giovedì 1 luglio 2010

Gori, Pietro, Il meccanicismo metafisico. Scienza, filosofia e storia in Nietzsche e Mach.

Bologna, Il Mulino, 2009, pp. LVI+217, € 32,00, ISBN 97888151336566.

Recensione di Fabio Lelli - 1/07/2010

Storia della filosofia (moderna), Filosofia teoretica, Filosofia della scienza, Filosofia della storia

L’intento dell’autore è quello di tracciare un nesso fra due filosofi che raramente sono stati messi in correlazione: Friedrich Nietzsche e Ernst Mach. Il senso di questa operazione non è quello di scandagliarne le opere con l’intento di recuperare tutti gli indizi di una possibile reciproca influenza, bensì quello di mostrare una comunanza di temi e di idee e riagganciare le loro riflessioni al dibattito scientifico e culturale del loro tempo.
Il rapporto di Nietzsche con la scienza è particolarmente importante per lo sviluppo del suo pensiero, come hanno già mostrato le ricerche sulla sua biblioteca, sugli inediti e sugli appunti sparsi. Ma, sottolinea Gori, questo non deve equivalere a sottoscrivere l’idea di un primo Nietzsche “illuminista” e di un secondo Nietzsche (successivamente alla “Gaia Scienza”) vigorosamente critico del sapere scientifico. Si è trattato in realtà di una evoluzione continua che è culminata nella critica di quella scienza che ha assunto acriticamente il modello meccanicistico come reale, con lo stesso valore del “mondo vero” nel caso della religione e della morale.
Questa è la direzione principale per ricostruire il rapporto più ideale che storico (anche se qualche punto di contatto c’è effettivamente stato) fra Nietzsche e Mach. Entrambi condividono un certo “spirito del tempo”, che mette sempre più in dubbio l’inevitabilità del modello principe della ricerca scientifica (almeno fino al diciannovesimo secolo). Ma è possibile intessere fra i due uno schema molto più articolato e fitto di rimandi.
Le grandi direttrici del testo sono tre, così come i suoi capitoli principali, e coprono i concetti fondamentali su cui edificare questo parallelo.
Innanzitutto il rapporto fra conoscenza ed evoluzione. Utili finzioni, secondo Nietzsche, sono i concetti di “cosa”, “materia” e “sostanza”, puri costrutti metafisici che l’intelletto umano, ineliminabile filtro di conoscenza, costruisce per poter manipolare con successo la realtà, e quindi in sostanza per fini evoluzionistici.
È infatti all’interno di una visione darwiniana di adattamento all’ambiente che deve essere collocata la capacità conoscitiva dell’essere umano, uno strumento falsificatorio - in quanto pretende di descrivere una stabilità che nella natura non è presente - ma vincente nella lotta per la vita. Queste suggestioni in Nietzsche sono ben individuabili, mentre i riferimenti diretti ad un paradigma evoluzionista sono più rari in Mach.
La lotta contro i concetti metafisici di “sostanza” e “cosa” (arrivando persino a rifiutare la nascente idea dell’atomo, considerandola una loro ultima incarnazione) si può ritrovare anche in Mach, e attraverso un ragionamento molto simile a quello di Nietzsche: la capacità conoscitiva crea questi concetti per “riassumere” un gran numero di fenomeni, e poterli quindi conoscere e sfruttare più facilmente. Si tratta di costruzioni di comodo, che mostrano, secondo la terminologia introdotta da Mach, l’economicità del pensiero. E questa economicità è utile alla particolare biologia dell’uomo.
Non si tratta di cercare (inutilmente, sottolinea Gori) strette aderenze fra il pensiero di Darwin e i nostri: Mach e Nietzsche condividono un clima intellettuale, una sorta di “discussione diffusa” (p. 34).
Il secondo capitolo è dedicato all’analisi di queste entità sostanziali che vengono in essere tramite questa forza creatrice (e ingannatrice, o anche “metaforica”) dell’intelletto. Il punto di partenza per entrambi gli autori è un deciso sensismo, secondo il quale il nostro accesso al mondo è limitato agli organi di senso. Questo conduce nel caso di Mach ad un esplicito monismo, e ad una eliminazione della cosa in sé. Le indicazioni fornite dai sensi, poi, non sono né giuste né sbagliate, e neppure si deve pensare di essere arrivati, giunti al fenomeno, ad una base stabile e indiscutibile, o si replicherebbe l’errore del pensiero metafisico meccanicista. Anche su questo c’è grande consonanza con Nietzsche, che non manca di esprimere una critica ai sensisti qualora non riconoscano la limitatezza dell’unico strumento conoscitivo a disposizione degli esseri umani.
L’idea di “materia” è una manifestazione della tendenza al costruire concetti che dovrebbero introdurre una immutabilità dove essa invece non sussiste. La stessa critica viene mossa all’“io”: non si tratta che di un insieme di relazioni tutt’al più “relativamente stabili”. A parere di Nietzsche, e similmente anche in Mach, il concetto di “volontà” è frutto della tendenza ad individuare un soggetto “agente” che sia causa libera delle proprie azioni, mentre in realtà la volontarietà è solo la conclusione di un processo che coinvolge in larga parte processi fisici e fisiologici. Anche a partire da questa considerazione, che è già un allontanarsi da Schopenhauer, Nietzsche elabora la sua idea di “volontà di potenza”, in parallelo con la dinamica organica (ma anche inorganica) dell’espansione e dell’accumulo di forza “cieca”, senza alcun fine. Il retroterra in questo caso è la psicologia di Spencer, nella quale, a fianco della solida ed esclusiva fondazione nella fisiologia, l’apparente libertà delle azioni è dovuta unicamente alla grande complessità del vivente.
Il terzo ed ultimo capitolo è intitolato “la natura storica della ricerca filosofica”. L’analisi della genesi storica di determinati concetti per mostrarne l’origine non necessaria ma di pura e accidentale comodità, è indubbiamente una metodologia in comune fra i due autori, introdotta nell’epistemologia con grande successo dalle opere di Mach dedicate all’origine della meccanica e della teoria del calore. Entrambi la applicano nella loro lotta al “meccanicismo metafisico”, per il quale Nietzsche propone un superamento in direzione energetista, influenzato da Boscovich. Mach si limita all’ambito scientifico, ma Nietzsche, come noto, ne estende la portata alla religione e alla morale.
Da un punto di vista storico è indubbiamente interessante la ricostruzione di questi paralleli tematici fra i due filosofi, che in molti casi si rivelano anche particolarmente stringenti. Paralleli che non sono stati recuperati attraverso un certosino lavoro testuale, bensì tramite un’analisi teoretica profonda pur con solide fondamenta testuali. Altro motivo di interesse del testo, che forse è solo leggermente più lungo di quanto richiesto dai suoi contenuti, è l’individuazione delle fonti culturali dell’epoca; nomi e correnti poco ricordate ma dall’indubbia influenza anche in autori fondamentali per la filosofia moderna e contemporanea come Mach e Nietzsche.

Indice

Introduzione
Conoscenza ed evoluzione
L’analisi delle entità sostanziali
La natura storica della ricerca filosofica


L'autore

Pietro Gori è dottore di ricerca in Filosofia moderna e contemporanea. L'ambito della sua ricerca riguarda principalmente il pensiero di Nietzsche e i suoi rapporti con la cultura scientifica del suo tempo. Su questo tema ha già pubblicato la monografia La visione dinamica del mondo. Nietzsche e la filosofia naturale di Boscovich (Napoli 2007).

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