lunedì 6 ottobre 2014

Zamboni, Chiara (a cura di), L’inconscio può pensare? Tra filosofia e psicoanalisi

Bergamo, Moretti&Vitali, 2013, pp. 126, euro 14, ISBN 978-88-7186-542-3

Recensione di Francesco Codato - 07/03/2014

Il libro curato da Chiara Zamboni, professoressa di filosofia del linguaggio presso l’Università degli studi di Verona, fa parte di una collana editoriale intitolata “Pensiero e pratiche di trasformazione, libri che accompagnano sulla via di profondi cambiamenti alla portata di tutti” che si prefissa l’obbiettivo di riaprire il dibattito sulle modalità tramite le quali è possibile trasformare il proprio contesto di vita a partire dalla modificazione del sé. Per raggiungere questo scopo la collana si propone di pubblicare testi che intendano la filosofia quale pensiero dell’esperienza, 

dunque che riprendano discorsi sapienti, ma trascurati nel tempo, i quali possono offrire a tutti la possibilità di fare della vita quotidiana il laboratorio in cui sperimentare e far nascere l’alternativa alla crisi dell’epoca contemporanea. Sulla scia di questo approccio la ripresa e lo studio del tema dell’inconscio, visto sia sotto la lente della filosofia che di quella parimenti importante della psicoanalisi, sembra uno dei temi più adatti per assolvere il difficilissimo compito che la collana si propone. Infatti, il saggio curato da Zamboni si concentra nell’affrontare il tema dell’inconscio inteso quale situazione atta a comprendere le trasformazioni della ragione e della sue pratiche, ma non dimentica mai di porre attenzione alle vie di pensiero dell’inconscio, poiché come asserisce la stessa Zamboni: “l’inconscio ci pone singolarmente in rapporto a ciò che ci trascende. È ponte, via verso ciò che ci accomuna e rende altri rispetto al piccolo io e al corteo dei suoi fantasmi (p.11)”.
L’opera raccoglie gli atti di un seminario organizzato nel settembre 2012 presso l’Università di Verona e accade spesso che i testi nati dalla raccolta di interventi presentati prima oralmente si perdono nella difficoltà di creare una sorta di continuità con lo scritto, che possa essere letto in maniera lineare e chiara. Tale situazione non accade minimamente in questo saggio che, pur trattando in maniera approfondita e mai banale il tema, riesce nell’ardua impresa di non perdere mai d’intensità, offrendo continui spunti di riflessione sia personale che di ricerca. A tal proposito paga la scelta della brevità degli interventi che permette, forse costringe, gli autori a sviluppare la propria prospettiva sulla questione senza troppi fronzoli, giungendo così in poche pagine ad asserire in maniera chiara e adatta ad un pubblico interdisciplinare il proprio pensiero. Il primo intervento è ad opera di Luce Irigaray la quale pone subito il lettore nel vivo della questione chiedendosi se ha ancora senso oggi parlare di inconscio e, a tal proposito, mostra come la scoperta dell’inconscio stesso chiami in causa l’identità a sé che è presupposta dalla nostra tradizione come il luogo a partire dal quale si stabilisce la verità. La studiosa asserisce che “ciò che considero come vero e su cui baso le mie convinzioni e decisioni è sempre distorto a causa dell’intervento dell’inconscio. Da lì il carattere problematico di ciò che consideriamo come verità, e perfino come realtà in filosofia, ma già nella vita quotidiana (p. 14)”. Wanda Tommasi, nel secondo intervento, non solo riprende il discorso aperto da Irigaray, affermando che l’inconscio è un qualcosa di più che personale che ci riguarda intimamente e allo stesso tempo ci rende estranei a noi stessi, ma lo fa trattando il concetto di invidia femminile, ovvero smontando l’idea che l’invidia sia un sentimento individuale e solitario. L’intervento di Tommasi si rivela proficuo poiché apre una tematica che sarà la chiave di tutti gli altri interventi, ovvero la differenza tra le donne e gli uomini in rapporto all’inconscio. Il successivo intervento di Cristina Faccincani, continuando sotto questa prospettiva, mette bene in luce la differenza uomo-donna, riflettendo sulla generazione/trasformazione del pensiero a partire dall’esperienza del rapporto con le creazioni oniriche, mostrando come in quei sogni, che sono rivolti a ciò che accomuna inconsapevolmente un gruppo, gli uomini riescono a trovare un percorso singolare, mentre le donne assumono strategie inconsce più dolorose, poiché il comune tra donne si addensa nel lato oscuro del materno. Per tal ragione Faccincani asserisce che “una riflessione possibile sull’evidenza onirica della differenza sessuale porta a ipotizzare una maggiore difficoltà femminile nella tenuta del simbolico. Il lato oscuro del materno è sfuggente alla simbolizzazione e la sua impronta tende ad attraversare le relazioni fra le donne come vincolo, come tentazione all’indifferenziato, come attacco alla differenziazione (p. 50)”. L’intervento di Faccincani è seguito da quello di Massimo Termini il quale affronta il tema dell’emergenza sociale a partire dalla psicoanalisi, mostrando una volta in più come l’inconscio quando pensa lo fa a suo modo e non segue alcuna caratterizzazione propria che il soggetto si aspetterebbe. Giorgio Rimondi, tramite l’analisi del rapporto di amicizia tra Jacques Lacan e Maurice Merleau-Ponty, mostra come l’inconscio maschile rappresenti un tratto che non confonde il percorso individuale, pur avendo  bisogno di rituali di riconoscimento e differenziazione per stabilirsi. Riccardo Panattoni pone al centro del proprio intervento il tema dell’esitazione che fa sospendere il passo in rapporto alla faglia dell’inconscio, per poi poter riprendere il proprio percorso in maniera trasformata. Il penultimo intervento è a firma di Chiara Zamboni che sceglie di parlare di Lou Andreas Salomé per mettere in luce “che l’inconscio non è mai veramente personale. Non è riducibile a una storia privata. Ci innesta in quel patto originario tra soggettivo e oggettivo, che Lou chiama essere. L’apertura alla vita (p. 117)”. L’intervento di Manuela Fraire chiude il libro affermando la necessità del passaggio attraverso la figura materna se si vuole tenere aperta la questione dell’inconscio nell’esperienza femminile, anche se ammonisce a non far diventare la stessa figura materna un idolo.
Il saggio grazie alla sua scorrevolezza e alla chiarezza con cui tocca alcuni argomenti molto delicati si presta sia ad essere letto da tutti sia a raggiungere il proprio obbiettivo, ovvero quello di far tesoro della filosofia, senza precludere alcuna apertura interdisciplinare, al fine di rendere la vita quotidiana il laboratorio dove può nascere una nuova visione del presente storico. Il pensiero e la riflessione, come quelle condotte in questo saggio, divengono così pratiche di trasformazione della vita alla portata di tutti.


Indice

Introduzione di Chiara Zamboni
L’incertezza della coscienza di Luce Irigaray
L’invidia, male sacro: María Zambrano e Melanie Klein di Wanda Tommasi
Il cuscino parlante: ovvero il soggetto del sogno è il sogno stesso di Cristina Faccincani
Rivolgimenti nell’estraneo. Psicoanalisi ed emergenza di Massimo Termini
Le lacrime di Lacan. Fenomenologia di un’amicizia di Giorgio Rimondi
L’inconscio: un’esitazione di Riccardo Panattoni
La creatività dell’inconscio nello sguardo di Lou Andreas Salomé di Chiara Zamboni
Una madre non è mai tutta di Manuela Fraire

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