lunedì 1 luglio 2013

Habermas, Jürgen, Questa Europa è in crisi

Traduzione di Carlo Mainoldi, Roma-Bari, Laterza, 2012, pp. 98, euro 14, ISBN 978-88-420-9906-2.

Recensione di Tiziana Gabrielli - 18/02/2013

La crisi economica e finanziaria mondiale costituisce un’opportunità decisiva per ridisegnare una nuova architettura istituzionale per l’Europa. In questa prospettiva, secondo Habermas, la funzione normativa della democrazia richiede un approccio transnazionale della politica, per governare il processo irrevocabile di globalizzazione, che rischia di ridurre il peso politico degli Stati europei rispetto agli Stati Uniti, alla Cina o alle potenze emergenti come il Brasile, la Russia e l’India. 


«Con il mio saggio sulla “Costituzione” – e cioè sulla situazione attuale e la Costituzione politica – dell’Europa – scrive Habermas - vorrei mostrare, da un lato, che l’Unione Europea del Trattato di Lisbona non è troppo lontana dalla forma di una democrazia transnazionale, come ritengono molti suoi critici. Dall’altro lato, vorrei spiegare perché l’errore di costruzione dell’unione monetaria non può essere corretto senza cambiare il Trattato. L’armonizzazione ora progettata delle decisioni degli Stati dell’euro in importanti campi della politica ha bisogno di una più ampia base di legittimazione» (Prefazione, p. IX). 
La gravità della situazione economica e le sue rilevanti ricadute sul piano sociale dovrebbero scuotere la coscienza civile dei politici, «diventati da tempo una élite di funzionari: non sono più preparati a una situazione senza paletti di confine, che si sottrae alla consueta presa demoscopico-amministrativa e richiede una diversa modalità di fare politica, una modalità capace di modellare le mentalità» (ivi, p. X). 
L’intento di Habermas in questo saggio è rimuovere le resistenze di pensiero nei confronti della «transnazionalizzazione della democrazia». A tal fine il filosofo colloca «l’integrazione europea nel contesto a lunga scadenza di una ratificazione giuridica (Verrechtlichung) in termini democratici e di una civilizzazione del potere dello Stato» (ibidem). Questa necessità di regolazione costituisce una sfida alla politica: la comunità internazionale degli Stati deve svilupparsi fino a diventare una comunità cosmopolitica degli Stati e dei cittadini del mondo» (ivi, p. XI). Non a caso il saggio sulla Costituzione è preceduto da uno scritto che ripensa il nesso fra «il concetto sistematico dei diritti dell’uomo e il concetto genealogico della dignità umana» (ibidem). Fin dai tempi della Rivoluzione francese era particolarmente avvertita l’esigenza di un’affermazione di uguali diritti per tutti. «Questa esigenza cosmopolitica – precisa Habermas - significa che il ruolo dei diritti dell’uomo non si esaurisce nella critica morale alle condizioni ingiuste di una società mondiale altamente stratificata. I diritti dell’uomo non possono che essere incorporati istituzionalmente in una società mondiale retta da una Costituzione politica» (ivi, pp. XI-XII). 
In quest’opera Habermas introduce dapprima alcuni motivi teorico-giuridici che considerano la dignità umana non come «un’espressione classificatoria giunta in ritardo», bensì come la «fonte» morale dei contenuti di tutti i diritti fondamentali (ivi, p. 7). Successivamente indaga, da un punto di vista sistematico e storico-concettuale, «il ruolo catalizzatore che il concetto di dignità svolge nella composizione dei diritti dell’uomo sulla scorta della morale razionale e della forma giuridica» (ibidem). Ed infine difende «la dirompente forza politica di una utopia concreta (...) sia contro il rigetto globale dei diritti dell’uomo (Carl Schmitt), sia altresì contro recenti tentativi di disinnescare il loro contenuto radicale» (ibidem). 
Habermas ridefinisce il concetto di dignità umana in relazione al valore di persona, ed è proprio nel contenuto universalistico-egualitario della dignità che il filosofo di Düsseldorf identifica il punto di collegamento tra l’imperativo categorico kantiano e il diritto positivo. 
Riecheggiando Jonas, Habermas parla della «funzione euristica» (ivi, p. 9) dell’esperienza della dignità violata: basti pensare all’intollerabilità di certe condizioni di vita e discriminazioni sociali, politiche, religiose e culturali attuatesi nel secolo scorso. Queste violazioni hanno certamente agevolato l’inserimento preminente del concetto di dignità umana nei trattati e nelle costituzioni democratiche. «Soltanto in virtù di questa connessione interna fra dignità umana e diritti dell’uomo viene instaurata quell’esplosiva congiunzione della morale con il diritto, nella quale è da intraprendersi la costruzione di ordinamenti politici più giusti» (ivi, p. 31).
Al primo saggio dedicato al concetto di dignità umana segue il saggio sulla costituzione dell’Europa e, in particolare, sulla crisi dell’Unione europea alla luce di una costituzionalizzazione del diritto internazionale. La domanda da cui parte Habermas è la seguente: «perché in generale dovremmo tenerci attaccati all’idea dell’Unione Europea, anzi addirittura al vecchio obiettivo di “unione politica sempre più stretta”, dal momento che si è esaurito il motivo originario, quello di rendere impossibili le guerre in Europa?» (ivi, p. 33). Muovendo dall’idea kantiana del diritto cosmopolitico Habermas sviluppa una «narrazione nuova e convincente: l’Unione Europea si può intendere come un patto decisivo sulla via di una società mondiale retta da una Costituzione» (ivi, p. 34). Ora che «il governo federale tedesco si è trasformato nell’acceleratore di una mancanza di solidarietà che va estendendosi in tutta Europa» (ivi, p. 35), la conferma del Patto per l’Europa «non fa che ripetere il vecchio errore: accordi giuridicamente non vincolanti stabiliti nella cerchia dei capi di governo sono o privi di effetto o non democratici e dunque debbono essere sostituiti da una istituzionalizzazione democraticamente sicura delle decisioni comuni» (ibidem).
La tesi habermasiana, secondo cui «l’Unione Europea potrà stabilizzarsi a lungo termine soltanto se sotto la coazione degli imperativi economici farà i passi ormai indispensabili per coordinare le politiche essenziali, non nello stile burocratico-gabinettistico sinora consueto, ma percorrendo la via di una sufficiente ratificazione giuridica democratica» (ivi, p. 51), contempera tre elementi fondamentali: «la comunitarizzazione di persone giuridiche che si riuniscono in uno spazio limitato in una associazione di cittadini liberi ed eguali, in quanto si riconoscono reciprocamente dei diritti che garantiscono a ognuno la medesima autonomia a livello privato e in qualità di cittadini»; «la divisione delle competenze nell’ambito di una organizzazione che con strumenti amministrativi assicura la capacità d’azione collettiva dei cittadini associati»; «e il medium d’integrazione di una solidarietà statale e sovrastatale, che è necessaria per il formarsi di una volontà politica comune e per la legittimazione dell’esercizio del potere» (ivi, pp. 51-52).
Se dunque la prima innovazione consiste, per Habermas, nella «preminenza del diritto sovranazionale sul diritto nazionale dei monopolisti del potere» (ivi, p. 51), la seconda va ricercata nella «divisione del potere costituente tra cittadini dell’Unione e popoli europei» (ivi, p. 58). Nel quadro di una prospettiva politica transnazionale è importante sottolineare la differenza che intercorre tra le Costituzioni nazionali, figlie dei moti rivoluzionari dei secoli XVIII e XIX, e la Costituzione europea, opera di élites politiche. «Nonostante il ruolo attivo degli attori statali, - rileva Habermas - , nel corso del processo di unificazione i pesi nella struttura organizzativa si sono nel frattempo spostati a favore dei cittadini europei» (ivi, p. 60). In ogni caso, va rilevato che «i cittadini dell’Unione hanno buoni motivi per tener fermo sul piano europeo a un ruolo paritetico dei loro Stati», in quanto «essi garantiscono un livello di giustizia e di libertà che i cittadini vogliono veder conservato» (ivi, p. 70).  La sovranità divisa tra vari soggetti «fornisce il metro delle esigenze di legittimazione di una comunità sovranazionale destatalizzata» (ivi, p. 71), in cui vengono giustificati le deviazioni del modello federale ed i deficit democratici dei Trattati dell’UE. Secondo Habermas la transnazionalizzazione delle elezioni per il Parlamento europeo esige una «europeizzazione dell’esistente sistema dei partiti», e sul piano istituzionale è necessaria una «distribuzione delle funzioni e delle competenze legislative» (ibidem), che veda i popoli europei e i cittadini dell’Unione come soggetti costituenti. 
Dalla comunità internazionale occorre dunque passare ad una comunità cosmopolitica. Oggi, in questione, è il rapporto tra politica e società in quanto tale: «L’agenda della politica mondiale non è più dominata in primo luogo da conflitti interstatali, bensì da un tema nuovo: si tratta della questione se i potenziali di conflitto internazionale possano essere composti fino al punto che da una – sinora improbabile – cooperazione delle potenze mondiali possano svilupparsi norme e procedure di efficacia globale e capacità d’azione politica corrispondentemente ampie» (ivi, p. 84).
Dall’analisi dell’Unione Europea, la riflessione di Habermas tocca anche le Nazioni Unite, che «dovrebbero essere riorganizzate come una comunità di Stati e cittadini dotata di una Costituzione politica, e in pari tempo essere limitate alle funzioni centrali di assicurare la pace e di affermare nell’intero pianeta i diritti dell’uomo» (ivi, p. 85). 
L’Unione Europea potrebbe quindi costituire un modello programmatico per questo nuovo Parlamento mondiale che si occuperebbe di questioni che toccano un «ethos comune» (per esempio, «il livello di sicurezza delle centrali nucleari o il livello di esigenze che un sistema di istruzione, un sistema sanitario o un sistema di trasporti debbono soddisfare», ivi, p. 91), e non di temi di autodelimitazione ed autoaffermazione. 
In queste pagine Habermas ha esposto un vero e proprio progetto politico, nella piena consapevolezza che «una sterile discussione filosofica sulla giustizia acquisirebbe rilevanza politica soltanto se potesse non trascinarsi in sede accademica, ma esser condotta all’interno di un Parlamento mondiale, che essendo composto di Stati e di cittadini potrebbe tener conto del fattore tempo che ha rilevanza per la giustizia» (ivi, p. 98), cosicché «le prospettive di giustizia dei due soggetti costituenti (...) si avvicinerebbero l’una all’altra nel corso di un effettivo e politicamente voluto allineamento delle condizioni di vita» (ibidem). 


Indice

Prefazione

I.        Il concetto di dignità umana e l’utopia realistica dei diritti dell’uomo
II.        La crisi dell’Unione Europea alla luce di una costituzionalizzazione del diritto internazionale. Saggio sulla costituzione dell’Europa

I.        Perché oggi l’Europa è più che mai un progetto costituzionale
II.        L’Unione Europea di fronte alla decisione fra democrazia transnazionale e un federalismo esecutivo postdemocratico
III.        Dalla comunità internazionale alla comunità cosmopolitica

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