venerdì 24 novembre 2006

Tronto, Joan C., Confini morali, un argomento politico per l’etica della cura, (a cura di A. Facchi).

Trad. it. di N. Riva, Reggio Emilia, Diabasis 2006, pp. 207, € 14,00, ISBN 88-8103-442-5.

Filosofia politica, (femminismo), Etica, (responsabilità), (valori), (diritti)


Recensione di Ottavia Spisni - 24/11/06

In Confini morali Joan Tronto tenta di applicare l’etica della cura alla sfera pubblica della politica americana attraverso alcune radicali innovazioni rispetto a quelle del ‘femminismo culturale’. Il testo si colloca all’interno del dibattito che si è svolto in America negli anni Ottanta sull’‘etica della cura’. La posizione di Tronto è originale in quanto è antiessenzialista e si oppone alla tesi per cui l’etica della cura sia espressione di una moralità essenzialmente femminile, in opposizione alla moralità maschile specificatamente dei diritti e della giustizia. A parere di Tronto l’idea che l’etica della cura sia di appannaggio esclusivamente femminile è frutto di un processo storico e culturale che ha avuto corso nel diciottesimo secolo (ricostruibile studiando le filosofie di Hutcheson, Hume e Smith), ed è quindi un vecchio paradigma non più adatto a descrivere la realtà esistente. Il processo di integrazione dell’etica della cura all’interno della politica dello Stato dovrebbe partire dal ripensamento della società così come è strutturata adesso, nel ripensamento dei confini morali che impediscono l’affermarsi di idee differenti.
Il nucleo teorico del presente saggio concentra la discussione sulla cura e sull’interdipendenza umana: “La nostra concezione della vita morale dovrebbe fornirci un modo di rispettare e trattare giustamente gli altri. Per farlo, dobbiamo attribuire valore a ciò che la maggior parte delle persone fa nel corso della propria vita: si occupa della cura di sé, degli altri e del mondo” (p. 2). Tronto critica fortemente la posizione femminista riassumibile nello slogan delle suffragette che recita “se le donne votassero non ci sarebbe più guerra” in quanto marcatamente essenzialista: la donna sarebbe più morale perché di sesso femminile? Perché madre o madre potenziale? Per i ruoli culturalmente attribuiti, ad esempio per la sua estraneità al mercato? Il fallimento di questa posizione è riscontrabile da Tronto nella semplice osservazione del fatto che le donne siano ancora oggi negli Stati Uniti quasi interamente escluse dal potere politico, istituzionale e culturale. La strategia della ‘morale femminile’ è dunque caduta in trappole che sono state strategiche per il potere; in questo senso Tronto propone di sostituire i termini ‘moralità femminile’ con ‘etica della cura’, dove in questa sostituzione è compresa l’idea di un’inclusione concreta nella politica di tutti i valori tradizionalmente associati alle donne, e dunque di una ricontestualizzazione della politica stessa in termini pluralistici, democratici e liberali. Gli argomenti morali hanno dunque un contesto politico, e sono dunque i valori sociali accettati a costituire il contesto nel quale vengono interpretati gli argomenti morali. Tronto analizza tre di questi confini morali i quali non solo escludono le donne da una vita politica complessa, ma privano di efficacia gli argomenti della ‘moralità femminile’:
  • Il confine tra la morale e la politica (la morale e la politica dovrebbero essere considerate non separabili, come voleva Aristotele nell’Etica Nicomachea: “Sostengo che la cura possa servire sia come valore morale sia come base per la realizzazione politica di una buona società” [p. 14]).
  • Il confine del ‘punto di vista morale’ (il ‘punto di vista morale’ è la prospettiva kantiana che vuole gli attori morali non coinvolti e disinteressati e la morale come universale quanto la ragione umana; questo confine morale a parere di Tronto va ripensato in quanto non include una moralità basata sulle emozioni, sulla vita quotidiana e sulle circostanze politiche. L’altro tipo di teoria morale è chiamato ‘morale contestuale’ in quanto richiede un senso dei fini della vita umana e un’educazione alla virtù).
  • Il confine tra vita pubblica e vita privata (il pensiero occidentale è indubbiamente caratterizzato da una divisione tra vita pubblica e vita privata).
Tronto prosegue mettendo in discussione la categoria di ‘donna’ in due contesti principali: questa categoria denota (anche negli interessi delle teoriche femministe del ventesimo secolo) gli interessi di alcune donne, già relativamente privilegiate in società, e ne esclude molte altre, ad esempio le donne di colore, le lesbiche, eccetera. Studiose quali Bell Hooks e Elizabeth Spelman hanno messo in discussione questa categoria. Anche la categoria di ‘altri’ e la questione della ‘distanza dagli altri’ deve essere affrontata criticamente dalla teoria femminista: “Dobbiamo essere capaci di considerare quali dovrebbero essere le nostre relazioni con le altre persone, vicine e lontane, ma dobbiamo anche stare attenti a considerare le circostanze degli altri in un contesto di insieme. In seguito, sosterrò che saremmo in grado di produrre tali giudizi, se ci concentrassimo sul posto della cura nella vita umana” (p. 18).
Il problema della differenza (e dell’identità, naturalmente) è cruciale nella teoria femminista. Ci sono solamente due opzioni per accedere al potere da parte di chi è posto in una condizione marginale: rendersi uguale a chi vi si trova e pretendere questo riconoscimento o avere qualcosa di utile da offrire al potere. Tronto propone la prospettiva dell’etica della cura come importante (anche se non risolutiva) per il dilemma della differenza, in quanto strumento di misurazione per riconoscere i confini e le strutture istituzionali che l’hanno prodotto. La cura infatti richiede che si adotti sistematicamente il punto di vista di chi ha bisogno di cura o attenzione, quindi il punto di vista della differenza. Per questo è importante sottolineare oggi come le attività di cura siano ritenute marginali dal potere e siano appannaggio di chi è privo di potere, e che questa sia una strategia del potere per conservarsi. La cura è stata da sempre declinata secondo il genere, la razza, la classe (donne, schiavi, servi): “Suggerisco che le domande concernenti la vita morale che riteniamo rilevanti corrispondano alla distribuzione del potere politico nella nostra società” (p. 74).
Il problema tra genere e moralità è stato centrale nel dibattito circa la psicologia dello sviluppo morale di Lawrence Kohlberg (elaborata nel 1958 all’Università di Chicago). La teoria di Kohlberg è, secondo Tronto, puntellata da rigidi confini morali e quindi essa funziona per produrre e conservare una élite di esperti in moralità. Kohlberg sottopone dei soggetti ad alcuni dilemmi, tra cui il dilemma di Heinz: “Heinz vive in un paese lontano con sua moglie, che è malata; il farmacista della loro città possiede un farmaco che potrebbe far star meglio sua moglie, la quale, senza di esso morirà; Heinz non si può permettere il farmaco e il farmacista si rifiuta di darglielo; Heinz dovrebbe rubarlo?” (p.77). Kohlberg divide lo sviluppo morale in sei stadi. Gli stadi morali dipendono per il loro sviluppo da attività intellettuali, sono quindi cognitivi e gerarchici. Kohlberg afferma anche che per sviluppare un senso profondo di reciprocità, la capacità di ragionare mettendosi al posto delle altre persone nel dilemma, è necessario poter assumere diversi ruoli sociali. Questa possibilità è distribuita in maniera diseguale nella nostra società ed egli arriva a sostenere che in una tale società la classe sociale influisce sul livello di sviluppo morale dell’individuo. Tronto critica la teoria morale di Kohlberg proprio su questi punti: essa è gerarchica nella sua logica interna e contrappone una élite morale a tutti gli altri che non hanno raggiunto quel tipo di stadio morale. Essa secondo Tronto non è una teoria morale valida in quanto non risolve il problema dell’alterità: “La capacità di assumere la posizione dell’altro generalizzato rende necessario ignorare le circostanze reali in cui si trova chi, attraverso il processo di sviluppo, è trasformato nell’«altro non generalizzato»” (p. 82). Questa teoria dunque ‘oggettivizza’ in quanto presuppone l’esistenza di ‘altri’ nel processo di sviluppo morale, e ‘assimila’ l’alterità a sé: “Questa assunzione di similarità presuppone che tutti i danni del razzismo, del sessismo, dell’etnocentrismo, dell’antisemitismo ecc. possano semplicemente essere dimenticati da persone moralmente «mature». [...] La teoria di Kohlberg narra solamente la storia dello sviluppo morale dal punto di vista di chi è rimasto in cima nel corso dell’intero processo” (p. 84).
Nei capitoli finali del libro Tronto offre un’alternativa ai nostri attuali modi di pensare la morale, tentando di definire la cura. La cura come pratica (dove il termine pratica sottolinea l’aspetto non privato, ma al contrario pubblico e olistico della cura) si articola in quattro fasi:
  • ‘Interessarsi a’ (questa fase comporta il riconoscimento della necessità della cura. Un bisogno esiste e deve essere valutato per essere soddisfatto).
  • ‘Prendersi cura di’ (deve essere assunta una qualche responsabilità rispetto al bisogno sopra rilevato e valutato, nei termini di un’azione).
  • ‘Prestare cura’ (si soddifano i bisogni di cura attraverso il lavoro fisico e il contatto diretto con i destinatari della cura).
  • ‘Ricevere cura’ (questa fase riconosce che il destinatario della cura risponde alla cura che riceve, e quindi attesta la buona riuscita dell’intero processo di cura. Il mito che ci vuole cittadini sempre autonomi e indipendenti è, appunto, un mito: “Nel corso delle nostre vite tutti noi passiamo attraverso diversi gradi di dipendenza e indipendenza, di autonomia e vulnerabilità” [p. 154]).
Solo in questo modo, a parere di Tronto, si può camminare in direzione di una società più vivibile e più giusta: ”La cura non è una preoccupazione particolaristica delle donne, un tipo di questione morale secondaria o il lavoro delle persone socialmente più svantaggiate. La cura è una preoccupazione centrale della vita umana. E’ tempo di iniziare a cambiare le nostre istituzioni politiche e sociali per riflettere questa verità” (p. 197).

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Presentazione di Nicola Riva
Prefazione
Prima Parte
Introduzione
I. Confini morali e cambiamento politico.
Come potrebbe un’etica della cura divenire possibile?
  1. Il potere del contesto e il contesto del potere
  2. Tre confini morali
  3. La moralità femminile come ostacolo strategico
  4. L’argomento di questo libro
Seconda Parte
Contro la ‘moralità femminile’
II. Morale universalistica e sentimenti morali
  1. Morale e forme di vita
  2. La morale universalistica e la vita nel diciottesimo secolo
  3. Distanza sociale e l’abbandono dei sentimenti morali
  4. Il contenimento delle donne e la declinazione dei sentimenti morali secondo il genere
  5. Lezioni per un’etica della cura
III. La moralità è legata al genere? O il privilegio e la psicologia dello sviluppo morale
  1. Lawrence Kohlberg: l’élite dei virtuosi
  2. La voce differente di Carol Gilligan e i suoi limiti
  3. L’ideologia del genere e le forme del privilegio all’opera
Terza Parte
Per un’etica della cura
IV. La cura
  1. Definire la cura
  2. Emarginare la cura
  3. La promessa della cura: il suo potere
V. Un’etica della cura
1. La pratica dell’etica della cura
2. Dilemmi morali nella pratica della cura
3. Espandere il nostro terreno morale
4. Etica e politica
VI. Cura e teoria politica
  1. Contro la strategia del primato morale
  2. La cura come ideale politico
  3. La cura e la strategia politica
  4. I confini morali e un concetto politico della cura
Indice dei nomi

L'autore

Joan C. Tronto è nata nel 1952. E’professore di Political Science e Women’s Studies presso il Department of Political Science dell’Hunter College della City University di New York. Si occupa di teoria politica contemporanea e di storia del pensiero politico, in riferimento al femminismo. Ha pubblicato numerosi articoli e ha curato assieme a Cathy Cohen e Kathleen Jones il volume Women Transforming Politics: An Alternative Reader (New York University Press 1997).

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