giovedì 3 gennaio 2013

Zambrano, Marìa, Sentimenti per un’autobiografia. Nascita, morte, pietà

a cura di S. Maruzzella, Milano-Udine, Mimesis, 2012, pp. 77, euro 10, ISBN 978-88-5750-678-4.

Recensione di Claudia Giussani - 02/08/2012

I tre saggi che compongono questa raccolta hanno come filo conduttore il tempo e il racconto nell’intreccio autobiografico di filosofia e poesia. 
Sullo sfondo del tempo e del racconto, tra nascita e morte, i sentimenti: l’amore e la pietà.
Il lavoro di Maria Zambrano è interamente teso a far entrare nella filosofia la dimensione del sentire, anche oscuro, dando vita ad un pensiero tra il mistico e il poetico.
In Filosofia e poesia (1939) Zambrano accenna ad un modus philosophandi altro rispetto a quello tradizionale occidentale

definendolo “ragione poetica”: “Prima ancora che di leggi, di ragioni e di altre cose pratiche, abbiamo bisogno della poesia che sa capire le cose schiave, ascoltare la loro voce e avvicinare la loro immagine fuggevole” (p. 11).
Nelle  pagine di Marìa Zambrano riecheggia il genere letterario della confessione. Non a caso Agostino fu un autore caro alla filosofa spagnola, per aver intrapreso “un viaggio così diverso da quello che solevano intraprendere i filosofi” (p. 17) a testimonianza di una filosofia che ha abbandonato la via della sola speculazione per lasciar scorrere il logos delle viscere. 
La prima parte (La Nascita) è costituita da due scritti: Adsum e La molteplicità dei tempi. 
In Adsum Zambrano enuncia il concetto di dis-nascere, intimamente legato a quello di memoria. Cenni autobiografici che riportano fuggevolmente alle sensazioni di un’infanzia solitaria seppur non infelice, introducono la narrazione dell’esperienza del dis-nascere: il voler “disfarsi del fatto di essere nata, di essere lì, qui” (p. 29). Ma non è solo il sentimento di un’oscura disperazione che pervade queste pagine. Il dis-nascere è un viaggio alla ricerca dell’origine del sogno della nostra esistenza. Cervantes e Pindaro, Sofocle e Caldéron abitano queste pagine che interrogano l’abisso del cominciamento primo dell’esperienza biografica.   “La vita è sogno”, “Siamo ombre del sogno”, “ombre del sogno di Dio” (p. 24):  per accogliere questa verità dobbiamo andare oltre la nascita, rinnegare in qualche modo l’inganno iniziale e dis-nascere. “Ricordare è allora un dis-nascere del soggetto per andare a raccogliere ciò che in lui e attorno a lui è nato. E, nel raccoglierlo, restituirlo, se possibile, al nulla, per riscattarlo dalle oscurità iniziali e dargli occasione di rinascere, perché nasca in altro modo.” (p. 24) Il dis-nascere è un incessante ritornare al nocciolo della nostra esistenza raccogliendo nella memoria tutto ciò che è accaduto, vedendo la vita rinascere con una consapevolezza nuova. Solo così è pensabile il superamento della disperazione iniziale (nascere è essere espulsi, essere qui, nella nudità muta dell’essere, senza protezione come se fossimo soli, scartati perché “lui” “egli” “chi” non ci vuole) (p. 30) per rinascere, ritrovare il tempo ed accettarlo: sì, sto qui (p.35).

La molteplicità dei tempi 
“Come giunse sull’orlo del dis-nascere, le si rivelarono, rinascendo, le varie vesti temporali che formano la trama della vita umana. Stava “qui” in questo tempo. Ma in quale?” (p. 37).  Strettamente legato ad Adsum, il secondo saggio della raccolta sviluppa la tematica classica del tempo ponendola in chiave strettamente esistenziale. Le varie epoche della vita sono presenti alla memoria come una realtà, potremmo dire, “contemporanea”: questa intuizione genera una molteplicità di sensazioni, dalla confusione, alla perplessità, all’angoscia. L’intuizione che libera dall’angoscia è quella che accomuna la Musica e la Filosofia: il tempo superficiale della coscienza che lega la successione del prima, dell’adesso e del  dopo  è un tempo che incatena e che condanna. Forse la felicità prende la forma dell’istante che è l’unità di tempi multipli…” (p. 40). L’esperienza dei grandi mistici, che vivono l’istante nell’estasi, (Zambrano cita Teresa d’Avila)  testimonia una capacità di astrazione dal tempo superficiale della coscienza. 
“Solo l’estasi in qualsiasi delle sue forme sembra esaurire l’anelito, l’attesa della vita umana, quell’attesa che ogni istante del tempo successivo ci porta.”  (p. 41) 
Il saggio due frammenti sull’amore riconduce la questione dell’amore a quella dell’assenza di Dio nel pensiero contemporaneo. L’amore, apparentemente onnipresente nel nostro mondo, è in realtà assente. Sia l’idealismo che il positivismo hanno escluso dall’orizzonte l’idea di Dio e senza trascendenza non c’è amore. La libertà, tutte le libertà non sembrano essere servite a nulla, “come se la libertà non fosse altro che quella possibilità, l’essere possibile che non può realizzarsi, privo dell’amore che lo genera” (p. 51). L’uomo contemporaneo sembra essere condannato a vivere nel segno di una libertà negativa e “la vita nella negazione è quella che si vive nell’assenza dell’amore” (p. 52). L’amore è trascendenza, apre il futuro inteso non come il domani che si presuppone certo in base a leggi note ma come  l’apertura senza limite ad un’altra vita.  Se una certa tradizione occidentale ha concepito la filosofia come un apprendere a morire, l’ha fatto in virtù dell’amore, agente del divino nell’uomo. 
Per una storia della pietà si ricollega al saggio precedente per la continuità della tematica (i sentimenti) ma si concentra sulla Pietà che costituisce per Zambrano il genere supremo dei sentimenti amorosi o positivi: “non è l’amore propriamente detto in nessuna delle sue forme o accezioni; non è neanche la carità, forma determinata della pietà scoperta dal Cristianesimo; non è neppure la compassione, passione sì, ma generica e diffusa. La pietà viene ad essere la preistoria di tutti i sentimenti positivi. E, tuttavia, li conduce nella sua storia dove intende arrivare essa stessa.” (p. 63)
Il tema della Pietà è sviluppato sullo sfondo della questione dell’accadere storico dei sentimenti. 
L’idea comune del “tempo distruttore” non è adeguata per una storia della Pietà. Il riferimento a Bergson colloca la riflessione in una concezione del tempo come crescita non lineare ma multiforme in cui ogni istante penetra ed è penetrato dagli altri: il tempo invece di distruggere, crea. 
Sulla base di questa concezione, i sentimenti, nella loro storia, non si distruggono l’un l’altro ma si compenetrano e si potenziano. La Pietà può quindi essere madre di tutti i sentimenti positivi senza annullarsi in essi. 

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          
Indice

Introduzione di Samantha Maruzzella
LA NASCITA. DUE SCRITTI AUTOBIOGRAFICI
1.        Adsum (1981)
2.        La molteplicità dei tempi

DUE FRAMMENTI SULL’AMORE (1982)
PER UNA STORIA DELLA PIETA’ (1989)

Nessun commento: