domenica 6 marzo 2011

Plastina, Sandra, Filosofe della modernità. Il pensiero delle donne dal Rinascimento all’Illuminismo,

Roma, Carocci, 2011, pp. 154, € 14,40, ISBN 9788843049622.

Recensione di Maria Giulia Bernardini – 06/03/2011

Filosofia moderna, eguaglianza, gender studies

Plastina ci offre un originale percorso di approfondimento del pensiero femminile nella modernità: anziché concentrarsi sulla rivoluzione francese, sulla riflessione contemporanea o risalire all’antichità (richiamando ad esempio la famosa misoginia aristotelica, della quale nel lavoro viene comunque dato conto), la sua attenzione è rivolta alla prima modernità, dove l’Autrice individua alcune figure femminili particolarmente di spicco per la riflessione filosofica dell’epoca.

Ma perché questa ricerca? Perché concentrarsi sulle donne filosofe? Perché “la filosofia come lavoro, capace di diventare impulso e movimento, intesa come un modo per traghettare il pensiero da una condizione all’altra” (p. 9), è un lavoro per donne e che le donne hanno svolto sin dall’antichità, formulando posizioni che successivamente sono state ritenute fondamentali dal femminismo contemporaneo. 

L’Autrice inizia la sua esplorazione del pensiero delle donne dal Rinascimento all’Illuminismo chiedendosi, appunto, quanto le donne furono presenti sulla scena filosofica della prima modernità, quale fu il destino dei loro scritti, se assursero a interlocutrici dei pensatori uomini, se riuscirono nel loro intento di critica e riforma, tenuto conto che solo pochi nomi di donne vengono ricordati (in genere in nota) nei vari manuali del Seicento e dei secoli successivi. 

Prima della rivendicazione dei diritti settecentesca, infatti, si assistette ad un’interminabile querelle del femmes che si era interrogata sulle facoltà morali ed intellettuali della donna, nonché sul tradizionale tema educativo, e che tuttavia, sotto gli influssi kantiani, fu tacitata: per tutto l’arco della filosofia moderna si diffuse l’opinione che una donna filosofa fosse innaturale, irrealistica, ai limiti della possibilità, e di conseguenza la questione femminile non poteva essere altro che un argomento di interesse antropologico. Al contempo, tuttavia, nonostante le donne fossero escluse dai canoni della filosofia, i vari pensatori si esercitavano a descriverne la natura, delineandone ruoli, desideri, descrivendone minuziosamente la supposta anatomia (si pensi ad Ippocrate o Galeno e alla teoria degli umori), confinandole nel privato, riducendole a bassa corporeità o mistificandole nell’immagine della vergine Maria: quel che è certo è che, in un caso e nell’altro, queste raffigurazioni non si tradussero in concreti vantaggi o conquiste femminili.

Plastina, al contrario, nel suo itinerario di ricerca si propone – fornendo spunti interessanti e meritevoli di un più attento approfondimento – di evidenziare la specificità del rapporto intercorrente tra donne e filosofia moderna, soffermandosi su quelli che lei ritiene essere gli aspetti più significativi della questione, come l’educazione, l’affermazione del principio di eguaglianza, la rivendicazione dei diritti o la proposta di una nuova soggettività umana.

Il libro si articola in sette capitoli; mentre il primo, una sorta di breve seconda introduzione, ha come obiettivo quello di introdurre il lettore all’interno del dibattito proprio dei Feminist and Renaissance Studies, col secondo ci si addentra in uno dei temi classici del pensiero femminista –ossia la rilettura del racconto dell’origine, volta ad evidenziare “la comune essenza dell’uomo e della donna, da un punto di vista intellettuale, morale e spirituale” (p. 27) – attraverso l’analisi condotta da Christine de Pizan, che col suo La città delle dame fu, secondo Plastina, la prima donna scrittrice che consapevolmente contribuì alla difesa delle donne. Nella femminista francese l’eguaglianza della condizione dei due sessi è sostenuta con un’argomentazione prettamente filosofica, avendo la creazione a che fare con una sfera spirituale e non corporea; uno dei suoi più grandi meriti è probabilmente l’aver elaborato una teoria della storia legata all’idea di evoluzione e mutamento, così da conferire risalto alla continuità tra le donne del passato e quelle del presente, sottolineando in tal modo la possibilità di cambiamento e la varietà delle condizioni femminili esistenti, di contro ad un irreale e misogino essenzialismo, che sostiene l’esistenza di una misteriosa natura femminile. 

Dopo un breve inciso sulla figura di Cornelio Agrippa, che non mancò di celebrare la nobiltà del sesso tradizionalmente ed ideologicamente considerato debole, Plastina affronta il tema dell’educazione femminile, mettendo in luce non solo la condizione di indotta scarsa cultura in cui le donne versavano (essendo loro preclusa l’istruzione), ma soprattutto la valenza performativa di una riflessione etica sessuata, fittiziamente neutra. Emblematico, in tal senso, il passo in cui assai opportunamente l’Autrice evidenzia come “Il discorso etico al maschile, che elogia le virtù femminili, procede di pari passo con la neutralizzazione delle differenze, provocando spesso nella lettrice e nel lettore la straniante impressione che i destinatari degli encomi siano esseri dalla sessualità incerta, o meglio inesistente: una sorta di “terzo sesso” […]. L’effetto conclusivo è la creazione di una sorta di categoria di donna completamente inventata, che acquista valore solo nel momento in cui è considerata in grado di superare la sua naturale, essenziale inferiorità, per essere quindi qualcosa in più di una donna (un uomo?), o comunque non più una donna” (pp. 40-41).
In chiusura del capitolo, l’Autrice cita un altro pioniere a favore della causa delle donne: quel Ludovico Domenichi che, con un’originale rilettura del testo biblico, decostruisce il tradizionale ordine gerarchico dei ruoli sociali.

Nel capitolo dedicato precipuamente a Moderata Fonte e Lucrezia Marinella, tra i temi più rilevanti ritorna la questione del sapere femminile. Particolarmente degno di nota è, nell’utopia letteraria di Fonte, il tentativo di costruire nuovi spazi, dando vita ad un paradiso “feminocentrico” che le consente di creare uno spazio intersoggettivo da contrapporre al solipsismo di stampo maschile. L’apertura della riflessione femminile alla relazionalità, che serve per sperimentare “idee alternative di comunità, governo, organizzazione domestica e proprietà, genere e sessualità” (p. 56), ossia una complessa agenda politica e sociale, è fatta propria anche da Margareth Cavendish, che secondo Plastina è l’autrice della prima modernità che ha considerato con maggior profondità i ruoli sessuali, e che tuttavia in realtà non ha osato spingersi verso gli esiti più radicali delle proprie analisi, sottraendosi al contrario alla tentazione di presentare delle proposte di riforma.
Moderata Fonte ha inoltre il merito di aver riflettuto sulla performatività del linguaggio: per la pionieristica autrice la supremazia maschile sarebbe una conseguenza diretta del controllo maschile sul linguaggio stesso, che esclude sistematicamente dalla narrazione fatti ed eventi che riguardano le donne; ecco allora che spetta a queste ultime riappropriarsi di quest’ultimo e, in senso più ampio, dell’intera società, costruita dagli uomini a propria immagine e somiglianza e basata su rigidi ruoli e gerarchie. La costruzione di una società al femminile, al contrario, sarebbe basata sulla nozione di libertà come garanzia della legge e dell’autonomia individuale.
Marinella si focalizza sulla critica al concetto di autorità, analizzando le contraddizioni insite nei discorsi che si presentano come universali nonostante siano costruiti con argomenti storicamente e culturalmente condizionati; il bersaglio per eccellenza non può non essere, al riguardo, Aristotele, contro il quale l’autrice utilizza due argomenti aristotelici, soprattutto per sottolineare l’inesistenza di una legge naturale che si applichi alle donne, e la conseguente relatività dei costumi, storicamente condizionati. Come Plastina evidenzia in chiusura del capitolo, uno dei meriti maggiori di Marinella è quello di attirare l’attenzione su una domanda cruciale: qual è la fonte del reale potere maschile sulle donne?

Marie de Gournay e Michel de Montaigne si inseriscono nel convenzionale dibattito sulla donna che si svolge a cavallo tra il XVI ed il XVII secolo e concerne l’istruzione. In questo periodo cominciano ad affievolirsi i paradigmi della complementarietà, gerarchia e parità a vantaggio della convinzione che la diseguaglianza tra donne ed uomini sia un atto di usurpazione perpetrato dalla disparità culturale. L’inferiorità, per l’autrice, non è solo frutto di mancata istruzione o il risultato di un pregiudizio, ma nasce dal proposito di conservare l’autorità e di mantenere la pace tra i sessi: Gournay è l’antesignana della tesi dell’oppressione femminile.

Dopo aver affrontato il tema della “razionalità seconda” e dell’autonomia del pensiero, Plastina, in chiusura della sua rassegna, ci presenta le figure di Tarabotti e Suchon, pensatrici del XVII secolo, dove il dibattito sull’eguaglianza dei sessi arriva ad una formulazione filosoficamente inedita. Di straordinaria attualità appare, in particolare, la riflessione di Tarabotti, costretta dal padre a prendere i voti. La religiosa incentra le proprie riflessioni sul diritto alle scelte plurali delle donne, affronta il tema della fragilità umana con sensibilità straordinariamente moderna e non manca di soffermarsi sul dominio maschile del corpo femminile, tematica che appare oggi particolarmente interessante, essendo oggetto – soprattutto in ambito italiano – di un ampio dibattito pubblico.
Riguardo a Suchon, invece, appare inevitabile citare il suo efficace accostamento delle leggi inique alle tele di ragno, “perché queste catturano facilmente i piccoli e i deboli […] ma i potenti, i ricchi, i forti e i fortunati e gli abili passano agevolmente attraverso, rompendole e annullandole” (p. 126). 

Il breve e chiaro volume di Plastina si presenta ricco di suggestioni e, nonostante sia di stampo storico, si rivela in verità estremamente attuale, fornendo chiavi di lettura per uno sguardo critico della società contemporanea. Quelle che possono apparire vecchie questioni sono infatti, in realtà, problemi che ancora oggi vengono – magari in modo più sistematico, non sempre in chiave più originale – indagati o celati, e che in ogni caso paiono ben lontani da una soluzione, nonostante apparentemente alcuni divari (primo fra tutti quello educativo) siano stati in parte e soprattutto formalmente attenuati. È, pertanto, un volume utile a chi vuole continuare ad arricchire la sua conoscenza dei gender studies ampliandola oltre le tradizionali e più invalse linee di ricerca. E magari sarà una piacevole lettura per chi, un po’ scettico, decida di accostarsi a questo mondo partendo da un’ottica storica.

Indice

Introduzione
1. Donne e Rinascimento
2. Christine de Pizan e Cornelio Agrippa rileggono il racconto dell’origine
La città delle dame di Christine de Pizan
Il De nobilitate et praecellentia foeminei sexus di Cornelio Agrippa
3. Tradizione culturale e condizione della donna nel dibattito cinquecentesco
Erasmo, Moro, Vivès e l’educazione delle donne
La donna nei trattati umanistici
4. Moderata Fonte e Lucrezia Marinella. Due modi di attraversare la cultura del Rinascimento
Il merito delle donne di Moderata Fonte
La questione del sapere delle donne
L’utopia nel giardino: tra sapere naturale e riflessione politica
La revisione critica del linguaggio e dei modelli della relazione d’amore: da Moderata Fonte a Madeleine de Scudéry
«La vera amicizia cagione di ogni bene»: una proposta di società al femminile
Della nobiltà et eccellenza delle donne di Lucrezia Marinella
5. Marie de Gournay e Michel de Montaigne
La sospensione scettica delle differenze
Immaginazione e questioni di genere
Il deperimento dei paradigmi della complementarità e della gerarchia: l’Égalité des hommes et des femmes di Marie de Gournay
La digressione femminista di Marie de Gournay
6. Tra "razionalità seconda" e autonomia di pensiero. François Poullain de la Barre e Anna Maria van Schurman
François Poullain de la Barre: «la mente non ha sesso»
La Dissertazione di Anna Maria van Schurman
7. La critica al patriarcato di Arcangela Tarabotti e il femminismo logico di Gabrielle Suchon
L’approfondimento filosofico della questione di genere nel XVII secolo
Arcangela Tarabotti: contro la Tirannia paterna
Il Traité de la morale et de la politique e Du célibat volontarie di Gabrielle Suchon
Bibliografia
Indice dei nomi


L'autrice

Sandra Plastina è ricercatrice di Storia della filosofia all’Università della Calabria, dove insegna Storia della filosofia moderna e Storia del pensiero delle donne. È autrice di numerosi contributi sulla filosofia del Rinascimento, di contributi nell’ambito dei gender studies, e attualmente studia il rapporto tra le donne e la filosofia nella prima modernità.

Links

http://dipfilosofia.unical.it/index.php?option=com_content&task=view&id=62&Itemid=

Nessun commento: