martedì 27 febbraio 2007

Simonotti, Edoardo, La Svolta antropologica. Scheler interprete di Nietzsche.

Pisa, Ets, 2006, pp. 220, € 16,00, ISBN 8846716159.

Recensione di Domenico Turco – 27/2/2007

Storia della filosofia

La “Svolta antropologica” evocata in questo interessante studio, ovvero la scoperta dell’uomo come soggetto concreto, vivo e dinamico dell’esperienza speculativa, è un nodo cruciale di quella filosofia della vita, che, ricollegandosi alla dialettica “vitalistica” di Nietzsche, è storicamente pervenuta a percorsi fortemente autonomi rispetto alla lezione del grande autore di Così parlò Zarathustra. È questo il caso, ad esempio, di uno dei maggiori filosofi del Novecento, Max Ferdinand Scheler, pensatore tedesco proveniente da una famiglia di religione ebraica, ma convertitosi in seguito al cattolicesimo. Scheler, pur senza rinunciare al dialogo con i principali leit-motiv della ricerca nietzscheana, ne offre un’interpretazione piuttosto personale, che a sua volta si identifica con la stessa filosofia scheleriana, alimentandone l’indiscutibile ricchezza contenutistica. Il rapporto con Nietzsche è essenziale per comprendere il complesso e tormentato percorso filosofico dello stesso Scheler, che è scandito da due tappe ben distinte. Mentre il primo Scheler si collega scopertamente alla tradizione cattolica ed è filosoficamente vicino al personalismo cristiano, l’ultimo Scheler sembra in certa misura accettare l’annuncio zarathustriano “Dio è morto”, che viene elaborato non già in direzione dell’ateismo, ma dell’ipotesi paradossale di una religione non-teistica.

Quale Dio è morto, argomenta Scheler nel secondo tempo della sua filosofia, se non il dio personale della tradizione ebraico-cristiana? Si tratta di quel dio inferiore, retaggio di arcaiche morali dogmatiche, che agli occhi del pensatore bavarese rappresenterebbe una caricatura del Divino autentico. Questa riflessione dell’ultimo Scheler, per quanto orientata a mantenere diversi elementi metafisici rifiutati dal profeta della morte di Dio, è chiaramente ispirata al programma di una integrazione del verbo nietzscheano all’interno del suo nuovo credo non-teistico, programma che emerge significativamente nel momento dell’abiura della religione cattolica e, più genericamente, del rifiuto della prospettiva monoteistica, per giungere a una sorta di gnosticismo paganeggiante, di origine neoplatonica, in cui l’uomo è chiamato a collaborare con il Divino per completare il piano della creazione. Tuttavia, anche precedentemente alla svolta non-teistica, l’influenza di Nietzsche era stata notevole, al punto da indurre qualcuno a definire Scheler il “Nietzsche cattolico”, sia per una certa consonanza di stile letterario che per la sostanza del suo pensiero.

Il carattere sorprendente della rilettura del confronto Scheler-Nietzsche operata da Simonotti risiede nell’aver rintracciato molti e inaspettati collegamenti tra due autentici giganti della filosofia tedesca contemporanea, e, più in generale, della cultura europea nata dalla dissoluzione del paradigma idealistico-romantico. Nello schema ermeneutico tracciato da Simonotti, la svolta antropologica del Novecento va collegata alle varie espressioni della Lebenphilosophie e dell’antropologia filosofica, che in qualche maniera anticipano le questioni affrontate in seno a più recenti indirizzi di pensiero, come l’esistenzialismo, la fenomenologia, l’ermeneutica, e il pragmatismo. La svolta antropologica novecentesca perdura sostanzialmente fino ai nostri giorni, quale tratto inconfondibile della filosofia europeo-occidentale nelle sue molteplici versioni di marca analitica o continentale. Filosofie piuttosto diverse, che però nella diversità manifestano un fondo comune, riferibile al ritorno all’uomo come chiave di volta concreta di un’esperienza speculativa finalmente sganciata da un accademismo astrattamente fine a sé stesso. Lo studio di Simonotti identifica la svolta antropologica con le sorti della filosofia tedesca dei primi decenni del Novecento, e quindi con i nomi di Dilthey, Klages, Ziegler, Splenger, e Simmel, tutti autori operanti nello stesso periodo di Scheler e che dimostrano a vario titolo di aver assorbito la lezione di Nietzsche, pur declinandola ognuno secondo la propria “equazione personale”. Ma Simonotti rileva giustamente gli aspetti estremamente originali della prospettiva scheleriana, che si caratterizza per una nuova riformulazione della svolta antropologica realizzata da Nietzsche. Simonotti fa notare come Scheler, inserito spesso nell’indirizzo speculativo neo-nietzscheano della Filosofia della Vita, non accetti del tutto l’ipoteca vitalista, segnalandosi per una spiccata personalità rispetto ad altri pensatori della stessa corrente.

Pur considerando La Svolta antropologica un’opera di notevole importanza, non possiamo non riscontrare un certo limite ermeneutico, relativo al mancato approfondimento dei rapporti tra lo stesso Scheler e Husserl, a cui nel libro ci si riferisce solo di sfuggita, aleatoriamente. In realtà, tutta la filosofia scheleriana è una versione particolare di fenomenologia, che astraendo dalla nozione astratta di epochè come e in quanto “sospensione del giudizio”, riannette le categorie dello spirito e della vita quali polarità indispensabili al funzionamento della macchina-pensante uomo, soggetto non solo razionale ma anche emozionale-pulsionale, secondo precise suggestioni nietzscheane. Non sviluppando la tematica concernente gli strettissimi legami intercorrenti tra la prospettiva di Husserl e l’antropologia filosofica scheleriana, Simonotti corre il rischio di fraintendere un pensiero che nella sostanza è profondamente debitore del paradigma fenomenologico. Ciò riguarda Scheler specialmente sul piano della sua originalissima etica materiale dei valori, che modifica l’approccio kantiano, eccessivamente formalistico, per proporre una maggiore concretezza, memore del motto husserliano “verso le cose stesse”. Appunto perché legata a doppia mandata al metodo comprendente della fenomenologia, l’antropologia filosofica scheleriana rifugge dalla concezione “riduzionista” che limita la nozione di uomo alla sua specificità biologica. Per Scheler l’uomo è in primo luogo “l’essere che trascende ogni forma di vita”. Il “trascendere” dell’uomo assume in Scheler chiari accenti spirituali e metafisici. Al proposito, Simonotti evidenzia la posizione particolare dello stesso Scheler, quando sottolinea “l’impossibilità di parlare della realtà umana senza fare riferimento alle istanze ideali dello spirito e all’esperienza religiosa” (p. 193). Dal punto di vista scheleriano, vita (Leben) e spirito (Geist) non rappresentano due dimensioni esistenziali alternative, ma risultano tra loro complementari, in quanto trovano un punto di contatto nel comune riferimento al problema antropologico, dal momento che l’uomo è il “luogo dell’incontro dello spirito con l’impulso vitale originario” (p. 195). Una caratteristica dell’uomo che non rinvia alla dimensione pulsionale della volontà di potenza è la vocazione naturale ad aprirsi al mondo. Tale apertura denota un’implicita tensione metafisica o spirituale che è in qualche modo insita alla posizione dell’uomo nel cosmo, espressione usata non a caso da Scheler come titolo di una delle sue opere principali. Differenziandosi rispetto all’Übermensch, l’Asceta della Vita è colui che si rende capace di svincolarsi o emanciparsi dalla sua realtà soggettiva, dal mondo limitato e limitante delle pulsioni vitalistiche strettamente dipendenti dall’organico. L’uomo, ogni uomo, ha in sé le qualità proprie dell’asceta, ma il suo è un ascetismo molto particolare, che si applica al dominio della vita, per orientarlo in direzione della spiritualità autentica.

Indice

Indice
Prefazione
Avvertenza
Introduzione

Capitolo primo: SPIRITO E VITA. Nietzsche e la nascita dell’antropologia filosofica
Capitolo secondo: IL PROBLEMA DELLA VITA
Capitolo terzo: La morale del risentimento
Capitolo quarto: L’etica materiale dei valori tra Kant e Nietzsche
Capitolo quinto: Apollineo e dionisiaco. Un paradigma antropologico
Capitolo sesto: Al di là del divino e dell’umano

Conclusione
Indice dei nomi


L'autore

Edoardo Simonotti è nato nel 1978. Ha studiato filosofia presso l'Università degli Studi di Genova, dove si è laureato nel marzo del 2002 discutendo una tesi sulla ricezione di Nietzsche nel pensiero di Max Scheler. Ha trascorso numerosi periodi di studio e di ricerca in Germania, presso le università di Tubinga e Friburgo in Brisgovia. Oltre a La svolta antropologica, ha pubblicato: "Se tutto è dono". Jean-Luc Marion e la fenomenologia della donazione (2003); Fenomenologia e cristianesimo. Note su Michel Henry (2004); L’ordine del cuore. Alcune considerazioni di antropologia filosofica (2005); Il problema del nulla nel pensiero metafisico-religioso di Max Scheler, in "Quaestiones disputatae" 1/2005.

Links

il sito ufficiale di Max Scheler (in lingua tedesca)

sito del Centro Interdipartimentale di studi Colli-Montinari su Nietzsche e la cultura europea – Università di Lecce

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