martedì 18 luglio 2006

Caponera, Marco, La sparizione del reale. Lettura critica del linguaggio dei mass media.

Roma, Le Nubi, 2005, pp. 96, € 10.00, ISBN 88-89616-06-7.

Recensione di Carlotta Vianello – 18/07/2006

Sociologia

Il testo di Caponera affronta un tema più che mai attuale, imprescindibile per chiunque oggi operi nel pensiero: i cambiamenti che le nuove tecnologie e il linguaggio dei mass media hanno prodotto sull’esistenza dell’essere umano e sul suo modo di autocomprendersi. Attraverso una lettura critica, dichiarata esplicitamente fin da principio, del modo di comunicare dei nuovi media, l’autore tenta di palesare come il sistema informativo globale contemporaneo sia una forma perversa e per certi aspetti disumanizzante di costruzione del consenso e annullamento di alternative concettuali. Il potere persuasivo e invasivo dei media investe, così, necessariamente un significato socio-politico, che dovrebbe accostare una generale riflessione di natura più strettamente filosofica, ontologica, e che tuttavia rimane impensata: da comprendere perché la filosofia contemporanea dedichi così poca attenzione alla “dimensione comunicativa nella sua espressione tecnologica”.
Nella prima parte del testo si analizzano le differenti forme di comunicazione globale che i media attuano e l’illusorietà, prodotta dalla “retorica incantatoria” nella trasmissione dei messaggi, di avere sempre a disposizione una massa d’informazioni e nozioni un tempo inarrivabili ai più. Tale abbaglio è connaturato a un processo di massificazione dell’individuo, indispensabile all’attuazione di una globalizzazione radicale. La costruzione della notizia implica una distanza dalla realtà, un distacco che è peculiare a ogni forma di rappresentazione mediatica: in epoca contemporanea avviene così una sorta di virtualizzazione dell’esistenza umana, che preclude alla possibilità di esperire direttamente il reale. Tale elemento è poi intimamente connesso al controllo sociale; si assiste nella società globale – che l’autore ridefinisce società integrata, seguendo Guy Debord – a un necessario appiattimento di opinioni, modi d’essere e di autocomprensione dell’uomo. L’interpretazione del reale della rappresentazione mediatica finisce così per essere l’elemento principe della propaganda e del potere dominante.
Tuttavia ci sembra che nel testo in questione, così come nella corrente “ecosofica” a cui Marco Caponera si dichiara debitore, il fenomeno della rappresentazione che sottende a ogni riproduzione di qualsiasi media non venga pienamente affrontato ontologicamente. L’autore comprende che ogni informazione riguarda primariamente l’uomo e a esso si rivolge in qualsiasi caso, ma non tratta esplicitamente la correlazione che sussiste fra la tematica dell’apparire e della rappresentazione, tratti fondamentali dell’esistere umano, e la sfera comunicativa del moderno sistema informativo. Il meccanismo di sostituzione che la raffigurazione mediatica opera nei confronti del reale è supportato dai nuovi mezzi di comunicazione, ma la sua tematizzazione non si esaurisce in essi. Quando l’autore afferma che “in apparenza l’informazione vuol sembrare la realtà, di fatto non ne è che una lettura sbiadita” (p. 16), il contesto a cui fa riferimento è ancora una volta quello socio-politico, deducendo infatti che queste tecniche di comunicazione portano a un condizionamento dell’individuo dalla quale difficilmente si tornerà indietro. L’informazione mediatica essendo una produzione, una trasposizione soggettiva del reale, è paragonata poi alla creazione artistica; poiché in essa accade una trasformazione dell’evento in oggetto della notizia. In questo senso, è evidente che ogni trasmissione della notizia da parte di un medium a un fruitore non può e non deve offrire l’evento così come esso è, proprio per la sua stessa natura di intermediario. Tale forma di manipolazione non è frutto di casuali ideologie malvagie e insensate, ma sottende a una precisa forma di organizzazione primariamente attivata da interessi economici. Esempio lampante è la televisione. Nel linguaggio televisivo, ma oramai non più solo in esso, il contenuto editoriale è il terreno su cui affrontare battaglie d’ascolti mosse dalle reti per autorizzare gli investimenti di sponsor sempre più importanti e potenti; a ciò è connessa l’esigenza di spettacolarizzare la notizia per attrarre un pubblico sempre più numeroso.
L’autore, accompagnato dalle teorie di Guy Debord, ravvisa nella spinta mediatica a consumare una trasformazione del mondo in luogo di spettacolo e una conseguente privazione del luogo del suo senso primariamente abitativo, umano. Le città e le campagne diventano luoghi merce privi di carattere fisico: l’ontico cede il passo alla costruzione tecnologica che, utilizzando il meccanismo della sostituzione del reale, crea fantasmagoriche comunità globali in cui l’unica vera forma di compartecipazione alla collettività è il potenziale potere d’acquisto. Nemmeno internet, media in cui inizialmente si poteva riconoscere una potenziale strumento di diffusione democratica della conoscenza, si sottrae da questo generale processo di esasperato solipsismo e pseudo-informazione. Ciò che Caponera chiama appunto “solipsismo interattivo”, oltre alle evidenti conseguenze socio-politiche, comporta una mancanza di coscienza e di etica nei confronti del mondo, inteso sia come insieme di individui che come globo terrestre.
Attraverso queste considerazioni l’autore passa alla parte costruens, la seconda del testo, dove propone delle possibilità di vita e di pensiero distanti dalla finzione ontologica operata dai mass media, dalla “sparizione della realtà”. La teoria del dissenso deve testardamente tentare percorsi d’alterità: è con quest’urgenza del pensiero che l’autore, accompagnato da Le tre ecologie di Félix Guattari, individua nei tre registri ecologici ambiente, rapporti sociali e soggettività umana delle alternative che, lungi dal proporre obiettivi ultimi facilmente praticabili e identificabili, sono possibilità da percorrere quotidianamente. Più che discipline, cioè, delle pratiche di riconquista della propria singolarità. Un esercizio, difficile poiché anticonformista e apparentemente isolato, che implica una progressiva presa di distanza dalla mercificazione e dall’economico, una urgenza a cui tutti noi non possiamo sottrarci.

Indice

Introduzione

Prima serie
Il linguaggio: vuota retorica di potere La retorica incantatoria
Il linguaggio burocratizzato
Semiosfera e costruttivismo mediatico
Lo spettacolare e il post spettacolare
Internet dopo McLuhan
Silenzio telematico e solipsismo interattivo
Contro l’ontologia digitale

Seconda serie
Vis à vis
Processi di soggettivazione
Le tre ecologie
Conclusioni (provvisorie)
Bibliografia


L'autore

Marco Caponera (1974) è laureato in filosofia presso l’università di Roma Tor Vergata, presso cui svolge attività didattica per la cattedra di Filosofia del linguaggio. È autore di numerosi saggi filosofici e sui mass media. Nel 2000 ha pubblicato, per la casa editrice Malatempora di Roma, il testo Transgenico NO.

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