lunedì 25 settembre 2006

Negri, Antimo, Il filosofo e il lattaio. Stirner e l’unione degli egoisti.

Milano, Spirali, 2005, pp. 254, € 25,00, ISBN 88-7770-702-X.

Recensione di Adele Patriarchi – 25/09/2006

Storia della filosofia (contemporanea), Filosofia politica

Il libro di Antimo Negri dedicato Max Stirner, uscito postumo ma curato dall’autore, si caratterizza strutturalmente per la presenza di una lunga Introduzione inedita, che ha sia lo scopo di ricostruire lo sviluppo umano e intellettuale dell’autore del noto Der Einzige und sein Eigentum (1845) che quello di dare organicità al volume. Seguono otto capitoli, di cui sette già pubblicati nel corso di oltre trent’anni di studio, che mettono Stirner in dialogo con i principali esponenti della filosofia tedesca moderna e contemporanea, con il neocontrattualismo liberale e con l’individualismo metodologico. In Appendice è inserito un saggio sull’utopia dello Stato estetico di Friedrich Schiller, una comunità che può realizzarsi solo a patto che gli uomini non siano caratterizzati dall’irriducibile individualismo di cui l’Unico si ritiene portatore.
Nell’Introduzione viene fatto notare come L’Unico e la sua proprietà sia stato firmato dal suo autore con il soprannome che gli era stato attribuito durante gli anni in cui era studente: Max Stirner. Dietro tale pseudonimo si cela Giovanni Gaspare Schmidt, ed è proprio a partire dalla dialettica continuità-discontinuità fra l’Einziege–Stirner e Schmidt che si sviluppa la parte dell’opera di Negri dedicata alla ricostruzione della vicenda biografica del filosofo. La prima testimonianza portata all’attenzione del lettore è il curriculum vitae che il giovane Schmidt scrive quando, nel giugno 1834, aspira a ottenere la facultas docendi nelle classi superiori. L’immagine che emerge da questo frammento autobiografico è quella di un ragazzo che, rimasto precocemente orfano di padre, si è dedicato con costanza agli studi, è ligio ai propri doveri e non è alieno da sentimenti religiosi. Le testimonianze successive, di Mackay e di Engels, sono invece frutto di una conoscenza diretta di Stirner. Mackay lo descrive come una figura “gentile e discreta, che non offendeva mai nessuno, che non cercava di mettersi in mostra”; sempre vestito con cura meticolosa e con occhiali d’argento era, anche fisicamente, perfetto per svolgere il lavoro d’insegnante in una scuola per fanciulle adolescenti di famiglie agiate (pp. 18-21). Secondo Engels, Stirner “era una brava persona, certamente non così cattivo come si mostra, lui stesso, nel suo Unico” (p. 20). È lo stesso Mackay, il maggior biografo di Stirner, a suggerire le ragioni di una continuità fra Stirner e Schmidt. A fondamento del carattere apparentemente bonario di Schmidt vi era una “pigra indifferenza”: egli era “insensibile per una sorta di calcolo egoistico”, possedeva una silenziosa inclinazione alla beffa ed era convinto di essere “il più intelligente di tutti i critici e degli uomini di fede del suo tempo e di ogni tempo” (pp. 18-21). Come “non ebbe alcun nemico, così non godette di un solo amico intimo”, per una sorta di peculiare timidezza che gli impediva di parlare della propria vita privata, che resta quasi totalmente avvolta nel mistero (pp. 22-23). È l’Unico a rivelare “il segreto” della vita di Schmidt, a indicare “il suo io nascosto” (p. 18).
Negri coglie lo stimolo di Mackay a individuare i motivi della continuità fra Stirner e Schmidt, ma tali ragioni non vengono rintracciate tanto sul piano psicologico quanto su quello propriamente intellettuale. Nuovamente si invita il lettore a guardare il giovane Stirner impegnato ad affrontare l’esame pro facultate docendi e ad analizzare gli scritti che appartengono a questo periodo della vita del filosofo, per mostrare come egli sia, sin da quegli anni, impegnato a riflettere su alcune di quelle che diverranno le tematiche principali dell’Unico. Secondo Negri, è la situazione contingente, quella di un giovane che deve diventare insegnante e poi sopravvivere attraverso il proprio lavoro, a non consentire a Stirner di manifestare pubblicamente il proprio pensiero. Gli anni che vanno dal 1841 al 1842 segnano un momento di svolta nella filosofia di Stirner. Negri coglie l’indicazione di Engels, secondo cui il filosofo “ha avuto una rinascita tramite Bakunin” e, sempre in quell’epoca, “aveva scoperto che la Logica di Hegel cominciava con un errore: l’Essere che si rivela come il Nulla e, in questo modo, entra in contrasto con se stesso” (p. 32). Si apre così il problema di indagare il rapporto di Stirner con Hegel, che necessariamente comporta anche quello di definire i rapporti fra Stirner e la sinistra hegeliana. Un compito che Negri svolge a partire dall’analisi di alcuni scritti minori del filosofo tedesco che precedono la pubblicazione dell’Unico e che, per alcuni versi, ne preannunciano i motivi di fondo. Tra di essi vi è la recensione della Posaune di B. Bauer (1842), in cui si plaude alla denuncia baueriana della “conciliazione della ragione con la religione” operata da Hegel, e La festività domenicale cristiana, in cui si rigetta una religione che, facendosi istituzionale, “minaccia da vicino l’essenza dell’uomo” (p. 66). Nello stesso anno appare un articolo di Stirner dedicato a Hegel, Arte e religione, in cui afferma che il superamento radicale della religione nella filosofia è possibile solo per un filosofo che consideri Dio “tanto indifferente, quanto una pietra”. Avendo Hegel superato la religione nella filosofia, è “un vero filosofo”, cioè “un ateo” (p. 69).
Secondo Negri, nel momento in cui Stirner scrive l’Unico, ritiene chiusa la battaglia contro la teologia propriamente detta ma ancora aperta quella contro la “teologia mascherata” (p. 73). La polemica si rivolge allora verso la stessa sinistra hegeliana: contro Bauer, che “nella fase della filosofia critica, diventa lui stesso un teologo”, e contro il Feuerbach dell’Essenza del cristianesimo (1841). Secondo Stirner, Feuerbach non ha veramente “superato” Hegel ma semplicemente sostituito Dio come soggetto (“Dio è Dio”) con un uomo (“l’uomo è Dio”) che assume così una dimensione divina, diventa un “uomo-Dio” (pp. 42-43). Per Stirner, invece, bisogna liberarsi sia di Dio che del divino, bisogna “essere individualist, cioè appartenere solo a se stessi”, rifiutando ogni prospettiva che allontani l’uomo da se stesso (p. 41). Lo stesso Hegel, equiparando reale e razionale, ha costretto l’uomo a vivere secondo “leggi concettuali”, dimenticando che il pensiero stesso “esiste solo attraverso di me” e quindi è “‘mio’ e solamente ‘mio’” (pp. 46-47). L’Unico è proprietario di se stesso, dei propri pensieri e delle proprie opinioni che, in quanto proprietà individuali, devono essere considerate inviolabili. L’Unico si rifiuta, in sostanza, di farsi assorbire da un qualsiasi universale, sia esso l’Io penso kantiano, che in fondo vale un “noi pensiamo”, la ragione hegeliana, lo Stato o l’amore per un’altra persona.
Altro tema complesso è quello del rapporto Stirner-Nietzsche, soprattutto quando si decida di dimostrare la presenza di un debito culturale che quest’ultimo avrebbe nei confronti della filosofia stirneriana. Secondo Negri, l’esistenza di un tale debito è stata sostenuta a partire da elementi puramente “indiziari”, il primo dei quali è la polemica contro l’assunzione dell’“uomo” come “essere generico”, condotta da Stirner in riferimento al dibattito tra Bauer e Marx sulla “questione ebraica”. Per Stirner che scrive l’Unico, “io sono contemporaneamente uomo e più che uomo” (p. 85). L’espressione “più che uomo” ha fatto pensare al Nietzsche della Genealogia della morale (1, 16), in cui si osserva uno spostamento dal “più che uomo” stirneriano a un “superuomo” che, in definitiva, è un “non uomo”. In questa direzione discorsiva si può parlare di un “Nietzsche oltre Stirner”, nel senso che mentre Nietzsche “opta per un ‘ideale aristocratico’” (p. 86), Stirner rimane legato al piano della quotidianità, cioè non crede nella possibilità che sorga un homo novus o una umanità nuova, intesa anche in senso socialista (p. 87). D’altro canto, si può parlare anche di uno “Stirner oltre Nietzsche”, se è vero che l’Unico, “fatto di carne e sangue”, fa apparire l’Übermensch nietzscheano una “marionetta dal naso color del cielo” (p. 88). Il secondo indizio di una consonanza fra i due autori è stato rintracciato nello scritto nietzscheano Aurora (I, 105), in cui si afferma che la maggior parte degli uomini non fanno nulla per il proprio ego, ma “soltanto per il fantasma dell’ego”, e che il singolo “non è in grado di contrapporre un reale ego” “alla pallida finzione universale” che dell’ego stesso si procura. Anche Stirner, nell’Unico, utilizza come Nietzsche il termine “fantasma”. Tuttavia ciò avviene in un itinerario argomentativo del tutto diverso rispetto a quello di Aurora. Per la religione – e per la filosofia quando essa maschera il divino – è un “fantasma” ogni uomo che non corrisponda al “concetto “uomo”” che non sia “uomo generico”. Inoltre, in Nietzsche l’espressione “reale ego” si riferisce a un Übermensch che Stirner potrebbe interpretare, invece, come un “fantasma” (pp. 88-89). Ulteriore assonanza potrebbe essere rintracciata nel fatto che l’Unico di Stirner, non potendo essere ricondotto ad alcun essere generico, non può diventare soggetto di una proposizione, di un “giudizio”, che possa descriverlo, raccontarlo, spiegarlo. Anche in Nietzsche si trova la polemica nei confronti del “giudizio”, in particolare del kantiano giudizio sintetico a priori che, facendo cadere le differenze individuali, distrugge l’irripetibile unicità delle cose. La differenza fra le due posizioni, secondo Negri, risiede nel fatto che, mentre Stirner attribuisce la responsabilità della costruzione di giudizi che riducono l’uomo a un “essere generico” soprattutto alla religione, in Nietzsche tale colpa è fatta ricadere sul linguaggio stesso. Altro motivo di affinità potrebbe essere rintracciato nel fatto che Nietzsche, come Stirner, decide di ritirarsi dalla “città degli uomini ‘comuni’ o degli uomini borghesi”; tuttavia, non è possibile immaginare che, per questo motivo, lo stesso Nietzsche possa essere sequestrato “sul piano di una ‘impoliticità’ assoluta”. Il suo “‘ideale aristocratico’ è, tutto sommato, l’ideale di una nuova comunità di pochi uomini, gli Übermensch” (p. 95). In Stirner, invece, l’Unico si declina sempre al singolare. Egli deve uscire dalla “città degli uomini ‘comuni’” perché non vi può essere uno Stato che non finisca per minare l’inviolabilità dell’individuo, che non cerchi di intralciare il principio borghese della “libera concorrenza” fra le persone, che non leda il diritto di proprietà (p. 136). E, in questo senso, Stirner può certamente essere considerato il più rappresentativo filosofo e ideologo dell’anarchia, non solo perché tra lo Stato e l’Unico non può che esserci conflitto, ma perché l’uscita dalla “città” degli “unici” non può condurre alla nascita di una società o di una comunità, ma solo a un ritorno alla natura. In ogni caso, Nietzsche e Stirner convergono sul fatto che tale uscita avvenga senz’alcuna pretesa di distruggere questa stessa “città”. Stirner non crede in una “rivoluzione” (Revolution) di popolo o di massa, ma solo in una “ribellione” (Empörung) del singolo come gesto privato, personale, quasi “esistenzialistico” e perciò “sfornito di ogni ansia altruistica e, quindi, di ogni responsabilità sociale” (pp. 95 e 136-137). Tuttavia, proprio perché Nietzsche avanza il suo “ideale aristocratico” di una nuova comunità, forse – e la probabilità non si traduce in certezza – egli è andato davvero oltre Stirner.
Il testo di Negri è solo in parte un’analisi del pensiero stirneriano. È soprattutto una problematizzazione del tema della conciliabilità di particolare e universale, e quindi di individuo e Stato, che funge da anello di congiunzione tra i suoi ultimi scritti: L'indomabilità dell'individuo (2004) e Problema Europa. Unità politiche e molteplicità culturali (2005).

Indice

Premessa
Introduzione
1. Avviando il discorso su Max Stirner, difensore oltranzista dell’“unico” o dell’individuo o della persona
2. “Io, Giovanni Gaspare Schmidt”; lui, Stirner
3. Il ritratto di Stirner lasciatoci da Mackay
4. Ma lo Stirner individualista o personalista comincia a “scoprirsi” presto
5. Qualche cenno, solo qualche cenno, sul rapporto Stirner-Hegel
6. L’“unico” che si autodetermina anche sessualmente: un intermezzo discorsivo
7. Di nuovo sul rapporto Stirner-Hegel
Postilla 1. Stirner e il fascismo
Postilla 2. Stirner e il comunismo
I. Max Stirner e il radicalismo antiborghese e antieticistico
II. Nietzsche oltre Stirner?
III. È preferibile il silenzio sull’“individualità propria” o la violenza comunitaria?
IV. Marx ed Engels leggono Stirner (l’uomo e l’uomo lavoratore)
V. Max Stirner e l’anarchismo borghese
VI. L’individuo contro la tirannia della società e dello Stato
VII. Stirner e l’“individualismo metodologico”
VIII. L’uomo espropriato del proprio pensiero cessa di essere “unico”
Appendice. L’utopia schilleriana dello Stato estetico

L’autore

Antimo Negri (Mercato San Severino 1923 – Roma 2005) è stato ordinario di Storia della filosofia nelle università di Bari, Perugia e Roma. Numerosi gli scritti dedicati dal filosofo ai principali esponenti e alle maggiori correnti della filosofia moderna e contemporanea e alla filosofia del lavoro. Tra le sue opere più recenti: Rappresentazione e interpretazione del mondo. Fenomenologia, ermeneutica, attualismo (2002), Augusto Del Noce. Pensiero cattolico e idealismo attuale (2003), De persona. L'indomabilità dell'individuo (2004), Problema Europa. Unità politiche e molteplicità culturali (2005).

Nessun commento: