lunedì 3 gennaio 2005

D’Alberto, Francesca, Biografia e filosofia. La scrittura della vita in Wilhelm Dilthey.

Milano, Franco Angeli (Collana di filosofia, 83), 2005, pp. 231, € 24,00, ISBN 88-464-6698-5.

Recensione di Antonio Allegra – 03/01/2005

Storia della filosofia (contemporanea); filosofia teoretica (ermeneutica; filosofia della storia)

L’autobiografia gode, nella recente letteratura filosofica o psicologica, di notevole attenzione, motivata soprattutto da molteplici difficoltà e dubbi connessi alla definizione e costruzione dell’identità, che a quanto pare rendono necessaria la ricerca di strategie alternative rispetto a quelle tradizionali. Per quanto riguarda invece la biografia tout court, la situazione è alquanto diversa. Sospetta di psicologismo come paradigma storiografico, e incerta quanto a statuto metodico, nel XX secolo essa non ha avuto in generale buona stampa – per certi versi, non ha avuto affatto stampa.

Il caso di Dilthey è significativo, sotto questo profilo. La sua rilevanza è oggi sostanzialmente affidata alle riflessioni più direttamente ermeneutiche e ad alcune notevoli e celebri illuminazioni critiche (e autocritiche) che caratterizzano i suoi tardi scritti (non a caso, esse vertono in gran parte su autobiografia e problemi connessi). I temi al centro della sua riflessione giovanile, per quanto oggettivamente fondamentali all’interno di un’opera vastissima per varietà di argomenti oltre che per dimensioni, sono stati invece tendenzialmente messi da parte: al loro centro vi è appunto la questione e la pratica della biografia, che assurge nell’autore tedesco a una rilevanza strategica in grado di prospettare le più ampie coordinate della sua riflessione.

Il merito per così dire originario della monografia di D’Alberto è, dunque, la sua focalizzazione sulla parte relativamente meno nota dell’opera diltheyana, colta nella sua rilevanza secondo la falsariga che ho appena schizzato, e seguita nel suo sviluppo nel corso del tempo – in effetti, è come se un tracciato biografico (pur se appena delineato) accompagnasse, da parte dell’autrice, lo svolgimento dell’evoluzione del filosofo, come precisamente il dettato diltheyano richiede. Dunque gli esiti di questo percorso restano incomprensibili se si prescinde dalla loro collocazione (letteralmente biografica) nella traiettoria di pensiero dell’autore – ma è vero anche l’opposto: senza le scansioni delle grandi biografie da lui scritte il percorso diltheyano resta se non indecifrabile almeno incompleto.

Ora, la polarità fondamentale, negli studi biografici scritti da Dilthey, è quella tra la precoce Vita di Schleiermacher e la più tarda Storia della giovinezza di Hegel. Separate da quasi quarant’anni, scritte una in pieno Ottocento l’altra nei primi anni del nuovo secolo, evidentemente testimoniano sensibilità e problematiche in gran parte diverse. Tuttavia, emerge tra loro una precisa continuità di concetti e questioni, relativi, in buona sostanza, alla fondazione della biografia come genere scientifico, e più in generale al problema dello statuto delle scienze dello spirito. È questo che qualifica la scrittura diltheyana rispetto all’ampia voga, molto ottocentesca e tedesca, della biografia come genere letterario (non che manchino altri autori assai consapevoli delle implicazioni metodiche, ma senza dubbio è in Dilthey che queste vengono espresse più chiaramente).

Genere scientifico, si è detto. In effetti, ciò che caratterizza immediatamente la posizione diltheyana è il sostanziale rifiuto nei confronti delle elaborazioni concrete e delle teorizzazioni di un Georg Haym, ad esempio, che sottolineavano, ancora in gran parte romanticamente, l’inevitabile forma artistica della biografia: il suo essere frutto di una modalità irrimediabilmente estetica anziché scientifica. Anche se è una scientificità propria alle scienze dello spirito, D’Alberto mostra in che misura l’ideale della conoscenza rigorosa, che la filosofia per Dilthey solo parzialmente attinge, agisce nella sua concezione della biografia. Si tratta di parlare della vita, ossia del rapporto io-mondo assai più che dell’individuo assolutamente inteso. L’intenzione di Dilthey è più ambiziosa rispetto a un “semplice” svolgimento dell’individualità dalle sue premesse caratteriali congenite: occorre riprendere lo spessore della Bildung in una forma ricca di una carica spesso dissonante rispetto alla pura essenza del soggetto.

Qui nascono però i problemi. Da un lato, la posizione di Dilthey nei confronti di Haym, ed in generale del movimento romantico (anche latamente inteso), è, evidentemente, molto più sfumata ed ambigua di quanto la formula precedente possa far supporre. Dall’altro, il problema tipico della posizione diltheyana viene inevitabilmente a delinearsi come questione del rapporto tra scienza ed individuale, universale e particolare, generazione ed individuo: sono vari modi di definire la problematica decisiva. Dunque i ripensamenti teorici sulla biografia e sulle diverse fattezze della sua realizzazione assurgono al ruolo di peculiari indicatori delle forme del tentativo diltheyano, e del suo complessivo progetto filosofico. La biografia non è un modello già dato, ma al contrario un indice sensibilissimo di un equilibrio sottile e di una armonizzazione sempre rinnovata. In estrema sintesi, sembra di poter dire che le ipotesi “concordiste” del Leben Schleiermachers vengano progressivamente corrose, per loro dinamica interna, nelle opere successive: la progressiva accentuazione ed autonomizzazione dell’io rende conto più pienamente di esso, ma rende però via via più arduo definire un rapporto scientificamente fondato con l’universale. Tuttavia, il biografico mantiene la sua centralità strategica: perdura infatti l’ipotesi, direi il piano di lavoro, di tenere insieme l’idiosincratico ed il collettivo, la cifra individuale e le grandi configurazioni storico-sociali. Anche la progressiva valorizzazione (è termine sbrigativo, rispetto a una complessità di movenze che D’Alberto ottimamente ricostruisce) della forma artistica che ha luogo in Dilthey (che conferma, è opportuno ribadirlo, che il rapporto con Haym e gli altri autori coevi non è segnato da semplice opposizione, così come non da congruenza, ma da un gioco molto più sottile di reciproche influenze e retroazioni) va intesa in questo modo. D’Alberto osserva: “L’universalità persa sul fronte della scientificizzazione storiografica viene recuperata da Dilthey sul fronte psicologico” (p. 205). Così, il ruolo di questa riflessione apparentemente settoriale rispetto alla problematica della fondazione delle scienze dello spirito appare chiaro.

Ma il problema trova soluzioni solo provvisorie. Il bilanciamento di ricerca documentale e caratteristica singolare, quadro generale e penetrazione individuale, non è difficoltà contingente ma vera e propria aporia costitutiva della scrittura biografica: senza dubbio essa è di fatto superata sul piano della tangibile e costante elaborazione dei testi, ma proprio questa tenace produzione è un modo, per Dilthey, di fare, sempre di nuovo, i conti con il tema.

Lo sfociare, critico e inappagato, della riflessione diltheyana nel tema dell’autobiografia, così come l’attenzione precipua del pensiero contemporanea ad essa, sono allora fatti non casuali. L’impossibilità della scientificità biografica pare lasciare aperta solo la possibilità dell’espressione dell’individuale, al di là di ogni ambizione universalizzante. D’altra parte, l’autobiografia in questo panorama epistemico appare destinata ad altrettanta fortuna che sfortuna: l’enfasi talvolta ridondante sull’io è direttamente proporzionale alla sconsolata coscienza del suo statuto infondato ed incerto.

Indice

Introduzione
Haym e Dilthey: l’epoca della biografia
“Individuum est ineffabile”: il Leben Schleirmachers
Biografia e scienze dello spirito
La Jugendgeschichte Hegels
Il congedo dalla Lebensgeschichte
Conclusioni
Bibliografia
Indice dei nomi

L'autrice

Francesca D’Alberto (Belluno 1974) si è laureata in filosofia con una tesi su Abbagnano storico del pensiero presso l’Università di Padova; ha in seguito conseguito il titolo di Dottore di ricerca. Attualmente è borsista presso il Dipartimento di Filosofia della stessa università.

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