lunedì 9 settembre 2013

Casadei, Thomas, Tra ponti e rivoluzioni. Diritti, costituzioni, cittadinanza in Thomas Paine

Torino, Giappichelli, 2012, pp. 325, euro 32, ISBN 9788834829882.

Recensione di Danilo Breschi - 28/04/2013

Il volume adotta un approccio analitico che consente all’autore, anzitutto, di “smontare” alcuni luoghi comuni sedimentatisi nella storiografia painiana, in special modo quello di un Paine “liberale puro” (tesi, questa, sostenuta da interpreti molto diversi: da Carl Schmitt a Jürgen Habermas, da Isaiah Berlin a Norberto Bobbio, fino a Michel Foucault). Quella di Paine costituisce invece una originale e complessa evoluzione politico-intellettuale che si snoda a partire dal Common Sense (1776), 

autentico best-seller nelle tredici colonie nordamericane pronte alla guerra per l’indipendenza, fino agli scritti più maturi, concepiti dopo la duplice esperienza rivoluzionaria tra le due sponde dell’Atlantico, ovvero i Rights of Man (1791-1792) e Agrarian Justice (1795). 
Andando oltre una ricostruzione storiografica di tipo “contestualista”, Casadei ha anche cercato di ripensare categorie cruciali della filosofia politica e giuridica a partire dall’opera painiana, restituendo di questa un profilo prettamente teorico, quasi sempre trascurato o addirittura negletto. L’esame accurato dell’opera di Paine consente, così, di andare a fondo nei caratteri costitutivi e nelle tensioni interne all’eguaglianza, categoria così complessa e multiforme, centrale per la storia del costituzionalismo degli ultimi due secoli e correlata in modo specifico ad una teoria dei diritti (cap. II), ad una teoria dello Stato (cap. III), nonché ad una teoria delle relazioni internazionali e del cosmopolitismo (cap. IV). 
Sin dagli esordi della sua attività di scrittore e pubblicista politicamente impegnato, l’idea dell’eguaglianza costituisce per Paine una sorta di stella polare. Nel caso di Paine si può davvero parlare di una vera e propria “fede” nell’eguaglianza, dal momento che la matrice del suo egualitarismo è squisitamente religiosa. È infatti dalla tradizione cristiana, nella variante riformata, che egli trae ed elabora la propria idea di eguaglianza: sia il fondamento sia la sanzione dei diritti individuali e innati dell’uomo trovano la propria fonte ed origine nella creazione divina. L’eguaglianza è una credenza (belief), un atto di fede che però non si connota in termini volontaristici, ma di semplice constatazione del vero e dell’imperituro, di ciò che è natura, né finzione né astrazione. È a partire da questo principio che si definiscono i diritti umani e che devono strutturarsi le istituzioni.
Secondo una efficace formula painiana, i governi possono sorgere dalla superstizione, ed allora abbiamo il «governo del clero», possono nascere dalla forza, e abbiamo così lo «Stato assoluto», oppure scaturire dall’interesse comune della società, con il che si realizza la «democrazia repubblicana». Nascendo dalla società, un governo si baserà su un contratto. Questo consentirà di “creare”, artificialmente, un’eguaglianza nativa, “naturale”. Si compie così quella prodigiosa, miracolosa inversione tra natura e ragione, tra reale e razionale che sfocia in una loro coincidenza e mutua implicazione, ma solo per affermare che è solamente una natura razionalizzata a costituire la vera realtà, ciò che è e non può non essere. 
Paine, va precisato, non sognava affatto una società livellata, omogenea e indistinta. Ciò che andavano rifondate ab imis erano le basi su cui giustificare la dignità di tutti e di ciascuno, senza più l’obbligo di ricorrere a criteri come l’ereditarietà (tanto difesa da Burke da configurare un’epica e durevole tenzone intellettuale, che delinea gli antipodi del pensiero politico europeo del tardo Settecento: pp. 62-83) o la forza prevaricatrice. La nazione è popolo costituitosi con atto consapevole dei suoi singoli componenti, tutti indistintamente cittadini titolari di diritti (e doveri). 
Da questa fonte emerge l’idea stessa dei diritti dell’uomo, del nascente costituzionalismo rivoluzionario e della sovranità popolare. Tra essi si inserirà poi, prepotentemente, il tema della povertà. Paine acquisì consapevolezza del fatto che la povertà non aveva cause occasionali, temporanee e individuali, ma era, in fondo, una diretta responsabilità della società, e dunque un problema collettivo da risolvere tramite pubbliche istituzioni. 
Una certa tradizione storiografica ha individuato nel carattere drasticamente antiaristocratico la peculiarità della rivoluzione francese, dal momento che questo aspetto sarebbe stato assente, o scarsamente presente, nell’esperienza americana. In realtà, la figura di Paine, centrale per molti aspetti nelle vicende americane comprese tra il 1775 e il 1783, ridimensiona la tesi di una netta alterità tra le due rivoluzioni, e conferisce caratteristiche democratiche e radicali anche a quella compiutasi sulla costa occidentale dell’Atlantico. 
Com’è noto, i due documenti fondamentali della modernità politica, almeno per l’Occidente euroamericano, sono la Dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti d’America del 4 luglio 1776 e la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 26 agosto 1789. Ebbene, questi due testi rendono conto di come e quanto alcune piccole ma agguerrite comunità intellettuali (e, non di rado, religiosamente ispirate) agirono in modo politicamente efficace al di là e al di qua dell’Atlantico, riuscendo nella seconda metà del Settecento a tradurre il loro “senso comune” in teoria politica largamente condivisa e fondatrice di nuovi ordini. Paine fu il portavoce più popolare di queste comunità e il loro “traghettatore ideologico” fra i due continenti.
Altro merito dell’Autore. è rilevare come la curvatura democratica e sociale che il pensiero di Paine assunse a partire dai primi anni Novanta del Settecento non sia stata soltanto l’esito dell’impegno profuso all’interno dell’esperienza rivoluzionaria francese, vissuta nel suo farsi, nonché della frequentazione degli ambienti girondini più radicali e dei contatti maturati con personalità del calibro di Condorcet, ma anche il frutto del recupero, più o meno consapevole, di una tradizione di repubblicanesimo inglese che già ad inizio Settecento aveva radicalizzato il giusnaturalismo del Locke del Second Treatise e non dimenticava l’eredità seicentesca dei Levellers di Lillburne (probabilmente giunti sottotraccia a Paine tramite l’educazione puritana ricevuta in famiglia). Un immaginario protestante, quello dei Dissenters (congregazionalisti, quaccheri, battisti) che, tramite sermoni, trattati e libelli, aveva diffuso nel corso del Settecento, in Inghilterra e soprattutto nelle colonie, l’eredità di un pensiero forgiatosi nel fuoco delle guerre civili del Seicento e il cui nocciolo teorico e valoriale risiedeva nell’affermazione dello stretto legame tra i «diritti del cittadino» e il «principio della libertà di coscienza» (pp. 62-83). 
Il lavoro di Casadei ha infine un ulteriore pregio: mostra quanta attualità – da riscoprire – vi sia nell’opera di Paine, un pensatore capace di andare al cuore di una tradizione quale quella del repubblicanesimo radicale e democratico e, al contempo, costituzionale e riformatore. Non a caso, il libro si configura come un riuscito esempio di combinazione tra analisi cronologicamente e filologicamente rigorosa, con un imponente apparato bibliografico, da una parte, e proposta filosofico-politica e giuridica, dall’altra. Questa seconda parte risulta delicatamente innestata e ben amalgamata con la prima, in modo tale che lo studio non perde mai in rigore e scientificità. Viene così dimostrata la consistenza teorica di un autodidatta del repubblicanesimo radicale e democratico, dotato di una forza che deriva proprio da questa origine popolare (e popolana) di un pensiero capace ancora oggi di parlare con parole e immagini che sono state fatte proprie persino da un presidente repubblicano come Ronald Reagan e da uno democratico come Barack Obama, nonché da uno dei più celebri cantori folk e rock dell’America contemporanea quale è Bob Dylan.
Una risorsa ideologica per l’oggi: questo il Paine che la monografia di Casadei ci restituisce. A dimostrazione di come ogni buona prassi politica attinga sempre da una buona teoria politica, e come quest’ultima si giovi della prima quale costante fonte di ispirazione e inderogabile banco di prova.


Indice

Introduzione

Ringraziamenti 

Capitolo I – La figura di Paine: “filosofo” del senso comune e intellettuale militante

Capitolo II – Il nodo delle generazioni: sovranità popolare, costituzionalismo, teoria dei diritti

Capitolo III – Il nodo della proprietà: eguaglianza, questione sociale, teoria dello Stato

Capitolo IV – Il cerchio della civiltà: socialità, deismo, teoria della pace

Bibliografia

3 commenti:

MAURO PASTORE ha detto...

Recensore espone materia di lavoro recensito confliggendone tematiche da indice accluso rilevabili e procedendo non per linea storica ma falsariga; inoltre trasforma questione di ulteriorità - alterità di argomentazioni cui oggetto indiretto di recensione stessa in definizione di altra unità desunta da considerare sincronicamente non diacronicamente non per assunto interno a sincronia stessa ma esterno ed arbitrariamente desunto da stesse tematiche di lavoro recensito anche questo sincronicamente non diacronicamente considerato e cui desunzione non motivata da interno di sincronia ma per altra arbitrarietà, questa erroneamente da recensore stesso attribuita ad oggetto indiretto però diretto ad autore di studio recensito: idea di uguaglianza in realtà estranea a Th. Paine anche invisa e non solo a lui bensì per intera politogia americana pre post rivoluzionaria.
Idea di uguaglianza che recensore dà per ovvia non è concreta perché confligge a sua volta con rispetti di equità, cui differenza basilare non uguaglianza stessa. Tal errore in prospettiva intellettuale recensiva è assieme, in recensione medesima, ad errore di prospettiva storica, in cui si ignorano:
sia le esperienze repubblicane democratiche stabili ed anche le provvisorie del Medioevo in specie quello italiano delle quattro repubbliche marinare (Amalfi, Pisa, Genova, Venezia) cui facoltà non terminarono quando unite ad antico regime e quello, per un periodo limitato, della sorrentina (cui potere politico marittimo, non marinaro); sia origini americane stesse della Statalità moderna e odierna degli Stati Uniti d'America, in parte da vite civili in altra parte da vite selvagge cui deismo prospettiva futura intellettuale ovvia oltre che unica cioè non mediata da cultura civile ma direttamente da cultura naturale a cultura politica, in entrambi le parte ed a causa delle stesse non essendovi possibilità di patti democratici reciproci e tal assenza ignorata da chi ignorava ed ignora duplicità di medesime parti — ad ignorarne recensore stesso, che inverte ruolo di deismo e di credenza in uguaglianza menzionandone e riferendone, circa recensito diretto e indiretto.
Non si tratta di errori da poco in recensire e recensione perché oltre a falsare rapporti storici politici questi errori recensivi confondono in relazioni politiche repubblicane le funzioni delle azioni spontanee e dei pensieri impliciti con le funzioni delle azioni non spontanee e dei pensieri non impliciti e da tal confusione derivano fraintendimento su socialità politica americana cui comunità non basabile su uguaglianza né eguaglianza democratiche ma su diversità e differenze democratiche cui spontaneità implicitezza di condotta politica anche sociale di una parte pure per retaggi ereditari distinti determinanti non prescindibili comunitariamente ma in Repubblica nata da Rivoluzione americana non ultimativi in decisioni comuni cioè non distinte e valide parzialmente non particolaristicamente... Sicché solo col dover affrontare non solo giudiziariamente anche politicamente problemi delle schiavitù, sistema politico americano statunitense potette, senza averne negato, allinearsi con diritto europeo, dapprima risolvendo schiavitù degli indiani poi degli afroamericani... eventi etnicamente condizionati, ma fino anche a risoluzione ricercata in stessi condizionamenti, da forte peso politico effettivo di indiani e in parte ancora indios in territori di Stati Uniti americani, non solo dai rispettivi mondi selvaggi.
...


MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

...
Altri errori in recensione concernono religiosità di cristianesimo non solo americano. Recensore offre quadro politico religioso falso e dà informazione alterata di religione e politica, menzionando i "Dissenters", cui termine in uso già politico religioso oltre che religioso politico in Europa per eventi riferibili ad attività riformatrice-protestante non protestante-riformatrice di Arminius (: cognome latinizzato) che aveva identificato in movimento protestante tendenza umanistica antiteologica antilibertaria che della citazione luterana teologica dottrinaria non psicologica non antropologica di "servo arbitrio" ne trasformava in sociale civile cui poteva corrispondere nessuna teocrazia nessun monoteismo, solo non monoteismo separante monoteismo e monoteismi in specie cristiani riformati. A tal stato di cose, per cui riferire di limiti di poteri e volontà del clero cristiano era duplicato in illazione su mentalità umane imposta socialmente a civilizzazioni, Arminius aveva opposto informazione poi obiezione infine accolte in giurisdizioni di cosiddetti Paesi Bassi, europei; e trasferimenti di vari europei in America ne continuavano azioni difensive antidiscriminatorie, che in Rivoluzione americana furono apporto libertario non altrimenti.
Errore in recensione anche in sorta di menzione quasi appello di fatto e a sproposito su originarietà presunta, popolare popolana, a Paine non attribuibile solo stimabile tale da considerazione civile integrale-integralista, peraltro impossibile a vera logica di mentalità europea, che non può disistimare disvalore natura con civiltà perché non ne può ignorare l'insieme non solo l'assieme. (Perciò di epiteto che cita, "traghettatore ideologico", recensore non ne intende in fattispecie.)

Errori in recensione non sono limitati in se stessi cioè sono coinvolgenti anche affermazioni in recensione stessa non contraddittorie ma recensiva ente contraddittorie di fatto. Così, sempre in recensione, circa cosiddetti Levellers, che procedere affermativo recensivo citandone ne equipara a livellatori sociali economici, essendo essi invece per socialità ed economia mediatori non livellatori, cioè apportatori di politici sociali quindi economici ideologici "livelli" (... livell[-]ers...).

...


MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

...

Di recensione non si salva quasi nulla e per intervento di lettore già informato se ne salva qualcosa ma non abbastanza perché essa sia filosoficamente concretamente una recensione, solo in astratto interezza di essa potendosi definire filosofica; in concreto essa non essendo e risultando adesso recensione per cattolicisti intolleranti o per atei in ostinata prepotenza contro diritto a pluralità di espressioni quandanche religiose.
Ciò non è soltanto sommamente triste e disdicevole e inoltre non è confinato a solo passato, per cui in presente riferire a testo recensivo non conviene -né mi conveniva- prescindere di affermazioni l'affermante interno ad esse, di elemento ovvero soggetto, cioè presente a testo, di recensore, non di ruolo passato del concreto recensore ((D. Breschi)) cioè che tal fu non essendo più.

...Si tratta di disastro comunicativo non solo passato e non solo per presenza di testo ma anche per accadimenti odierni.
Dopo che traduttori riformati italiani della Bibbia avevano dovuto fuggire, esiliarsi a causa di stuoli di assassini convinti da preti non meno criminali di assassini, dopo gli intrighi preteschi cattolici che avevano con occultazione e inganni fatto contrapporre savoiardi e valdesi con gran strage – anche reciproca perché molti dei valdesi uccisi erano pure savoiardi – dopo le torture contro aspiranti pentecostali e i tormenti ad effettivi tali durante periodo fascista, dopo le imitazioni, contro giurisdizioni nuove di Repubblica democratica italiana, ai danni di vera comunità protestante italiana, celate poi da imitatori di imitatori cui meno letale maldicenza poi se messi ad imitare direttamente... di certo è segno di tragedia culturale in atto, che si debba commentare e refutare aborto di recensione peraltro non più grave disastro comunicativo, essendovene appunto refutabilità... Poiché invece proprio troppo essendo quanto di altro non moderato da approccio filosofico! Per tal ragione non recuso chi gestiva sito di aver pubblicato quanto ho dovuto commentare; e ne ho dovuto - e ne devo con ciò anche - perché condizioni presenti di società civile italiana funestate da dimenticanze di massa che derivano da contrarietà a spontaneità e implicitezze occidentali, europee, italiane, itale... Poiché ovvietà di negazioni è da troppi in Italia e altrove a scopo falsamente protettivo non veramente civile subissata da estranea o aliena ovvietà quindi vana, con vastissima partecipazione criminale di quelli cioè che negano finanche che circolazioni di aria da esterno attorno corpi umani potrebbero esser più spiacevoli, più disdicevoli, o più svantaggiose, che da intorno interno di stessi umani corpi e con respirazione, quindi desiderando criminali stessi per gli altri quel che a sé stesso ciascuno potrebbe volersi se in bisogno solo a lui veramente noto ...non ad altri né medico né infermiere né magistrato e ciò non per legge umana né divino decreto ma perché natura è separata di corpi e scienze sempre di per sé limitate a dati generali non a singolarità...
Non ideologia dunque, ma autori di idiozie e indegne di cattivi refettori, hanno finto misure sanitarie ordini di caserma e comandi militari ne han finto sanitari, negando non imponibilità di rapporti civili e fingendo che distanza sociale sia fisica civile sempre... tentando essi di sfuggire a divieto cui nuovo articolo di Codice Penale contro fascismo e contro neofascismo e contro resto connessone e tentando essi delittuosa "organizzazione della vita fascista" anche per astio contro stesso Codice ed intromessisi anche in Stato, che fingono religioso-non-multireligioso... Insomma una rovina, cui ha condotto generica perdurante illazione contro Riforma cristiana (peraltro che fu detta e fatta dire "protestante" da cattolici non da riformati) coinvolgendo anche studi filosofici politici.
Contro tal illazione anche, questi miei commenti qui.


MAURO PASTORE