lunedì 20 ottobre 2014

Cremaschi, Sergio, Breve storia dell’etica

Roma, Carocci, 2012, pp. 251, euro 18, ISBN 978-88-430-6578-3.

Recensione di Maria Giulia Bernardini - 25/03/2014

Scrivere una storia dell'etica che sia breve, accessibile, non strettamente manualistica ed originale non dev'essere affatto semplice. Cremaschi riesce ad ottenere questo risultato con la sua Breve storia dell'etica, edita da Carocci per la collana "Quality Paperbacks", espressamente pensata per chi ritiene che nella vita non si finisca mai di imparare.
In effetti, pur condividendo il motivo ispiratore della collana, chi scrive si è accostata al testo con un iniziale pregiudizio: le "brevi storie" (dell'etica, ma non solo) si rivelano di frequente

 prive di spunti di originalità e, come tali, forse utili al fine di un consolidamento o raffinamento delle proprie conoscenze, ma non particolarmente avvincenti. In genere, infatti, sono trattazioni abbastanza rigide, dogmatiche, seguono un andamento storico tendenzialmente lineare e si limitano, quasi per inerzia, ad individuare le tesi centrali del pensiero degli autori prescelti, così come tramandate dalle raffigurazioni tradizionalmente offertene. 
In tutta sincerità, il timore era quello che Cremaschi non si discostasse da questa tendenza.
Al contrario, la sua storia dell’etica rivitalizza il panorama delle ricostruzioni fin qui offerte, sia per la scelta delle figure sulle quali concentrarsi, sia per le modalità con le quali esse vengono messe in dialogo. Il tutto, con linguaggio accessibile anche ai neofiti, senza che una tale scelta impedisca che i più esperti di questi temi possano rinvenirvi motivi di interesse e spunti per ulteriori approfondimenti.
Cremaschi, insomma, rende democratico l'accesso all'etica – risultato di certo non così facile da ottenere – vincendo così la sua scommessa.
Tra le scelte più felici, senza dubbio vanno menzionate quelle connesse all'ampliamento dei temi "classici". Se, forse, è impossibile non fare riferimento alla grande tradizione greca e ripercorrerne le tappe a partire sin da Platone - il filosofo con il quale, non a caso, si apre la "breve storia" -, i riferimenti alla tradizione arabo-musulmana, a quella ebraica, o l'incursione nell'ambito della filosofia politica e della bioetica appaiono tutt'altro che scontate. 
In particolare, ad avviso di chi scrive sono particolarmente interessanti almeno tre operazioni. Innanzitutto, Cremaschi si discosta dalle letture tradizionali e più accreditate, negando ad esempio che Tommaso sia il teorico delle proibizioni assolute, Kant un moralista intransigente, Bentham un irrecuperabile e lascivo edonista. Anche se succintamente (in tal modo aderendo in pieno allo spirito dell’opera), egli effettua una lettura originale dei filosofi e dei “non così filosofi” (si pensi a Pufendorf o Smith) in relazione ai quali sceglie di tracciare il proprio percorso.  
Il secondo motivo di originalità è dato dagli interessanti (sia pure embrionali, probabilmente anche per ragioni di spazio: una simile operazione poco avrebbe avuto di "breve") tentativi di scardinare l'occidentalizzazione e la mascolinizzazione del pensiero etico-filosofico. 
Quanto al profilo dell’occidentalizzazione, da un lato va senz’altro riconosciuto che la ricostruzione dell’etica offerta da Cremaschi è limitata all’Occidente (fattore, del resto, esplicitamente ammesso all’interno della Prefazione, e del quale l’Autore stesso sembra forse dolersi). Dall’altro, tuttavia, sembra che il filosofo vada al di là degli intendimenti iniziali, e finisca per forzare le maglie di quelle limitazioni denunciate in apertura del lavoro. Infatti, proponendosi di dare conto della ramificazione delle "radici dell'Europa" (cfr. ancora la Prefazione), egli sceglie di approfondire anche il pensiero di personalità come quella di al-Fārābī e di Moshe ben-Maimon, i quali hanno tentato, rispettivamente, la conciliazione tra la morale islamica ed il platonismo, e tra la Torā e l'aristotelismo. I binari percorsi per raccontare la storia dell’etica occidentale, in altri termini, sono arricchiti da incursioni nelle tradizioni non cristiane e, conseguentemente, consentono un'apertura ad "orizzonti altri" che permette di arricchire il panorama attuale offrendo interessanti spunti di approfondimento.
Il secondo profilo (che consiste nello scardinare la tradizionale etica “al maschile”) è delineato – sia pure in nuce – attraverso il riferimento ad Elizabeth Anscombe, alla quale va riconosciuto il merito di aver contribuito alla rinascita del discorso sull'etica delle virtù, così come ai più concisi rimandi alla kantiana Onora O'Neill e ad Hannah Arendt.
Invero, a parere di chi scrive, il riferimento alla prospettiva di genere avrebbe potuto (dovuto?) trovare maggiore spazio: con la sua capacità di individuare nuovi nessi e inferenze tra i vari ambiti etico-filosofici (o, quantomeno, grazie alla sua abilità nel renderli più evidenti), Cremaschi avrebbe forse potuto contribuire a offrirne una raffigurazione che andasse oltre l'ormai tradizionale successione cronologica tra le diverse ondate, rivitalizzando il dibattito sul tema. Ad ogni modo, è da salutare con favore il fatto che il filosofo non manchi di evidenziare la presenza femminile nell’ambito dell’etica.
Infine, il terzo motivo per il quale il lavoro di Cremaschi appare degno di nota è dato dalla scelta di sottolineare le implicazioni dell'etica "applicata", attraverso il riferimento alla filosofia politica rawlsiana, al rilievo dell'etica in campo economico, nonché alle sue ricadute in campo bioetico. 
Si tratta di un'operazione che, di certo, si pone in armonia con l'impianto più generale dell'opera, volto appunto - come si è più volte sottolineato - ad ampliare gli orizzonti di una trattazione più manualistica. Come tale, quindi, forse potrebbe (o non dovrebbe) non stupire più di tanto. E tuttavia, giova rimarcare l'intelligenza della scelta compiuta: nonostante, spaziando in campi del sapere all'apparenza così eterogenei, si corra il concreto rischio di una frammentarietà, l'agilità stilistica di Cremaschi e la sua abilità nel non limitarsi ad una visione standard dei pensatori inclusi nella sua rassegna gli consentono di ricondurre il tutto ad unità senza cadere in una visione riduttiva o riduzionista dell'etica e rivelandone, al contrario, la profonda rilevanza nel quotidiano, oltre che nel – per certi versi astratto – mondo della filosofia. 


Indice

Prefazione

1. Platone e la risposta allo scetticismo etico

2. Aristotele e la filosofia pratica

3. Diogene e la filosofia come forma di vita

4. Epicuro e l’etica come cura di sé

5. Epitteto e l’etica come terapia delle passioni

6. Filone e la conciliazione fra Torā e platonismo

7. Agostino e il cristianesimo come neoplatonismo

8. al-Fārābī e la conciliazione fra morale islamica e platonismo

9. Moshe ben-Maimon e la conciliazione fra Torā e aristotelismo

10. Tommaso d’Aquino e la conciliazione fra morale Cristiana ed etica aristotelica

11. Francisco de Vitoria e la casistica

12. Michel de Montaigne e l’arte di vivere

13. Pierre Nicole e il neoagostinismo

14. Samuel von Pufendorf e la nuova scienza morale

15. Richard Cumberland e il volontarismo consequenzialista

16. Richard Price e l’intuizionismo

17. Adam Smith e il sentimentalism

18. Jeremy Bentham e l’utilitarismo

19. Immanuel Kant e la ragione nel suo uso pratico

20. Georg Wilhelm Friedrich Hegel e la critica all’universalismo illuminista

21. Friedrich Nietzsche contro il cristianesimo e l’illuminismo

22. George Edward Moore e l’utilitarismo ideale

23. Edmund Husserl e l’a priori dell’azione

24. Bertrand Russell e il noncognitivismo

25. Elizabeth Anscombe e la rinascita dell’etica delle virtù

26. Richard Hare e il neoutilitarismo

27. Hans-Georg Gadamer e la riabilitazione della filosofia pratica

28. Karl-Otto Apel e la ripresa dell’etica kantiana

29. John Rawls e l’etica pubblica come etica applicata

30. Beauchamp e Childress e la bioetica come etica applicata

Bibliografia

Indice dei nomi

Indice dei concetti

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