni suo ambito, tralasciando le radicali differenze che si rivelano al passaggio da un contesto all’altro, risulta dunque il frutto di un atteggiamento ingenuo.

La consapevolezza del ruolo dei giudizi di valore nella costruzione del sapere scientifico aiuta a comprenderne l’aspetto frammentario e contestuale. Ciò ne rivela il carattere pragmatico, ovvero la dipendenza da una costellazione precisa di assunzioni di sfondo, scoprendo con ciò il fianco alle accuse di soggettivismo epistemico che ne renderebbero vana ogni aspirazione conoscitiva.

Il problema dell’oggettività della conoscenza è dunque un ulteriore tema con il quale il libro di Dorato si confronta. La perdita di fiducia nel valore dell’impresa scientifica, che contraddistingue una parte della cosiddetta “nuova filosofia della scienza”, trova proprio nel carattere contestuale delle spiegazioni un elemento determinante. Nel libro Dorato lascia spazio alle motivazioni che nel corso degli ultimi cinquant’anni hanno portato alla ribalta i vari relativismi di stampo storico, metodologico e sociale (si pensi a Kuhn, Feyerabend e Rorty), riservando al contempo un attento esame delle perduranti possibilità che spingono a considerare ancora interessante l’assegnazione di una certa indipendenza alla conoscenza empirica. La ricerca di un’invarianza tra le molteplici forme di naturalità che la scienza consegna alla storia, in alternativa a una dissoluzione relativistica dei saperi (per molti addirittura soggettivistica), è una sfida che l’autore considera ancora valida, un atteggiamento che traspare sapientemente nel corso del libro senza lasciare mai incompleto il panorama delle diverse posizioni che costellano il dibattito filosofico.

Il problema dell’oggettività riguarda da vicino anche la comprensione del metodo scientifico, il suo “come”, in grado di assicurare quel carattere conoscitivo che contraddistingue l’intento dell’impresa scientifica. Negli ultimi anni l’importanza del dibattito attorno alla natura delle assunzioni metodologiche si è presentato sotto forma di contrapposizione tra differenti interpretazioni e pratiche, siano esse di stampo marcatamente teorico, come nel caso del principio di significatività promosso dalla prima fase del neo-positivismo, oppure connotate da importanti risvolti sociali, come nel caso del confronto tra medicina tradizionale (occidentale) e omeopatia.

Si tratta qui di comprendere il ruolo chiave dell’esperienza all’interno della pratica scientifica, nonché la sua fondamentale importanza nel processo di costituzione delle credenze. Mantenendo le distanze da forme di scientismo e di esaltazione metodologica, Dorato introduce il lettore ai fondamentali temi riguardanti il ruolo e la trattazione dei dati sperimentali, lasciando spazio alla duplice articolazione definita dalle metodologie ipotetico-deduttiva e statistico-induttiva.

Emergono così le questioni relative alla verificazione delle asserzioni promosse in ambito teorico. L’impossibilità di compiere in ogni occasione osservazioni dirette delle entità e dei processi permette a Dorato d’introdurre i limiti delle concezioni riduzioniste incarnate dal verificazionismo neo-positivista, ma anche le difficoltà del falsificazionismo popperiano, portando all’attenzione del lettore la non eliminabilità delle entità teoriche e dunque il valore esplicativo ad esse associato.

Proprio il riferimento ai termini teorici, rappresentati ad esempio dalla nozione di particella in fisica o da quella di evoluzione in biologia, conduce alla definizione dell’ultimo gruppo di problemi affrontati nel libro. L’autore riserva i capitoli finali all’analisi di uno dei più affascinanti temi di filosofia della scienza, introducendo le difficoltà relative all’identificazione di ciò di cui parlano le ipotesi che consideriamo conoscitive, ovvero i problemi del riferimento semantico, della verità e della realtà delle nostre migliori teorie scientifiche. Mantenendo sullo sfondo la progressiva riscoperta della dimensione contestuale e la conseguente svalutazione dell’oggettività del sapere, Dorato traccia una rassegna delle maggiori posizioni assunte in merito alla natura dei riferimenti teorici. Trovano spazio atteggiamenti anti-realistici, come nel caso dello strumentalismo e del costruttivismo, ma anche atteggiamenti di segno opposto, attenti alla salvaguardia del valore ontologico delle migliori descrizioni scientifiche. Il valore metafisico della conoscenza, il suo essere in grado di ancorarsi a una realtà che supera il dominio dell’esperienza, emerge infine come una delle prospettive più feconde, in grado di rendere comprensibile il successo fattuale della metodologia scientifica.

Il libro di Mauro Dorato ha il merito di delineare una panoramica esauriente sui maggiori temi d’indagine che caratterizzano oggi l’indirizzo di una disciplina complessa come la filosofia della scienza. L’autore non nasconde certo la preferenza per un percorso d’analisi che salvaguardi il carattere oggettivo e realistico del sapere scientifico, ciò però senza arrecare disturbo all’equilibrio dell’opera e soprattutto alla sua missione introduttiva.

Indice

Scienza e filosofia della scienza
Tre luoghi comuni sulla spiegazione scientifica
Perché le cose sono come sono? Modelli di spiegazione a confronto
A chi e a che cosa dobbiamo credere? Ipotesi scientifiche ed evidenze esplicative
Che cos’è una teoria scientifica?
Il mutamento delle teorie e il realismo sulle entità
Scienza e verità


L'autore

Mauro Dorato è professore ordinario di filosofia della scienza all’Università degli studi di Roma Tre. Tra le sue numerose pubblicazioni: Time and reality (1995), Futuro aperto e libertà (1997), Il Software dell’universo (2000), con V. Allori, F. Laudisa, N. Zanghi La natura delle cose (2006).

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