lunedì 2 giugno 2008

Pulina, Giuseppe, Animali e filosofi.

Firenze, Giunti, 2008, pp. 138, € 9,50, ISBN 9788809055667.

Recensione di Monica Fiorini - 02/06/2008

Storia della filosofia, Etica

«Ho studiato molto i filosofi e i gatti. La saggezza dei gatti è infinitamente superiore», pare abbia scritto un giorno Hyppolite Taine, autore di un piccolo libro da poco ripubblicato in Francia e intitolato Vie et opinions politiques d’un chat; un testo ironico, definito a volte cinico, sicuramente attento alle notevoli caratteristiche degli amici felini e a lungo dimenticato, come un divertissement non solo di poca importanza ma, c’è da sospettare, anche un po’ pericoloso perché in fondo capace di inficiare la serietà o seriosità del filosofo che pure pareva così convinto, da parte sua, della superiore saggezza dei gatti. Chi coabita con un gatto sa bene che non sono solo gli animali filosofici per eccellenza – per lo meno quelli più utilizzati dai loro compagni umani per proiettarvi le proprie fantasie. Nel presentare questo libro, dunque, non posso non dedicare le mie poche righe a una gatta bianca e nera.
Abbondano oggi i testi di varia natura e approfondimento sui rapporti tra l’essere umano e gli altri animali che popolano questo pianeta. Dall’ampio volume di Elisabeth de Fontenay, Le silence des bêtes. La philosophie à l’épreuve de l’animalité (Fayard, 1998), immensa indagine sul rapporto, in rapida mutazione, dell’uomo occidentale con l’animalità “satura di segni”, al piccolo saggio di Jean-Christophe Bailly che cerca di mostrare e interrogare i tanti “versanti animali” del mondo (Le versant animal, Bayard, 2007), ad alcuni degli ultimi scritti di Jacques Derrida il quale, come ricorda Giuseppe Pulina nelle pagine iniziali del suo libro, osserva che i filosofi hanno da sempre trattato gli animali come “una cosa vista e non vedente” e di cui per giunta non sanno vedere – con grande “impudenza” noterebbe Montaigne – le qualità.
Gli animali (termine che, ricorda sempre Derrida, viene troppo spesso usato al singolare: l’animale, l’animalità), hanno avuto ed hanno per l’uomo una fondamentale importanza. La riflessione sul rapporto tra uomini e animali è sempre stata tuttavia una riflessione che, più che cercare la comunicazione, ha considerato gli animali un mezzo, uno strumento (esattamente come mezzo e strumento sono gli animali nell’agricoltura e nell’allevamento), una “cavia filosofica, una cosa tra le cose” (p. 6, Introduzione). Non posso non pensare a quello che esclama Canetti, in una annotazione del 1943 raccolta nella Provincia dell’uomo: “O animali, amati, crudeli, morenti animali; palpitanti, inghiottiti, digeriti e assimilati; predatori e sanguinosamente putrefatti, fuggiti, raccolti, solitari, visti, inseguiti, fatti a pezzi; increati, predati da Dio, abbandonati come trovatelli in una vita ingannevole!”. Pulina ripercorre questo utilizzo degli animali da parte dei filosofi (non è la prima volta che si impegna in questo genere di esercizio) muovendosi con agilità e leggerezza tra i testi di Aristotele, i bestiari medievali, vari scritti di epoca moderna e contemporanea e articolando il suo testo in brevi capitoli, dedicati alle innumerevoli rappresentazioni offerteci da coloro che “hanno senz’altro visto, osservato, analizzato, riflettuto sull’animale, ma” appunto “non si sono mai visti visti dall’animale, non hanno mai incontrato lo sguardo di un animale posto su di loro” (Derrida, L’animale che dunque sono, cit. a p. 15). Quella che emerge è quindi una zoologia immaginaria e straordinariamente ricca di animali reali e fantastici (ma qual è il confine tra gli uni e gli altri?), di ibridi favolosi, come il pentamorfo di Giordano Bruno, sintesi di tutti i vizi della sua epoca, o il centauro di Machiavelli, o il Leviatano biblico, e attraversata da gatti, cavalli, elefanti, tartarughe..., senza dubbio molto affascinante e certo non completa, data l’evidente flessibilità degli animali quando vengono fatti fungere da esempio e da materia per l’argomentazione. Che cosa collega i singoli esempi, i paragrafi dai titoli immaginifici e le schede che punteggiano il libro? Di fronte alla domanda etica sollevata dalla problematica convivenza tra uomini e animali ed evocata dall’autore nell’introduzione, si potrebbe legittimamente chiederlo.
Nella corsa da un esempio all’altro si rischia infatti di dimenticare facilmente (salvo qualche ripresa rapida qua e là) tutte le questioni sollevate dalla responsabilità umana nei confronti della scomparsa degli animali (Cioran, citato a p. 44), e dalla sofferenza di tanti animali di tante specie diverse. L’essere umano che intenda riflettere (filosoficamente...) su se stesso, dovrebbe inoltre chiedersi sempre cosa ha implicato e implica una comunicazione tanto deficitaria con gli animali – mai interlocutori del signore del mondo chiamato da dio a dare un nome a ogni essere vivente (“Le nuove, vere scoperte sugli animali sono possibili soltanto perché ci è venuta a mancare del tutto la nostra superbia di grandi ufficiali di Dio. È evidente che noi siamo, piuttosto, i più bassi subordinati di Dio, i carnefici di Dio nel suo mondo”, osserva sempre Canetti nella Provincia dell’uomo, forse con troppa precipitazione per quanto riguarda l’abbandono della superbia).
Qual è dunque il compito che si prefigge Animali e filosofi? Se questa carrellata è frutto dell’esigenza di “scendere sulla strada” e confrontarsi con i problemi della vita quotidiana (dicono le note di copertina), dopo aver incontrato elefanti di profonda religiosità, tonni matematici, balene metafisiche, leggeri volatili che abitano il mondo (non vi risiedono soltanto, p. 82) interessanti riferimenti agli uccelli nella letteratura araba (p. 86), inviti all’ascolto (del canto enigmatico dell’usignolo) e, in un breve sorvolo finale sulla “malanimalità”, ragni, insetti, serpenti, soprattutto, che cosa resta? Riferendosi a Nietzsche l’autore ricorda che “chi crede che l’appartenenza alla terra sia solo un peso è destinato a ignorare le virtù segrete della serpentinità” (p. 111). Resta dunque il richiamo a pensare la nostra terrestrità e alcuni riferimenti bibliografici per chi volesse cominciare ad esplorare (ma partirebbe da qui?) non tanto gli usi filosofici dell’animalità e i vecchi e nuovi esempi (spesso ambigui) di animalismo filosofico – compresa la vita e le opinioni politiche di un gatto di Taine – ma il significato e i limiti di una eccezione umana sempre ribadita.
Concludo dunque con un’altra, fulminante, osservazione di Elias Canetti: “escogitare che cosa gli animali troverebbero da lodare in un uomo”.

Indice

Introduzione
Imago animalis
Animali docet
Animal volans
Malanimalia
La biblioteca di Noé Appendice bibliografica


L'autore

Giuseppe Pulina (Sassari, 1963), è insegnate di filosofia e giornalista, si occupa di comunicazione e di pensatori mitteleuropei. Nel 1996 ha pubblicato un saggio sul pensiero di Carlo Michelstaedter, L'imperfetto pessimista, edito da Lalli. In precedenza aveva già scritto un libro dedicato al rapporto tra animali e filosofi (con qualche scorribanda in campo letterario) intitolato Minima Animalia. Piccolo bestiario filosofico, Mediando, 2005. Ha all’attivo anche studi su Edith Stein, Capitini e Marcuse.

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