mercoledì 10 febbraio 2016

Pala, Gianfranco, Perla critica. Dell’economia politica, secondo Marx

Napoli, La Città del Sole, 2014, pp. 541, euro 26, ISBN 978-88-8292-317-4

Recensione di Maurizio Brignoli – 25/05/2015

In questo volume, curato da Francesco Schettino, sono raccolti i testi che l’economista marxista Gianfranco Pala ha selezionato e utilizzato per vent’anni, dal 1991 al 2001, nelle lezioni di economia politica da lui tenute alla Sapienza di Roma.
Per la critica dell’economia politica è concetto fondamentale che ricorre più volte nel lavoro di Marx, fra le diverse occasioni vale la pena ricordare l’opera pubblicata con questo titolo nel 1859, i manoscritti del 1857-58 noti come

Lineamenti fondamentali di critica dell’economia politica, mentre Critica dell’economia politica è il sottotitolo del Capitale e non vanno dimenticati i Lineamenti di una critica dell’economia politica pubblicati dal giovane Engels nel 1844. A partire quindi da ciò che per Marx (ed Engels) era abituale, nell’avvertenza introduttiva, Pala rinvia al senso del calembour che dà origine al titolo della raccolta: come recitano i dizionari la pèrla è ‘concrezione a difesa da un corpo estraneo’ e al contempo ‘ornamento preziosissimo’: «entrambe caratteristiche che si attagliano alla perfezione alla critica di Marx: un “corpo estraneo” rispetto a tutta l’economia dominante ma al contempo un’analisi “rara preziosissima e splendida”» (p. 12).
I testi selezionati, sia tra i classici del marxismo (Marx, Engels, Lenin, Bukharin, Grossmann, Hilferding, Dobb, Hobsbawm) che tra quelli del pensiero borghese (Smith, Ricardo, Babbage, Hobson, Keynes, Schumpeter, Taylor, Ure), servono a Pala, in funzione della loro «finalità didattica politica» (p. 12), per tracciare i punti teoreticamente più rilevanti per ricostruire e comprendere una serie di concetti cardine della teoria marxista volti a illustrare il divenire e l’attuale punto di approdo del modo di produzione capitalistico e della sua più recente articolazione imperialistica. 
Il capitolo introduttivo è dedicato, attraverso i testi di Hobson e Hobsbawm,  alla storia del mercato mondiale e dell’imperialismo. Hobson, nel suo Imperialismo del 1902, sottolinea come il fenomeno risponda in modo perfettamente razionale agli interessi di alcune classi ed evidenzia come il crescente cosmopolitismo del capitale sia il principale elemento di cambiamento economico degli ultimi decenni, così come l’aumento di concorrenza e di concentrazione industriale sia la prova tangibile del grado di congestione del capitale nelle industrie; la sovraproduzione, nell’impossibilità di trovare in patria un impiego adeguato per gli investimenti delle merci, richiede la necessità di mercati esteri e spinge gli stati alla ricerca dell’investimento profittevole al di fuori dell’area del loro attuale dominio politico.
La prima parte del volume è destinata al concetto di modo di produzione, con la sua articolazione dialettica fra forze produttive e rapporti di produzione, al cui interno si inserisce l’analisi del processo produttivo analizzato come processo lavorativo e di valorizzazione in rapporto alla sottomissione formale e reale del lavoro al capitale; segue l’analisi del mercato del lavoro, in cui centrale è la funzione di merce della forza-lavoro e, attraverso le forme del salario, del suo valore. In questa sezione le citazioni sono prevalentemente tratte da Marx (Capitale, Lineamenti fondamentali e Teorie sul plusvalore), Smith (La ricchezza delle nazioni) e Ricardo (Principi di economia politica).
La seconda parte del volume fornisce gli elementi per la comprensione dello sviluppo del modo di produzione capitalistico, nella sua specifica fase imperialistica quale fase “superiore” del capitalismo, e delle contraddizioni interne che portano alla crisi di sovrapproduzione. Qui viene chiarito, fra gli altri, il fondamentale concetto di “capitale finanziario”, attraverso l’omonima opera di Hilferding del 1910, quale sintesi e compenetrazione di capitale bancario e capitale industriale, mentre Lenin, nel suo Imperialismo fase suprema del capitalismo del 1916, spiega come il capitalismo si trasformi in imperialismo a un alto grado del suo sviluppo attraverso l’affermazione dei monopoli capitalistici al posto della libera concorrenza, monopoli che però, sorgendo dalla concorrenza stessa, non la eliminano, ma coesistono con essa dando vita a una serie di aspri conflitti. L’imperialismo costituisce l’approdo allo stadio monopolistico del capitalismo e Lenin delinea i cinque punti fondamentali che caratterizzano questo fenomeno: la concentrazione della produzione e del capitale, la fusione del capitale bancario col capitale industriale, la grande importanza acquisita dall’esportazione di capitale in confronto con l’esportazione di merci, il sorgere di associazioni monopolistiche internazionali di capitalisti, la compiuta spartizione della terra fra le più grandi potenze capitalistiche.
Si passa poi all’analisi degli elementi che portano alla comprensione della crisi e, con un passo tratto dalle Teorie sul plusvalore di Marx, viene illustrato il ruolo del capitale fittizio nella speculazione: “Nella forma del capitale produttivo di interesse si palesa in modo evidente che il capitale si appropria senza lavoro dei frutti del lavoro altrui. Infatti esso appare qui in una forma in cui si è separato dal processo di produzione in quanto processo” (pp. 385-6). Attraverso brani del libro III del Capitale viene mostrato quali siano le forze antagoniste che contrastano l’azione della legge della caduta del saggio di profitto, dando  ad essa un carattere di semplice tendenza, e a cui il capitale ricorre in modo sempre più consistente nei periodi di crisi: aumento del grado di sfruttamento del lavoro, riduzione del salario al di sotto del suo valore, diminuzione di prezzo degli elementi del capitale costante, sovrappopolazione relativa, commercio estero e accrescimento del capitale azionario.
Attraverso lo sforzo di delineare questi concetti cardine, Pala punta a porre le premesse non solo per realizzare una ricostruzione teoretica, ma anche, e soprattutto, per riuscire ad avere gli strumenti per comprendere l’attuale sviluppo del sistema capitalistico e della sua ultima crisi. Nella postfazione Pala applica così i principi e gli strumenti delineati nelle prime due parti all’analisi della situazione presente. L’origine dell’attuale crisi di sovraproduzione viene collocata nelle sue radici lontane che risalgono alla metà degli anni ‘60 negli Usa, crisi al cui interno inizia anche a delinearsi la crisi del credito internazionale. La reazione del capitale consiste nel delineare, col piano Kissinger (1974-75 ), un “nuovo ordine economico internazionale” volto a realizzare una ristrutturazione del processo di produzione sul piano internazionale e un’accentuazione dei processi di concentrazione e centralizzazione. Il protrarsi della lunga crisi, che è crisi di sovraproduzione di merce, denaro e capitale, ha visto dimezzarsi dalla metà degli anni ‘60 a oggi il tasso medio di sviluppo dell’economia mondiale. Il capitale approda alla sua nuova fase transnazionale superando dialetticamente la precedente fase multinazionale delineando una nuova organizzazione imperialistica basata sulla doppia flessibilità di lavoro e macchine completata dalla flessibilità del salario. Il capitale è un rapporto sociale e la totalità del mercato mondiale rappresenta due momenti di questa relazionalità internazionale: «del capitale con se stesso (molteplicità dei capitali particolari, concorrenza e anarchia della produzione, a fondamento delle crisi da sovraproduzione), e del capitale con il lavoro salariato (antagonismo di classe, antitesi tra lavoro morto e lavoro vivo e composizione organica del capitale stesso, a fondamento della caduta tendenziale del tasso di profitto)» (p. 494); senza la prima condizione, la seconda non sarebbe neppure pensabile in quanto il lavoro salariato esiste solo come parte variabile del capitale totale.
Il consapevole recupero della categoria “imperialismo” e del relativo scontro interimperialistico permette di fare a meno di termini alla moda come “globalizzazione”, “nuova economia”, “geopolitica”, “neoliberismo”, “finanziarizzazione”, “postfordismo”, ecc. Categorie empiriche come quella di “globalizzazione” trasferiscono in una dimensione territoriale astorica un concetto che si è invece sviluppato storicamente in termini di relazionalità sociale, di dinamica dei modi di produzione di rapporti di proprietà.
Pala sottolinea come il modello sociale più adeguato al nuovo ordine mondiale del lavoro sia quello “neocorporativo” che, basato su un’apparenza interclassista o aclassista, realizza un consenso coatto come partecipazione alla cosiddetta “democrazia economica” del capitale. A differenza del “moderno corporativismo”, elaborato dai teorici dello stato fascista sulla base del corporativismo storico ottocentesco e medievale e imposto attraverso la forza armata della classe dominante, il “corporativismo contemporaneo”, o meglio “neocorporativismo”, punta alla realizzazione degli stessi obiettivi ma con altri mezzi apparentemente incruenti. Va però ricordato che la forma corporativistica assume caratteri diversi a seconda che si sia in una fase di crescita o di crisi dell’imperialismo capitalistico, infatti  in caso di crisi il capitale procede a una separazione delle masse, chiamando la maggioranza al consenso per la repressione delle minoranze: «Man mano che il costo sociale delle politiche neocorporative assistenziali nella crisi supera la soglia della tollerabilità e del consenso popolari, si può perciò facilmente regredire al corporativismo fascista espressamente violento» (p. 511). Il corporativismo è basato sull’autodisciplina dei produttori, in cui la falsa rappresentazione secondo la quale sono tutti “produttori”, capitalisti in testa, delega le funzioni di controllo agli organismi istituzionali dominati dai rappresentanti del capitale finanziario. In questo modo lo stato, nell’estendere le sue attribuzioni economiche, si viene continuamente integrando e fondendo con il capitale finanziario. Ciò che è importante per la borghesia è, tramite la seduzione della “democrazia” e della “pace sociale”, portare dalla propria parte la maggioranza delle masse, programmaticamente disgregate e private di ogni strumento difensivo, per poter inibire e soffocare con la forza le frazioni rimanenti ancora ad essa ostili.
Unica via d’uscita è che il proletariato mondiale, cioè la classe di tutti i produttori lavoratori “dipendenti” economicamente salariati o stipendiati dai proprietari, indipendentemente da quale sia la forma pseudocontrattuale con cui sono legati  al capitale,  ricostruisca una coscienza di classe. Ciò si deve fondare su tutte le esperienze storiche, non sottratte alla memoria, di vittorie ma anche e forse soprattutto di sconfitte: «Senonché, come definiva la coscienza stessa Friedrich Engels, ciò significa in primo luogo conoscenza scientifica del funzionamento concreto del modo di produzione capitalistico contemporaneo, contro ogni fuga in avanti verso la cattiva infinità di un “dover essere” soggettivistico politico» (p. 540).
In conclusione Gianfranco Pala riesce a dar vita a un’opera organica che, attraverso la storia del mercato mondiale e dell’imperialismo, fornisce i concetti fondamentali per arrivare ad avere gli strumenti utili alla comprensione del sistema capitalistico nella sua specifica variante imperialistica transnazionale. In particolare i testi permettono anche di cogliere le cause effettive della crisi come crisi di sovrapproduzione (duplice crisi di capitale e lavoro) eliminando le spiegazioni dominanti che invertono regolarmente la causa con gli effetti (ad esempio la speculazione come causa della crisi e non viceversa come in realtà è). Il fatto che il libro nasca da una ventennale esperienza di insegnamento ha portato a una selezione didatticamente efficace dei testi, ed è proprio il confronto diretto con questi che rende accessibile la comprensione di concetti non semplici ma preziosi per un confronto con la realtà attuale e la sua evoluzione storica.

Indice
Storia del mercato mondiale e dell’imperialismo          
La rivoluzione industriale
L’espansione economica internazionale
Le radici economiche dell’imperialismo
Il mercato mondiale del capitale finanziario
I - Prima parte
I.1 - Modi di produzione
La produzione e le forme precapitalistiche
La formazione del capitale
La sottomissione formale e reale al capitale
La produzione: processo lavorativo
La produzione: processo di valorizzazione
La merce: lavoro, valore, denaro
La merce: aliquota del prodotto del capitale totale
La circolazione monetaria (reddito e capitale)
I.2 - Mercato del lavoro
La divisione del lavoro
La cooperazione e l’organizzazione del lavoro
La merce forza-lavoro (lavoro salariato)
Le forme del salario (valore della forza-lavoro)
La riserva di lavoro
Il lavoro produttivo e il lavoro improduttivo
Le “false spese” di produzione
I.3 - Macchine
La nascita del macchinario
Le caratteristiche delle macchine
Le contraddizioni dell’industria meccanica
L’uso capitalistico delle macchine
Le implicazioni sociali del macchinismo capitalistico
Il sistema di macchine e il mercato mondiale
La scienza e il capitale fisso
A mo’ di epilogo transitorio: l’intelligenza generale della società
II - Seconda parte
II.1 - Accumulazione e mercato mondiale
La legge generale dell’accumulazione
L’innovazione nel processo industriale
Il mercato mondiale e l’internazionalizzazione
Lo scambio ineguale e la sovranazionalità
II.2 - Imperialismo e contraddizioni del capitale
Il capitale finanziario
La fase superiore del capitalismo
I difetti della società economica
Le contraddizioni immanenti all’accumulazione
II.3 - Prodromi della crisi
Il tempo di circolazione
La circolazione materiale
La metamorfosi delle funzioni del capitale
Il processo complessivo della circolazione
Il capitale fittizio e la speculazione
II.4 - Eccesso di sovraproduzione
L’arresto dell’accumulazione e la crisi
La sovraproduzione e lo sviluppo della crisi
Gli ostacoli al processo di produzione
I limiti del capitale: credito e scala di produzione
Le tendenze del capitate: concorrenza e socializzazione
Postfazione
1989: il “crollo del muro” dopo due secoli
1991: “la sua ombra resta”
2000: la lunga ultima crisi irrisolta
2010: le contraddizioni del capitale-merce
Il conflitto con la realtà - premessa 
La resistibile ascesa del capitale – accumulazione
I “fratelli nemici” – imperialismo
Il consenso coatto – neocorporativismo 
La sindrome di Mida – crisi 
La maschera dei derivati – speculazione 
L’ultima istanza – aree valutarie
Donchisciotte e l’osteria dell’avvenire 

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