lunedì 12 luglio 2010

Dibitonto, Daria, Luce, oscurità e colore del desiderio. Un’eredità non ancora indagata della filosofia di Ernst Bloch.

Milano, Mimesis, 2009, pp. 193, € 16,00, ISBN 9788884839930.

Recensione di Davide Sisto - 12/07/10

Filosofia teoretica, Estetica

È innegabile che il desiderio sia da sempre un tema sottovalutato o, peggio, screditato dalla filosofia occidentale, a causa del suo carattere apparentemente illusorio, sfuggente e ingannevole, quindi non conforme a un pensiero intellettualistico, solito ad anteporre da un punto di vista qualitativo la razionalità alla sensibilità. Daria Dibitonto, nel presente studio, intende riabilitare il profondo valore filosofico intrinseco al desiderio, mettendo in luce la sua importanza capitale – seppur prevalentemente implicita – all’interno del pensiero di Ernst Bloch, un pensiero che, lungi dal ridursi a una razionalità fredda e logico-matematizzata, va interpretato come “uno sporgersi oltre la propria vita per incontrare altra vita”, in modo tale che in questo incontro si rifletta un percorso ermeneutico, la cui meta ultima – la speranza – possa realizzare compiutamente una salda armonia tra uomo e natura (p. 38). Per affrontare il tema sotterraneo del desiderio in Bloch, l’autrice si propone tre principali obiettivi di carattere metodologico e interpretativo, i quali, richiamandosi vicendevolmente, permettono la ricostruzione di un cammino filosofico oscillante tra il terreno metafisico e il suolo antropologico-fenomenologico: il primo obiettivo mira allo sprofondamento nell’oscurità – tanto abissale quanto filosoficamente feconda – delle speculazioni utopiche del pensatore tedesco, rintracciando attraverso una meticolosa attività di smontaggio e rimontaggio l’eredità non ancora sviscerata del suo pensiero, vale a dire il radicamento della speranza nel desiderio (cfr. p. 15). Il secondo intende mostrare come il desiderio sia, de facto, tutt’altro che un tema sotterraneo della filosofia blochiana, semmai il “suo nodo portante [...] il suo punto cieco, la categoria in cui luce e buio si toccano e si rovesciano l’uno nell’altro” (ibid.). Il terzo, infine, mira a servirsi delle indagini blochiane come trampolino di lancio per l’attuazione di una propria personale convinzione filosofica: “Solo il pensiero che affonda le radici nell’esperienza del desiderio e ne eredita criticamente i caratteri può essere fedele all’essere senza incorrere nel pericolo dell’identificazione illusoria con esso” (p. 19).

Mirando a questi tre obiettivi, Dibitonto, nella prima parte del testo, penetra letteralmente all’interno delle intercapedini concettuali del desiderio in Bloch, cercando di cogliere i compositi intrecci metafisici e psicologici del termine. Di contro alla povertà del lessico italiano, il vocabolario tedesco viene in soccorso al filosofo, in modo tale da fornirgli il bagaglio terminologico necessario per far fronte alla complessità del desiderare umano. Tre sono, in particolare, i termini che, armonizzati insieme, permettono una ricostruzione pervasiva del meccanismo che è alla base del desiderio: la Sehnsucht, quale anelito metafisico ereditato dalla cultura romantica che costituisce la spinta tragicamente inestinguibile alla ricerca, il Wunsch, la cui cangiante iridescenza è direttamente proporzionale alla mutevolezza di un bisogno figlio di un automatismo sottilmente seduttivo, e il Meinen, il quale indica una tensione che scaturisce dalla mancanza e da cui prende il via quel processo inizialmente impulsivo che spinge alla ricerca di ciò che è assente. Nell’evidenziare come Sehnsucht, Wunsch e Meinen tendano a compenetrarsi l’uno nell’altro all’interno della mutevole bibliografia di Bloch, Dibitonto rilegge la sua ontologia del non-ancora attraverso la costante, ossimorica dialettica dell’alternanza e, a un tempo, dell’integrazione. Luce e oscurità, presenza e assenza, mancanza ed eccedenza sono le coppie dialettiche che danno un contenuto filosofico al concetto di desiderio, richiamando alla mente del lettore un gioco di specchi in cui l’oscurità, per così dire, introversa del fermento e dello stimolo iniziali si tramuta nella luminosità feconda della ricerca, volta quindi all’estrinsecazione e al ritrovamento di ciò che potrebbe finalmente determinare la compiutezza del soggetto. Coscienza e materia sono accomunate, secondo la prospettiva dell’autrice, dall’impossibilità di una coincidenza iniziale con sé, un’impossibilità che alimenta il divenire e spinge verso l’altro. Questa è la chiave di lettura del noto passo blochiano “Io sono. Ma non mi possiedo. Perciò noi diveniamo”, quale incipit della Tübinger Einleitung in die Philosophie, da cui prende avvio quel processo di alternanza e di reciproco richiamo che coinvolge la mancanza e l’eccedenza e che è a fondamento del tema della speranza.
La seconda parte del testo si propone, invece, di entrare nel particolare, vale a dire di ricercare i contenuti trasversali del desiderio; pertanto, indaga le mutevoli tonalità che esso assume a partire dal costante oscillare tra oscurità e luminosità. Il rapporto tra il desiderio e il colore permette a Dibitonto di aprire gli orizzonti estetici, politici, religiosi e psicoanalitici che costellano l’intera produzione filosofica del pensatore tedesco (p. 90). La tonalità che il desiderio assume nel discorso sull’arte è il blu, punto di partenza da cui l’autrice ricostruisce minuziosamente il legame tra la corrente culturale dell’espressionismo, il cui manifesto è il Der Blaue Reiter (Il cavaliere azzurro) di Kandinsky e Marc, e la convinzione blochiana che tale colore sia quello “attraverso cui l’oscurità della latenza che è in noi, la nostra profondità, si esprime trasformandosi in luce” (p. 91). L’accostamento del desiderio al colore rosso favorisce una serie di considerazioni che, intrecciando saldamente la psicoanalisi alla politica, aprono l’orizzonte sulla teoria blochiana relativa all’impulso all’autoconservazione, teoria fortemente antitetica alle speculazioni di Freud, da cui prende il via l’analisi del marxismo del filosofo tedesco e della sua concezione della rivoluzione. Infine, la corrispondenza tra il desiderio e il colore giallo-oro c’introduce nell’ambito della religione, là dove il tema della ribellione a Dio si risolve inevitabilmente in mistica della prossimità. “Così – citiamo dal retro di copertina – un pensiero dell’immanenza, o del “trascendere senza trascendenza”, finisce per farsi garanzia – forse nonostante se stesso – della differenza ontologica tra uomo e natura, soggetto e oggetto, forma e materia, pensiero ed essere”.

Indice

Legenda
Desiderio come dialettica di luce e oscurità: ontologia del non-ancora
Desiderio blu: la profondità dell’arte
Desiderio rosso: amore e rivoluzione
Desiderio giallo-oro: mistero del compimento
Ringraziamenti
Bibliografia


L'autore

Daria Dibitonto (Vercelli, 1977) è dottore di ricerca in Filosofia presso l’Università del Piemonte Orientale Avogadro, dove è attualmente titolare di un assegno di ricerca in Filosofia Morale. La sua ricerca si muove nell’ambito della filosofia e della teologia della speranza. Ha pubblicato, tra l’altro, Dio nel mondo e il mondo in Dio. Jürgen Moltmann tra teologia e filosofia, Torino, 2007 e ha tradotto l’autobiografia di Moltmann, Vasto spazio. Storia di una vita, Brescia, 2009.

Link

Ernst Bloch Gesellschaft: http://www.ernst-bloch-gesellschaft.de/

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