martedì 10 gennaio 2006

Härle, Clemens-Carl (a cura di), Ai limiti dell’immagine.

Macerata, Quodlibet (Estetica e critica), 2005, pp. 265, € 20,00, ISBN 88-7462-038-1.

Recensione di Micaela Latini – 10/01/2006

Estetica

Il concetto di immagine ha sempre occupato un ruolo di primissimo piano nella cultura umana, in tutte le sue manifestazioni, dalla filosofia alla letteratura, dalla pittura alla musica, dalla teologia alle storia delle scienze.

In che cosa consiste un’immagine e soprattutto quali sono i suoi confini? E ancora, i limiti dell’immagine afferiscono al mondo dell’arte? Il pensiero filosofico e artistico, da Platone in poi, non ha mai smesso di interrogarsi su tali questioni. Il tema dell’immagine è anzi oggi quanto mai attuale, di fronte a un’arte che si è fatta terreno incerto.

È questo l’orizzonte teorico entro il quale si muovono le riflessioni contenute nel volume curato da Clemens-Carl Härle. Il libro ospita interventi che spaziano nei diversi campi del sapere: dalla rappresentazione pittorica ad altre forme di rappresentazione (come quella mitico-letteraria o teatrale e musicale). Il nodo problematico intorno al quale si stringono le riflessioni portate avanti nei diversi saggi è lo statuto problematico del concetto di immagine. Collocato in quella terra di confine che separa/unisce l’aisthesis e l’intelletto, il Bild si presenta inevitabilmente nella sua natura ambigua e sfuggente: sempre chiuso e insieme aperto, al contempo opaco e trasparente, identico a sé e altro da sé. Come sottolinea Härle nella Premessa, è la stretta connessione con la pluralità dei sensi a rendere sfumato il confine dell’immagine, e tale instabilità è alla base della difficile relazione che vige con il linguaggio. Quelle regole e quelle strutture rigide che operano sull’organizzazione linguistica si configurano come barriere o filtri, come impedimenti alla mobilità figurativa. È questo il limite esterno contro il quale cozza il fluttuare dell’immagine. Ma c’è anche una soglia interna, che consiste – così Härle – “nel rischio di ricadere nell’indistinto con un movimento pluridirezionale in cui non è più possibile percepire nessuna figura” (p. 8). Insomma, per “limiti dell’immagine” si intende da un lato i confini contro i quali la rappresentazione urta, e dall’altro le condizioni di possibilità del suo essere Bild. Come a dire che il dispositivo di delimitazione garantisce anche il ruolo di focalizzazione e decontestualizzazione. Di un concetto così problematico è impossibile restituire una fisionomia nitida, ma si può tentare di rintracciare le molteplici e contraddittorie tensioni che si sviluppano al suo interno.

È questo l’intento che ha animato gli studi degli autori i quali, seguendo percorsi differenti ed esplorando campi anche distanti tra loro, hanno contribuito alla realizzazione di questo volume: Gioachino Chiarini, Bruno Clément, Florence Dupont, Carlo Ginzburg, Clemens-Carl Härle, Alessandro Linguiti, Jean-Luc Nancy, François Noudelmann, Talia Pecker Berio, Antonio Prete, Romano Romani, Antonia Soulez, Christian Trottmann, Anca Vasiliu, Patrick Vauday. Ne emerge una “galleria di immagini” che, come in un gioco di scatole cinesi, rimandano l’una all’altra, chiudendo e aprendo allo stesso tempo il confine della stessa nozione di cui partecipano.

Non è un caso se l’intervento di Nancy - che inaugura Ai limiti dell’immagine - si concentra proprio sulla connotazione erotica della nozione di Bild. A differenza della figura, che è paga di sé e plasma un’identità, l’immagine visiva è innervata del desiderio dell’alterità: “L’immagine è l’effetto del desiderio (del desiderio di raggiungere l’altro) o, meglio, essa ne apre lo spazio, ne scava l’apertura. Ogni immagine è l’Idea di un desiderio” (p. 16). Come l’imago romana è l’apparizione del morto, così lo scopo della rappresentazione iconica è quello di restituire la presenza di un’assenza. Su questo sfondo problematico, e sulla scia di sollecitazioni provenienti da Platone e Freud, Nancy indaga il rapporto di reciproca implicazione che vige tra la mimesis e la methexis. La relazione tra i due momenti è infatti all’insegna di un’incessante tensione, dominata dal desiderio di proiettarsi sullo sfondo delle cose, dall’anelito a far emergere la profondità della superficie. Ma di questo stesso anelito è intessuta l’interrogazione filosofica, da intendersi come incessante sforzo di comprensione di ciò che giace sotto i nostri occhi e che – come osserva Wittgenstein - proprio per questo non comprendiamo mai una volta per tutte.

Indice

Premessa
Jean-Luc Nancy: L’immagine: mimesis e methexis
François Noudelmann, Immagine e concetto: una genealogia senza origine
Romano Romani, Skia, fantasma e logos nei libri sesto e settimo della Repubblica di Platone
Alessandro Linguiti, Immagine e concetto in Aristotele e Plotino
Anca Vasiliu, L’immagine rovesciata. Sofisti e Padri alla fine dell’antichità
Christian Trottmann, Murenulas aureas faciemus…Dire la contemplazione: Guigo du Pont, lettore di Bernardo Chiaravalle
Gioachino Chiarini: Simboli celesti. Immagini della staticità e del movimento
Florence Dupont: Il furor tragico in Seneca: concetto filosofico, categoria dell’azione o figura di spettacolo
Bruno Clément: Avere l’immagine o fare l’immagine
Antonio Prete, Baudelaire o le passioni dell’immagine
Clemens-Carl Härle: Credo: pittura tra immagine e scrittura
Patrick Vauday: A che cosa fa pensare la macchia di pittura?
Talia Pecker Berio: Figure sonore: lo statuto della musica tra pensiero e azione
Carlo Ginzburg, Somiglianze di famiglia e alberi genealogici. Due metafore cognitive
Antonia Soulez, Vedere lo stesso come altro

Il curatore

Clemens-Carl Härle insegna lingua e letteratura tedesca all’Università di Siena e collabora con il Collège International de Philosophie di Parigi. Ha scritto La forza di parlare. Considerazioni su Malina di Ingeborg Bachmann (Siena 1994) e ha curato Karten zu Tausend Plateaux von G. Deleuze und Felix Guattari (Berlin 1993) e Libro del deserto di I. Bachmann (Napoli 1999).

Nessun commento: