lunedì 11 novembre 2013

Reale, Giovanni, Veronesi, Umberto, Responsabilità della vita. Un confronto fra un credente e un non credente

Milano, Bompiani, 2013, pp. 262, euro 13, ISBN 978-88-452-7346-9

Recensione di Silvia Salardi - 22/07/2013

Il volume intitolato “Responsabilità della vita. Un confronto fra un credente e un non credente”, di Giovanni Reale e Umberto Veronesi, prende spunto dalla mancata emanazione della legge sul testamento biologico (capitolo I) per affrontare, nel prosieguo del libro, temi di più ampio respiro, ovvero la morte e la vita nella società della tecno-scienza, il rapporto tra malattia e salute, nonché la relazione medico-paziente.
Questi temi vengono trattati all’interno di una cornice dialogica tra un credente e un non credente. Questa scelta metodologica riflette, per un verso,

quel peculiare approccio alla bioetica che caratterizza il contesto nazionale italiano: bioetica laica vs. bioetica cattolica. Per altro verso, a differenza del dibattito pubblico in cui gli scontri sul piano etico vengono alimentati con il solo scopo di non giungere mai, o quasi, a punti di incontro tra le opposte ‘fazioni’, in questo volume, invece, proprio l’onestà intellettuale e la sincerità argomentativa dei due protagonisti del dialogo consente, in molti casi, di individuare possibili strade condivise su questioni apparentemente insanabili.
Uno dei meriti di questo volume è proprio quello di consentire al lettore di farsi un’idea non condizionata sulle modalità argomentative utilizzate dall’etica laica e dall’etica cattolica. Alla luce, infatti, degli argomenti portati a sostegno dell’una o dell’altra posizione, espressi in modo chiaro e ‘onesto’, appare anche più semplice capire a che condizioni sia possibile un compromesso etico sulla base del quale  predisporre strumenti normativi non ideologicamente connotati.
Prendiamo come esempio paradigmatico il capitolo 1 intitolato Una legge assurda da evitare. Questo capitolo parte dalla bozza di legge in materia di disposizioni di fine vita e attraverso un percorso argomentativo, che coinvolge prima Giovanni Reale e poi Umberto Veronesi, mostra come la conclusione rispetto alla legge definita ‘assurda’ sia la stessa, nonostante la diversità delle premesse.
A proposito di tale bozza di legge, Giovanni Reale sostiene la non imponibilità per legge dell’obbligo di mantenere in vita contro la volontà del paziente. Pur escludendo l’accettabilità di qualsiasi forma di eutanasia in accordo con la posizione ufficiale della Chiesa, l’autore sottolinea, tuttavia,  come sia «del tutto inaccettabile l’esclusione del diritto del paziente di non accettare quei trattamenti ai quali non intende essere sottoposto» (p. 16). La tesi su cui poggia ques’affermazione è ‘l’indisponibilità della vita’, di cui Reale spiega i contenuti asserendo che se è corretto sostenere che  «[l]a vita è ‘indisponibile’ per l’omicidio e il suicidio; …deve essere ‘indisponibile’ anche nei confronti dell’accanimento terapeutico e della tecnica invasiva alla fine della vita, quando di vera vita ormai non ce n’è più» (p. 30). Sullo sfondo di questo argomentare, vi è l’idea, che rappresenta altresì il filo rosso di tutti gli interventi di Reale nel saggio, secondo la quale l’indisponibilità della vita nei casi in cui «l’uomo cessa di essere tale, e non resta se non il supporto vegetativo» dello stesso (p. 199), è da imputare all’operare contro natura degli artifici della tecnica. Si tratta dell’argomento dell’’appello alla Natura’, intesa come serbatoio di fini e valori. È un argomento molto usato nella bioetica a impronta cattolica per contrastare, in genere, molte pratiche rese possibili dallo sviluppo della tecno-scienza e considerate dalla Chiesa moralmente inaccettabili –ad esempio, oltre al contesto del fine vita anche pratiche quali la procreazione medicalmente assistita-, al quale si possono opporre diversi solidi controargomenti, ma non lo faremo noi in questa sede. Infatti, è lo stesso Veronesi che, tornando sul tema dell’indisponibilità della vita, sempre con riferimento alla legge sul testamento biologico, sottolinea l’assurdità della proposta normativa, che risulta, anche suo parere, da evitare, «ma non per la stessa motivazione dell’’indisponibilità della vita’ nei confronti di una medicina invasiva e superpotente». Per Veronesi, «al contrario, …. la vita [è] un bene ‘disponibile’ per ogni persona»,  e per questo motivo ritiene «… un … diritto inalienabile decidere se porvi fine, tanto più se stiamo parlando di una condizione, la vita artificiale, che per qualcuno è peggio della morte». Veronesi si dice contrario a questa proposta di legge «…in nome del principio della responsabilità della vita, in base al quale ognuno può decidere per sé, e in nome dei diritti fondamentali dell’individuo, fra i quali noi laici annoveriamo il diritto di morire» (p. 42).
Anche rispetto agli altri temi affrontati nel volume, come nel caso appena menzionato, i due autori presentano in modo chiaro le loro posizioni. Si consideri un altro interessante esempio riguardante il tema dell’anima discusso nel capitolo VIII. Anche con riferimento al concetto di ‘anima’, i due attori del dialogo si premurano sempre di definire il senso in cui intendono il concetto, evitando così al lettore di incorrere in pericolosi fraintendimenti. Ed è questo un altro aspetto che giustifica la definizione di questo volume come un dialogo onesto e sincero su temi tutt’altro che di facile e seria trattazione, soprattutto nel nostro attuale contesto nazionale. 
Il volume riporta anche due famosi casi, saliti qualche anno fa agli onori della cronache, ovvero il caso di Piergiorgio Welby e di Eluana Englaro. Con riferimento al caso di Piergiorgio Welby vi sono importanti e interessanti tentativi di superare i fraintendimenti semantici in cui spesso, intenzionalmente o meno, si incorre negli usi del linguaggio comune e dei mass-media, con riferimento in particolare al termine ‘eutanasia’.
«Si tenga presente che», ammonisce Reale, «le parole si possono stiracchiare in vari modi, e si possono fare entrare varie cose nell’area semantica che ricoprono, che invece, a un esame obiettivo, non rientrano affatto in quell’area semantica» (p.182). E proprio con riferimento al caso Welby che, sia Reale che Veronesi, sembrano concordare che non si sia trattato di un caso di eutanasia, bensì di ‘lasciare morire’. Per Reale, infatti, «la sua richiesta di lasciar fare alla natura il suo corso …era ben lungi dall’essere una provocazione attiva con mezzi o con strumenti della propria morte» (p. 182). Veronesi, da parte sua, dopo un’attenta analisi delle modalità di comportamento del medico di fronte a un malato terminale, colloca la modalità con cui si è conclusa la vicenda Welby in quella da lui definita del ‘lasciare morire’, intesa come «l’abbandono delle terapie sproporzionate o comunque inutili …» (p. 187).
Un ultimo non irrilevante rilievo, che preme fare con riferimento ai possibili esiti sul piano giuridico del dibattito intorno alla legge sul testamento biologico, riguarda il costante riferimento, da parte di entrambi i protagonisti del dialogo, tuttavia, con una maggiore insistenza da parte di Veronesi, ai riferimenti costituzionali in materia di tutela della salute e di salvaguardia del principio di autodeterminazione individuale, in particolare all’articolo 32 (ad es. p. 33). 
Nella prospettiva proposta, e condivisa in generale all’interno della bioetica laica, la Costituzione rappresenta,  nel momento della traduzione delle scelte politiche in strumenti normativi vincolanti per tutti i consociati, un faro che illumina la strada percorribile per consentire alla diverse visioni morali di coesistere in una società pluralista.
Il volume in oggetto rappresenta, pertanto, un buon esempio di tentativo di dialogo tra esponenti di correnti etiche diverse alla ricerca di confronto schietto, lontano dalle logiche propagandistiche e populiste che spesso interessano il dibattito pubblico italiano su questi temi.


Indice                 

Prefazione
1.Una legge assurda da evitare
2. L’attuale predominio della mentalità scientistico-tecnicistica
3. La morte e il suo vero significato oggi smarrito
4. Il grande mistero della salute
5. Il medico e la medicina
6. Il caso Welby e il suo significato
7. Il caso di Eluana e il suo significato
8. Curare l’anima per curare il corpo
9. Il mestiere del vivere e la difficile arte della vita
Appendice
Sfamare gli affamati. Una proposta di Umberto Veronesi per l’EXPO 2015 di Milano

9 commenti:

MAURO PASTORE ha detto...

Prima di questa discussione emblematica di G. Reale ed U. Veronesi, tra cultura, politica, filosofia, scienza, tecniche, e di altri confronti uguali o analoghi, era già accaduto esito notevole in stessa questione:

Data assenza, oggettivamente notabile, di principi normativi facilmente o direttamente utilizzabili non solo usufruibili per la vita di moribondi e morenti specialmente infermi o malati, date richieste insistenti di cittadinanza interessata e sollecitazione da istituzioni europee di questi casi competenti, era da pensare eventuale provvedimento legislativo realmente necessario quale precisazione e guida. Senonché parti richiedenti ignorando quanto già esistente ed utilizzabile per scopo stesso, davano alla questione improprio ordine di necessità e non ricevendo assenso ne aggiungevano più impropriamente. Altre parti richiedevano specificazioni normative in fatto di eutanasia, in apparenza accettabili ma in verità di competenza unica possibile dei servizi funerari e cimiteriali, potendosi stabilire a priori solo morte in certezza preventiva di condizioni degne per la salma, nonostante falsa retorica facesse sembrare altrimenti e restando tali illusioni smentite anche per vasta opinione pubblica solo a confronto con quegli impropri ordini di necessità; altra parte ancora richiedendo specificazioni in eccesso si poneva fuori da fattibilità perché ponendo problemi di carattere contingente, non riferibili generalmente e neanche del tutto genericamente ed era sostenuta da ambienti sanitari con motivazioni formalmente non adatte a stessi sostenuti ma per contenuti effettivi direttamente relazionate, dunque restando interdetta e smentita con difficoltà ed anche per impegno di opposto volontariato, mentre quello a tali richieste concorde incorreva in diffida ed altro di conseguente senza poter bloccare il dibattito politico per richiedere interventi speciali dallo Stato. Da questo ultimo giunse poi impegno parlamentare ad affrontare la questione e a risolverla od a risolverne caso; ma questa ultima opzione risultava impraticabile eppure non per ragioni dei richiedenti quanto per non ragioni di costoro! Allora questa era la alternativa: intervento giudiziario in altre Istituzioni competenti, oppure atti parlamentari adeguati ad evitarne; e questa ultima fu la soluzione raggiunta, con approvazione specifica normativa su contrarietà ad accanimento terapeutico. Decisiva fu l'azione del centro parlamentare in particolare dei cristiani di specifico partito, non erede della Democrazia Cristiana ma con certo retaggio diretto da essa. Perché accadde da questo potere? Perché la Democrazia Cristiana (siglata D.C.) aveva perduto credito presso gli elettori soprattutto a motivo del rischio di essere colonizzata dalla gerarchia clericale cattolica e vaticana e dunque non a causa di stessi ampi processi per corruzione ai capi D.C. si era formato parallelamente partito cristiano, basato su movimento politico-religioso assolutamente scevro da conflittualità tra laici e laicato e clericali e clero.
...

MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

MAURO PASTORE :...

Di fatto la nozione di laicato è religiosa od areligiosa ma non irreligiosa e il diverbio tra laici e cattolici appartiene ad antiquata soprassata dunque contraddittoria cultura clericale, filoclericale, vaticana, filovaticana da un lato, dall'altro ateista militante, culturalista non culturale religiosa. I poteri del cristianesimo impegnato in politica hanno potuto protrarsi a prescindere da questa seconda dualità inautentica di dipendenze penose a fronte di compromessi intolleranti, ma tale dualità ha continuato ad esistere mossa da restanti interessi vaticani e da restante egualitarismo ateo ed ha anche mosso vasti dibattiti ed opinioni, fino a tempi odierni. Ma altro nel frattempo è accaduto, difatti piuttosto recentemente furono non rigettate però neppure accolte le istanze per normativizzare i testamenti biologici ispirate da frange oscurantiste e frange scientiste nella cultura e con interessamento in politica, senza l'esito che sarebbe stato esizio perché si trattava di proposte particolaristiche senza universalità minima di applicazione, tanto che tutto quanto prodotto da esse fu catalogato, ricondotto a burocratica relatività parziale ed inserito in riferimento aggiunto, uno tra i tanti, a legislazione in realtà... i m m o d i f i c a t a!
Il fallimento dei promotori della chimerica disastrosa rivoluzione — che avrebbe comportato principio di dissoluzione di Stato in azioni inconsistenti e pregiudicanti perché fuori da còmpito delle leggi, in quanto queste devono essere utili a qualcosa non comporre cronache di suicidi o mancanze, che fosser pure non colpevoli restano materia inadeguata per legge — è assai intellegibile in questo confronto di Veronesi e Reale, ove le reciproche antinomie ed al contempo parallelità in entrambi sono una evidente aporeticità di affermazione che fa da scopo a stesso confronto emblematico, scopo che costituisce stesso fine nella politica di costruire una concomitanza legislativa destituente istituzionalità normativa utile già esistente sostenendone un doppione che introdurrebbe una esclusione di casi con conseguenze antidemocratiche e totalitarie o direttamente distruttive contro Repubblica democratica italiana. Non è andata così perché quanto stabilito in Parlamento su testamento biologico non fu recepito da Istituzioni ma solo non negato e tale azione istituzionale ratificata con effetto positivo sulle leggi. Vero è che risulta esserci stato in Parlamento anche il potere dei cosiddetti "franchi tiratori", cioè di deputati e senatori che intendevano proprio creare condizioni del rifiuto istituzionale con ratifica. Ma non era una fatalità e una totalità di intenti! Tanto divergere di azioni non atti ha coinciso con una condizione di legittimità elettiva non intrinseca ovvero dipendente da responsabili scelte di elettorato alle prese con sistema elettorale non garantivo, ovvero costituzionalmente non utilizzabile solo usufruibile per eccezione. Vero è che tale eccezione e precarietà poteva avere alternativa meno travagliosa, dunque resta che la attuale democrazia in Italia verte non su uno Stato etico ma su una etica dello Stato e della Cittadinanza, per affermazioni di valori che muovono le Istituzioni anche in àmbiti prima inerti o pressoché con appoggi democratici ugualmente nuovi: comunicazioni dei cittadini e domande di giudici hanno fatto da guida e non è dittatuta militare solo perché tutti i poteri democratici agiscono o lo possono con effettiva determinatezza, ciò valendo anche per solo esercito compreso e pure per sola competenza intellettuale non esclusa.

...

MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

MAURO PASTORE :...

La filosofia in tutto questo trova modo di agire in politica con forza diretta e presenza prima non esistenti; ma si comprende bene dai fatti che la reazione della intelligenza politica che riesce a trovare progressi accade mentre una gravissima crisi variamente articolata accade nel Paese non dal Paese, restando pure univoco determinare l'esigenza della reazione, cioè ecologica, esistendo anche una ecologia dei rapporti umani per cui lottare.
Confronti di basso profilo come questo recensito da S. Salardi ormai non sono più una evidenza utile perché quel che si è fatto per far convergere azioni insavie entro comunicabilità non distruttiva è stato un passo ma ora altra via esiste necessaria.

MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

Nel penultimo messaggio

'soprassata'

sta per: sorpassata.

Sono spiacente di aver dovuto correggere ma Internet è un sistema di acquisizione dati non una libreria e l'errore è dipeso da tedi (finanche la lobby della caccia mi ha fatto dispetti con le noie di bestie da essa ingiustamente ingannate) tanto insistenti che sarebbe stato insavio maggior impegno.
Reinvierò messaggio corretto ed il seguente, per agio di lettura.

MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

MAURO PASTORE :...

Di fatto la nozione di laicato è religiosa od areligiosa ma non irreligiosa e il diverbio tra laici e cattolici appartiene ad antiquata sorpassata dunque contraddittoria cultura clericale, filoclericale, vaticana, filovaticana da un lato, dall'altro ateista militante, culturalista non culturale religiosa. I poteri del cristianesimo impegnato in politica hanno potuto protrarsi a prescindere da questa seconda dualità inautentica di dipendenze penose a fronte di compromessi intolleranti, ma tale dualità ha continuato ad esistere mossa da restanti interessi vaticani e da restante egualitarismo ateo ed ha anche mosso vasti dibattiti ed opinioni, fino a tempi odierni. Ma altro nel frattempo è accaduto, difatti piuttosto recentemente furono non rigettate però neppure accolte le istanze per normativizzare i testamenti biologici ispirate da frange oscurantiste e frange scientiste nella cultura e con interessamento in politica, senza l'esito che sarebbe stato esizio perché si trattava di proposte particolaristiche senza universalità minima di applicazione, tanto che tutto quanto prodotto da esse fu catalogato, ricondotto a burocratica relatività parziale ed inserito in riferimento aggiunto, uno tra i tanti, a legislazione in realtà... i m m o d i f i c a t a!
Il fallimento dei promotori della chimerica disastrosa rivoluzione — che avrebbe comportato principio di dissoluzione di Stato in azioni inconsistenti e pregiudicanti perché fuori da còmpito delle leggi, in quanto queste devono essere utili a qualcosa non comporre cronache di suicidi o mancanze, che fosser pure non colpevoli restano materia inadeguata per legge — è assai intellegibile in questo confronto di Veronesi e Reale, ove le reciproche antinomie ed al contempo parallelità in entrambi sono una evidente aporeticità di affermazione che fa da scopo a stesso confronto emblematico, scopo che costituisce stesso fine nella politica di costruire una concomitanza legislativa destituente istituzionalità normativa utile già esistente sostenendone un doppione che introdurrebbe una esclusione di casi con conseguenze antidemocratiche e totalitarie o direttamente distruttive contro Repubblica democratica italiana. Non è andata così perché quanto stabilito in Parlamento su testamento biologico non fu recepito da Istituzioni ma solo non negato e tale azione istituzionale ratificata con effetto positivo sulle leggi. Vero è che risulta esserci stato in Parlamento anche il potere dei cosiddetti "franchi tiratori", cioè di deputati e senatori che intendevano proprio creare condizioni del rifiuto istituzionale con ratifica. Ma non era una fatalità e una totalità di intenti! Tanto divergere di azioni non atti ha coinciso con una condizione di legittimità elettiva non intrinseca ovvero dipendente da responsabili scelte di elettorato alle prese con sistema elettorale non garantivo, ovvero costituzionalmente non utilizzabile solo usufruibile per eccezione. Vero è che tale eccezione e precarietà poteva avere alternativa meno travagliosa, dunque resta che la attuale democrazia in Italia verte non su uno Stato etico ma su una etica dello Stato e della Cittadinanza, per affermazioni di valori che muovono le Istituzioni anche in àmbiti prima inerti o pressoché con appoggi democratici ugualmente nuovi: comunicazioni dei cittadini e domande di giudici hanno fatto da guida e non è dittatuta militare solo perché tutti i poteri democratici agiscono o lo possono con effettiva determinatezza, ciò valendo anche per solo esercito compreso e pure per sola competenza intellettuale non esclusa.

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MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

MAURO PASTORE :...

La filosofia in tutto questo trova modo di agire in politica con forza diretta e presenza prima non esistenti; ma si comprende bene dai fatti che la reazione della intelligenza politica che riesce a trovare progressi accade mentre una gravissima crisi variamente articolata accade nel Paese non dal Paese, restando pure univoco determinare l'esigenza della reazione, cioè ecologica, esistendo anche una ecologia dei rapporti umani per cui lottare.
Confronti di basso profilo come questo recensito da S. Salardi ormai non sono più una evidenza utile perché quel che si è fatto per far convergere azioni insavie entro comunicabilità non distruttiva è stato un passo ma ora altra via esiste necessaria.

MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

Nel terzultimo e penultimo messaggio

'dittatuta'

sta per: dittatura.

Sono spiacente di aver dovuto correggere ma Internet è un sistema di acquisizione dati non una libreria e l'errore è dipeso da tedi (finanche la lobby della caccia mi ha fatto dispetti con le noie di bestie da essa ingiustamente ingannate) tanto insistenti che sarebbe stato insavio maggior impegno.
Reinvierò messaggio corretto ed il seguente, per agio di lettura.

MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

MAURO PASTORE :...

Di fatto la nozione di laicato è religiosa od areligiosa ma non irreligiosa e il diverbio tra laici e cattolici appartiene ad antiquata sorpassata dunque contraddittoria cultura clericale, filoclericale, vaticana, filovaticana da un lato, dall'altro ateista militante, culturalista non culturale religiosa. I poteri del cristianesimo impegnato in politica hanno potuto protrarsi a prescindere da questa seconda dualità inautentica di dipendenze penose a fronte di compromessi intolleranti, ma tale dualità ha continuato ad esistere mossa da restanti interessi vaticani e da restante egualitarismo ateo ed ha anche mosso vasti dibattiti ed opinioni, fino a tempi odierni. Ma altro nel frattempo è accaduto, difatti piuttosto recentemente furono non rigettate però neppure accolte le istanze per normativizzare i testamenti biologici ispirate da frange oscurantiste e frange scientiste nella cultura e con interessamento in politica, senza l'esito che sarebbe stato esizio perché si trattava di proposte particolaristiche senza universalità minima di applicazione, tanto che tutto quanto prodotto da esse fu catalogato, ricondotto a burocratica relatività parziale ed inserito in riferimento aggiunto, uno tra i tanti, a legislazione in realtà... i m m o d i f i c a t a!
Il fallimento dei promotori della chimerica disastrosa rivoluzione — che avrebbe comportato principio di dissoluzione di Stato in azioni inconsistenti e pregiudicanti perché fuori da còmpito delle leggi, in quanto queste devono essere utili a qualcosa non comporre cronache di suicidi o mancanze, che fosser pure non colpevoli restano materia inadeguata per legge — è assai intellegibile in questo confronto di Veronesi e Reale, ove le reciproche antinomie ed al contempo parallelità in entrambi sono una evidente aporeticità di affermazione che fa da scopo a stesso confronto emblematico, scopo che costituisce stesso fine nella politica di costruire una concomitanza legislativa destituente istituzionalità normativa utile già esistente sostenendone un doppione che introdurrebbe una esclusione di casi con conseguenze antidemocratiche e totalitarie o direttamente distruttive contro Repubblica democratica italiana. Non è andata così perché quanto stabilito in Parlamento su testamento biologico non fu recepito da Istituzioni ma solo non negato e tale azione istituzionale ratificata con effetto positivo sulle leggi. Vero è che risulta esserci stato in Parlamento anche il potere dei cosiddetti "franchi tiratori", cioè di deputati e senatori che intendevano proprio creare condizioni del rifiuto istituzionale con ratifica. Ma non era una fatalità e una totalità di intenti! Tanto divergere di azioni non atti ha coinciso con una condizione di legittimità elettiva non intrinseca ovvero dipendente da responsabili scelte di elettorato alle prese con sistema elettorale non garantivo, ovvero costituzionalmente non utilizzabile solo usufruibile per eccezione. Vero è che tale eccezione e precarietà poteva avere alternativa meno travagliosa, dunque resta che la attuale democrazia in Italia verte non su uno Stato etico ma su una etica dello Stato e della Cittadinanza, per affermazioni di valori che muovono le Istituzioni anche in àmbiti prima inerti o pressoché con appoggi democratici ugualmente nuovi: comunicazioni dei cittadini e domande di giudici hanno fatto da guida e non è dittatura militare solo perché tutti i poteri democratici agiscono o lo possono con effettiva determinatezza, ciò valendo anche per solo esercito compreso e pure per sola competenza intellettuale non esclusa.

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MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

MAURO PASTORE :...

La filosofia in tutto questo trova modo di agire in politica con forza diretta e presenza prima non esistenti; ma si comprende bene dai fatti che la reazione della intelligenza politica che riesce a trovare progressi accade mentre una gravissima crisi variamente articolata accade nel Paese non dal Paese, restando pure univoco determinare l'esigenza della reazione, cioè ecologica, esistendo anche una ecologia dei rapporti umani per cui lottare.
Confronti di basso profilo come questo recensito da S. Salardi ormai non sono più una evidenza utile perché quel che si è fatto per far convergere azioni insavie entro comunicabilità non distruttiva è stato un passo ma ora altra via esiste necessaria.

MAURO PASTORE