lunedì 26 maggio 2008

Foucault, Michel, Discipline, Poteri, Verità. Detti e scritti 1970-1984, a cura di Mauro Bertani e Valeria Zini.

Genova-Milano, Marietti 1820, 2008, pp. 264, € 25,00, ISBN 9788821185496.
[Ed. or.: Dits et écrits, 1954-1988, Gallimard, Paris 1994, 4 voll.]

Recensione di Paolo Savoia - 26/5/2008

Filosofia politica

Continua con questo volume la pubblicazione in italiano, a dire il vero un po’ troppo dispersa e caratterizzata dall’ingombrante assenza di un piano coerente, della raccolta di saggi, interviste, interventi politici e recensioni di Michel Foucault, uscita in Francia nel 1994 con i quattro volumi dei Dits et écrits. Si tratta qui di testi molto eterogenei, tutti inediti, con due sole eccezioni, che testimoniano l’attività frenetica, da un punto di vista politico e intellettuale, di Foucault, in un arco di tempo che va dalla sua nomina a professore al Collège de France nel 1970 fino agli ultimi mesi della sua vita, nel 1984, passando per la fondazione del Groupe d’Information sur les Prisons (G.I.P.) del 1971 e la discussione dei suoi libri degli anni Settanta e Ottanta (Surveiller et Punir e i tre volumi dell’Histoire de la Sexualité). Il libro è corredato poi da una lunga postfazione di Mauro Bertani, il curatore del volume e della pubblicazione italiana di alcuni dei corsi al Collège, molto ricca e attenta a tutti gli sviluppi dell’opera del pensatore francese e particolarmente interessante nel suo tentativo di tratteggiarne degli utilizzi possibili per leggere il nostro presente, quello scarto di tempo che va dalla morte di Foucault ad oggi.
Uno degli insegnamenti più importanti che Foucault ci ha lasciato in eredità è quello di appianare le differenze gerarchiche che la nostra tradizione ha imposto al nostro atteggiamento di lettori, costringendolo in un canone cristallizzato: bisogna leggere nello stesso modo, diceva, il regolamento anonimo di una oscura prigione di provincia e il più prestigioso dei trattati di filosofia del diritto, poiché fanno parte di uno stesso archivio che si tratta di mostrare nella sua formazione storica. Questo è anche l’atteggiamento da tenere di fronte a questa raccolta di testi “minori” rispetto alle sue grandi opere storico-filosofiche, ovvero un atteggiamento di massima attenzione che riesca a cogliere connessioni e differenze sul piano orizzontale che li collega ai libri più conosciuti. Di più: questa raccolta è composta di testi occasionali e di veri e propri saggi autonomi, di prese di posizione congiunturali e di lunghe interviste a proposito dei suoi libri; anche qui il nostro sguardo deve cercare di comporre e non di tracciare graduatorie di importanza.
Il lettore italiano di Foucault troverà certamente i suoi temi oramai familiari e riconoscibili, come suggerisce il titolo stesso: la questione della società disciplinare; il tentativo di formulare un’analitica dei rapporti di potere che rompa con la tradizione filosofico-politica ed eviti le trappole della rappresentazione giuridico-discorsiva e negativa del potere; la questione della produzione di una verità che non sia tanto il frutto di una scoperta quanto un evento, una verità carica di effetti e utilizzabile all’interno di lotte che si svolgono nel nostro presente; le riflessioni critiche sul ruolo dell’intellettuale, e particolarmente dell’intellettuale di sinistra, e la definizione di un intellettuale specifico che prenda la parola per fare diagnosi locali e precise e che abbandoni il suo tono profetico e prescrittivo. Quello che mi sembra particolarmente interessante è però l’emersione di temi e sviluppi forse meno conosciuti, e in ogni caso più problematici e aperti, del lavoro di Foucault, che la lettura di questa raccolta ci consente di mettere a fuoco. Senza pretese di esaustività, davvero impossibile e forse indesiderabile davanti agli scritti di Foucault, cercherò di farne un piccolo inventario.
Una prima pista da seguire è costituita dal gruppo degli scritti sulle scienze della vita e la medicina (Crescere e moltiplicarsi, Le grandi funzioni della medicina nella nostra società, Bio-storia e bio-politica e La politica della salute nel XVIII secolo). Questo gruppo di testi testimonia dell’interesse costante di Foucault per gli sviluppi delle scienze della vita, della biologia e della genetica; in particolare la recensione al libro di F. Jacob (pp. 7-13) accoglie la novità della svolta genetica in biologia inserendola nel quadro filosofico a lui caro dell’arbitrarietà delle combinazioni storiche, l’abbandono di concetti metafisici come “natura” e “vita” tramite un’alleanza con il sapere scientifico più avanzato. Il testo su J. Ruffié (pp. 84-86) conferma questo interesse e prolunga quest’alleanza da un punto di vista più direttamente politico: Foucault qui tratta della dissoluzione scientifica del concetto di razza e mette l’accento sul valore direttamente politico che possono avere delle analisi rigorosamente scientifiche, valore politico che giudica infinitamente più importante dei vaghi appelli contro il razzismo che si accompagnano ad una sua tolleranza di fatto. Il testo, scritto nel 1976, l’anno dell’uscita della Volonté de savoir, accenna anche al problema della bio-storia e della bio-politica e ne formula, abbastanza sorprendentemente, un rovescio positivo basato proprio sulla biologia: «Una “bio-storia” che non sarebbe più la storia unitaria e mitologica della specie umana attraverso il tempo, e una “bio-politica” che non sarebbe quella delle suddivisioni, delle conservazioni e delle gerarchie, ma quella della comunicazione e del polimorfismo» (p. 86). Il saggio sulla politica della salute, straordinario esempio del metodo a cavallo tra storia e filosofia di Foucault, riprende, nel 1979, alcuni temi che aveva già affrontato nel 1963 con la Naissance de la clinique e li inquadra nel nuovo concetto di biopolitica, pur senza scrivere mai la parola, attraverso un’analisi dettagliata del ruolo e delle trasformazioni della famiglia, dell’ospedale e del concetti di igiene e prevenzione, nel processo di medicalizzazione e normalizzazione della società, ovvero in una delle dimensioni storiche preminenti dell’emersione del biopotere e della biopolitica. In questo testo Foucault ci ricorda che ‘biopolitica’ è un concetto che serve per fare un’analisi di un fenomeno storico preciso e precisamente datato che abbia delle risonanze filosofiche per la comprensione di noi stessi nel presente, e non un concetto teorico universale, come sembra invece da molti trattato, in Italia e fuori dall’Italia.
Una seconda traccia da mettere in risalto è la definizione che Foucault dà del suo atteggiamento politico, in risposta alle varie accuse che non cessano di venir formulate nei suoi confronti di nichilismo, relativismo, mancanza di fondazione della critica politica e deriva post-modernista. Nella lunga e a tratti anche insolitamente biografica intervista alla radio del 1975, ad un certo punto il discorso verte su Nietzsche; J, Chancel, l’intervistatore, pone a Foucault una domanda sulla possibilità di pensare al di là del bene e del male, senza questi concetti. La risposta di Foucault è eloquente: «Voler evitare di pensare nei termini di bene e di male, significa voler evitare di pensare nei termini attuali di questo determinato bene, di quel determinato male [...] è impossibile non pensare in termini di bene e di male, è impossibile non pensare in termini di vero o di falso. Tuttavia, si deve dire ad ogni istante: se però fosse il contrario, o se non fosse così, o se la linea passasse da un’altra parte...» (p. 29). Quello che conta per Foucault non è negare la verità, non è negare il bene, ma mostrarne la storicità e di conseguenza la fragilità, mostrare come questi concetti possono essere in relazione e supportare delle relazioni di potere se vengono spinti fuori dalla storia e considerati come evidenti. Questo testo può essere letto insieme alla lunga e importante intervista del 1977 (I rapporti di potere passano all’interno dei corpi) sul controverso primo volume della storia della sessualità: qui Foucault procede ad una definizione della politica come strategia di coordinazione di rapporti di forza (p. 99) e ad un appello all’invenzione di un nuovo tipo di critica politica che si mantenga al livello specifico di tali rapporti di potere. Ed ecco come riassume la sua posizione, tutt’altro che nichilista: «Il problema non è tanto definire una posizione politica (che ci ricondurrebbe a fare una scelta su una scacchiera già precostituita), quanto immaginare e far esistere nuovi schemi di politicizzazione» (p. 100). Nelle ultime interviste Foucault prende a definire il suo lavoro come un’impresa di «problematizzazione», ovvero come un tentativo di rendere problematiche delle pratiche, dei comportamenti, delle abitudini, dei modi di pensare e delle regole che sembrano evidenti e che sono state solidificate tramite la loro relazione storica con particolari tipi di potere (cfr. p. 191); e riferisce anche – fornendo un appiglio agli storici della filosofia contemporanea – questo suo atteggiamento, al contempo filosofico ed etico-politico, alla sua formazione fenomenologica, pur con tutte le distanze che ha sempre ritenuto di prendere rispetto a questa tradizione (cfr. p. 221).
In terzo luogo, la breve intervista, rilasciata in Giappone nel 1978, La società disciplinare in crisi, permette di aggiungere un tassello importante alla questione del presunto passaggio di Foucault dal paradigma disciplinare al paradigma della governamentalià riguardo al potere. In questo testo, che segue immediatamente il corso del 1977-78 al Collège de France su Securité, Territoire, Population, il primo di una coppia che proseguirà l’anno successivo con Naissance de la Biopolitique, incentrata sull’arte di governo del liberalismo e del neo-liberalismo, Foucault parla di un arretramento delle discipline in favore di un nuovo tipo di potere, appunto il biopotere emerso nel quadro della governamentalità liberale, incentrato sulle collettività e non sugli individui, incardinato sui dispositivi di sicurezza e non tanto su quelli disciplinari (p. 105). Ora, se leggiamo questo testo insieme a L’intellettuale e i poteri, possiamo ricavarne degli indizi per ipotizzare che disciplina e governamentalità non sono affatto due modalità di potere incompatibili, ma due dimensioni della razionalità politica moderna, che Foucault ha altrove riassunto con la formula di omnes et singulatim, cura e formazione dell’individuo da un lato, gestione della popolazione dall’altro. Non bisogna infatti confondere governamentalità liberale e governo come sinonimo di relazione di potere: Foucault sembra infatti descrivere le relazioni di potere come relazioni di governo, di conduzione degli uomini, di azione sugli altri in modo del tutto generale, cioè ben diverso dall’arte di governare che emerge nel XVIII secolo col nome di liberalismo (cfr. p. 223; in questa pagina il francese gouvernementalité viene tradotto, a mio parere con una scelta sbagliata, con ‘governatività’). In altri termini, le discipline perderebbero parte della loro efficacia nel nuovo regime di governo liberale, ma non sono affatto incompatibili con esso, né con l’idea di governo come rapporto di potere: in questa prospettiva la disciplina non è che un particolare tipo di potere, cioè una particolare relazione di governo degli uomini.
Infine, ultimo gruppo di testi (Il vero sesso, Sull’amicizia come modo di vita, Il trionfo sociale del piacere sessuale e Sesso, potere e la politica dell’identità) che forniscono un importante documento per chiarire le poste in gioco storiche, filosofiche e politiche dell’opera forse più influente di Foucault, il grande progetto, largamente incompiuto, dell’Histoire de la sexualité. Il vero sesso è la prefazione alla pubblicazione dell’edizione inglese delle memorie dell’ermafrodito Herculin Barbin, di recente ripubblicate anche in italiano, testo scoperto e pubblicato da Foucault stesso, tramite il quale possiamo mettere a fuoco i problemi principali della sua storia della sessualità: la riunione di fenomeni disparati in un particolare campo di verità-e-falsità che va sotto il nome di sessualità e gli effetti di potere e di sapere che questo evento produce al livello dell’individuo tramite l’emersione di un intreccio tra vero sesso e verità dell’individuo, da ricercare appunto nella sfera sessuale, o meglio psico-sessuale. Le due interviste del 1981, Sull’amicizia come modo di vita e Il trionfo sociale del piacere sessuale, relative alla questione dell’omosessualità ma dalla portata molto più ampia, costituiscono un importante documento sull’atteggiamento di Foucault riguardo ad un’etica e ad una politica della sessualità; in esse troviamo il contrasto tra la domanda, inevitabilmente psicologica e quindi segnata da un rapporto di potere che Foucault non ha mai smesso di indagare, quello costituito dalle scienze con prefisso psy, sul segreto del desiderio e la necessità dell’invenzione di nuovi piaceri attraverso un distacco del corpo dalla norma della sessualità che vorrebbe organizzarlo in un certo modo; la collocazione della resistenza ad un peculiare livello che non è né quello giuridico (i diritti civili, pur considerati importanti da Foucault, ma soltanto come prima e parziale tappa) né quello istituzionale, ma il livello indissociabilmente etico e politico dei modi di vita, della forma delle relazioni e dell’amicizia (definita eloquentemente da Foucault come «la somma di tutte le cose attraverso cui [i termini implicati nella relazione] possono recarsi piacere l’un l’altro», p. 158); la ripresa in chiave politica di un concetto sul quale egli stava lavorando negli ultimi anni della sua vita, dedicati allo studio del mondo antico, quello di ‘ascesi’ («il lavoro che si fa su se stessi per trasformarsi o per far apparire quel sé che per fortuna non si raggiunge mai», p. 159); la necessità di sottrarsi alla definizione rigida delle identità per mettere in crisi, ancora una volta a livello politico ed etico, la nozione assoggettante di soggetto sessuale. Davanti ad un particolare tipo di potere, in connessione circolare con un particolare tipo di sapere, quello psy appunto, che funziona fabbricando e stabilendo identità sessuali individuali a dei corpi e trasformandoli così in soggetti docili e controllabili, la strategia di resistenza di Foucault (in questo anticipatore delle teorie queer) passa per la de-individualizzazione, il lavoro su di sé, la dis-identificazione, anche attraverso l’invenzione di nuove forme di relazione con altri che privilegino l’asse corpi-piaceri contro quello desiderio-sessualità.
Libro importante dunque. La frammentazione e l’eterogeneità cui ci si riferiva all’inizio riguardano lo stato della pubblicazione dei testi foucaultiani nel panorama editoriale italiano, non certo questi testi stessi, scritti da un filosofo (?) che ha fatto della sottrazione alle identità individuali rigide una strategia di resistenza e di esistenza; come scrisse alla fine dell’introduzione all’Archéologie du savoir: «Non domandatemi chi sono e non chiedetemi di restare lo stesso: è una morale da stato civile; regna sui nostri documenti. Ci lasci almeno liberi quando si tratta di scrivere».

Indice

Crescere e moltiplicarsi
Le grandi funzioni della medicina nella nostra società
Convocati dalla polizia giudiziaria
Radioscopia di Michel Foucault
Sade, sergente del sesso
Crimini e punizioni in U.R.S.S. e altrove
Il sapere come crimine
Michel Foucault, l’illegalismo e l’arte di punire
Bio-storia e bio-politica
Intervista
I rapporti di potere passano all’interno dei corpi
La società disciplinare in crisi
Precisazioni sul potere. Risposta ad alcuni critici
La politica della salute nel XVIII secolo
L’immaginazione del XIX secolo
Il vero sesso
Sull’amicizia come modo di vita
Il trionfo sociale del piacere sessuale
Che cosa significa punire?
La cura della verità
Intervista
Sesso, potere e la politica dell’identità
L’intellettuale e i poteri
Postfazione di Mauro Bertani


L'autore

Michel Foucault (Poitiers 1926-Parigi 1984) è stato uno dei grandi pensatori del XX secolo. Tutte le sue opere maggiori sono pubblicate in Italia ed è in corso la pubblicazione di tutti i suoi corsi al Collège de France.

Links

Archivio Michel Foucault: http://www.michel-foucault-archives.org
Foucault Studies: www.foucault-studies.com

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