martedì 22 giugno 2010

Leonelli, Rudy (a cura di), Foucault-Marx. Paralleli e Paradossi.

Roma, Bulzoni, 2010, pp. 146, € 13,00, ISBN 9788878704763

Recensione di Roberta Cavicchioli 22/06/2010

Filosofia politica

Il volume collettaneo, Foucault-Marx. Paralleli e paradossi, sviluppa e ordina gli spunti scaturiti da una giornata di lavori dedicata a Foucault, Marx, marxismi, ospitata dalla Scuola Superiore di Studi Umanistici di Bologna, cinque anni or sono.

Decisi ad esplorare le possibilità di dialogo, contatto e contaminazione fra due approcci critici alla società che si implicano vicendevolmente e, tuttavia, non riescono a sottrarsi a un confronto animato, i sei relatori hanno deciso di riorganizzare i loro interventi. Ad essi si è poi aggiunto un settimo sodale, Etienne Balibar, che, condividendo le premesse dell’impresa, ha messo a disposizione la versione integrale dell'intervista rilasciata a l’Humanité nel ventennale della morte di Michel Foucault .

Come si inferisce facilmente dal contesto, l’oggetto dell'indagine condotta è il rapporto del filosofo francese con l'eredità marxiana, quell'eredità ingombrante che, sovente e con accenti polemici, Foucault lamentava di aver trascurato per dedicarsi a problemi "più cogenti"- un'eredità che trova nella riflessione foucaultiana interpretazioni originali ed esiti sorprendenti.

L'indicazione contenuta nel titolo è forte: non si vuole innescare il gioco delle appartenenze e fare di Foucault un nipote più o meno devoto. Contrastando il persistere di una storia delle idee che tende a produrre un’uniformità fittizia fra gli autori, si cercano le somiglianze di famiglia proprio nella discontinuità e nelle rotture. Il tentativo riesce, almeno nella misura in cui fornisce al lettore uno spaccato della storia dei movimenti culturali afferenti alla Sinistra; riapre problemi interpretativi non secondari circa la ricezione dell’insegnamento marxiano; chiama in causa autori come Gramsci, Lukács, Sartre, Althusser, uscendo dalla logica segregante di un soliloquio di Foucault su Marx.

Eloquente la premessa del curatore, Rudy Leonelli, che, prese le distanze da un'ermeneutica di maniera, invita a procedere per paralleli e paradossi, rintracciando nell'opera foucaultiana i temi e i problemi posti dalla teorizzazione marxiana e marxista, senza omissioni. Esprimendo una posizione non condivisa dalla totalità dei redattori, Leonelli sostiene che Foucault abbia riattivato i percorsi di ricerca marxiani nel senso della “generalizzazione”. Con generalizzazione si allude alla dislocazione di un sapere dal suo contesto di nascita, al quale è inizialmente incorporato, a un altro: rintracciarne esempi probanti, mette in campo una “genealogia della genealogia” e impone di restituire la parola ai testi. Una feconda circolazione di concetti che coinvolge le nozioni di produzione materiale e simbolica, controllo, dominazione, lotta - per citare solo alcune delle anticipazioni marxiane che incontrano in Foucault un’evoluzione sorprendente.

Colpiva Foucault la concezione della guerra come economia generale di armati e non armati: non è un caso che nella costruzione del mito della battaglia perpetua, su cui si diffonde nel corso del 1976, individui la condizione di emergenza di un immaginario politico moderno che fa la sua comparsa nel discorso dei Levellers per trovare una sistematizzazione negli storici della Restaurazione, Thierry e Guizot dai quali lo stesso Marx avrebbe mutuato la categoria della lotta di classe.

Orienta l’analisi degli autori la certezza paradossale che Foucault possa insegnare molto su Marx, naturalmente a patto che si esca dall’alternativa di una micropolitica cripto o anti-marxista. Ed è vero il contrario: il confronto con la tradizione marxista permette di cogliere elementi importanti della strategia politica foucaultiana.

Ne è certo Balibar che, già nel suo La paura delle Masse, (1977), aveva individuato in Marx e Foucault i due maggiori esponenti della politica della trasformazione delle strutture di potere/dominazione. Valutazione, questa, che trova supporto in un esame non superficiale della riflessione marxiana; riducendo il marxismo alla sussunzione dell’individuo nella massa, se ne perde completamente la valenza emancipatoria, l’afflato libertario soffocato nelle epifanie del totalitarismo. Recuperando questa profondità, si arriva a ricomporre la frattura fra la teoria macropolitica delle strutture collettive avanzata da Marx e il pensiero micropolitico, espressione di un individualismo libertario che in Foucault è mitigato dall’influenza esercitata dalla ricerca sociologica.

Alberto Burgio ravvisa nel concetto di contropotere l’elemento che accomuna Foucault a Marx; la collettivizzazione delle resistenze individuali ribadisce la necessità di “non essere governati”, formulata alla “Société française de philosophie” il 27 maggio 1978. È in particolare nei suoi studi in ambito psichiatrico che Foucault arriva a cogliere il rapporto fra la funzione strutturante del modo di produzione e l’emergere di forme di soggettivazione resistenti o alternative all’interno di uno script definito dal potere, mostrando un'evidente prossimità con il metodo marxiano; riconoscere tale prossimità significa, nuovamente, sottrarre Marx a una lettura deterministica ed economicistica. Elargisce tale indicazione di percorso lo stesso Foucault, che abbandona una concezione appropriativa del potere per definirlo in rapporto alla guidance, una capacità di indirizzo essenziale all’integrazione dei subalterni nei disegni delle classi dirigenti, in cui si avverte anche il riferimento all’opera del grandissimo Antonio Gramsci.

Per valutare la sua ricezione al di fuori di una cornice ideologica, Stefano Catucci chiede di “essere giusti con Marx” (p. 45), cui dobbiamo il linguaggio che ancora struttura la nostra riflessione sui rapporti di potere. Opportuna la sua affermazione che mette subito in chiaro le cose: in Marx, Foucault ama il filosofo dell'attualità, il critico implacabile di Ricardo, Smith e Say. Il suo omaggio si arresta dinnanzi all’utopia antropologica di marca ottocentesca, al materialismo dialettico che si autorappresenta, quale scienza esatta. Se a più riprese celebra in Marx l’instauratore di una nuova discorsività, la pietra angolare della scienze storiche, Foucault contesta al marxismo di non saper progettare una reale trasformazione degli apparati statali, trasformazione che richiederebbe di aver compreso come al di sotto dei dispositivi istituzionali ne agiscano altri infimi, quotidiani, che non vengono toccati dalle rivoluzioni e dagli avvicendamenti interni al Palazzo d’Inverno.

L’ammirazione di Foucault si applica piuttosto al materialismo storico, quale interpretazione della storia che considera determinante il modo di produzione, e mira al rinnovamento della vita materiale. Pretendendo alla scientificità, il marxismo si fa parte dei dispositivi di normalizzazione, diventa monopolio dell'Accademia, dei partiti, dello Stato. Tale l’impressione di Guglielmo Forni Rosa che tiene a sottolineare come l’atteggiamento di Foucault rispetto all’opera marxiana risenta dell’eterogeneità del panorama dei marxismi a lui contemporanei, restii al dialogo o antagonisti fra loro, (p.61: “Bisogna distinguere il comunismo francese e internazionale degli anni Cinquanta, gli incroci esistenzialisti di marxismo e fenomenologia husserliana, il materialismo storico e dialettico, con tutti i tentativi di costruire una filosofia della storia, un'evoluzione lineare per grandi momenti storici, estranea al pensiero di Marx”). Un antagonismo che si proietta all’esterno, perché l’egemonia delle correnti marxiste non imbavaglia le tante anime presenti nella Sinistra: socialisti, libertari, personalisti, in quegli anni, si fanno estensori di sperimentazioni autonome.

In quel solco, Manlio Iofrida schizza il ritratto di un Foucault giovane, combattuto fra la psichiatria fenomenologica di Binswanger influenzata da Heidegger, e il polo rappresentato dal marxismo ortodosso del PCF. Un’oscillazione che si palesa nelle due opere giovanili pubblicate nel 1954, Maladie mentale et psychologie, in cui si respira l'influenza del contrastato maestro Althusser, e Introduzione a Sogno ed esistenza dello stesso Binswanger, in cui si avverte il suo legame con la tradizione tedesca mediata dall'esperienza surrealista. Non è un caso che del surrealismo Foucault salvi proprio il poeta René Char, leggenda della Resistenza, cui tributava un'ammirazione incondizionata, anche per la sua contestatissima amicizia con Heidegger.

Offre un ottimo esempio della ricchezza di un’interpretazione posizionale e non dogmatica, Marco Enrico Giacomelli, deciso a mostrare le intersezioni fra la lezione foucaultiana e l'operaismo italiano. Il riferimento culturale è all’esperienza della con-ricerca di Danilo Montaldi, agli interventi di Raniero Panzieri, all’opera di Tronti e Alquati che porranno le basi per la ricezione di Foucault, anche elaborando alcune categorie analitiche originali atte ad interpretare, nel segno del dominio diffuso e individualizzato, le trasformazioni della società italiana, al culmine del suo processo di industrializzazione. Sulle pagine di “Quaderni Rossi” e “Classe operaia” riecheggiano molti temi contigui al pensiero micro-politico. Prova di tale sensibilità una significativa ricezione dell’opera foucaultiana, letta e discussa nei circoli e sulle pagine delle riviste o magari tradotta, come nel caso della versione italiana di Microfisica del potere, pubblicata già nel 1977.

Indice

Rudy M. Leonelli, Premessa

Etienne Balibar, Foucault-Marx, paralleli e paradossi

Alberto Burgio, La passione per la critica

Stefano Catucci, Essere giusti con Marx

Guglielmo Forni Rosa, Note sul rapporto Foucault- Marx. A proposito di “Bisogna difendere la società”

Marco Enrico Giacomelli, Ascendenze e discendenze foucaultiane in Italia. Dall’operaismo italiano al futuro

Manlio Iofrida, Marxismo e comunismo in Francia negli anni ’50. Qualche appunto sul primo Foucault

Rudy M. Leonelli, L’arma del sapere. Storia e potere tra Foucault e Marx

Note biografiche degli autori


L'autore

Laureatosi in Filosofia a Bologna, Rudy Leonelli ha conseguito il titolo di dottore di ricerca presso l’Università di Paris X, con una tesi su “Foucault généalogiste, stratège et dialecticien. De l’histoire critique au diagnostique du présent”, sotto la direzione di Etienne Balibar. Leonelli ha al suo attivo pubblicazioni in volumi collettanei, specie con la collana Arcipelago ; interviene con suoi contributi su Eidos, Altreragioni, Invarianti e Cahiers pour l’analyse concrète.

Link

Scritti nella versione originale o in traduzione:
http://foucault.info/

Collegamento al Media Resources Center UC Berkeley
http://www.lib.berkeley.edu/MRC/foucault/gsa.html

Portare delle Riviste francesi on line, selezione di articoli dedicati a Foucault:
http://search.revues.org/index.php

Presentazione del Volume su portale della Rivista Incidenze
http://incidenze.blogspot.com/2007/02/foucault-marx-marxismi.html

Indice Archivio Marx-Engels
http://www.marxists.org/italiano/marx-engels/index.htm

Il Marxismo in Francia
http://www.springerlink.com/content/g25116264p822h56/

Thomas Lemke su Foucault
http://www.andosciasociology.net/resources/Foucault$2C+Governmentality$2C+and+Critique+IV-2.pdf

2 commenti:

MAURO PASTORE ha detto...

Pubblicazione recensita è sviluppo-ordine di materia intellettuale cui risultati filosofici divergenti da quanto sviluppato ordinato con scopo reintegrativo; tuttavia ne permane causa disintegrativa interna, che recensore recepisce ma senza comparare a quello stesso scopo; che d'altronde è tutto relativo ad alternativa ai risultati conseguiti dagli altri non a sostituzione di essi; eppure in scopo ordinativo pur senza resa ordinante essendovi volontà di sottoposizione, dei risultati allo sviluppo e dello sviluppo a medesimo ordine che a ben notare ne è estraneo.
Difatti i risultati mostrano incompatibilità tra progressismi ideologici e tra un cambiamento e un mutamento, che curatrice di pubblicazione tenta di superare; ciò evidente da titolo, titoli, indice, di pubblicazione recensita.

Quel che marxismo, post ex marxismo, antagonismo non indipendente, avevano cercato e cercavano di evitare era una Decostruzione intellettuale-culturale cui preferivano decostruzione culturale che in pratica aveva effetti distruttivi ai danni della cultura civile occidentale.
Nonostante sforzi, consapevoli degli effetti o no, di curatrice, resta il superamento non accaduto.

Allora per render proficua la pubblicazione recensita, si deve separare e sospendere premessa riducendone ad introduzione per ultimo scritto che così va recepito qual aggiunta. Ad escluderne semplicemente del tutto però, valore di negazione, che ha il restante, ne parrebbe anche positivo.
Difatti curatrice presenta quanto di non omologo ad omologo ed omologo rappresenta per via logica impossibilità filosofiche del non omologo; descritte da analisi di rapporti di Foucault stesso ad evento comunicativo suscitato inizialmente da Marx specialmente e ad accadere storico corrisposto, di cui proprio Foucault constatava non solo irriducibilità anche alternativa; accadere cioè di un dividersi della storia politica umana e di nuovi destini reciprocamente altri e di fine categoriale essenziale cioè anche in perdurare occidentale e quindi in fine di una essenza umana a causa di perdurarsi / differenziarsi e del tutto ed in tutto generali.
Ciò Foucault poteva filosoficamente cominciare a descrivere ed assecondare dopo essersi imbattuto nei cosiddetti "schierati senza gli schieramenti", giacché per intrighi dello stalinismo lo Schema marxista reso necessario a causa di bisogni cui obbligava stesso Stalin in principio; e questi erano in ultima analisi i bisogni inautentici di cui accusato capitalismo ma cui responsabile comunismo totalitarismo poi succedente eccesso capitalistico.


Odiernamente obiettare analogo a marxismo è strumento gestito da ostilità contro esistere mondano politico settentrionale. Difatti con sconfitta comunista parte degli sconfitti, quelli che non volevano ripensarsi i sistemi sociali economici politici, si unirono ad antipolitica che era ed è anticoloniale - meridionalista - mondialista. Tal antipolitica di mondanità settentrionale rifiuta e contrasta non solo presenza mondiale ove questa reale ed inoltre ne presuppone anche esistere ma che non è davvero reale, parendone non irrealtà a non saggezza di disinganno.


MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

Ultima frase di mio scritto precedente sarebbe di senso più evidente così:

[...] Tal antipolitica, di mondanità settentrionale rifiuta e contrasta non solo presenza mondiale ove questa reale ed inoltre ne presuppone anche esistere ma che non è davvero reale, parendone non irrealtà a non saggezza di disinganno.

Tuttavia il senso logico della frase, a ben intenderne, può essere uno solo, con o senza virgola supplementare inserita.


MAURO PASTORE