mercoledì 5 aprile 2006

Thomas, Kendall – Zanetti, Gianfrancesco (a cura di), Legge, razza e diritti. La Critical Race Theory negli Stati Uniti

Reggio Emilia, Diabasis, 2005, pp. 210, € 15,00, ISBN 8881033437.

Recensione di Daniela Di Dato -  05/04/2006

Filosofia del diritto

La raccolta curata dagli autori Kendall Thomas e Gianfrancesco Zanetti fornisce indubbiamente un quadro completo della Critical Race Theory americana, caratterizzandola con gli interventi di esponenti ideologicamente, culturalmente e geograficamente diversificati.
Il tema, originario della storia civile americana, offre chiavi interpretative interessanti e utili al macrocosmo attuale dei fenomeni di immigrazione nei vari paesi del mondo ma pure ai più ristretti microcosmi nazionali di paesi sviluppati in cui sopravvivono, spesso mascherati, esempi di realtà discriminate: come non pensare al dibattito politico di questi giorni sulle “quote” rosa.
Sicuramente importante il punto di partenza del dibattito nato intorno alla questione razziale, cioè la sentenza della Corte Suprema relativa al caso Brown.
Negli Stati Uniti, sistema della common law in cui, cioè, la sentenza può essere citata nella giurisprudenza e nella dottrina così da assumere forma propria, la sentenza sul caso Brown vs. Board of Education costituisce il punto di origine di tutto il dibattito essendo la prima, concreta presa d’atto dell’esistenza di una forma di discriminazione e conseguente segregazione razziale tra black e whites.
In questo caso, infatti, la Corte decreta la non applicabilità di una legge vigente nello stato della Louisiana che riconosce il principio separate but equal applicato agli scompartimenti ferroviari che seppure identici nella forma (in realtà identici non lo furono mai), devono essere mantenuti distinti tra bianchi e individui di colore.
Nel caso Brown invece la Corte sostiene che tale principio, rivendicato dalla difesa, non può essere applicato in quanto il settore dell’istruzione, piuttosto che del trasporto pubblico in generale, possiede una particolarità specifica: per quanto infatti, si possa pensare di costruire scuole perfettamente identiche per bianchi e colored people in termini di fabbricati, numero di insegnanti, ecc., l’educazione e la formazione culturale non potranno mai essere riprodotti in maniera speculare: infatti il confronto, lo scambio dialettico tra gli studenti sono aspetti imprescindibili nella formazione culturale, per nulla quantificabili e quindi impossibili da riprodurre come cloni indifferenziati.
La complessità della CRT e del movimento dei Civil Rights viene approfondita con un altro scritto inserito nella raccolta, di Derrick Bell, studioso black profondamente apprezzato dallo stesso M. L. King, il quale sostiene che l’affermarsi del movimento per la difesa dei diritti civili fu in realtà favorito da precisi interessi dell’establishment bianco: il revisionismo storico risalirebbe infatti solo agli anni ’50, anni in cui l’America sentiva forte il bisogno di acquisire credibilità presso le popolazioni afro-asiatiche nella lotta contro il comunismo sovietico, di rassicurare i numerosi veterani black di ritorno dal secondo conflitto mondiale e di rilanciare concretamente l’industrializzazione degli stati del Sud in sostituzione della meno redditizia coltura delle piantagioni largamente incentivata dalla segregazione razziale. Coraggiosamente per la sua epoca, Derrick evidenzia come l’affermazione dei diritti civili per i black è figlia non tanto di una rivalutata idealità di uguaglianza ma di una fortunata congiuntura di interessi con la middle class bianca.
L’analisi si spinge oltre, assumendo la prospettiva interessante della cultura orientale, in particolare giapponese, attraverso lo studio rigoroso di Neil Gotanda sul concetto di razza da lui abilmente articolato in quattro distinti significati.
Il testo di Gotanda potrebbe essere considerato il perno intorno a cui ruota tutto il libro in quanto dall’individuazione di quattro diversi significati del concetto di razza si parte per spiegare l’origine di comportamenti contrapposti nei confronti della razza, ampiamente diffusi nella società americana e non solo.
La razza intesa come status e la razza intesa in senso formale cioè come categoria, bianco-nero, per nulla connessa ad alcun contenuto storico-culturale sono, secondo Gotanda, il presupposto ideologico per un atteggiamento color blind dello Stato, ossia cieco rispetto al colore che, particolarmente diffuso in America, ha a lungo mascherato, sotto l’apparente spirito egualitario, una reale discriminazione e segregazione dei gruppi più deboli (black, latinos, indios, ecc.) giustificata proprio dal non vedere la razza, attribuendo la subordinazione razziale al solo pregiudizio personale.
La razza intesa nel suo significato sia storico che culturale, invece incorpora sia la storia dei gruppi di minoranza black in America riconoscendone quindi ogni forma di segregazione perpetrata in passato, sia gli aspetti culturali, di credenze, tradizioni che identificano la cultura black come entità autonoma e distinta da quella bianca.
Tale forma di riconoscimento fa prevalere il concetto di diversità di una razza rispetto ad un’altra piuttosto che di tolleranza, riconosce una connessione storico-culturale che i primi due significati di razza misconoscono mantenendo praticamente il privilegio bianco della subordinazione razziale.
In tal senso dal concetto di razza storico-culturale si originano l’affirmative action e la race consciousness intesi come azioni politiche di riconoscimento della razza e di attuazione di attività concrete per garantire a tutti i gruppi di minoranza identiche opportunità di partenza per una piena cittadinanza.
Il dibattito della CRT si spinge ad approfondire il rapporto razza-diritto-politica, negli scritti pubblicati di I. H. Lopez, B. Flagg e C. Harris, Crenshaw, docenti delle Università di Berkeley e Los Angeles fino agli interventi di Duncan Kennedy, che pur non appartenendo al movimento della CRT, tuttavia rappresenta uno dei maggiori esponenti della Critical Legal Studies, ultima frontiera della filosofia del diritto postmoderna.
Il diritto, infatti, essendo strumento necessario per regolare i rapporti sociali finisce con il determinare la categoria della razza. Il passaggio è fondamentale e non immediatamente intuibile: a chi sostiene che la razza sia una categoria sociale legata non tanto a definizioni giuridiche quanto più a consuetudini, tradizioni e privilegi quasi a riconoscerne una naturalità, la CRT evidenzia come i processi legislativi hanno portato in passato a definire categorie giuridiche quali la proprietà, la bianchezza, associando idee sulla razza a condizioni materiali o fisiche di alcuni (il colore della pelle appunto).
L’evoluzione è ideologicamente molto delicata, in quanto all’origine, lo sviluppo della schiavitù nei confronti dei black si diffonde e si istituzionalizza nel momento in cui i proprietari terrieri perdono controllo e potere sul lavoro servile bianco. Il divario si accentua sempre di più tra il gruppo privilegiato dei bianchi possidenti e il popolo dei black al quale i codici schiavisti prima ed il diritto poi annullano tutti i più elementari diritti di voto, di libera espressione e circolazione, ma soprattutto il diritto alla proprietà. Il concetto di proprietà non è secondario o subordinato alla discriminazione ma ha una caratteristica peculiare per la cultura americana di quegli anni: la proprietà rappresenta qualcosa a cui può essere ascritto un valore e un diritto. Metaforicamente la bianchezza è essa stessa una forma di proprietà trasparente di cui l’uomo bianco non ha percezione se non nella misura in cui si confronta con gente black: è una forma di proprietà naturale, riconosciuta prima dalla scienza e ratificata dal diritto, è la vera proprietà che solo un gruppo possiede ed è per questo che i black, non possedendo la bianchezza, perdono il loro diritto di voto.
Unica terapia quindi è attraverso la race consciousness, imprescindibile per una corretta gestione politica e sociale della discriminazione razziale.
Quando si affronta il problema della razza, questa deve contare incidendo sensibilmente e concretamente nel sociale. Da questo punto quindi si afferma sempre più il principio della political blackness a dare sostanza a quanto Neil Gotanda attribuiva al significato storico di razza.
Si intende una politica della razza, che forte dell’azione affermativa, guida il diritto a realizzare misure che favoriscano uguaglianza di opportunità per le comunità black discriminate: è per questo che il sistema delle “quote” viene introdotto nel corpo docente delle Law Schools degli Stati Uniti a sottolineare che laddove si fonda la conoscenza e la coscienza giuridica è lì che vanno imposte garanzie inattaccabili perchè il melting pot culturale sia ben rappresentato.
In questo modo la politica riesce ad aiutare chi è stato reso storpio dalla discriminazione ad attraversare la strada non dotandolo di stampelle di compensazione, ma liberando la strada dagli ostacoli (pag. 160).
La CRT secondo gli autori rafforza il concetto di identità razziale, anzi lo avvalora e lo riempie di significati e porta il tema della giustizia razziale, dell’uguaglianza di opportunità e della diversità non soltanto come esperienze limitate alla società americana, ma applicabili a qualunque paese, come un processo che non è destinato a terminare ma che evolve continuamente per la realizzazione di una piena giustizia razziale dove per razza si intende un concetto allargato di gruppi per nulla o non adeguatamente rappresentati.
Verrebbe da pensare alla nostra attualità europea, dai fermenti violenti delle banlieues parigine, alla questione recentemente dibattuta delle quote rosa nel Parlamento Italiano, esempi la cui voce è stata amplificata più o meno attentamente ma che, forse alla luce di questi scritti, andrebbero riconsiderati in tutta la loro portata ideologica ed umana come fra l’altro suggerisce la delicata metafora del canarino per i minatori, il cui sistema respiratorio, essendo molto più delicato di quello umano, veniva utilizzato come allarme, per i lavoratori scesi giù in miniera, in caso di pericolo imminente.
Segnali dunque da non trascurare alla luce anche di un’ulteriore riflessione che il percorso della CRT suggerisce e cioè che il potere legislativo della politica, nelle sue sedi istituzionali, deve essere molto accorto nell’evitare di porre le basi per realtà discriminatorie di reddito, di sesso, di diversa abilità fisica.
Probabilmente sono queste, oggi, le nuove barriere, da affrontare criticamente, riconoscendone prima di tutto l’effettiva esistenza.
Recita il canto religioso americano “Amazing Grace” di John Newton (pag. 78), che capitano di una nave per la tratta degli schiavi, ringrazia per averne compreso l’orrore:

Amazing Grace
How Sweet the Sound
That Saved a Wretch Like Me.
I Once Was Lost
But Now I am Found
Was Blind But Now I See.

(Grazia Mirabile
Com’è dolce il suono
Che salvò la mia povera anima
Ero perduto
Ed ora son salvo
Ero cieco,
ma ora vedo)

Indice

Introduzione: una storia americana,
Kendall Thomas e Gianfrancesco Zanetti
Brown vs. Board of Education, Topeka (1954)
La convergenza degli interessi e I diritti civili in America, Derrick A. Bell, Jr.
“La nostra costituzione è cieca rispetto al colore”: una critica, Neil Gotanda
Bianco per legge, Ian F. Haney Lòpez
Ero cieco, ma ora vedo, Barbara Flagg
La bianchezza come “proprietà”, Cheryl I. Harris
Legittimazione e mutamento nelle norme contro la discriminazione, Kimberlè Crenshaw
Il canarino del minatore e la nozione di political race, Gerald Torres e Lani Guinier
Per l’azione affermativa nelle Law Schools Duncan Kennedy
L’azione affermativa come strategia per delegittimare la bianchezza come interesse proprietario Cheryl I. Harris
L’azione affermativa e il mito del trattamento preferenziale, Charles Luke Harris e Uma Narayan
Legge, razza e diritti: Critical Race Theory e politica del diritto negli Stati Uniti, Kendall Thomas
Bibliografia
Indice dei nomi

I curatori

Kendall Thomas insegna Diritto Costituzionale alla Law School della Columbia University, New York. Fra le sue numerose pubblicazioni, va ricordata la monumentale antologia, da lui curata insieme a K. Crenshaw Williams, N. Gotanda e G. Peller, Critical Race Theory. The Key Writings that Formed the Movement (The New Press, 1995).

Gianfrancesco Zanetti è docente di Filosofia del Diritto presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia e di Political Theory all’Hunter College, CUNY, di New York. Tra le sue ultime pubblicazioni: Political Friendship and the Good Life (Kluwer, 2002); Elementi di etica pratica (Carocci, 2003).

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