sabato 9 aprile 2005

Bogdanov, Aleksandr, Quattro dialoghi su scienza e filosofia, a cura di Felice Accame.

Roma, Odredek, 2004, pp. 139, € 14,00

Recensione di Flavio D’Abramo – 09/04/2005

Filosofia teoretica (gnoseologia), Filosofia politica (socialismo), Sociologia

Le prime quaranta pagine sono costituite dai quattro dialoghi di Bogdanov, intellettuale russo appartenente al partito Bolscevico finché non divenne antagonista di Lenin; si presentano come un dialogo tra un funzionario del partito interessato alla filosofia e un filosofo che conduce il funzionario a riflettere su alcuni tematiche. Seguono i quattro saggi, i primi due di von Glasersfeld gli altri di Stanzione e Tagliagambe. Von Glasersfeld, sostiene la possibilità di rintracciare nel pensiero di Bogdanov un precursore del costruttivismo, la concezione epistemologica secondo cui la realtà sarebbe interamente costruita dagli esseri umani, mentre dal punto di vista di Stanzione, il pensiero del personaggio russo sarebbe alla base dell’operazionismo, la concezione secondo cui gli agenti epistemici accedono alla realtà attraverso delle operazioni.

I due saggi di von Glasersfeld mettono in luce le teorie scientifiche come strumenti capaci di organizzare il flusso cognitivo e che possono considerarsi vere solo se corroborate dalla prassi. Nel pensiero costruttivista non si cerca dunque l’isomorfismo tra idee e realtà, ma la loro compatibilità con il mondo dell’esperienza. Gli oggetti non svelano nulla sul carattere del mondo né sulla sua struttura. L’epistemologo tedesco porta a proprio vantaggio gli argomenti della fisica quantistica, che ha privato le scienze naturali dell’illusione che si possa conoscere il mondo in modo oggettivo; così procede anche attraverso le idee di von Foerster, Maturana, Shannon e Wiener sottolineando il carattere soggettivo del linguaggio e l’errore in cui si può incorrere nel momento in cui pensiamo ad esso come strumento con cui trasmettere, ad altre persone, in modo univoco, pensieri, idee ed emozioni.

Il carattere soggettivo del linguaggio deriverebbe dal fatto che ognuno di noi ricava il significato delle parole da esperienze personali, esperienze variabili al livello intersoggettivo. A questo punto von Glasersfeld, insieme a Kant, pone l’attenzione sul rapporto che stabiliamo con gli altri, in particolare al momento in cui attribuiamo agli altri soggetti – che in questo caso sono oggetto della nostra osservazione – gli stessi caratteri che attribuiamo a noi stessi. La realtà che possiamo costruire insieme agli altri è perciò più stabile di quella basata meramente sulla nostra individualità, fondamentalmente perché istituita attraverso il riconoscimento della differenza insita negli altri.

Se i due saggi di von Glasersfeld sono un’illustrazione del costruttivismo radicale, i saggi di Stanzione e di Tagliagambe inseriscono le idee di Bogdanov in un ampio contesto. Ciò che viene messo in gioco nei due saggi finali è il rapporto del pensiero di Bogdanov con la filosofia contemporanea. Nel saggio di von Glaserfeld l’attenzione è posta sulla genesi del carattere soggettivo dell’individuo, mentre in quelli di Stanzione e Tagliagambe viene piuttosto messo in luce il modo in cui gli individui formano la collettività, tema direttamente affrontato nei dialoghi del filosofo russo.

Stanzione mostra cosa sia la scienza dell’organizzazione di cui si occupò Bogdanov; in questo contesto la natura è vista come il primo grande principio organizzatore e l’uomo è soltanto uno dei suoi prodotti; per poter sopravvivere l’essere umano deve lottare organizzando le proprie forze biologiche e sociali prima di tutto attraverso il linguaggio, le idee e le norme sociali. Per poter organizzare tutte queste forze è necessario sviluppare un sapere che può esser conseguito attraverso la riconciliazione del lavoro manuale e del lavoro intellettuale in cui sono sempre presenti i principi di auto-organizzazione e dove il linguaggio costituisce lo strumento principale. I due tipi di attività, quella pratica e quella intellettuale, rimandano vicendevolmente l’una all’altra; le generalizzazioni induttive si fondano proprio su singoli casi della realtà da cui poi si formano le teorie che sono alla base dell’organizzazione del lavoro.

La struttura concettuale del filosofo russo fu influenzata  dal “genio” tedesco Noiré che di fatto lo avvicinò alla Naturphilosophie tedesca, in particolare ai concetti biologici di pangenesi, ontogenesi, filogenesi, al concetto di conservazione dell’energia, di equilibrio, di adattamento, di riproduzione differenziale e selezione naturale. Sempre attraverso Noiré passa il contatto con Marx; venne quindi acquisita da Bogdanov la critica della divisione del lavoro e la teoria socio-economica marxiana secondo cui lo sviluppo della società sarebbe determinato dalle relazioni di produzione.

Si osserva in Bogdanov l’adozione di un materialismo sociale che implica il rifiuto di ogni verità assoluta, sulla base del fatto che la conoscenza è un processo sviluppato nel contesto del progresso sociale e delle relative basi materiali. In altri termini viene affermato che in un mondo in continuo mutamento anche la conoscenza va incontro ad un destino analogo; ma per concepire le verità come elementi in continuo mutamento, è necessario smettere di considerare i fenomeni (elementi dell’esperienza effettiva) in termini di cose appartenenti al mondo materiale, per pensarli come qualcosa che riguarda direttamente la coscienza umana. Non esiste quindi altro materiale per la cognizione al di fuori di quello dell’esperienza.

Nell’analisi epistemologica del pensiero di Bogdanov, Stanzione evidenzia il relativo carattere monistico ed antirealistico. Già Ernst Mach nel 1896 tentò di integrare la descrizione della fisica con quelle della biologia e della psicologia, proponendo un monismo epistemologico con cui considerare il mondo psichico e quello fisico in un rapporto di diretta continuità. Anche Georg Simmel cercò di superare le concezioni dualistiche sostenendo l’idea secondo cui la verità delle nostre rappresentazioni è tale perché possiamo trarne vantaggio attraverso le nostre azioni; criticava dunque il dualismo prodotto dalla tesi realistica secondo da una parte esiste un mondo esterno e dall’altra la percezione intesa come “apprensione immediata e riflesso di una realtà assoluta” (p. 87), tesi, questa del realismo, che conduce direttamente ad una concezione della verità indipendente dal tempo e dal movimento e che scaturisce da “il pregiudizio universalmente diffuso che una causa debba avere un’identità morfologica con l’effetto” (ib.). Così come in Simmel e in Mach anche in Bogdanov è possibile scorgere delle anticipazioni dell’epistemologia evoluzionistica, tesi che considera la verità come un adattamento alla realtà percepita in cui la teoria è dunque pensata come uno strumento per agire sulla realtà stessa.

Stanzione approfondisce la genesi del pensiero di Bogdanov attraverso i contatti avuti con altri autori russi e che lo misero a conoscenza del pensiero biologico-evoluzionistico. In questo percorso intellettuale Bogdanov si trovò ben presto critico verso i presupposti metafisici del materialismo così che Lenin si trovò a difendere il materialismo filosofico per ragioni strategiche ovvero per “integrare” gli intellettuali nella lotta rivoluzionaria.

Proprio il fatto che la conoscenza non venne più vista né come rispecchiamento né come rappresentazione della realtà, ma come strumento  con cui compiere operazioni sempre più sofisticate di interazione e controllo dell’esperienza fisica, rappresenta la continuità tra il pensiero del personaggio russo e la scuola operazionista italiana di cui fu esponente Ceccato e che intese la verità non come adequatio, né considerò la formazione dei concetti a partire da rappresentazioni mentali.

Il saggio di Tagliabambe, il più lungo e articolato, analizza, tra le altre cose, il rapporto tra la teoria e la realtà, un rapporto biunivoco di derivazione e determinazione; Bogdanov mette in luce proprio la causazione circolare di questo relazione. L’ideologia – intesa come complesso di teorie – nasce proprio dalla vita economica attraverso cui è possibile spiegarne le caratteristiche e lo sviluppo, e allo stesso tempo l’ideologia retroagisce sul complesso della produzione, migliorandolo, introducendo nuovi stimoli ed esigenze. Dunque ognuno di questi fattori è nello stesso tempo causa ed effetto dell’altro.

Tagliagambe esamina anche la concezione della verità di Lenin, secondo cui non è necessario porre in discontinuità i simboli con i dati della percezione, né necessariamente vanificare la convinzione che esista una realtà oggettiva, indipendente dal nostro pensiero; si fa dunque riferimento ad una concezione filosofica realista. Quella di Lenin è una concezione della realtà intesa come riflesso di un’altra realtà: quella oggettiva del mondo viene riflessa dagli strumenti linguistici concettuali di uno specifico discorso scientifico.

Tagliagambe analizza la disputa tra Bogdanov e Lenin partendo da altri due autori: Plechanov e Helmotz. Secondo Plechanov per conoscere il mondo gli uomini possono disporre solo dei loro organi sensoriali su cui vengono esercitate le azioni del mondo. La verità può dunque essere considerata come un rapporto che si instaura tra oggetto e soggetto; potrà considerarsi vero esclusivamente il giudizio che corrisponde allo stato effettivo dell’oggetto in questione; crolla l’assunto per cui le cose in sé non sono conoscibili e se consideriamo la conoscenza delle cose in se come conoscenza oggettiva, allora crolla anche l’assunto sottoscritto da Lenin. Il rapporto di corrispondenza tra oggetto e soggetto fu analizzato da Helmotz che considerò le sensazioni come segni che causano idealmente le rappresentazioni – che vennero quindi intese come conseguenze naturalmente necessarie del mondo reale. Helmotz nega dunque la concezione realistica dei processi percettivi visti unicamente in chiave simbolica. Le rappresentazioni che l’oggetto produce sul soggetto non garantiscono nessuna somiglianza nel rapporto. Secondo Plechanov “quell’‘ideale’ che esiste nella mia testa non è simile a quel materiale dal quale, pure, esso è prodotto” (p. 99). Tagliagambe pone anche in rilievo la vicinanza di Plechanov alle tesi di Herbert Spencer – Plechanov stesso accetto esplicitamente le idee del sociobiologo – secondo cui la strada corretta per analizzare il processo conoscitivo passa per la psicologia e la biologia. Lenin criticò proprio la teoria dei simboli così come sostenuta da Plechanov, sostenendo l’inesistenza di una frattura necessariamente insanabile tra il fattore iniziale (il dato osservativo) e il prodotto dell’elaborazione  (il simbolo), cosa che Lenin sostenne nello scritto del 1908 Materialismo ed empiriocriticismo, in cui viene postulata l’esistenza di una verità oggettiva verso cui lo scienziato tende. Nella concezione di Lenin, al contrario di quella di Plechanov, la scienza fa uso di un criterio di approssimazione alla verità, criterio che è legato al concetto di progresso, “inteso come sequenza di costruzioni teoriche in cui le teorie precedenti vengono di volta in volta rimpiazzate da teorie che si dimostrano migliori” per cui le leggi scientifiche sono solo un “quieto riflesso dei fenomeni” (p. 103); questo rispecchiamento viene di volta in volta considerato come permanente, essenziale, tuttavia il fenomeno rimane sempre più ricco della legge stessa. La conoscenza così come è concepita da Lenin non può cogliere in modo esaustivo il reale, tuttavia può dirsi oggettiva proprio perché costituita dall’insieme dei concetti e dei processi umani.

Nella pensiero di Bogdanov, gli effetti della conoscenza e della scienza, si differenziano piuttosto relativamente alle classi sociali per cui “se ‘due per due fa quattro’ riguardasse gli interessi di una classe particolare, non sarebbe più una verità generale” (p. 33). Nel processo conoscitivo così come è inteso da Bogdanov l’esperienza sarebbe piena di illusioni che vengono prodotte proprio al livello collettivo – il soggetto della conoscenza è secondo Bogdanov non quello individuale ma quello collettivo. Su queste premesse l’autore russo oppose alla scienza borghese una scienza proletaria. Precisamente su tali questioni Tagliagambe individua il punto di rottura con Lenin.

Il saggio di Tagliagambe presenta una ricostruzione della vicenda storico politica e della disputa filosofica sottesa al rapporto Lenin-Bogdanov. Bogdanov viene dunque analizzato attraverso il contesto stabilito dalle idee di Lenin e di altri autori quali Helmotz, Fedorov, Plechanov. Se la concezione di verità  oggettiva come verità feticcio proposta dell’autore dei quattro dialoghi fu ritenuta dannosa e non condivisibile da Lenin, Tagliagambe rilancia in poche righe come la filosofia di Bogdanov “si presenta come una gatta meno facile da pelare di quanto Lenin avesse supposto quasi un secolo fa” (p. 137).

I saggi che compongono il libro mostrano visioni differenti, in alcuni punti discordanti. Se Stanzione considera la disputa tra Bogdanov e Lenin soprattutto come una disputa di carattere strategico/politico, come di fatto sembra essere stata, e rilancia Bogdanov come precursore delle epistemologie evoluzionistiche, Tagliagambe la considera una disputa di carattere principalmente filosofico in cui oggetto della contesa era il realismo e l’oggettività delle teorie scientifiche; questione che influisce direttamente sia sul ruolo che le teorie sviluppate dal genere umano hanno all’interno dell’evoluzione, sia sul modello teorico della relazione tra essere vivente ed ambiente.

Stanzione è dunque interessato al pensiero epistemologico ed evoluzionistico dell’autore russo, mentre Tagliagambe rilancia il pensiero di Bogdanov per affrontare il problema dell’intelligenza collettiva; von Glasersfeld rintraccia piuttosto l’idea radicale della realtà intesa come costruzione dei soggetti, senza interpretare né tantomeno inserire il pensiero del russo in nessun contesto particolare. Manca l’omogeneità caratteristica dei libri scritti ad “una mano” peculiarità che può esser vista come pregio o  come difetto. Anche se è assente una visione d’insieme questo libro è un buon esempio per comprendere come le questioni filosofiche contemporanee siano questioni che “solcano” la storia, provenienti quindi da “lontano”, come tali questioni siano connesse a quelle di carattere politico e sociale e come differenti concezioni filosofiche si “innestino” su differenti interpretazioni della storia politica e delle idee.

Indice

Presentazione di Felice Accame
Prefazione di Ernst von Glasersfeld
A. A. Bogdanov, Scienza e filosofia. Quattro Dialoghi
Ernst von Glasersfeld, I limiti del comprendere
Ernst von Glasersfeld, Prima si deve essere in due. Pensieri razionali sull’amore
Massimo Stanzione, Selezione, organizzazione e metodo scientifico in A. A. Bogdanov
Silvano Tagliagambe, Bogdanov tra costruttivismo e scienza dell’organizzazione

Gli autori

A.A. Bogdanov (pseudonimo di Aleksandr Malinowsky) fu l’antagonista di V.I. Lenin nel Partito bolscevico, teorico della “cultura proletaria” (Proletarskaya Kul’tura) e autore dei Saggi di scienza dell’organizzazione, considerati un’anticipazione della teoria dei sistemi, e de La scienza della coscienza sociale.

Ernst von Glasersfeld, München 1917, epistemologo, studioso della comunicazione uomo-animale, Autore di Linguaggio e comunicazione nel costruttivismo radicale; insieme a Heinz von Foerster, ha pubblicato Come ci si inventa.

Massimo Stanzione, professore straordinario di Filosofia della scienza all’Università di Cassino.

Silvano Tagliagambe, ordinario di Epistemologia presso la Facoltà di Architettura dell’Università di Sassari; ha pubblicato Scienza, filosofia, politica in Unione sovietica (1924-1939), Milano 1978; Il sogno di Dostoevskij, Milano, 2002.

5 commenti:

MAURO PASTORE ha detto...

A. Bogdanov fu coordinatore di programmi scientifici e definitore di settore esterno di ricerche scientifiche detto "delle organizzazioni". Si trattò di convergenza culturale scientifica, poi scientifica-culturale; da cui le odierne "scienze dell'organizzazione", parimenti a "scienze della educazione"; ove non si esplicita oggetto di scienza ma soggetti di attività scientifica.
Di queste scienze, della organizzazione, ne era già disposizione durante politica bolscevica. Bogdanov ne fece interessamento di politica quindi interesse politico; quale riferimento più che orientamento, interno a politica; scienze utilizzabili-utilizzate da politica ("scienze politiche", da N. Machiavelli avviate); affinché politica russa non si trovasse a penare a causa di interdizioni né a motivo di ignoranze.
Lenin ne accolse pienamente l'operato ma vi aggiunse altra prudenza, perché scienze non divenissero oggetto preferito se non preferibile di politiche e perché scienze non assurgessero a ruoli eccessivi nelle politiche. In merito a questo Bogdanov era pienamente in accordo, aggiungendovi però ulteriore accortezza, affinché non accadesse che dominio politico potesse intromettersi in facoltà scientifiche e neanche nuovamente il rovescio contro poteri politici; a questo Lenin assentì, però appaiandone uguale non stessa accortezza, in divergenti non opposti programmi politici.
È evidente che era stato già costruito un apparato politico-culturale-filosofico-scientifico che non dipendeva da opinioni né da scelte e che anzi libertà di opinioni e scelte potevano dirigere. Di altro, non evidente a chi ignora i fatti di Russia tra ultima fase di Regime Zarista e prima fase di Governo Sovietico, va considerato senza faziosità marxista né filomarxismi...
*Per coloro in ossequio o soggezione ai racconti faziosi filostalinisti e stalinisti va raccomandato, prima di continuare lettura del sèguito di questo commento, etica o intuizione del dubbio o del dubitare; difatti comunemente si trova scritto che A. Bogdanov fu marxista e non diversamente si trova scritto di Lenin ma in entrambi i casi è tutt'altra la verità!
...


MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

...Mentre Lenin nei confronti di Marx e marxismo aveva iniziato e terminato lavoro di decostruzione-deistituzione politica che era consistita in intromissione-destabilizzazione-chiusura, sicché aveva agito proprio in qualità di agente segreto ed alla resa dei conti non sgradito anzi gradito a Regime Zarista, pur tra le tante difficoltà che settorialità di Stato esposte a propaganda marxista e colonizzate dal marxismo avevano prodotto ed anche con interi poi mezzi inganni pubblici, Bogdanov si era intenzionato a vagliare più precisamente originaria attività di Marx e prime attività marxiste; quindi esiti volontari di Marx ed inizi effettivi di marxismi; scoprendo avversione di Marx per indipendenza europea ma affatto relativa ed effetti di erranza ideologica di Marx e marxiani moderati o moderativi su peggiori avversioni, inoltre disguidi tra Marx ed Engels disastrosi ma meno che altri; ed infine valutata decisione finale di Marx ne constatava favorevolezza anticriminale, dato che Marx aveva ripudiato movimenti comunisti a motivo di violenza interna ad essi e poi ad esterno di essi da essi, quindi Bogdanov stesso ne aveva deciso un rifacimento; ma a questo senza dubbio utile stratagemma Lenin aveva preferito altra formalità che considerava tutti i valori già espressi dal Socialismo europeo, tra i quali il marxismo non era un valore. Questo era accaduto senza alcuna sconfitta neppure da parte di A. Bogdanov.
Tutto ciò non accadendo per interposte persone né da intercorse affermazioni; difatti erano i due quali politici, filosofi, scienziati, tecnici!, ad interagire direttamente e non tanto l'un l'altro. Scienza più usata, ovviamente, la sociologia; ma anche la fisica; con scopi del tutto incompatibili col marxismo e differenti in tutto da quelli di Marx e Marx (stesso) ed Engels; ché in ogni caso, Zone Russe erano in condizioni presenti e future radicalmente impensabili, dai tempi e luoghi delle sortite intellettual-filosofeggianti di Engels e di Marx.
Bogdanov, e Lenin, erano anche tecnici perché facevano politica con e di Movimento Operaio, agendo non solo con loro propri originali distinti filosofici nonché pregressi, anche con conoscenze ottenute nel mondo della tecnica e negli ambienti della tecnologia per quanto codesti inventivi e creativi: erano (entrambi) tecnocrati.

Di questo recensore forse ignorava effettiva realtà o non ne poteva utilizzare il saperne; giacché quanto si presenta in recensione è un abbozzo di pensiero senza possibile esito se non la riformulazione diversa! A questo può aiutare indice e titolo di quanto recensito; ed in caso di assenza di altro, poteva essere indovinello o rebus. Per non costringerne, questo mio commento (cui conto di aggiungerne altro od altri).


Di Bogdanov non si ebbe notizia certa di morte; difatti incertezza su cause di presunta morte concerneva identità che si tentò invano di stabilire con analisi biologiche e fisiologiche; con prassi non legale, cui proprio scienza delle organizzazioni aveva estromesso da vero procedere di vero Stato — Per evitare condanna, i trasgressori ed incapaci avevano finto altro riconoscimento.


MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

(...)

Distinzione tra Empiriomonismo ed Empiriocriticismo non è specchio di un divergere politico; essa informa di esiti filosofici, ciascuno distinto, non separato; non divergenti filosoficamente. Entrambi i definitori, Bogdanov e 'Lenin', di ciascuno d'essi, erano anche reciproci sostenitori dell'altro.
Bogdanov aveva per nuovo obiettivo, questo differente da corso politico bolscevico, la costruzione di una cultura fortemente accentrata per una società fortemente emancipata. Di questo Lenin ne sarebbe voluto esser direttamente araldo ma senza poi poterne; però nel resto delle esigenze politiche russe altro non essendo che lo Stato dei Soviet, allora ciò poteva assicurare altro futuro, più anteriore di quello della Russia Sovietica, oltre le unioni sovietiche interetniche.
In suo obiettivo, Bogdanov non aveva necessità del criticismo qual correlato della empiria, tuttavia a futura realizzazione ne aveva ricondotto entro riformulazione di monismo - da epistemologico a gnoseologico-epistemologico. In sua integrazione Lenin ne aveva: epistemologico-gnoseologico; dunque esisteva un empiriocriticismo monista (leniniano) ed un empiriomonismo criticista (bogdanoviano).

La attuale Russia non è restata alle sole configurazioni intellettuali di Lenin; anzi dell'operato e degli scopi empiriomonisti se ne è ritrovata presenza e realizzazione (in attività di procedure burocratiche di uso-impiego non utilizzo—non-impiego di applicazioni biologiche genetiche, in tecnologie nucleari-fredde—nucleative-calde di centrali marittime-nautiche - semoventi per produzione di energia); di cui purtroppo informazioni parziali di giornalismo occidentale non russo hanno negato o frainteso.

Non è utile descrivere empiriomonismo secondo criticismo relativamente a differenza con empiriocriticismo in divergenza politica e filosofica; inoltre non ve ne fu basilare divergenza culturale; ne attesta terminologia e descrizioni collegate. Divergenti erano approcci ad altre culture; tedesca, mitteleuropea, slava non russa... insomma a quel che comunismo marxista stava coinvolgendo e... confondendo! Perciò non si devono confondere i litigi politici russi per i futuri ordinamenti politici della Russia con le beghe che il comunismo-marxismo faceva inscenare in Russia zarista né con le brighe che totalitarismo comunista dava ad intera Europa ed a tutta la Russia anche futura. La inizialmente assai intermittente appartenenza totalitaria del marxismo fu causa di apparenti opposizioni tra Lenin e Bogdanov; di quest'ultimo non risulta possibile descriver vita politica in base a distinzione stabile tra menscevismo e bolscevismo. Di fatto trovo utile espressione: 'scevismo ; ove apostrofo non stando per omesso ed essendo per non esclusione (di variare, di entrambi i prefissi: men', sce'), coi prefissi considerabili non sempre da considerare per espressione stabilimente indicativa.


Contenuto descrittivo di recensione è indiretto e risente di antikantismo e filomarxismo che già essi soli non consentono a descrizioni di esser più che ipotesi-tesi.


MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
MAURO PASTORE ha detto...

Motivo che mi ha spinto questa notte ad inviare i tre commenti precedenti,

è stato l'aver constatato la condizione di confusione comunicativa-informativa in cui versano statalità e cittadinanza italiane in fatto di protezione civile e sanità e soprattutto le condizioni meno che misere per chi onesto e non dèdito a consumare energie vitali per morire in anticipo(!).
Di circostanze ordinarie e non nuove, moltitudini in contrarietà ad azioni efficaci e generose hanno fatto emergenza; per ostinarsi a viver di tranquillità impossibili e a tormentare con inquietudini penose; vaste moltitudini si son rese deboli (si son raccontate, esse stesse) ad influenze ed a segni di influenze, tra cui con una ossessionatisi (pericolosamente contro altre informazioni); invece che mutar condotte di vita civili e sociali invadenti e distratte si son cercate protezioni; con un apparato sanitario statale che fatica a star dietro a sistema statale, a protocollo corretto non corrispondendosi pari valutazioni ma quel che di non attivo, di preparatorio, non esclusivo, falsamente presentato da giornalisti: unico, definitivo...!
Di decreto a valenza di attenzione ad Istituzioni di Stato, sedicenti cittadini finanche sedicenti rappresentanti di cittadinanza o d'altro e sostenuti da comunicatori incapaci di pubblicismo ma dediti ad imitarne, han proferito di valenze opposte, facendo sembrare peggio di inutilità... Di casi di rapimenti insospettabili tali ma identificabili, ne han fatto dire in contesti ordinari, quasi a celare; decreto per messa in sicurezza di ambienti giudiziari, presentato come ordine di caserma; esso invece per approvazione di Parlamento: evidentemente già giudicato non idoneo, in sé, direi: troppo circostanziato; ugualmente l'altro –non sarebbe fausto contraddirmi–, ma di fatto non son provvedimenti attivi!; cui rimedi potrebbero esser controproducenti, inclusi evidentemente per difetto di scienze ed eccessi di tecnica.

Antropologia della medicina constata varianza di rimedi secondo varianti culturali antropologiche, non viceversa; biologia attesta imponderabilità di difensiva anche da microbiologia anche di virus; e caso raro ma caso, di malati od in procinto tali che standosi vicini, tra loro, non stan peggio...


Decreti con prontuari, di troppo specificato, controvertibili... Ma non risultano decreti operativi!
Ma giornalismo di fatto ha lasciato intendere l'opposto.

Per strade, incontrato illusi ed ingannati e chi con brutta alternativa: o volontaria schiavitù o volontaria distrazione, ed ossessiva antipsicologia, da cui mezza occultata logica di massa e negate logiche collettive; appelli ad istintualità ne trattan da contraddizioni a finger di umani bestie e di umanità ferina delittuosità, con insistenza...
Quei due decreti inattivi: non ancora errori!
Ma troppi non se ne fan capaci di sapere o cercando guai; molti vogliono darsi regime ordinativo ma regime sanitario potrebbe esser indicativo e se davvero generico.
Vuoto di Stato, non è i passi falsi di Sanità, che non è mai istituzione diretta di Stato; ma moltitudini ne fingono per paura insincera; perché malattie fanno orrore che nega reale uso per omicidio o suicidio, non solo ad umani; ma eserciti di umani autoinstupiditisi fingono di volontà che vita non ha mai e scordan di forieri di guai.

...Quanto dai fatti si deduce, condizioni di crisi di ambienti sanitari, quanto da esperti mostrato, di allarmismo controproducente, giornalismo continua di fatto a contraddire... In tivù e per strada folli criminali vorrebbero imporre inesistenti doveri...!


Scienze della organizzazione ed ermeneutica (non solo) euristica filosofiche si rivelano necessarie a chi tra tanta empietà vuol perseverare nel dovere e nel bene;
perciò, contro disimpegni esiziali, avevo pensato di chiarire fatti, idee, ragioni; in merito a necessità, anche per lasciar evidenza di verità in ore che violenze collettive vorrebbero in oblio ed in falsità.


MAURO PASTORE