venerdì 7 marzo 2014

Bucci, Paolo, La Crisi delle scienze europee di Husserl

Roma, Carocci, 2013, pp. 207, euro 21,50, ISBN 9788843069170.

Recensione di Daniela Bandiera - 01/09/2013

È recentemente uscito per la casa editrice Carocci un volume con il quale Paolo Bucci si propone di portare a termine un compito davvero non semplice, e cioè quello offrire una guida alla lettura della Crisi delle scienze europee di Edmund Husserl, testo che per ricchezza e complessità dei motivi ispiratori, per importanza nella ricezione e diffusione del pensiero husserliano viene giustamente considerato da Bucci come un vero e proprio “classico” della filosofia del Novecento. Aspetto particolarmente interessante 

del volume, pensato esplicitamente per chi ancora non ha molta familiarità con la fenomenologia husserliana, è che l’autore non si propone solo di guidare il lettore attraverso la trama dell’ultima opera husserliana, ma anche di delineare alcuni dei temi centrali dell’intera fenomenologia husserliana: la Crisi, interpretata come ultima e più ampia presentazione del pensiero husserliano, diviene un percorso di introduzione all’intera fenomenologia husserliana.
Quest’aspetto si comprende chiaramente sin dalla lettura del primo capitolo, un’introduzione ai motivi centrali della Crisi proposta da Bucci prima di passare alla vera e propria analisi puntuale del testo husserliano. In questo primo capitolo Bucci cerca di delineare i punti di contatto e quelli di distacco tra i temi della Crisi, il cui nucleo essenziale è formato dalle conferenze tenute da Husserl a Vienna e a Praga nel 1935, e quelli sviluppati dal padre della fenomenologia nelle sue precedenti opere, mettendo in luce una certa continuità nel pensiero husserliano, continuità che permette di mostrare come vi siano alcuni motivi fondamentali che, pur essendosi ampiamente trasformati, non sono mai venuti meno nella riflessione di Husserl; un esempio è l’attenzione per il tema della storia: se la Crisi può ben essere considerata come la definitiva apertura husserliana al problema della comprensione della storicità, ciò non significa affatto che lo Husserl pre-Crisi fosse del tutto insensibile ai temi della storicità, anzi, la riflessione husserliana di Per la fenomenologia della coscienza interna del tempo (il cui nucleo essenziale risale addirittura alle lezioni tenute da Husserl a Gottinga nel 1904-1905) sulla temporalità immanente dei vissuti, sul nesso tra temporalità e intenzionalità, è da intendere come la premessa che condurrà alla comprensione di una fenomenologia della storia e alla definizione di una teleologia storica. Bucci sottolinea in sintesi che, da un punto di vista strettamente fenomenologico, la Crisi può essere interpretata come una vera e propria ripresa di tutto il bagaglio concettuale presente nella precedente riflessione husserliana, bagaglio che ora trova ulteriore arricchimento in nuovi ambiti tematici, come la fenomenologia della Lebenswelt o “mondo della vita”, nella quale si può individuare il contenuto specificatamente fenomenologico della Crisi. Una piena continuità nella riflessione husserliana si coglie soprattutto se con Bucci si segue un livello d’analisi meta-fenomenologico e si coglie la Crisi come “una riflessione generale sulle ragioni della crisi della razionalità occidentale europea” (p. 9) che “nel contempo, offre una possibile via d’uscita da quella stessa crisi, attraverso l’indicazione di un nuovo ideale di ratio filosofica, che coincide alla fine con la stessa fenomenologia” (p. 9); infatti attraverso questa particolare prospettiva si può cogliere come nella Crisi si condensi l’estremo tentativo husserliano di ribadire la piena legittimità, la valenza filosofico-generale della fenomenologia trascendentale, intesa come punto d’arrivo dell’ideale husserliano di una “scienza rigorosa”, come tentativo di chiarire la particolare scientificità della fenomenologia in un serrato confronto con quelli che sono considerati esempi di filosofia irrazionalistica (Heidegger, Spengler) da una parte, e con la psicologia scientifica dall’altra. Ciò che è in discussione nella Crisi, come sottolinea Bucci, non è dunque affatto l’abbandono della prospettiva trascendentale, ma la possibilità che quest’ultima possa rimodularsi in senso genetico-processuale e aprirsi al “mondo della vita”.
Con il secondo capitolo Bucci comincia l’analisi vera e propria del testo della Crisi, la cui prima parte è dedicata al compito di chiarire il significato dell’espressione “crisi delle scienze”. Lo scopo di Husserl, come giustamente sottolinea Bucci, non è infatti quello di discutere i risultati conseguiti dalle scienze, ma semmai quello di problematizzarne il significato filosofico generale, criticando un’immagine della scienza di derivazione positivistica, in base alla quale la scienza si limita esclusivamente a uno studio oggettivo dei fatti e non riesce a dire più nulla circa il senso e i valori che orientano le scelte umane; parlare di “crisi delle scienze” non significa allora metterne in dubbio lo statuto epistemologico, ma “riferirsi alle conseguenze negative che sul destino dell’uomo, inteso come soggetto libero ed eticamente responsabile, sta avendo la separazione tra fatti e valori […]” (p. 44). Questa crisi non rappresenta però per Husserl un destino ineluttabile, bensì il risultato di un processo storico, del quale si possono comprendere le cause e che può essere modificato: la crisi non è crisi della ragione in quanto tale, ma solo della sua particolare forma naturalistico-oggettivistico. Bisogna allora porsi, secondo la prospettiva husserliana, il compito di “storicizzare” la crisi attraverso un’analisi della storia della filosofia e la delineazione di una teleologia storica, il cui punto di partenza, e fonte originaria dell’Europa spirituale, è individuata nella nascita della filosofia in Grecia, filosofia che si caratterizzava al tempo sia come ratio che come guida universale della prassi; proprio la crisi di questo ideale filosofico avrebbe condotto per Husserl all’attuale crisi delle scienze, al venir meno del legame organico tra scienze e filosofia, riducendo le scienze a mere scienze di fatto ed eliminando la vocazione della filosofia ad essere prassi universale. In linea con il compito di questa teleologia storica, la seconda parte della Crisi vuole rendere conto della genesi dell’oggettivismo scientifico, soffermandosi con particolare attenzione sulla filosofia moderna, momento in cui si manifesta la maggior tensione tra oggettivismo, inteso come qualsiasi approccio che consideri un determinato universo di oggetti come già dato e valido in sé, e trascendentalismo, che intende invece “risalire alle condizioni soggettive che sono all’origine della costituzione degli oggetti” (p. 53). Il “vero” trascendentalismo si svilupperà solo con la fenomenologia, ma già nella filosofia moderna appaiono, con Cartesio e Kant, forme non pienamente realizzate di trascendentalismo, le quali si contrappongono all’oggettivismo che si manifesta invece con la nascita della scienza moderna e l’affermarsi della nuova scienza galileiana della natura e di quella matematizzazione della natura che condurrà alla “fatale” separazione tra “mondo della scienza” e “mondo della vita”. L’“ingenuità” di Galileo, come chiarisce Bucci, sarebbe stata quella di non essersi interrogato sulle operazioni che rendono possibile il passaggio dal mondo dell’esperienza pre-scientifica a quello delle idealità scientifiche e proprio “l’assenza di una riflessione filosofica sulla genesi della scienza a partire dal proprio fondamento nel “mondo della vita” ha condotto a quella separazione dell’immagine scientifica del mondo che, a giudizio di Husserl, costituisce la ragione fondamentale della crisi del sapere scientifico contemporaneo” (p. 64). Compito primario della fenomenologia sarà allora proprio quello di ricostruire il legame che le formazioni di senso di una specifica disciplina, come ad esempio la geometria, hanno con le evidenze originarie del mondo della vita e inoltre anche quello di riflettere su alcune conseguenze problematiche derivate dall’affermazione della scienza galileiana, come la rigorosa suddivisione del mondo in ciò che è fisico e ciò che è psichico, che ha condotto a una concezione dualistica del rapporto mente-corpo, e l’assunzione delle discipline fisico-matematiche come unico modello di scientificità, che ha spinto la stessa filosofia a perseguire l’ideale di una razionalità more geometrico.
Il terzo capitolo analizza l’abbozzo di Prefazione alla terza parte della Crisi, dove Husserl prende in esame il tema, in realtà già anticipato nella seconda parte, del rapporto tra fenomenologia trascendentale e storia della filosofia. Husserl mette in luce l’importanza e i limiti della “scoperta” cartesiana dell’ego cogito e non trascura di riconoscere ampi meriti alla filosofia di Hume, avvicinatasi all’interrogativo fondamentale di una ricerca autenticamente trascendentale; il padre della fenomenologia polemizza inoltre contro una concezione ermeneutica della filosofia, così come con le posizioni di Heidegger e Scheler, considerate veri e propri fraintendimenti della fenomenologia trascendentale. Il vero e proprio bersaglio polemico di Husserl, come sottolinea Bucci, è però la filosofia kantiana, che assume un ruolo strategico nella definizione della sezione A della terza parte della Crisi, nella quale il tema del “mondo della vita”, vera e propria nuova via d’accesso alla fenomenologia trascendentale, viene introdotto proprio attraverso il confronto con la filosofia critica kantiana. Husserl rivolge a Kant due fondamentali obiezioni. La prima è di carattere contenutistico e imputa a Kant la mancata analisi trascendentale di quel tema del “mondo della vita” che è invece scopo principale della fenomenologia sviluppare: Kant avrebbe sviluppato una teoria trascendentale della scienza della natura, ma non una teoria trascendentale della conoscenza, poiché la sua analisi sarebbe priva di una riflessione genetico-trascendentale delle formazioni di senso. Ma cosa si intende con “mondo della vita”? Bucci delinea in modo chiaro le linee essenziali di un tema così complesso e ricco, mettendo in luce schematicamente le diverse possibili sfumature di significato alle quali il “mondo della vita” rinvia e sottolineando come esso sia prima di tutto da intendere come il mondo delle nostre esperienze quotidiane, individuali e intersoggettive, legate in primis alla nostra esperienza percettiva del mondo, al rapporto che noi istituiamo con il mondo attraverso le cinestesi del nostro corpo vivo (Leib). La seconda obiezione che Husserl rivolge a Kant è di carattere metodologico e viene a definire la differenza tra trascendentalismo fenomenologico e critico sulla base della differenza tra “intuizione” e “costruzione”: a partire dalla “riaffermazione del carattere intuitivo del metodo fenomenologico Husserl pone in rilievo l’insufficienza metodologica dell’indagine kantiana, nella quale manca un’autentica spiegazione genetico-trascendentale dei processi di costituzione del mondo dell’esperienza ordinaria” (p. 106). Attraverso la contrapposizione con la filosofia kantiana, Husserl afferma quindi la necessità di considerare il “mondo della vita” come un ambito d’indagine con una propria autonomia teorica, da esaminarsi attraverso una metodologia specifica; in particolare la definizione di una “scienza del mondo della vita” richiederà un requisito contenutistico, l’esplicitazione delle strutture apriori del “mondo della vita”, così come un doppio requisito metodologico, e cioè una doppia epochè: in primis l’epochè delle acquisizioni delle scienze positive e inoltre l’epochè trascendentale, nella quale viene attuata una sospensione del nostro atteggiamento naturale nei confronti del “mondo della vita”, rendendo il principale oggetto d’analisi non più il “mondo della vita” in sé nella sua struttura ontologica, ma la relazione tra il “mondo della vita” e la soggettività con le sue peculiari operazioni costitutive.
Il quarto capitolo prende invece in considerazione la sezione B della terza parte della Crisi, il cui motivo conduttore è quello della psicologia, dello statuto scientifico di quest’ultima e del suo rapporto con la fenomenologia. Prima di passare ad un’analisi diretta del testo della Crisi, Bucci ricostruisce brevemente la storia dei rapporti tra psicologia e fenomenologia, mostrando come Husserl si sia impegnato, fin dalle Ricerche Logiche, nel confronto con la psicologia e nella differenziazione della fenomenologia da quest’ultima. Bucci nota anche come, nella storia di questo rapporto, abbia assunto un peso sempre maggiore la possibilità di una funzione propedeutica della psicologia fenomenologica per la comprensione della fenomenologia trascendentale e ciò essenzialmente per due motivi: in primo luogo, essendo la questione trascendentale concepita “non come problema epistemologico delle validità, ma come problema della costituzione del senso possibile dell’essere del mondo, tale questione può e deve essere preparata da un’analisi psicologico-fenomenologica delle strutture intenzionali della coscienza” (p. 130), nella quale si attua quella immanentizzazione dell’analisi gnoseologica tipica dell’approccio fenomenologico; in secondo luogo, è proprio nella discussione sul rapporto tra psicologia fenomenologica e fenomenologia trascendentale che Husserl può trovare il terreno più fertile per delineare i caratteri peculiari dell’esperienza trascendentale, chiarendo come la distinzione tra soggettività psicologica e trascendentale non sia affatto di tipo fisico o metafisico, ma di tipo metodologico, in quanto “il soggetto trascendentale non è in alcun senso una diversa realtà rispetto al soggetto psicologico, ma è il risultato della ridefinizione del significato della soggettività psicologica, ridefinizione che si ottiene operando la riduzione trascendentale” (p. 132). Husserl precisa però che la psicologia potrà proporsi come via d’accesso alla fenomenologia trascendentale solo a condizione di un profondo ripensamento sia della sua metodologia che del suo ambito d’indagine; infatti al carattere dualistico e fisicalistico della psicologia contemporanea, Husserl oppone un’ontologia dello psichico caratterizzata dalla a-spazialità e dall’assenza di relazioni causali in senso stretto. La psicologia deve subire una radicale riforma, riforma che può avvenire nel momento in cui si prenda atto del fatto che la psicologia, come ogni altra scienza obiettiva, si è formata attraverso un processo di idealizzazione, il quale ha sovrapposto all’esperienza ordinaria delle costruzioni teoriche; riforma della psicologia significherà allora attuare un’epochè della psicologia scientifica e dei suoi presupposti metafisici, per tornare al terreno dell’esperienza pre-scientifica del “mondo della vita” e comprendere che il livello naturale-empirico della psicologia non può che presupporre il livello della psicologia pura trascendentale. È a questo punto che Husserl giunge allora alla definizione della psicologia fenomenologica, intesa come studio dell’anima nel senso dell’insieme della vita intenzionale che lega individuo e mondo e che, quindi, comprende anche il complesso degli oggetti costituitisi attraverso gli atti intenzionali stessi; al centro di questa psicologia fenomenologica troviamo la persona intesa come tutto unitario, concetto che rinvia a quello che Bucci definisce il “monismo ontologico” husserliano, nel quale mente e corpo non sono affatto sostanze separate, ma momenti o aspetti di un individuo unitario.
Il quinto capitolo si propone di fornire al lettore una panoramica dei pensatori della seconda metà del Novecento particolarmente influenzati dalla Crisi, portando l’attenzione sul fatto che l’ultima opera husserliana ebbe influenza su intellettuali anche molto distanti dal movimento fenomenologico. Bucci parte innanzitutto da Landgrebe e Fink, assistenti privati di Husserl  e, quindi, a contatto diretto con le riflessioni del padre della fenomenologia, ma prende in considerazione anche Patočka, filosofo ceco che, attraverso la mediazione di Fink e Heidegger, reinterpretò in modo personale un concetto chiave della Crisi come quello di “mondo”. Viene inoltre analizzata l’influenza della Crisi su importanti esponenti della sociologia novecentesca come Schütz e Habermas e sulla cultura filosofica italiana del secondo dopoguerra, con particolare attenzione all’interpretazione della fenomenologia di Enzo Paci. Infine sono presi in considerazione le influenze dell’ultima opera husserliana su due dei massimi esponenti della cultura filosofica francese del Novecento: Merleau-Ponty e Derrida.
Un volume introduttivo chiaro e ben costruito, consigliato per chi è alla ricerca di un punto d’accesso allo sconfinato mare della fenomenologia, sempre ricordando però che lo scopo di un simile volume non vuole - credo - e non può essere quello di sostituirsi alla lettura diretta della Crisi stessa, che, a ragione considerata uno dei classici e dei capolavori della filosofia del Novecento, merita di sicuro un’attenta e paziente lettura diretta.


Indice

1. Introduzione
   1. La Crisi e l’evoluzione del pensiero husserliano
   2. La genesi e il contesto dell’opera
   3. L’idea husserliana di «filosofia come scienza rigorosa» e la polemica antipositivistica
   4. Il confronto con Heidegger
   5. La Crisi e il mito spengleriano del «tramonto dell’Occidente»
   6. Fenomenologia e critica della psicologia
   7. La Crisi come «libro immaginario». I motivi ispiratori dell’opera
   8. La teleologia storica della Crisi e l’analisi intenzionale della storicità

1. Crisi delle scienze e crisi dell’umanità europea. La comprensione fenomenologica della modernità
   1. In che senso è possibile parlare di una crisi delle scienze?
   2. La filosofia e la «forma spirituale dell’Europa»
   3. Crisi della filosofia e crisi delle scienze
   4. La fenomenologia e la filosofia moderna
   5. Motivi ispiratori e fonti della interpretazione husserliana di Galileo e della rivoluzione scientifica
   6. La scienza della natura galileiana e il mondo della vita
   7. Fenomenologia dei processi di idealizzazione: il problema dell’ «origine della geometria»
   8. La storia fenomenologica della gnoseologia moderna
   9. Le scienze naturali e la psicologia
   10. Il cogito cartesiano e l’intenzionalità
   11. La filosofia postcartesiana fra empirismo e razionalismo
   12. La fenomenologia e il «cartesianesimo»

1. La fenomenologia trascendentale e il mondo della vita
   1. La Prefazione al seguito della Crisi
   2. Il mondo della vita e i limiti del trascendentalismo kantiano
   3. Il problema di una scienza del mondo della vita
   4. Mondo della vita ed epoché trascendentale
   5. La costituzione trascendentale del mondo
   6. L’ego trascendentale e il paradosso della soggettività

1. La fenomenologia trascendentale e la fenomenologia
   1. Soggettività psicologica e soggettività trascendentale
   2. La «fatale separazione» tra filosofia e psicologia e la crisi della filosofia trascendentale
   3. La critica della psicologia naturalistica
   4. Psicologia e mondo della vita
   5. L’epoché fenomenologico-psicologica e la fondazione della psicologia
   6. L’epoché e la vita intenzionale intersoggettiva 
   7. Psicologia trascendentale e fenomenologia trascendentale
   8. Filosofia, scienza e storicità
   9. Storicità e mondo della vita

1. La fortuna dell’opera
   1. La Crisi e il movimento fenomenologico
   2. Mondo delle scienze e mondo della vita in Patočka
   3. Interpretazioni sociologiche della Lebenswelt husserliana: Schütz e Habermas
   4. La Crisi e la cultura filosofica italiana del secondo dopoguerra 
   5. La Crisi e la cultura filosofica francese: Merleau-Ponty e Derrida

Cronologia della vita e delle opere

Riferimenti bibliografici

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