giovedì 28 novembre 2013

Galzigna, Mario, Rivolte del pensiero. Dopo Foucault, per riaprire il tempo

Torino, Bollati Boringhieri, 2013, pp. 174, euro 18, ISBN 978-88-339-2261-4.

Recensione di Alessandro Baccarin - 22/08/2013

I lettori di Michel Foucault conoscono Mario Galzigna quale attento studioso, felice traduttore e fine curatore dell’opera del filosofo francese (si vedano Mario Galzigna [a cura di]  Foucault, oggi, Michel Foucault, Il governo di sé e degli altri. Corso al Collège de France 1982-83,  e Michel Foucault, Il coraggio della verità. Il governo di sé e degli altri II. Corso al Collège de France 1984). Con il presente libro gli stessi lettori conosceranno un Galzigna diverso. Non più, o non solo, uno studioso, ma anche un esploratore. 

Tramite le sue parole potranno inoltre conoscere  un Foucault quasi inesplorato: un coraggioso barcaiolo, piuttosto che uno scintillante intellettuale. Perché le imbarcazioni utilizzate dall’autore per allontanarsi dai porti foucaultiani, sono le stesse che il filosofo di Poitiers aveva costruito, lasciandole poi “ancorate come barche in rada”. Barche costruite perché qualcuno ne prendesse i remi, perché grazie a loro potesse solcare mari inesplorati, seguire rotte desuete, originali e feconde di incontri.
Il “dopo Foucault”, espressione che campeggia nel titolo, vuole indicare proprio una successione geografica, quasi cartografica, piuttosto che temporale. Accezione questa che viene suggerita nel Prologo (p.7), dove “il dopo” indica il desiderio di un rilancio, di un’apertura verso nuovi orizzonti, di nuove sfide, ingaggiate da un pensiero irriducibilmente “critico, antagonista, libertario”. Difficile dare un nome a queste barche immaginarie. Difficile anche definire le rotte. La follia, l’eterotopia, la verità, l’evento, l’archeologia e la genealogia del pensiero sono lemmi che possono ben descrivere la barca, ma anche la rotta. Indistinguibilità di un percorso, che si autodefinisce “di rivolta”, e che vuole essere, senza cedere alle facili lusinghe degli anniversari (il trentennale dalla morte di Foucault sarà celebrato nel 2014), un omaggio ad un maestro e ad un amico che ha incarnato uno dei percorsi umani ed intellettuali più originali del secolo scorso.
Le esperienze che Galzigna propone per questo pensiero ribelle, per questo soggetto costituente, opposto e contrario al soggetto costituito dai dispositivi, formano un florilegio del coraggio: individui portatori di coraggio, coraggio della verità, capaci di coniugare il concetto all’esperienza. Esperienza di sé e degli altri, ricerca di una verità che implica la messa in gioco del sé. Da  Piero di Cosimo a René Magritte, da Darcy Ribeiro a Antoine Artaud, il libro di Galzigna disegna una mappa, un portolano, alla maniera dell’antica historíē ionica, dove l’Altro diventa l’occasione dell’incontro, l’occasione del confronto, la scintilla che innesca l’evento trasformatore dell’identità. Difficile proporre una descrizione analitica compiuta di questo libro, percorso profondamente dal valore dell’esperienza individuale, ed in primo luogo quella dell’autore stesso. La descrizione del suo incontro con i pazienti di un Dipartimento di salute mentale del nord Italia, o quella con alcuni esponenti del popolo Guaranì in Brasile, nella regione di São Paulo, descrivono una tensione verso una ricerca coraggiosa della verità, che l’autore ritrova in autori (pittori, filosofi, poeti, narratori, poco importa) dove  il soggetto costituente sembra aprire nuovi orizzonti al pensiero ribelle. 
Soggetto costituente si diceva, programmaticamente contrapposto dall'autore al soggetto costituito. Nozioni queste mutuate dalla “scatola di attrezzi” foucaultiana. E' questo soggetto che si autocostituisce, che professa il coraggio della verità, è quel soggetto, che tanto interessava il Foucault degli anni '80, a prendere i remi di quelle barche in rada, a costituirsi nel viaggio verso il “regime delle antitesi” (p.81), ovvero verso quella dimensione di “sintesi disgiuntive” e “disgiunzioni creative” che costituisce una sorta di ordine del discorso per l'intero lavoro.
Viaggio perturbante ed eteroclito. La dimensione del perturbante (das Unheimliche), che l'autore riprende da Ernst Jentsch, costituisce la prima tappa di questo viaggio spaesante. Lo spaesamento che coglie l'osservatore di fronte ad un quadro di Magritte può essere letto grazie a quella perturbazione che dà luogo alla trasformazione del soggetto. Qui, il gioco della similitudine e della somiglianza viene letto come esempio di sintesi disgiuntiva, come paradigma di un pensiero in rivolta capace di sintetizzare poli apparentemente inconciliabili. Questa sintesi è propria dell'esperienza di Roland Laing e di Darcy Ribeiro. Lo psichiatra scozzese e l'antropologo brasiliano costituiscono una sorta di paradigma del superamento: oltre la dicotomia paziente/malato, oltre la scissione soggetto conoscente/oggetto conosciuto, per una sintesi originale che permetta al soggetto costituente di sperimentare la “cura di sé” come evento foucaultiano, ovvero come esperienza poietica dell'identità.
La dimensione della passione è invece il porto letterario presso il quale il pensiero disgiuntivo contamina la letteratura. Qui il libertino appassionato e giocoso di Diderot viene contrapposto al libertino scisso e autoritario di Sade. Laddove il libertinaggio si identifica con un umanesimo radicale, come nell'enciclopedista francese, l'incontro con l'Altro implica la ridefinizione del Medesimo. Laddove invece il libertino scinde natura e vita, passione e piacere, come nel divin marchese, allora l'incontro dell'Altro si traduce nel suo annullamento, nel trionfo di un potere distruttivo e di una logica della scissione che separa irrevocabilmente piacere e oggetto di piacere (a questo proposito è utile ricordare che Foucault parlava di Sade come di un “sergente del sesso”, vedi Michel Foucault, Sade, sergent du sexe, in Dits et écrits I 1954-1975, n.164). Una logica della scissione che si è riprodotta nella dicotomia normalità/perversione, e che ha trovato luogo elettivo di riproduzione nelle politiche e nelle tecniche segregative adottate dalla psichiatria nei confronti del “perverso”.
Infine la dimensione dell'irripetibile. Il pensiero insorto per antonomasia, ovvero l'opera di Antoine Artaud, si trasforma nell'insurrezione contro la tirannia della ripetizione (sia questa rappresentata dal testo o dalla figura dell'autore). Refrattario ad ogni utilizzo e ad ogni commento, Artaud rappresenta, con il suo teatro della crudeltà, con la sua liberazione dal testo e dall'autore, con la sua ricerca di una vita e di una parola prima della loro rappresentazione, il culmine di una possibile sintesi disgiuntiva. Prendendo le distanze dalle interpretazioni di Deleuze e Blanchot, l'autore fa di Artaud il testimone di un lavoro doloroso, di un corpo a corpo con la follia, dove gesto e parola trovano mutevoli e alchemiche forme di disgiunzioni creative (si veda ad esempio la funzione delle glossolalie nell'opera artaudiana p. 156). Uno “scrittore insorto”, che fa di questa insurrezione un'arte: arte condensata in un libro perduto, di cui egli racconta a più riprese nelle sue lettere. Libro perduto e di liberazione, dove può trovare piena e libera manifestazione la ribellione per il linguaggio e per l'autorialità, e per questo libro senza testo e senza autore. 
Frédéric Gros ha parlato di un “libro perduto” anche a proposito di Michel Foucault. Libro progettato e mai scritto. Libro con il quale il filosofo francese intendeva ripercorrere e problematizzare le tecniche del sé nel mondo antico. Possibile omaggio dislocato, questo del libro perduto, da parte di Galzigna a quell'artefice delle rivolte del pensiero, a quel Michel Foucault barcaiolo capace di suggerire ancora originali percorsi di ricerca e di esperienza.




Indice
Prologo
Capitolo 1: Temi e narrazioni. Quasi una prefazione.
1.1 Centralità dell'esperienza; 1.2 Le origini inesplorate del Noi; 1.3 L'irruzione dell'evento.
Capitolo 2: Spaesamenti
2.1 Meister des Unheimlichen. Maître du Mystère; 2.2 «Un sentimento non familiare del         mistero»; 2.3 L'impero delle luci.
Capitolo 3: Sintesi disgiuntive, disgiunzioni creative
3.1 «Quando il Terribile è già accaduto»; 3.2 La sfida antropologica di Darcy Ribeiro; 3.3         Intermezzo: tra i Guarani
Capitolo 4: Libertini e perversi: la passione del molteplice
   1. Passioni libertine; 4.2 I perversi e la passione reclusa
Capitolo 5: Lo «scrittore insorto»: Antonin Artaud
   1. Il parricidio; 5.2 L'altra scena; 5.3 La parola, il gesto, il grido; 5.4 Il libro perduto e lo                   «scrittore insorto»; 5.5 Incarnazione e dolore
            Postscritto
            Indice dei nomi

5 commenti:

MAURO PASTORE ha detto...

Itinerario intellettuale di autore "recensito" che offre un panorama parimenti intellettuale ed inusuale, appena sporto su anticonvenzionalità senza inoltrarsene; e la recensione mimetica mancando ovviamente della materia stessa della pubblicazione recensita... dunque è preclusa ad anticonvenzionalità proprio nell'esporne, che infatti è elencativo.

MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

La esternità della presentazione recensoria purtroppo consente solito triste gioco di società e socialismi, ingiusto tentativo di appropriare un vasto pensiero di filosofia e saggezza filosofica a piccolezza senza senno del dogmatismo marxista... oramai a sua volta trascinato in giochi al ribasso dove l'intellettuale marxista ha ruolo di paggiaccio e di ex disastroso, che prende per scusa "il gioco del sé"... Ma stesso Focault praticava ovvero faceva praticare gioco al ribasso, appena in tempo riuscendo a vederne principio di trasformazione, da risultato di moderazione - rifiuto a risultante di distacco ed estraneazione, da molti intellettuali ancora ignorata; eppure questi ultimi anni richiedono prudenza opposta, dell'abbandono, perché il marxismo deve esser in filosofia soltanto del passato non proprio ed assunto provvisoriamente, passata comparsa con scopo ormai consumato di limitare i danni dei suoi stessi destinatari.

MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

Si deve pensare al possibile valore restaurativo oltre che decostruttivo dei filosofemi da Focault inoltrati alle intelligenze europee ed occidentali; perché non si tratta di ripetere l'elogio della follia di Erasmo — che della Rinascenza in Europa Settentrionale aveva saputo cogliere una fine di troppo ovvero una ragione di troppo cioè la convinzione di superpoteri reali di essere inattaccabili poi scaduta in ottimismo di nuovo ingenuo e nel torto di ritenere inutile l'universalismo cristiano e di giudicare una insavia la preoccupazione astratta e misterica della salvezza, invece necessaria...
Si tratta ora di capire che la follia della contemporaneità è parsa a troppi e troppo potenti differente dal vero: se creativa sospettata, se distruttiva arrischiata... Per questa nuova comprensione furon riconosciute criminali più gravi le donne ispiratrici di Hitler che Hitler medesimo, dico delle sue non del tutto ideali amanti, più spietate di egli medesimo, che ne volevan mettere alla prova sue follie, troppo pericolose anche per un gioco; e la donna fatta creder da Mussolini sua moglie e per tale spacciata all'anagrafe era da esser riconosciuta grande attendista, poiché aveva disatteso il delitto dell'impostore per anni, con creative tattiche di difesa (poi dichiarata morta in segregazione manicomianale assieme al suo figlioletto perché si voleva che si consumassero col tempo ugualmente al persecutore e invece forse trovando i due prigionieri pressoché uguali gli scagnozzi pensarono di non aver loro già procurato le torture ed abbandoni dei nosocomi e li confusero per ulteriori e passati nemici... e forse ad andar via non erano due committenti del delitto di impostura, violenza ed omicidio, ma proprio gli scampati).
Se in tempi di Rinascimento si faceva notare che fiducia vitale può apparire allo stolto od ignorante dissenatezza mortale e se ciò era universalmente valido — neppure Lutero ne negava facendo notare che vasta realtà conventuale cattolica era troppo convenzionale per esser credibile o accettabile — di questi tempi bisogna far notare che la follia è:
un modo deliberato di agire, della mente, con il corpo; od uno stato mentale mai attivo, solo emotivo; dunque nessun malato è in quanto tale veramente vittima di follia e nessun criminale non è tale perché folle...
Ed è giusto assommare le due riflessioni, di Erasmo e Focault, ma non bisogna commetter confusioni retrospettive.

MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

Tra il resto, M. Focault era stato anche organizzatore non tanto risaputo di teatrini di falsi intellettuali per vasti pubblici; e diceva di 'giochi del sé' indicando la necessità di una azione anche politica e non criminale e realmente premeditata.
Ne indicava in tempi di Guerra Fredda globale e di "Stanze dei Bottoni", quando da parte di aspiranti guerrafondai, peggiori degli stessi guerrafondai, se ne voleva trasformare in conflitto assoluto e dimenticare che invece gli ordigni atomici erano stati *giudicati* inadatti a guerre — e adatti a disintegrare cattivi asteroidi. La filosofia valeva a tener lontane coincidenze pessime e a dar prudenze in più e motivazioni inaggirabili — ed ancor ne varrebbe e dunque ne vale — ma a fine confronto tra i due Blocchi Est-Ovest molti vollero farlo dimenticare — e ancora adesso tentano di non far recuperare o di far perdere memorie di fatti storici e di cronaca.
Perciò bisogna considerare la moderazione della militanza intellettuale e filosofica accaduta durante la Guerra Fredda con attenzione maggiore (e con rispetto dovuto) ed anche quella presente, in tempi di altri pericoli ed incombenti, non di degenerazioni belliche ma di intrusioni antitecnologiche. A questo scopo conviene diffonder vero patrimonio scientifico perché il tecnicismo mortale e disumano dipende da diffusione di errori antiscientifici o non scientifici — e ciò vale pure per contrastare la scellerata perdurante simpatia di massa per flussi liberi di energie elettriche, in cliniche ed ospedali direttamente applicate, per strade invece fatte procedere (con cosiddette pistole elettriche), fingendo cure e difese in verità inesistenti.
Non si tratta cioè di far "folklore" nel rammemorare e presentare opera filosofica di Michel Focault.

MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

Pensando di evitare mortali sequenze temporali, non ha senso far troppe o poche ciarle.

Si deve capire che il tempo cosmico è distinto da il tempo solare ed il tempo biologico è interno a cosmico ed esterno a solare;
e ciò non senza ulteriore distinzione: tra 'anagrafica' e 'monografica' e 'omografica'.

Gli Uffici Anagrafe degli Stati diventano offici da becchini se anagrafe è trattata da omografia e non esiste solo anagrafica statale.

MAURO PASTORE