lunedì 1 gennaio 2007

Nancy, Jean-Luc, Le Muse.

Reggio Emilia, Diabasis, 2006, pp. 176, € 16, 50, ISBN 888103422-0.

Recensione di Micaela Latini – 01/01/2007

Estetica

Le Muse affronta la questione del paradossale statuto dell’arte, che – per usare il titolo di un altro noto libro di Nancy – è al contempo “singolare-plurale”. La domanda provocatoria lanciata è infatti: “Perché ci sono più arti e non una sola?”. 

Nancy prende le mosse dalla connessione platonica tra eros e poiesis, per poi rivisitare alcuni nodi tematici della riflessione di Kant, Hegel e Freud. Come emerge già dalla radice del nome, la Musa ha a che fare con una tensione, con un’eccitazione che, pur scaricandosi di volta in volta in una forma determinata, serba il ricordo della sua origine multipla ed eterogenea. A confermarlo è la mitologia stessa: «Le Muse sono figlie di Mnemosyne – frutto non di un unico concepimento ma di nove notti passate con Zeus – e portano la memoria dei tempi precedenti l’ordine divino» (p. 58). Ciò significa che, in ogni configurazione artistica determinata, sopravvive una dimensione primigenia, aorgica e multipla. Nancy non nutre alcun dubbio al riguardo: l’opera d’arte, nel darsi in una singolarità, fa emergere dal suo stesso interno una molteplicità di possibili, che le impediscono di chiudersi in una definizione assoluta. Emblematico a proposito è quanto affiora da un passo della Teoria estetica di Adorno: «Le opere d’arte dimostrano quanto poco un concetto universale di arte sia adeguato alle opere d’arte […]; l’arte non è il superconcetto dei propri generi» (p. 21). Tale inadeguatezza circa l’impossibilità per l’opera d’arte di risolvere il molteplice sensibile in un concetto universale è ciò che la rende capace di produrre stupore, sempre di nuovo. Si tratta allora non di mettere un super-ordine tra super-concetti – per dirla con Wittgenstein – ma piuttosto di riconoscere la tensione fra identità e differenza, che si inarca fra l’arte e le diverse modalità del suo darsi. Di qui la necessità di mettere in questione la nozione romantica di un’arte unica e totalizzante, per scorgere quella molteplicità che si stratifica nel concetto artistico e che corrisponde alla pluralità dei sensi. Per Nancy, il pathos estetico, connesso al sensibile, non si lascia affatto circoscrivere in una rappresentazione determinata, ma rivendica la sua irredimibile alterità. A essere in gioco è allora una continua oscillazione tra l’uno e il molteplice, tra il singolo e la pluralità. Tale reciproco costellarsi dei due poli restituisce anche la cifra dello scarto tra la produzione (infinita) e il prodotto artistico (finito), laddove il primo momento non si esaurisce mai nel secondo, non si dà mai come compiuto e una volta per tutte. Nancy si riferisce all’abbozzo che deve andare oltre ogni piano possibile, scompigliando la pretesa definizione assoluta di ogni forma contingente. Ma questa impotenza a una totale risoluzione non si traduce affatto in una rinuncia alla forma, quanto semmai – per riprendere ancora una nota adorniana – nella consapevolezza della necessità di una rappresentazione capace di confrontarsi con il caos primigenio (elemento patico) che la sottende.

In questa cornice vengono collocate le riflessioni sulla Morte della Vergine di Caravaggio, cui è dedicato il capitolo dal titolo “Sulla soglia”. Riprendendo un motivo già affrontato nel Regard du portait, Nancy indaga la connessione tra arte ed esistenza, tra opera e vita, tra eternità e finitudine, tra rivelazione e opacità . Il soggetto della tela, come noto, è la morte, in quanto oggetto di rappresentazione che ci ri-guarda. Osservando il dipinto, ci collochiamo in un non-luogo che è al contempo dentro e fuori la scena dipinta, ovvero al confine tra l’al di qua e l’al di là. Ma tale soglia non è osservabile e indicabile a dito, quanto piuttosto partecipata: siamo noi, i vivi, che “nella morte non ci siamo mai, ci siamo sempre” (p. 88). Il frammezzo è la pittura stessa, che ci rende accessibile l’inaccessibile: «La grande tela come la nostra palpebra, non un velo che svela, non una rivelazione, ma il potere e l’intenzione di vedere [...] Questa pittura dipinge la soglia dell’esistenza» (p. 89). Nessuna rivelazione, dunque, ma semmai una ri-velazione, ossia la presentazione di un sottrarsi.

La polarità concettuale di partecipazione e distacco costituisce anche il leitmotiv del capitolo dedicato all’atto di origine della pittura nella grotta di Lascaux. Si tratta di un ‘ri-trarsi’, da intendersi come anelito verso il senso, nella consapevolezza che «la struttura della ricerca è una struttura di fuga e di perdita» (p. 126). È proprio questo libero gioco di attrazione e repulsione che caratterizza la dimensione estetica, come Nancy precisa all’inizio del capitolo successivo, “Le arti si fanno le une contro le altre”. Le arti si stimolano l’un l’altra, e in questa pulsione erotica anche al contempo delimitano i loro confini: si danno l’una all’altra senza per questo annullarsi. Ma questa apparente incompletezza del loro reciproco donarsi è anche l’unica compiutezza possibile. Di qui Nancy ribadisce la connessione tra arte ed eros, al centro dell’ultimo capitolo, Prasens: «L’amore compiuto è quello che non è saturo, né appagato, ma è sempre desiderio e ritorno eterno del desiderio. Desiderio che gode del desiderare» (p. 155). È infatti il richiamo all’elemento erotico e patico che rende possibile il rinnovamento artistico. Come in amore così nell’arte, l’alterità dell’altro resta assoluta e come tale sfugge a ogni pretesa di unità e di dominio. Resta una scia come quella di una cometa, una traccia da seguire, sempre e di nuovo.

Indice

Prefazione all’edizione italiana
Perché ci sono più arti e non una sola?
La fanciulla che succede alle Muse
Sulla soglia 
Pittura nella grotta 
Il vestigio dell’arte 
Le arti si fanno le une contro le altre 
Praesens


L'autore

Jean-Luc Nancy insegna Filosofia all'Università di Strasburgo. Tra i suo saggi tradotti in italiano: Un pensiero finito (Marcos y Marcos, 1992), La comunità inoperosa e Corpus (Cronopio, 1992 e 1995), L'esperienza della libertà, Essere singolare plurale, La creazione del mondo o la mondializzazione (Einaudi, Torino 2000, 2001 e 2003). Del 2005 è Noli me tangere. Saggio sul levarsi del corpo (Bollati Boringhieri).

2 commenti:

MAURO PASTORE ha detto...

C'è da ritenere che il pensiero originale di Jean-Luc Nancy sia privo di insistite interpretazioni amorose dell'Eros e che una etica del discorso, anche solo di lettura non anche della traduzione italiana, certamente nel riportare della recensione, sia stata usata per timore convenzionale, per quel che Heidegger definiva abbandono del proprio 'essere dell'essere'... Perché c'è anche da ritenere che Nancy intendesse dare opportuna citazione neurologica non eminentemente psicologica dell'operato di Sigmund Freud, il quale, lo notò assai bene C. G. Jung, aveva di fatto redatto uno Scritto che ricongiungeva la cultura antica in suo aspetto non filosofico e remoto dalla scienza con la cultura moderna filosofica, empirica, scientifica dell'esperire senza esperimento, per quanto questa ingiustamente criticata comunque di necessaria applicazione — senza la geologia la ingegneria, con la fisica statica e dinamica delle moderne costruzioni, non avrebbe dove applicarsi con certezza di non inanità, ugualmente senza la neurologia non si potrebbe prestare aiuto professionale con moderna infermeria perché non si potrebbe valutare ed impiegare alcuna tecnologia, o tecnica, derivata da chimica applicata a materiali e a materialità, marchingegni, garze, farmaci... In tal senso Sigmund Freud coi suoi studi neurologici (commissionatigli e realizzati da egli volontariamente ma costretto da intervento giudiziario a lasciarne formulazione chiara e poi che si era dato dovere di lavoro interdisciplinare da lui medesimo solo in parte compiuto più volte impostogli di evitare intralci al progresso psicologico ma senza ultimo suo assenso tanto che restava per ciò schedato fino alla morte quale soggetto dagli intendimenti ed ambizioni criminali) sulla attività onirica, condotti intorno al sistema neurovegetativo (che corrisponde alla istintualità psichica ed alla mente inconscia, a disposizione del metodo psicologico della psicoanalisi non della sola tecnica di tipo psicoanalitico) e sulle azioni non attività neurotiche (corrispondente a coscienza psicologica e intenzionalità della mente individuabile attraverso psicosintesi, non sintesi neurologica), aveva fatto compiere una rivoluzione culturale scientifica, per gli argomenti inclusi (anche suo malgrado); i quali J. L. Nancy rilevava, definendo il sogno sensibile dell'arte, quale neuronale euforia e percezione stabile e restando la attività analogica-onirica oggetto del suo pensiero tra altri suoi... Invece il recensore ne offre di fatto per sua stessa imprecisione inconcludente e difforme versione, da doversi dire parapsicologica; e questo ovviamente allontana dal vero e manifesta suddetta intrusione etica, perché non viene dall'anima il giudizio timoroso della potenza erotica, ambivalente socialmente, distruttiva o creativa in società, ma giunge esso, quel giudizio che è timore e prepotenza sociale, da rifiuto etnico, difatti essendo questo un oblio dell'essere, ontologico abbandono: se si abbandona proprio essere, etnico, o lo si rinnega, allora il giudizio sociale può intromettere nella considerazione erotica l'elogio amorevole e non amoroso che negando la distruttività erotica non ne può accogliere i principi di intuizioni, neppure artistiche...
Infatti i dipinti della grotta di Lascaux sono rassegne erotiche e testimonianze di odio, ugualmente a tutti gli altri lasciati nelle grotte europee al finire della precedente Era Glaciale... Memoria della quale fu custodita dai Goti e manifestata dalle architetture gotiche cristiane, non dallo psicologismo ex talmudico dei "freudiani ortodossi".
(...)

MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

MAURO PASTORE :

(...) In Francia non fu mai accolto l'hegelismo, neppure l'ortodossia freudiana, quest'ultima restata fuori dalle università per merito di J. Lacan, quell'altro, l'hegelismo, relegato non dalla ma alla sola negazione marxiana-marxista. Di fatto fino ai nostri giorni la Francia internamente al Patto Atlantico e poi con la legge speciale contro le propagande totalitariste non consentì mai che le nozioni culturali potessero essere politicamente subculturalizzate in stesse Istituzioni culturali, dunque lo stesso freudo-marxismo non fu mai asseverato solo analizzato dalla filosofia universitaria francese, quasi annullata da acculturazione popolare disordinata ed inconcludente ma sopravvissuta anche negando la etnofobia intromessa perfino in usi psicoanalitici da stesso Sigmund Freud e riconosciuta e rifiutata proprio nell'Occidente da essa fatto oggetto del proprio massimo odio. Senza aver accortezza di ben intendere ricezione francese del pensiero di Hegel la consequenzialità delle sue citazioni nella letteratura filosofica francese resta preclusa e resta non intesa anche rigorosità del ragionare e dimostrare; nella recensione di Michaela Latini di fatto oggetti assenti di cui si sente la mancanza. Inoltre la sinteticità posthegeliana, marxista, che annoverava senza entrarne nel merito qualunque manifestazione esterna di pensiero e che lasciava triste eredità di nozioni occultate, dimenticate, irraggiungibili, distorte, era e resta di fatto aliena dall'intendere appieno la cosiddetta morale kantiana, che è affermazione del necessario 'voler ciò che si fa' per 'dover ciò che si deve', mentre sua alienità coesistendo con gli interessi generali da parte degli alieni stessi giunti però a criticare da posizionamenti sociali e culturali inetti a generalità di critiche: allora della Critica kantiana tale sinteticità non contiene premesse e scopi ma ne è e ne resta allineata fittiziamente, non facendo recepirli e facendo allineare inanemente e rendendo necessario ricorso a stessa morale posta indirettamente in causa per invadenza sociale, culturale, politica, oramai impolitica e doppiamente inaccettabile perché vendetta postuma ed ingiusta pure. Ed essendo stata la cultura accademica ed universitaria francese esente da queste sintesi, non se ne possono valutare le manifestazioni senza medesima esenzione, cioè non è possibile intendere il rapporto con la Critica kantiana da parte della cultura ufficiale francese restando nei cànoni intellettuali marxiani, marxisti, postmarxisti, sia pure involontariamente o non deliberatamente; perché per tali cànoni è attiva ovvia sentenza culturale, rifiuto ad accettare la azione non autocomprensiva e la reazione non consapevole di chi deve ciò che non vuole. Dapprima il dover annullare le disuguaglianze ma a discapito delle equità, poi il dover accettare le mancanze senza poterne; infine il dover smettere il volere ma senza veramente volerlo, questa la cronaca della immoralità di intrusi in culture e situazioni sociali che non intendono e non rispettano, che dunque avevano dovere di non esser più ostili, poi di non consistere più in entità sociali né culturali né politiche; e che ora quali nemici antipolitici, antisociali, anticulturali hanno dovere di render vano proprio stesso inizio assieme a continuazione ed anche per annullare tutti i disperanti coinvolgimenti che hanno realizzato.
Resta da profittare di tali coinvolgenti ostilità e di tutti gli atti coinvolti, per fare opportune distinzioni, tra attinenze e sole attiguità intellettuali e culturali; ed una recensione che sola attiguità di fatto ottiene, per tale va considerata.

MAURO PASTORE