lunedì 9 giugno 2014

Giansenio, Cornelio, Il prisma della natura umana. Giansenio interprete di Agostino

A cura di Giovanna D’Aniello, Prefazione di D. Zardin, Bari, Edizioni di Pagina, 2012, pp. 484, euro 22, ISBN 978-88-7470-234-3.

Recensione di Giovanni Basile - 29/11/2013

Quando ci si trova dinanzi a un testo imponente, e monumentale, come l’Augustinus, seu doctrina Sancti Augustini de humanae naturae sanitate (da ora in poi Augustinus) di Cornelio Giansenio (1585-1638), l’impressione che ha il lettore, sia esso un esperto o meno, è quella di sentirsi “come un nano sulle spalle dei giganti”.
L’opera, pubblicata due anni dopo la morte dell'autore (1640), è uno scritto polemico di argomento teologico, che ha come suo nodo centrale la trattazione della questione del

rapporto tra la grazia e il libero arbitrio. Lasciandosi trasportare sulle “spalle di quel gigante” della teologia che fu Agostino di Ippona, Giansenio ricercherà una soluzione attorno all’annosa questione poco sopra esposta. Il Nostro, utilizzando quello che noi oggi potremmo definire un “anacronismo necessario”, si servirà principalmente degli scritti che Agostino, già apostrofato come Dottore della Grazia (p.90-91), indirizzò contro il monaco Pelagio. Ripercorrendo le tappe della lotta contro l’eresia pelagiana (la quale rigettava il dogma del peccato originale affermando la totale libertà della volontà umana) il Nostro impiegherà le soluzioni agostiniane come punto di contatto, e di forza, per contrastare le moderne dottrine sulla grazia, prima fra tutte, quella presentata dal gesuita Luis De Molina (1535-1600) che sembrerebbe essere tanto vicina alle posizioni pelagiane. Giovanna D’Aniello, curatrice di questa edizione, propone oggi alle stampe italiane (e per la prima volta) una parte di questa monumentale opera di Giansenio, soffermandosi, in particolar modo, su alcuni capitoli del II Tomo. Tale scelta, prende il via dall’esigenza della curatrice di voler catapultare il lettore, propriamente al cuore del pensiero filosofico e teologico di Giansenio, lasciando, chiunque leggerà queste pagine, a un confronto diretto con l’arguzia espositiva, che il Nostro, rivolge verso la confutazione dell’idea di natura pura (p.51).
La struttura generale dell’opera, come ricorda la stessa D’Aniello nella sua curata e approfondita Introduzione (pp.17-50), è così divisa: il primo tomo, espone e confuta l’eresia pelagiana; il secondo, (quello riproposto qui dalla D’Aniello) si occupa dello status naturae lapsae e dello status naturae purae, interrogandosi sulla condizione del primo uomo e degli angeli; il terzo tomo, infine, esplicita la dottrina giansenista sulla grazia e sulla predestinazione, occupandosi in modo dettagliato delle diverse forme della grazia e del libero arbitrio (p.28-29), concludendosi poi con una critica rivolta alla scuola molinista. L’intero testo dell’Augustinus, pur riprendendo ed elaborando primariamente le dottrine agostiniane, impiegherà anche le tesi di Michele Baio (1513-1589), i dettami del Concilio di Trento, le bolle di Pio V e di quelle di Gregorio XIII contro le dottrine di Lutero e Calvino. L’esigenza di citare e di riferirsi a questi illustri autori e dottori della Chiesa scaturisce, per il Nostro, dal ritenere che quei “misteri della grazia” (p.66-67), oggi tanto fraintesi, fossero già stati presentati “con certezza e sicurezza” (“certitudine et sicuritate”) senza pari, da questi maestri del passato. Per tale motivo, Giansenio non trattiene lo stupore che lo pervade, notando che quelle stesse dottrine, per lui così chiare, oggi restino “occultate ed oppresse dalle tenebre” (p.66-67). Continuando ad indagare l’origine di tale oscurantismo, Giansenio, ne individua il fulcro, nelle interpretazioni di alcuni filosofi. Questa posizione si rende più esplicita al capitolo IV del Liber Proemialis (p.72-81) dove possiamo leggere la posizione del Nostro in merito allo statuto della filosofia. Apostrofata come “madre degli errori” (p.73), la filosofia resta distinta dalla teologia, che è la scienza di Dio, e si palesa come una scienza artificiosa, atta al solo servizio della ragione, nonché generatrice degli eretici (“mater hereticorum” pp.72-73).
Queste posizioni chiariscono, in modo esplicito, il pensiero di Giansenio. Infatti, se di grazia si dovrà discutere, sarà necessario aderire alla scienza di Dio, rivolgendo il pensiero ai padri e, specialmente in merito alla grazia, ad Agostino. Giansenio sostiene l’idea che sotto l’azione operante della grazia, l’uomo, non può fare nulla di libero. Dio, infatti, ha predestinato l’umanità alla salvezza o alla dannazione con un atto che precede ogni ragione di merito o di colpa. Da queste posizioni scaturisce un’antropologia secondo la quale l'uomo, dopo il peccato originale, non sarebbe più in grado di poter volere o compiere il bene con le sue sole forze. Dopo il peccato, l’umanità è totalmente in balia dei sensi, poiché è determinata sostanzialmente dalla concupiscenza (p.155-159 e ss.) e dalla triplice libido: sentienti, sciendi et excellendi. La grazia, come dono gratuito di Dio, è concessa ai soli predestinati e rappresenta per l'uomo l'unica possibilità di salvarsi. Spinto a scrivere questo lavoro per “la verità e la carità pubblica” (p.64-65), Giansenio traccia qui una dottrina che porta innegabilmente con sé, un rigido determinismo che configura l’uomo, come un essere incline al peccato, in un modo necessario e inevitabile, poiché non è dotato, come Adamo, del liberum arbitrium indifferentiae. Le opere buone, che l'uomo compie, sono da imputare al solo effetto della grazia efficace che, annullando l’azione della concupiscenza e del desiderio, porta la volontà umana verso il bene. L’uomo pertanto, non può far nulla per meritarsi la grazia e questo perché lontano da essa non può acquistare nessun merito.
L’Augustinus, pur essendo il tentativo di dipingere con certezza, un quadro che potesse essere quanto più coerente con le dottrine cattoliche in merito alle questioni della natura umana, della libertà e della grazia divina, finì per scontrarsi e soccombere alle accuse dei gesuiti parigini, che tacciarono l’opera di una chiara matrice filo-protestante. Accusa che portò, dopo tempo (1643ca-1651ca), alla definitiva condanna dell’opera. L’importanza di rileggere oggi l’Augustinus, opera che rivendica l’ordinamento della creatura razionale a Dio sin dalla sua creazione” (p.24), ci spinge al ripensamento delle risposte che ancora ci facciamo circa quelle classiche domande sull’uomo, sul suo rapporto con il mondo e con il prossimo. L’opera di Giansenio, pur mostrandosi come principalmente dedicata alle questioni filosofiche e teologiche è un appello che riguarda ogni ambito umano che si interessa di libertà. Anche in quest’ottica, la proposta editoriale della D’Aniello, di dedicare le sue fatiche al II Tomo, si dimostra un tentativo acuto sia per chi “rumina” di questioni filosofiche ma anche per chiunque desideri leggere un testo che apra al confronto con un autore acuto come Giansenio.


Indice

Prefazione di Danilo Zardin
Premessa
Introduzione 
1. Cornelis Jansen, la teologia lovaniense e l’agostinismo moderno: alcuni punti di fuga
2. L’engagement accademico – teologico di Giansenio e il contesto di stesura dell’Augustinus
3. Il prisma della natura umana nell’Augustinus
3.1.L’orizzonte salvifico: Giansenio interprete di Agostino
3.2. La confutazione della natura pura  attraverso l’ordo amoris
3.3. Finalità e statuto dell’amore
3.4. L’amor proximi come experimentum crucis
Nota editoriale

Agostino di Cornelio Giansenio  (Tomo II)
Proemio sulla ragione e sull’autorità in materia teologica, in cui s’indagano i limiti della ragione umana in questioni teologiche e si afferma l’autorità di sant’Agostino nel tramandare il mistero della predestinazione e della grazia
Capitolo I. La verità della grazia di Cristo deve stare a cuore a tutti i cristiani come la vita e la salvezza
Capitolo II. La ragione della composizione di questo labirinto di questioni che si occupano della grazia
Capitolo III. La scoperta della verità sulla divina grazia e il difficile compromesso fra gli scolastici, che sono in disaccordo a motivo della filosofia. I mali che ne derivano
Capitolo IV. La differenza tra filosofia e teologia: all’una serve la ragione, all’altra la memoria. La sua origine e la tradizione non scritta, occasionalmente anche quella scritta. Che cosa hanno avuto di mira Cristo e l’apostolo Paolo nell’insegnamento della teologia
Capitolo VII. Il modo di penetrare i misteri divini e duplice: per mezzo della ragione umana e della carità. Il primo, proprio dei filosofi, e pericoloso; il secondo, proprio dei cristiani, è sicuro
La grazia del primo uomo. Libro unico sullo stato di natura innocente, ovvero sulla grazia del primo uomo e degli angeli
Capitolo I. La creazione di Adamo in grazia e santità
Capitolo III. La questione se nel primo uomo vi siano stati desideri innati e intensi di eccellenza e di gloria e tentazioni di superbia, come vogliono alcuni
Capitolo VI. Adamo possedeva il libero arbitrio. Che cosa significa “libero”
Lo stato della natura decaduta. Libro I. Il peccato originale
Capitolo I. Il peccato originale secondo Agostino e la concupiscenza. La questione se il suo reato sia di colpa o di pena. Egli riconosce in esso l’iniquità, la morte dell’anima, l’impudicizia, il tradimento, ecc.
Libro II. Le pene del peccato originale
Capitolo V. L’ignoranza insuperabile: per diritto divino, per diritto naturale e di fatto. Quale di esse non giustifica il peccato
Capitolo VI. S’indaga la radice di quell’arcana dottrina
Capitolo VII. I nomi della concupiscenza: i suoi moti e i loro oggetti
Capitolo XII. Senza peccato l’affetto d’amore non può inerire alla creatura
Capitolo XVI. Il secondo affetto dell’anima e la fruizione. Perché accade. Secondo la dottrina cattolica la creatura razionale non può fruire di alcuna cosa creata
Capitolo XIX. La ragione a priori per cui l’amore di qualsiasi creatura per se stessa non è lecito
Capitolo XX. Si spiega ugualmente la ragione a posteriori, cioè a partire dagli effetti. Vengono presentati sette effetti dell’amore verso le cose create
Capitolo XXI. In che modo occorre amare il prossimo, che è una creatura
Capitolo XXV. Si esamina e si esplica il triplice fondamento di questa dottrina

Lo stato della natura pura. Libro I 
Capitolo I. Lo stato della natura pura secondo i moderni: la differenza del loro giudizio dall’opinione dei pelagiani
Capitolo II. Il peso naturale della creatura razionale verso la propria felicita esige di poter essere soddisfatto. A partire da Agostino, sono presentati quattro stati o modi di esser felici; 
tutti contraddicono alla natura pura
Capitolo III. Primo argomento contro lo stato della natura pura, secondo l’ordine della creatura razionale, che tende a Dio come principio e fine, senza il cui amore non può esser creata
Capitolo IV. Si dimostra che quell’amore senza del quale la creatura razionale non può essere creata dev’essere ispirato tramite la vera grazia: e ciò per prima cosa dall’amore alla verità
Capitolo XIV. Sesto argomento in base alla divisione dell’amore, nella creatura razionale, in carità e cupidigia
Capitolo XV. Si spiega la prima aporia: se questo amore e naturale e in che senso
Capitolo XVII. Seconda aporia, se nella creatura razionale innocente quell’amore sia dovuto alla grazia e in che misura. Alcune osservazioni riguardo al debito della grazia sufficiente secondo i moderni
Capitolo XX. In che senso la volontà buona in cui la creatura razionale dev’essere fondata costituisce una grazia

Note
Bibliografia
1. Cornelis Jansen
2. Fonti
3. Letteratura secondaria

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