mercoledì 20 luglio 2005

Achenbach, Gerd. B., Il libro della quiete interiore. Trovare l’equilibrio in un mondo frenetico.

Milano, Apogeo (Pratiche filosofiche), 2005, pp. 182, € 13,00, ISBN 88-503-22755.

Recensione di: Moreno Montanari - 20/07/2005

Consulenza filosofica - pratica filosofica.

Dopo La consulenza filosofica, saggio introduttivo all’omonima disciplina di cui Achenbach è stato il fondatore, Apogeo pubblica ora il primo libro filosofico-divulgativo dello stesso autore. Si tratta di un testo di agile lettura che invita i lettori ad un dialogo, il meno possibile affrettato, con una serie di filosofi (Epitetto, Plutarco, Marco Aurelio, Seneca, Montaigne, Pascal, Schopenhauer, Nietzsche) che si sono interrogati sulle ragioni dell’inquietudine esistenziale. Il libro raccoglie e commenta pertanto ampi stralci antologici dei succitati filosofi scelti tra quelli che s’interrogano sui quattro temi di fondo intorno ai quali l’autore articola il suo pensiero: 1) il rapporto ricorsivo che si dà tra il modo in cui concepiamo il tempo ed il modo in cui viviamo; 2) i differenti paradigmi culturali che la  nostra storia e la nostra filosofia hanno offerto del concetto di “essere umano” e la loro conseguente ricaduta sul nostro modo di pensare, agire e vivere; 3) le concezioni filosofiche di quiete interiore o serenità dell’anima negli stoici, in Montaigne e in Schopenhauer; 4) l’importanza di non rimuovere la sofferenza e la possibile portata pedagogica della sua esperienza.

Al nostro modo di concepire e vivere il tempo, in continuo confronto con quello degli antichi e degli “inattuali” (come Nietzsche), è dedicata una buona metà del libro - la migliore, a ben vedere. Qui Achenbach propone un’accurata e articolata analisi critica della modalità isterico-fagocitatrice del tempo, a suo dire, propria della modernità (evidentemente Achenbach non considera la nostra epoca come il tempo della post-modernità) che, a differenza di quanto accadrà negli altri capitoli, privilegia le argomentazioni critiche alla proliferazione di citazioni, utilizzate quasi con intento didascalico. Gli argomenti non sono certo inediti ma hanno il pregio, a differenza di molti libri del genere, di essere sviluppati in maniera tale da risultare comprensibili anche al lettore meno ferrato in materia, senza per questo rischiare mai di scadere in fastidiose banalizzazioni. Le tesi dell’autore, suffragate da spunti critici di Marx, Nietzsche e dall’immancabile Angelus Novus di Benjamin, sono che 1) la volontà di dominare il tempo propria della modernità ha paradossalmente reso l’uomo schiavo di un tempo senza eternità e tutto concentrato su un futuro che si vuole a tutti i costi precorrere, privando dunque del suo tempo il presente e svalorizzando del tutto i passato (superato, vecchio, non a passo coi tempi); 2) la frenesia con la quale si cerca di guadagnare tempo è del tutto insensata perché «più tempo risparmiamo, meno ne abbiamo» (p. 63). Il tempo vissuto in fretta è infatti, per così dire, un tempo speso ma mai acquistato. La sua riduzione a mero “fattore di produzione” (Marx) riduce le possibilità di un suo pieno godimento in senso esistenziale (p. 66); 3) l’uomo contemporaneo, convinto di essere al passo col tempo, «si solleva in realtà contro il tempo (…). Il tempo dunque ci si sottrae perché noi lo combattiamo, non lo tolleriamo, né riusciamo a sopportarlo» e il tempo «se la prende con noi perché ci ribelliamo (comunque inutilmente) contro di lui» (p. 69). Di qui il non originalissimo, ma non per questo meno valido, elogio della lentezza e della vita non indaffarata che sa ancora porre la qualità al di sopra della quantità e che, per quanto possibile – non del tutto cioè, ma neanche affatto – permette a chi la conduce di non essere mosso dai ritmi che decidono per lui cosa c’è da fare ma di condurre egli stesso le danze, dando alle cose e agli impegni il loro giusto tempo: «il tempo, infatti, non è assolutamente un qualcosa che abbiamo, ma esiste per noi nel momento in cui ce lo prendiamo e nel momento in cui ce lo lasciamo. Chi ha bisogno di tempo non lo consuma ma, al contrario, l’ottiene solo in questo modo [concedendogli cioè tempo]» (p. 64).

Ma che senso ha, si obietterà, parlare di calma e lentezza in un mondo che corre freneticamente? Non sarà l’ennesimo nostalgico lamento di chi non riesce a vivere i cambiamenti del proprio tempo? Non occorrerebbe piuttosto cercare di trovare soluzioni interne al modo attuale di intendere e vivere la durata e la velocità del tempo della contemporaneità? Da una parte Achenbach sembra rispondere che occorre deviare il tempo dai binari nei quali la frenesia della modernità l’ha incanalato altrimenti non si dà più la possibilità di raggiungere la quiete e la serenità; dall’altra, ci ricorda che, dato che il tempo non è alcunché di determinato ma dipende dal nostro modo di concepirlo e viverlo, anche la nostra attuale dimensione del tempo non è affatto irreversibile e fissata una volta per tutte.

Il resto delle analisi, che si misurano con i temi che abbiamo indicato in apertura, fanno tutte riferimento ad un soggetto attento, vigile, motivato capace di vincere le proprie debolezze ma anche, se non soprattutto, consapevole dei propri limiti: leggero, fiero ma modesto nelle pretese di felicità e dominio della natura, capace di accettare il corso delle cose e di essere stoicamente e nietzscheianamente fedele ad esse, in una parola, direi “ironico” (nel senso rorthyano del termine, cfr. Rorthy 1994). Ogni atteggiamento e riflessione vengono qui ricondotti a due principali abilità: saper comprendere le ragioni e il senso di quanto ci accade, anche osservandoli da prospettive diverse (che c’è di buono nel danno che abbiamo subito?, che cosa ha causato il comportamento del mio aggressore? per quali ragioni non sono felice? È colpa mia o della realtà esterna?, ecc.) e ricondurre tutto quanto avviene alla nostra responsabilità: «Platone – dice Plutarco – paragonò la vita ad un lancio di dadi (…) l’esito del lancio non dipende da noi, mentre il fatto di accettare con favore i risultati offerti dalla sorte e assegnare a ciascuno di essi una collocazione nella quale quello favorevole possa giovare al massimo e quello spiacevole nuoccia il meno possibile a chi l’ha ottenuto, ebbene questo è il compito nostro, se siamo assennati» (p. 96).

Addirittura ridondante, perché assolutamente centrale, il continuo appello a ricordare, con Epitetto, che «non sono le cose a turbare gli uomini ma i loro giudizi sulle stesse» (p. 125); che è importante aver “cura” della propria “anima”, ed essere capaci di liberarsi dalla dipendenza dai giudizi degli altri, siano essi entusiastici o distruttivi; che «non è importante la filosofia ma il vivere filosoficamente» (p. 116); che «un conto è ciò che succede, un altro la mia idea di quello che succede» (p. 126); che è bene concentrarci su noi stessi anziché darci “in affitto” agli altri (p. 149) e che l’essere umano «non è solo quell’essere che semplicemente vive, ma è quello che, vivendo, determina la sua esistenza» attraverso un «lungo lavoro su se stessi», (p. 30). Alla fine di questo lungo invito alla quiete interiore l’ineludibile invito ad ogni lettore a “scrivere” lui le conclusioni (p. 182) proseguendo da sé quel viaggio di scoperta e realizzazione nel quale «saremo davvero giunti alla meta solo quando incontreremo noi stessi come, in buona coscienza, ci vorremmo incontrare» (p.118).

Indice

Indice
Introduzione
Prima di cominciare
Irrequietezza
Sull’assenza di tranquillità
Differenti immagini dell’essere umano
Il dominio del tempo
Lentezza e silenzio
Silenzio
Non preoccupatevi!
La calma interiore
Freidrich Nietzsche: nello specchio della natura
La calma interiore
I principi della Stoa
Michel de Montaigne, uno stoico scettico
Leggerezza
Il senso del dolore
Per concludere: il pensiero di Beppe lo spazzino

L'autore

Gerd B. Achenbach, nato nel 1947 ad Hameln (Germania) è il padre fondatore della pratica filosofica movimento al quale ha dato inizio nel 1982 fondandola Gesellschaft für Philosophische Praxis (Società internazionale per la consulenza filosofica), di cui è stato presidente fino all’autunno del 2003. Autore di diverse opere e articoli sulla consulenza filosofica in tedesco e in inglese, Achenbach è stato pubblicato in Italia dalla casa editrice Apogeo che ne ha comprato i diritti ed ha già pubblicato La consulenza filosofica (2004).

9 commenti:

MAURO PASTORE ha detto...

Recensione di Moreno Montanari usa, però unilateralmente (non saprei se per sua evenienza o per sua scelta o per sue entrambe), premessa di scoperta post marxista, da cui non si intende appieno cosa possa essere una consulenza filosofica in quanto tale ed ancor meno se ne intende unilateralmente.

Per la precisione, va sconfessata l'opinione che ci sia stato un fondatore di disciplina di consulenza filosofica e si deve constatare che vi sono stati vari definitori della consulenza filosofica, la quale non è passibile di definizioni esclusive perché è una azione filosofica non oggetto di alcun previo ricercare bensì soggetto che filosoficamente si trova in stesso filosofare pratico.

Al tempo di Federico II di Svevia alcuni filosofi Gli erano consulenti ma Egli stesso da prima eta stato consulente filosofico, poi anche organizzatore.
Nella storia della filosofia, pratica ufficiale di consulenza filosofica esisteva già in Alto Medio Evo (leggende, precedenti, attribuivano a tale o talun longobardo Astolfo esempi bizzarri e seduttivi di consulenze filosofiche, finanche in mezzo a scontri di guerra, troppo violenti per esser autenticamente "bellici").
Durante premodernità la consulenza filosofica era norma accademica, nella modernità norma universitaria, in modi diversi appellata.
In tarda modernità ne esistevano corsi semiufficiali, noti in Germania di inizio Secolo Ventesimo (se ne deduce dalle memorie di M. Heidegger pure), in Svizzera prima ancora ne era menzione in ambienti culturali della teologia (se ne deduce da memorie di C. Jung). In America corsi ufficiali, forse burocraticamente sanciti anche, se non prima esistettero dopo fine di Seconda Guerra Mondiale; ugualmente in Europa già da ultimo decennio di fine Secolo Ventesimo; da alcuni anni in Italia ne esistono corsi ufficiali, riconosciuti di fatto validi, da Istituzioni universitarie; in altri luoghi europei da prima ancora.
Invece la consulenza filosofica fu ed era di fatto ostracizzata dal marxismo, benché Marx dopo suo autodiniego era stato variamente sorprendente od impensato consulente, fatto che rese ostracismo marxista, già fortemente antioccidentale ma anche contro cultura orientale contemporanea, accanitissimo fino alla caduta di fatto dello stalinismo ad opera di leninismo. In ambienti postmarxisti accolta quale novità, da ambienti ex marxisti non è stata veramente accolta in suoi valori e funzioni odierni.
Ma esiste pure la storia culturale bizantina, per la quale consulenza filosofica ufficiale esisteva sin dai tempi di Proclo; parimenti a Roma consulente era stato Marco Aurelio, anche Plotino e non solo per Italia; e consulenza filosofica da Accademia platonica aveva ricevuto Agostino di Ippona, di formazione pitagorica.
I bizantini ne praticarono per Oriente, i russi anche e pure per America, raggiunta da essi indipendentemente dai tempi pre - post colombiani; gli arabi sin da Medio Evo per varissimi luoghi del mondo ed Europa inclusa, dove notissimi consulenti furono averroisti.
Di questi passati ne intuiva almeno un poco l'intellettuale francese e postmoderno J. Derrida, che faceva notare in tempi di Guerra Fredda l'esistenza di un monolinguismo, anche "dell'altro", anche monolinguismo intollerante e purtroppo oltre ogni misura giudiziariamente accettabile, di fatto identificabile quest'ultimo in prassi marxista non esterna ed esternamente coincidente a plurilinguismo varissimo quanto, in stessi argomenti, nozionista ed antiinformativo o viceversa antinozionista ed informativo.

(Questa mio messaggio ha valore di consulenza filosofica, munita di relativa manifestazione di principio di base.)

MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

In mio messaggio precedente:

'eta' sta per: era .

C. Jung sta per: C. G. Jung .

'riconosciuti di fatto validi, da Istituzioni universitarie' sta per: riconosciuti di fatto validi da Istituzioni universitarie .

MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

Invierò quanto prima testo di mio messaggio con correzioni incluse, non solo accluse da mio ultimo messaggio.

MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

*

Recensione di Moreno Montanari usa, però unilateralmente (non saprei se per sua evenienza o per sua scelta o per sue entrambe), premessa di scoperta post marxista, da cui non si intende appieno cosa possa essere una consulenza filosofica in quanto tale ed ancor meno se ne intende unilateralmente.

Per la precisione, va sconfessata l'opinione che ci sia stato un fondatore di disciplina di consulenza filosofica e si deve constatare che vi sono stati vari definitori della consulenza filosofica, la quale non è passibile di definizioni esclusive perché è una azione filosofica non oggetto di alcun previo ricercare bensì soggetto che filosoficamente si trova in stesso filosofare pratico.

Al tempo di Federico II di Svevia alcuni filosofi Gli erano consulenti ma Egli stesso da prima era stato consulente filosofico, poi anche organizzatore.
Nella storia della filosofia, pratica ufficiale di consulenza filosofica esisteva già in Alto Medio Evo (leggende, precedenti, attribuivano a tale o talun longobardo Astolfo esempi bizzarri e seduttivi di consulenze filosofiche, finanche in mezzo a scontri di guerra, troppo violenti per esser autenticamente "bellici").
Durante premodernità la consulenza filosofica era norma accademica, nella modernità norma universitaria, in modi diversi appellata.
In tarda modernità ne esistevano corsi semiufficiali, noti in Germania di inizio Secolo Ventesimo (se ne deduce dalle memorie di M. Heidegger pure), in Svizzera prima ancora ne era menzione in ambienti culturali della teologia (se ne deduce da memorie di C. G. Jung). In America corsi ufficiali, forse burocraticamente sanciti anche, se non prima esistettero dopo fine di Seconda Guerra Mondiale; ugualmente in Europa già da ultimo decennio di fine Secolo Ventesimo; da alcuni anni in Italia ne esistono corsi ufficiali, riconosciuti di fatto validi da Istituzioni universitarie; in altri luoghi europei da prima ancora.
Invece la consulenza filosofica fu ed era di fatto ostracizzata dal marxismo, benché Marx dopo suo autodiniego era stato variamente sorprendente od impensato consulente, fatto che rese ostracismo marxista, già fortemente antioccidentale ma anche contro cultura orientale contemporanea, accanitissimo fino alla caduta di fatto dello stalinismo ad opera di leninismo. In ambienti postmarxisti accolta quale novità, da ambienti ex marxisti non è stata veramente accolta in suoi valori e funzioni odierni.
Ma esiste pure la storia culturale bizantina, per la quale consulenza filosofica ufficiale esisteva sin dai tempi di Proclo; parimenti a Roma consulente era stato Marco Aurelio, anche Plotino e non solo per Italia; e consulenza filosofica da Accademia platonica aveva ricevuto Agostino di Ippona, di formazione pitagorica.
I bizantini ne praticarono per Oriente, i russi anche e pure per America, raggiunta da essi indipendentemente dai tempi pre - post colombiani; gli arabi sin da Medio Evo per varissimi luoghi del mondo ed Europa inclusa, dove notissimi consulenti furono averroisti.
Di questi passati ne intuiva almeno un poco l'intellettuale francese e postmoderno J. Derrida, che faceva notare in tempi di Guerra Fredda l'esistenza di un monolinguismo, anche "dell'altro", anche monolinguismo intollerante e purtroppo oltre ogni misura giudiziariamente accettabile, di fatto identificabile quest'ultimo in prassi marxista non esterna ed esternamente coincidente a plurilinguismo varissimo quanto, in stessi argomenti, nozionista ed antiinformativo o viceversa antinozionista ed informativo.

(Questa mio messaggio ha valore di consulenza filosofica, munita di relativa manifestazione di principio di base.)

MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

Sono spiacente per inconveniente di scrittura accaduto.

(Esso è stato provocato da altre necessità, più gravi della necessità di primo invio del tutto riuscito di mio messaggio e consulenza, necessità causate da precedenti e non solo precedenti perduranti e violente minacce dai pressi di dove stavo e sto... concomitanti con intervento di moscerino esotico su mio schermo luminoso, cui presenza determinata non causata da ulteriori umane volontarie e consapevoli azioni di disturbo contro vita italiana di luoghi italiani condotte dai pressi di dove scrivevo e mentre scrivevo confessate da sorta di vago "urlio" di taluno da stessi pressi, africaneggiante e irrispettoso non solo di Europa ed Occidente ma di stessa Africa e (scelleratamente) volontariamente confusivo ai danni di alcuni insetti comunque non malintenzionati (stesso moscerino protagonista del disturbo era non malintenzionato).
Accludo questa notazione, utile ai lettori ed ecologicamente favorevole, anche per eventuale previa non stessa illustrazione della menzione leggendaria di medioevali 'Astolfi' che ho voluto parte di miei (mio) messaggio e consulenza e per augurale non auspicale umorismo).

Comunque Internet non è una libreria e basti ultimo invio sufficiente.

MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

Aggiungo : per quanto mio primo invio del tutto riuscito, quanto inviato era, a causa di testo non perfetto, interpretabile in alcune zone di testo stesso sol anche intuitivamente.
Comunque ho provveduto a secondo invio con testo emendato.

Date circostanze accadute ed accadenti a causa di umane volontà contro esistere autenticamente europeo ed italiano e contro mia volontà di comunicazione, preciso, ovviamente ma necessariamente per mostrare quale sia avversione contro mie comunicazioni, che una stessa consulenza non compiutamente comunicata non è una altra consulenza da medesima compiutamente comunicata.

MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

Avendo individuato altra correzione da fare anche a mio testo già una volta emendato, ne reinvierò ulteriormente emendato, ribadendo che più o meno subliminali e non solo subliminali ostacolamenti a mie comunicazioni Internet stanotte stanno continuando, sia per brighe di gravissime minacce contro di me e non solo me e non ritirate, sia per presenze umane dai pressi resesi ostili a vita dei luoghi, presenze cui volontari (non sempre fino ad ebetitudine) effetti sono confusivi per vita minima e per ingenuità e finanche sfavorevoli per polveri attorno... — vero che ciò è il crimine di vaste moltitudini in Occidente ma riferirne particolarmente da parte mia è utile anche per mie comunicazioni osteggiate.

Preciso, ovviamente ma necessariamente per mostrare quale sia avversione contro mie comunicazioni, che una stessa consulenza non compiutamente o quasi compiutamente comunicata non è una altra consulenza da medesima compiutamente comunicata.

Internet non è una libreria e basta ultimo invio del tutto sufficiente.

Ribadisco inoltre che sono spiacente per inconvenienti di scrittura accaduti (e spero che tali notazioni aggiunte servano a chi vuol imparare ad usar filosoficamente sottigliezze anche linguistiche nonché... psicologiche).

!
Inconvenienti sono stati provocati da altre necessità, più gravi della necessità di primi invii del tutto riusciti di mio messaggio e consulenza, necessità causate da precedenti e non solo precedenti perduranti e violente minacce dai pressi di dove stavo e sto contro di me e non solo contro di me...
/

MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

! *

Recensione di Moreno Montanari usa, però unilateralmente (non saprei se per sua evenienza o per sua scelta o per sue entrambe), premessa di scoperta post marxista, da cui non si intende appieno cosa possa essere una consulenza filosofica in quanto tale ed ancor meno se ne intende unilateralmente.

Per la precisione, va sconfessata l'opinione che ci sia stato un fondatore di disciplina di consulenza filosofica e si deve constatare che vi sono stati vari definitori della consulenza filosofica, la quale non è passibile di definizioni esclusive perché è una azione filosofica non oggetto di alcun previo ricercare bensì soggetto che filosoficamente si trova in stesso filosofare pratico.

Al tempo di Federico II di Svevia alcuni filosofi Gli erano consulenti ma Egli stesso da prima era stato consulente filosofico, poi anche organizzatore.
Nella storia della filosofia, pratica ufficiale di consulenza filosofica esisteva già in Alto Medio Evo (leggende, precedenti, attribuivano a tale o talun longobardo Astolfo esempi bizzarri e seduttivi di consulenze filosofiche, finanche in mezzo a scontri di guerra, troppo violenti per esser autenticamente "bellici").
Durante premodernità la consulenza filosofica era norma accademica, nella modernità norma universitaria, in modi diversi appellata.
In tarda modernità ne esistevano corsi semiufficiali, noti in Germania di inizio Secolo Ventesimo (se ne deduce dalle memorie di M. Heidegger pure), in Svizzera prima ancora ne era menzione in ambienti culturali della teologia (se ne deduce da memorie di C. G. Jung). In America corsi ufficiali, forse burocraticamente sanciti anche, se non prima esistettero dopo fine di Seconda Guerra Mondiale; ugualmente in Europa già da ultimo decennio di fine Secolo Ventesimo; da alcuni anni in Italia ne esistono corsi ufficiali, riconosciuti di fatto validi da Istituzioni universitarie; in altri luoghi europei da prima ancora.
Invece la consulenza filosofica fu ed era di fatto ostracizzata dal marxismo, benché Marx dopo suo autodiniego era stato variamente sorprendente od impensato consulente, fatto che rese ostracismo marxista, già fortemente antioccidentale ma anche contro cultura orientale contemporanea, accanitissimo fino alla caduta di fatto dello stalinismo ad opera di leninismo. In ambienti postmarxisti accolta quale novità, da ambienti ex marxisti non è stata veramente accolta in suoi valori e funzioni odierni.
Ma esiste pure la storia culturale bizantina, per la quale consulenza filosofica ufficiale esisteva sin dai tempi di Proclo; parimenti a Roma consulente era stato Marco Aurelio, anche Plotino e non solo per Italia; e consulenza filosofica da Accademia platonica aveva ricevuto Agostino di Ippona, di formazione pitagorica.
I bizantini ne praticarono per Oriente, i russi anche e pure per America, raggiunta da essi indipendentemente dai tempi pre - post colombiani; gli arabi sin da Medio Evo per varissimi luoghi del mondo ed Europa inclusa, dove notissimi consulenti furono averroisti.
Di questi passati ne intuiva almeno un poco l'intellettuale francese e postmoderno J. Derrida, che faceva notare in tempi di Guerra Fredda l'esistenza di un monolinguismo, anche "dell'altro", anche monolinguismo intollerante e purtroppo oltre ogni misura giudiziariamente accettabile, di fatto identificabile quest'ultimo in prassi marxista non esterna ed esternamente coincidente a plurilinguismo varissimo quanto, in stessi argomenti, nozionista ed antiinformativo o viceversa antinozionista ed informativo.

(Questo mio messaggio ha valore di consulenza filosofica, munita di relativa manifestazione di principio di base.)

MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

Quanto presentato da indice e a prescindere da erranze in essa contenute deducibile da recensione, rende possibile descrivere una tematica (A), una argomentazione (B), una conclusione (C), attribuibili ad autore di opera recensita:

A) Soggettività creativa del tempo;
B) Dissipazione sociale della temporalità;
C) Astensione temporale dalle concomitanze sociali anticreative.

Dunque in tal ed unico possibile senso la menzione del pensiero sociale di Marx è soltanto per considerazione priva di assenso e il riferimento alla Stoa è utilizzabile solo per constatazioni: di sopraggiunta inanità di stoicismo e di necessità di accettare la naturalità qual essa sia.
È evidente che si tratta di pensiero occidentale ed europeo, per contesto critico specificato e per ambiente implicitamente denotato: il luogo della vittoria politica capitalista (Occidente) e dove la natura impone intuizioni dirette a stessa vita culturale (Europa).

Del tempo passato dal tempo della pubblicazione recensita bisogna riconoscere questo grave accaduto: nonostante la politica europea ed occidentale sopravvivano, esse sono in estrema difesa, talora in apparenza ingannatoria di aver capitolato, a causa di masse di individui assai variamente diversamente composte e non solo in forma di folle od affollamenti od affollarsi, di cui maggior parte solo nominalmente cittadini secondo onesta burocrazia ovvero in realtà inetti a cittadinanza e di cui totalità non appartenente più a Paesi di residenza o permanenza, perché avendo scelto snaturatezza, spesso quale séguito indiretto di innaturalità, passando esse da idealità vane circa scorrere del tempo naturale a concetti erronei sui poteri dei tempi artificiali, fino al tentativo di una macchinazione-omologazione a scopi dettati da autoinganni ed illusioni, queste ultime insidie naturali contro la vita dimentica di sé e del mondo. Ciò significa che vi sono ingenti moltitudini di umani, contro i quali incombono anche eventi non straordinari della natura, che occupano Statalità abusando di anagrafiche e tentando di trasformarle in omografiche con azioni appunto omologatrici a diretta erroneità ai danni delle facoltà naturali umane.

È notabile dunque il riferirsi di autore oltre lo stoicismo alla Stoa, questa ancora sconosciuta per contenuti di riferimenti ordinari, sia pure accademici, perché consente a suo lavoro restante utilità, ora che, in ogni caso, è necessario di più...

Ma (!) si devono notare le passate coincidenze non della natura ma nella natura che hanno impedito il disastrarsi di tali masse di individui e bisogna accorgersi del presente e futuro necessario venir meno di tali coincidenze non cosmologiche, affinché ci si accorga pure dei rischi causati da vuoti sociali ed assenze oltre che della ventura impotenza o venuta ad impotenza delle azioni contrarie a piena vitalità da parte di medesime masse.

A causa di vuoti, assenze ed impotenze di una sua parte, l'umanità sta trasformando proprio genere per 'via' maggiormente conservativa, dunque anche per maggior forza di distinzioni etniche; ed ovviamente non c'è politica possibile nel trascurare o ignorare poteri etnarchici. In tal senso la creatività del tempo non può accadere per tramite diretto e principale di soggettività sociale e neppure trascurando retaggi vitali, tra cui alcuni prima secondari ora non più; tra questi, nella vicenda della filosofia ci sono gli effetti diretti della Stoa, da valutarsi ormai primieramente ed improrogabilmente se possibilmente, assieme alla eredità culturale stoica già da prima valutata. (!)

(!!) È necessario altresì che filosofia riconduca la considerazione della soggettività creatrice del tempo a riconsiderazione o considerazione di oggettività necessitante di tempo ed è necessario pure inverso riconducimento.

MAURO PASTORE