giovedì 17 marzo 2011

Salardi, Silvia, Test genetici tra determinismo e libertà,

Giappichelli, Torino, 2010, pp. 144, €. 17,00, ISBN 978-88-348-1417-8.

Recensione di Alessandra Callegari – 17/03/2011

Determinismo, libertà, filosofia, diritto, persona

L’editore Giappichelli ha pubblicato recentemente un interessante volume di Silvia Salardi che ha il merito di analizzare i caratteri e il corretto utilizzo giuridico dei test genetici in tutti i campi della medicina diagnostica e preventiva. Continua dunque lo straordinario interesse per la genetica, che provoca continuativamente fervide adesioni e veementi contrasti, e dà origine a discussioni e a polemiche, non solo in ambito scientifico, ma anche in ambito propriamente filosofico - giuridico. Trascorsa l’epoca della mappatura del genoma, nell’era post-genomica che stiamo vivendo sono sempre più numerosi gli interrogativi che si pongono sia i genetisti sia tutti coloro che sono a contatto con questa materia. Colui che volesse cercare di spiegare le ragioni di questo straordinario interesse, non dovrebbe fare appello a circostanze storiche in special modo favorevoli, o far congetture su motivi polemici  particolarmente sentiti, perché anzi verrebbe a poco a poco persuadendosi che l’interesse di queste problematiche stia tutto nell’ancora attualissimo problema del rapporto tra determinazione causale dei comportamenti umani e la libertà morale dell’individuo. 
In particolare, l’autrice sottolinea il necessario compito dei filosofi e dei giuristi, volto a chiarire la portata e i risvolti del “determinismo genetico”, a causa delle possibili ricadute di tale concezione sul singolo e sul gruppo biologico a cui lo stesso appartiene (p. XVI). I test genetici permettono di rivelare alle persone tutti i segreti nascosti nel DNA e di “quantificare” il loro rischio di ammalarsi; pertanto è necessario confrontare i rischi connessi alla circolazione di tali informazioni e rapportarli allo sviluppo della personalità dell’individuo, oltre che valutare la problematica concernente un’eventuale discriminazione genetica passibile di verificazione in ambito assicurativo ed occupazionale. 
Il volume della Salardi si propone quale: “strumento di analisi agile, ma al contempo sufficientemente dettagliata, delle questioni etiche sollevate dai test genetici, in particolare da quelli predittivi o di suscettibilità” (p. XVI). 
Nel primo capitolo, La dottrina del libero arbitrio e del determinismo tra storia e attualità (pp. 1-51), l’autrice propone un breve excursus storico relativo alla contrapposizione tra l’ordine della libertà, o libertà morale, e l’ordine della causalità, o determinazione causale, sfociata nell’ideologia del determinismo biologico. In tal senso Salardi propone di archiviare alcune teorie deterministe: da un lato, la teoria delle “differenze innate”, che si fonda sull’idea che le capacità dei singoli differiscono per differenze innate di origine biologica; dall’altro, la teoria delle “capacità innate”, secondo la quale le differenze tra individui sono da ravvisarsi nelle capacità e sono determinate dalle influenze sia genetiche che ambientali (p. 48). Secondo l’autrice, al posto di tali tesi obsolete, è più auspicabile considerare acquisita la tesi secondo cui la variazione ambientale e quella genetica influenzano i mutamenti di un organismo, e che quest’ultimo non è solo espressione di geni (p. 49). 
Già Herbert Hart alla fine degli anni Sessanta, sosteneva che: “La società umana è una società fatta di persone che non sono e, soprattutto, non si considerano solo corpi in movimento, che certe volte causano dei danni da prevenire. I movimenti propri e altrui sono avvertiti da ciascuno di noi come delle manifestazioni di scelte e di intenzioni, e questi fattori "soggettivi" sono sentiti spesso come più importanti del movimento fisico attraverso il quale si manifestano”. (H.L.A. HART, Punishment and Responsibility: Essays in the Philosopy of Law, Clarendon Press, Oxford, 1968, pp. 182-183) 
Pertanto, in virtù dei presupposti sopra individuati, è necessario considerare le persone quali agenti responsabili, che hanno capacità di intervenire sia in ambito di genetica comportamentale che in ambito di genetica tesa ad individuare lo sviluppo di nuove patologie (p. 50). Salardi propone a tal proposito l’adesione ad un orientamento “compatibilista” rivisitato, che, sulla scia della prospettiva proposta da Hobbes, Hume e Kelsen, qualifichi la libertà come possibilità di agire al di fuori di impedimenti e costrizioni , non solo in conformità con le proprie inclinazioni e i propri desideri, ma, anche sotto la spinta motivazionale di previsioni e aspettative.
Nel secondo capitolo, Test genetici predittivi: rischio o opportunità (pp. 53-73), dopo una breve analisi della mappatura del genoma umano, un progetto iniziato alla fine degli anni Ottanta e completato nel 2003, teso alla comprensione del funzionamento dei geni,  al fine di curare le malattie genetiche per mezzo della correzione dei geni, l’autrice si sofferma sull’utilità dei test genetici, effettuati per varie finalità: diagnostiche, presintomatiche o precliniche, di identificazione di portatori di patologie a rischio riproduttivo e infine predittive (pp. 57-58). In particolare, appare di notevole importanza una corretta lettura e circolazione delle informazioni scaturite dai risultati di tali test, alla luce della loro valenza probabilistica. Essi, infatti, anche se individuano una causa necessaria dell’insorgere di una malattia, non sono in grado di dirci nulla sulle altre concause, e rendono noti pertanto solo dei coefficienti di rischio (p. 68). È da tenere in particolare considerazione il fatto che le informazioni genetiche possono essere pericolose secondo due profili principali: a) il rischio discriminatorio in ambito sociale, lavorativo ed assicurativo, e b) l’impatto sul futuro sviluppo della personalità del singolo (p. 71) 
Nel terzo capitolo, Le informazioni genetiche nell’era delle “biobanche”. Discriminazione, autonomia, libertà (pp. 75-93), Salardi propone la tesi secondo cui informazioni circa predisposizioni genetiche, se correttamente fornite, possono favorirne l’utilizzo, consentendo all’individuo, al quale si riferiscono, di rimodulare il suo piano di vita e di disinnescare la miccia della bomba geneticamente programmata dalla natura. A tal fine è tuttavia opportuna, secondo l’autrice, una ridefinizione del termine “informazioni genetiche”, riqualificato quale “informazione che può essere impiegata sia ai fini identificativi, cioè di identificazione personale, sia al fine di individuare i fattori di rischio” (p. 79). Tale ridefinizione è necessaria in quanto permette di superare l’idea che siano le informazioni stesse ad essere portatrici di un disvalore, possibile causa di discriminazioni. In realtà, le caratteristiche genetiche, individuabili mediante test genetici, sono aspetti fattuali, da considerarsi sul piano descrittivo e suscettibili di verità o falsità. È importante per Salardi sottolineare che, quando si interpretano questi tratti peculiari emergenti dalle analisi genetiche in chiave di valore o disvalore, ci si pone su un piano diverso da quello assertivo-descrittivo (p. 92). 
Per quanto concerne la regolamentazione giuridica delle biobanche, qualificate quali “istituti di raccolta di materiali di origine biologica” (p. 84),  l’autrice si sofferma su uno dei nodi principali sollevati nel dibattito che le caratterizza, rappresentato dalla tutela delle informazioni biologiche da esse raccolte, oltre al già ricordato rischio di derive discriminatorie e all’impatto sulla personalità del singolo (p. 85). In particolare, Salardi osserva che il fenomeno discriminatorio non nasce tanto dal fatto dell’esistenza della mutazione genetica, quanto dall’uso strumentale delle acquisizioni scientifiche, che si concretizza quando, in violazione della Grande Divisione, si deducono da meri fatti dei giudizi di valore o di disvalore senza distinzione tra i due ambiti discorsivi e senza giustificare il passaggio dal fatto alle conclusioni normative. 
Al fine di ridurre tali rischi, Salardi, nel testo, aderisce ad una prospettiva coerente con il divisionismo etico, tesa ad evitare la fallacia naturalistica derivante dalla violazione della legge di Hume, e in virtù della quale la conoscenza scientifica del patrimonio genetico e del funzionamento dei geni non comporta come conseguenza delle valutazioni di valore o disvalore dei soggetti portatori di “particolarità genetiche”.  Anzi, tali conoscenze scientifiche si qualificano come base indispensabile per un esercizio mirato e consapevole della libertà morale dell’individuo. L’autrice insiste, inoltre, sulla promozione e tutela del principio di autodeterminazione, in particolar modo nell’ambito dell’informazione biomedica, legato allo sviluppo della personalità, e tutelato nel nostro ordinamento giuridico a livello costituzionale dall’art. 2: se l’individuo ha, infatti, un adeguato potere di controllo delle sue informazioni genetiche, il rischio di abuso di tali informazioni può essere ridotto. Ciò è possibile attraverso l’acquisizione di un consenso che si fondi su una consulenza completa ed esaustiva (p. 89). In tal senso si è orientato, in ambito italiano, il Garante per la protezione dei dati personali, al fine di tutelare, in capo al titolare delle informazioni, un potere di controllo delle stesse (p. 92). 
Nel quarto e ultimo capitolo, Test genetici, autonomia e responsabilità. Una panoramica delle soluzioni normative, a livello internazionale, europeo e nazionale (pp. 95-131), Salardi sposta la sua riflessione dall’analisi del dibattito etico-politico al piano specifico delle scelte normative, al fine di individuare gli strumenti giuridici idonei ad una possibile tutela dell’autonomia del soggetto. Pertanto, dopo una breve disamina di due modelli di diritto, permissivo à la Montesquieu, teso a valorizzare la libertà, e impositivo, di origine hobbesiana, ispirato all’idea di limitazione di diritto, di coercizione (p. 96), l’autrice è dell’opinione che il diritto debba essere configurato quale “choosing system”, e quindi deve essere teso ad orientare la disciplina delle varie materie di cui si occupa nell’ottica della valorizzazione dell’autonomia individuale, garantendo la libertà di scelta rispetto ad un certo comportamento, attraverso la conoscenza a priori delle conseguenze dell’esercizio di tale libertà (p. 97). Il diritto come “sistema di scelte” presuppone la trasposizione nei suoi strumenti operativi della concezione che sul piano etico abbraccia l’idea di Kant e Mill di valorizzazione del principio di autonomia, e che si esplica nelle decisioni concernenti gli interventi e i trattamenti medico-sanitari riguardanti il singolo e il suo corpo. Secondo Salardi, chi fa propria questa linea di pensiero sottoscrive l’idea di uno stato laico tra i cui fini risulta primaria la salvaguardia di tutte le identità (p. 97). 
Concludendo, secondo l’autrice, il diritto quale “ sistema di scelte”, è più funzionale, rispetto ad altri modelli, alla tutela delle libertà fondamentali, in particolar modo nell’ambito di materie eticamente sensibili, in quanto attribuisce grande rilevanza al principio di autonomia, e fornisce garanzie ai soggetti interessati che si concretizzano sia nel diritto di controllo e intervento sulla circolazione e gestione delle informazioni genetiche, sia nel divieto di discriminazione sulla base del patrimonio genetico (p. 129). 
Il presente volume permette di riflettere in modo innovativo sul bilanciamento di interessi confliggenti, quali il rischio di discriminazione genetica da un lato,  e  il ruolo del principio di autodeterminazione dall’altro, alla luce della tesi della “coesistenza funzionale” , tra determinazione causale e libertà umana, e nelle parole di Patrizia Borsellino, che ha curato la prefazione, ha il pregio di aiutare “[…] a comprendere perché quella intrapresa sia la direzione giusta, e la direzione nella quale bisogna ulteriormente procedere” (p. XIII). 

Indice

Prefazione. – Premessa. – I. La dottrina del libero arbitrio e del determinismo tra storia e attualità. – II. Test genetici predittivi: rischio o opportunità? – III. Le informazioni genetiche nell’era delle “biobanche”. Discriminazioni, autonomia, libertà. – IV. Test genetici, autonomia e responsabilità. Una panoramica delle soluzioni normative. – Valutazioni conclusive. – Bibliografia.


L'autrice

Silvia Salardi si è laureata in Giurisprudenza a Como e si è diplomata traduttrice alla Scuola Interpreti di Zurigo. Ha conseguito il titolo di dottore di ricerca in Filosofia del Diritto all’Università degli Studi di Milano. Attualmente è assegnista di ricerca all’Università Milano-Bicocca e collabora con la prof.ssa Patrizia Borsellino. Durante la tesi di dottorato ha dedicato studi e saggi ai concetti giuridici di “responsabilità” e “persona”. In un progetto triennale post-dottorato al Politecnico di Zurigo, si è occupata di tematiche ambientali, con particolare attenzione ai profili teorico-giuridici connessi al concetto dello Sviluppo Sostenibile. Negli ultimi anni si è dedicata allo studio di temi bioetici, con particolare riferimento alle questioni etiche e giuridiche sollevate dalle scoperte in campo genetico. Alcune sue pubblicazioni: La responsabilità penale delle persone giuridiche: problemi vecchi e nuovi, in: “Cassazione penale”, 11, 2005 pp. 3584-3598; Il diritto internazionale in materia di sviluppo sostenibile. Quali progressi dopo Rio?., in: “Rivista giuridica dell'ambiente”, 3-4, 2008, pp. 657-683; Profili teorico-giuridici del principio di integrazione come strumento di attuazione dello sviluppo sostenibile. Nella normativa comunitaria e nazionale italiana e svizzera in materia di risorse idriche, biologiche e forestali, in: “Il diritto dell'economia”, 3-4, 2008, pp. 662-690; I principi ambientali nel' diritto: Old Wine in New Bottle?, in: “Notizie di Politeia”, 96, 2009, pp. 53-67;  Family and the End-of-Life debate in Italian Legal System in: Èthique et Famille, L’Harmattan, 2011. 

Links
pagina web di Silvia Salardi
http://www.Unimib.it/go/page/italiano/elenco-docenti/salardi-silvia

4 commenti:

MAURO PASTORE ha detto...

Recensore (Alessandra Callegari) include in sua recensione (su pubblicazione di Silvia Salardi, "Test genetici tra determinismo e libertà") falsa affermazione logica in quanto cita spiegazioni isolandole.

Difatti spiegare qualcosa non implica isolar spiegazioni da situazioni, condizioni, circostanze, anzi necessarie per render spiegazione stessa anche effettiva, dato che libertà e moralità si pensano soltanto entro appelli a tempi e con forte sentire, motivato non da arbitrarietà — altrimenti moralità sarebbe violenza — ma da necessarietà e comunemente vitale — altrimenti si tratterebbe di consuetudini soggettive e già determinate e volte a destini di morte.

(...)

MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

(...)

Mappature dei genomi sono formulazioni non uniche di elementarità indeterminatamente polimorfiche e indeterminabilmente polifunzionali che non consentono formulari né unici né molteplici. I sistemi pratici della biologia, datoché la genetica è solo un metodo biologico e le tecniche conoscitive non sono metodi né prassi scientifiche, non hanno mai valore scientifico e sono fallibili né certificabili senza indicazioni di chi sottoppostone e volontariamente; perché la vita reagendo senza correagire è aliena per qualsiasi sistema di accertamento conoscitivo.
Inoltre senza tutti i requisiti particolari tatticamente predisposti ai casi, non si può distinguer geni umani da animali ed a volte neppure da vegetali; e anche per distinguerne da sequenze minerali bisogna appunto applicare da criteri scientifici azioni tecnologiche, quindi non direttamente interventi tecnici ma da strategie tecnologiche sistemi tecnici secondo competenze tecnologiche assieme a tecniche.
Ciò significa, per esempio (inerente non afferente), che senza tutto ciò un apparecchio per rilevare effetti alcoolici in alito è inusufruibile oltre che inutilizzabile e può esser utilizzato con collaborazione vitalmente effettiva di chi emette alito e nonostante ciò resta nulla di garantibile solo da confermare con intuizioni di chi stesso sottoposto poi intellegibili a chi sottoponente e non esentate da circostanze di tentativi di reperimenti di effetti.
Ancor meno ne possono prelievi di sangue ed analisi; ed ancor meno possibilmente risultanti sono i sistemi per accertamenti genetici!!
Sistemi insomma che sono tutti (!) 'per', non 'di' accertamento, da concludersi con altro, ma cui l'altro necessario è non preventivabile né prevedibile; ed a volte o spesso è più facile far direttamente tutt'altro per sapere.
(...)

MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

...
Autorità di Stato sono giustificabili, se usi non costituiscono reato, appunto ad usare (cotali) stratagemmi conoscitivi per far progredire indagini ad evidenze, ulteriori ed altre, queste ultime essendo indizi certi solo se tali autocertificabili; nei processi si possono usare indizi ma non in qualità di prove; e le prove dei processi sono costituite da intuizioni confermate da stessa trasgressività di imputati se colpevoli; e se non più trasgressività di costoro, processo non più utile. Difatti per stabilire verità in tali casi si ricerca senza processo, cioè si fanno le cosiddette: ricerche giudiziarie.

Perché mai tutto ciò paia a taluni e talvolta non esser realtà culturale-scientifica-legislativa, è interrogativo ulteriormente sottoponibile, da chi di stessa realtà, ad azioni, non solo eventualmente di ricerca giudiziaria; perché apparenze contrarie se non casualità posson o potrebbero esser effetti di crimini falsificanti ai danni di non svolgimenti o svolgimenti giudiziari oppure contro non precisazioni o precisazioni legislative.
Di fatto tecniche e metodi non direttamente né praticamente ricollegabili a scienze, quali la medicina, che può esser scientifica solo per preparazione, sono effettuabili senza particolari competenze in scientificità utili a effettuazioni medesime, quindi non solo in tali àmbiti non si trovano aiuti a risolver e capire prerogative e validità dei "test" anche genetici, ma se ne posson o potrebbero trovare o si trovano rischi e di errori ed in situazioni cui occasioni anche di relativi delitti direttamente inerenti medesimi àmbiti. Per questo motivo, vero impiego di azioni non direttamente ricollegabile a scienza in àmbiti di giustizia è del tutto limitato a cercare di dare informazioni, se richieste e se ciò accettato da colui di cui si informa, per esempio circa condizioni di salute o di malattia — né ciò potendo definire impeditività di fatto di queste, che dipende da circostanze particolari e capacità soggettive da nessuna scienza valutabili né tecnologicamente né tecnicamente e non solo per malattie ma per qualunque altra negatività o positività di fatto — e mai a definir ruolo di tali o talaltre condizioni; per ciò che concerne la medicina, questa accade solo in collaborazione volontaria tra malato e medico altrimenti nessun beneficio medico può accadere realmente e nessuna medicina può produrre evidenze di fatti accaduti; e ciò è stato anche definito da scienza antropologica che ne ha constatato unico agire di consensualità - non-scambio quale stesso intrinseco agire in estrinseco medesimo; ed ugualmente ad antropologia con oggetto di studio medicina, altre scienze provvedono a denotare limiti intrinseci di altre azioni tecniche soltanto indirettamente derivate da scienze:
nel caso dei cosiddetti "test genetici", essi ineriscono ed afferiscono in realtà origini familiari o di stirpe, secondo ruoli naturali o successioni naturali; quindi etnologia provvede a notarne che conoscenze accadono in collaborazione entro comprensione etnica reciproca o non accadono realmente, mentre biologia provvede a notarne non vera scientificità di pratiche di accertamento.
(Degli "alcool test", si può notare che reale sempre necessaria collaborazione per e negli stessi accade psicologicamente e accertamenti sono tutti sempre fallibili, d'ordine fisiologico e non realmente dimostrabile scientificamente.)

((...))

MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

(...) Quanto sia attualmente necessario stabilire limiti applicativi di metodo biologico genetico (e pure di altri metodi di ed in stessa scienza od altre scienze) lo rivelano anche stessi fenomeni violenti e insidiosissimi, anche stessi che saper di limiti aiuta ad evitare;
oggi stesso, per esempio: appariva sorta di presentatore cronista su canale RAI, il quale con atteggiamento autodenigratorio e curiosità etnofobica descriveva realtà inesistente fingendo che tabelle giudiziarie non attive ma ipoteticamente attivabili e dimostrative non denotative fossero denotative e contro diritti umani a disporre di proprio corpo e corporalità e contro diritti di cittadini come se, alcuno perdendo questi, allora Stato non fosse disposto per assicurare diritti umani ad umani e come se si potessero far veri processi da pre-giudizi (o peggio per pregiudizi).
Situazione è disastrosa non solo in realtà di comunicazioni anche solo comunicative, perché lo stato attuale e generico delle cose in Italia, Europa, Occidente, è in gran parte anche costituito da subculturalità mossa contro acculturazione e da civiltà abusata contro culture e ciò mentre tantissimi sono per antiecologia non più veri abitanti e cittadini dei relativi non più rispettivi luoghi...
Non solo troppi non voglion intender soggettività e circostanzialità di reazioni, anche a sostanze ingerite per esempio alcooliche, ma ugualmente troppi neppure voglion distinguer successi di replicazioni tecniche da reiterabilità scientifiche, sia di esperire (scienze empiriche ovvero "logiche" spesso dette "umane" non solo dell'umano) da varietà a varietà, o sia di esperimento (scienze sperimentali ovvero da "esperimento stesso" o "dello esperimento") da non diversità a non diversità; e del tutto disastrosa è la disattenzione da parte di vaste moltitudini alle coincidenze sfavorevoli alla vita o contro destino della vita.

MAURO PASTORE