mercoledì 25 aprile 2007

Ferrari Federico (a cura di), Del contemporaneo. Saggi su arte e tempo.

Milano, Bruno Mondadori, 2007, pp. 108, € 10,00, ISBN 9788842420224.

Recensione di Micaela Latini – 25/04/2007

Estetica

Arte e tempo: è su questa coppia concettuale che si organizzano gli interventi raccolti nel volume Del contemporaneo, scritti da alcuni fra i più autorevoli pensatori, scrittori e poeti francesi: Georges Didi-Huberman, Jean-Luc Nancy, Nathalie Heinich e Jean-Christophe Bailly.

La questione dalla quale prendono le mosse i quattro saggi è lo statuto sfuggente della nozione di contemporaneità: un’espressione tutt’altro che piana. Si tratta – osserva Ferrari nell’Introduzione – di un concetto dai confini sfumati e dalla fisionomia ben poco delineabile. E non potrebbe essere altrimenti, dal momento che il contemporaneo ha a che fare con la temporalità, ossia con uno dei temi più dibattuti in ambito filosofico, da Parmenide a Heidegger, passando per la famosa teoria di Sant’Agostino: “Che cos’è dunque il tempo? Se nessuno mi interroga lo so; se volessi spiegarlo a chi mi interroga non lo so”. Nessuna delle riflessioni che si sono succedute nella storia della filosofia è riuscita a risolvere le inevitabili aporie contenute nella dimensione del tempo. Il punto è che ogni indagine in merito è destinata al paradosso, perché costretta a darsi nel tempo stesso. In altre parole: com’è possibile parlare del tempo, quando siamo da sempre immersi nel tempo, e non possiamo trarcene fuori per definire questa nozione una volta per tutte?

Di qui si comprende la difficoltà nel definire un’espressione apparentemente trasparente come quella di contemporaneità. È questa la sfida lanciata dal volume: tracciare una mappa della contemporaneità, come se fosse possibile innalzarsi al di sopra del tempo, pur nella consapevolezza della impossibilità di questa operazione. “Porsi fuori dal tempo è impresa non umana […] non si può che navigare a vista” (p. X).


Il primo navigante in questa “regata” è Nancy. Il suo intervento, L’arte oggi, s’incentra già dal titolo su un rifiuto della categoria del contemporaneo, categoria dalle frontiere mobili, del tutto estranea a una determinata modalità estetica. Il problema sta nel fatto che, se la nozione di temporalità è problematica (e con essa l’espressione della contemporaneità), non di meno lo è lo statuto della cosiddetta “arte contemporanea”. Quella di oggi – come osserva Nancy – è un’arte che innanzitutto si interroga sulla sua stessa essenza, sui suoi limiti e sulle sue possibilità. Se ciò che accade nella dimensione artistica è la produzione di forme capaci di offrire una possibilità di mondo, allora il compito dell’arte è oggi, nel tempo della mondialisation, quello di “inventare una forma di mondo, intesa come forma di circolazione possibile di senso, tale però da essere percepito da chiunque, cioè tale da non essere significato” (p. 18).

All’arte come testimonianza è dedicato lo studio di Didi-Huberman, che prende spunto da un’opera di Pascal Convert, Sans titre (inspirée de Veillèe funèbre au Kosovo). Questo lavoro, nel quale viene utilizzato il vuoto per scolpire il grido, s’ispira esplicitamente a un’altra immagine, realizzata non come un’opera d’arte, ma con il chiaro intento di rendere visibile un “fatto che grida vendetta” al cospetto del mondo: la Pietà du Kosovo, ossia una fotografia divenuta celebre nella sua tragicità. Ecco il potere delle immagini: se il tempo della storia si limita a informarci su un singolo aspetto delle cose, spetta all’arte il compito di dare visibilità a ciò che il contemporaneo genera al di là di se stesso, costruendone la durata, ovvero la sopravvivenza, per dirla con Warburg.

Nathalie Heinich, nel suo contributo Per porre fine alla polemica sull’arte contemporanea, focalizza l’attenzione sulle aporie dell’espressione “arte contemporanea”, individuando i paradossi di una simile categorizzazione. La proposta è quella di non tentare di trarsi fuori dal paradosso che la tripartizione categoriale (antica-moderna-contemporanea) comporta, ma piuttosto di riflettere su una simile scansione, e di qui superarla. Il che significa “partecipare – per porvi fine – al dibattito” annoso sull’arte contemporanea.

L’ultimo intervento, che porta la firma di Jean-Cristophe Bailly, indaga, anche sulla scorta delle sollecitazioni offerte da Benjamin e Barthes, la connessione fra tempo e fotografia. La pellicola, come insegna l’indimenticabile film di Antonioni, Blow up, riesce a cogliere e a registrare anche l’opacità del reale, quei dettagli che sfuggono alla messa a fuoco dell’occhio nella quotidianità, e che pure a un “secondo sguardo” si rivelano in tutta la loro centralità.

Indice

Introduzione di Federico Ferrari
L’arte, oggi di Jean-Luc Nancy
Costruire la durata di Georges Didi-Huberman
Per porre fine alla polemica sull’arte contemporanea di Nathalie Heinich
L’immagine assoluta. Tempo e fotografia di Jean-Cristophe Bailly


Il curatore

Federico Ferrari (Milano, 1969) insegna Filosofia e fenomenologia delle arti contemporanee presso l’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano. Curatore e traduttore di testi di Bataille, Blanchot, Klossowski, Focillon Merleau-Ponty, Foucault, Lyotard, Derrida, Nancy, Badiou e Alferi, ha pubblicato: La comunità errante. Georges Bataille e l’esperienza comunitaria (1997), Nudità. Per una critica silenziosa (1999) entrambi presso Lanfranchi; La pelle delle immagini (con J.L. Nancy), Bollati Boringhieri, Torino, 2003; Lo spazio critico, Luca Sassella editore, Roma, 2004 e Saggi sull’immagine, il tempo e la memoria, Lanfranchi, Milano, 2006. 

6 commenti:

MAURO PASTORE ha detto...

Insignificanza, perduranza, provvisorietà, alterità ovvero: inesistente, futura, presente, differente catalogabilità; sono le sintesi dei rispettivi autori passati in rassegna dal recensore attraverso recensione di opera che si presenta quale esempio di "pensiero debole".
Tuttavia tale cifra intellettuale non è universale.
Che dire infatti non del filosofare della filosofia ma del sapere filosofico? Esso assolutamente non è la sapienza ma nel caso del concetto e della idea del tempo il sapere se filosofico supera la stessa sapienza; allora nessun pensiero conoscitivo può esser più adatto del pensiero della filosofia se si deve capire cosa è il tempo. In tal caso la eventuale relativizzazione si confronta con le intuizioni artistiche che non sono le estetiche dell'arte neppure quelle ordinate secondo i tempi esteriori (ovvio anche verbalmente) quali le catalogazioni; ed acciò il pensiero non si fa debole, ma, indirettamente cioè quale riflessione solamente, forte: anziché dire esteticamente della imprecisabilità, si può affermare non esteticamente della precisabilità delle impressioni emotive, attraverso e non per mezzo di una estetica.
Che dire dei filosofemi derivati da arti ed estetiche d'arte ma che si applicano a scienze e tecniche, ciò che per esempio (anche importantissimo) accade negli stilemi e stili di oggetti prodotti, nel cosiddetto "design"? In tal caso la filosofia è la modalità anche culturale, tipicamente attraverso la consulenza, di illustrare temporalità occorrenti in maniera più netta ed utile possibile! Anche stili e stilemi son parte di arti definibili "contemporanee".
Dunque la relativizzazione va applicata per limitata contestualizzata critica; e ciò risulta evidente dalla mancanza di bisogno di generalizzazioni-indeterminazioni da parte di molte estetiche contemporanee d'arte, già del tutto opportunamente centrate tra possibili assolutismi e relativismi.
A negar tutto ciò era la violenza antioccidentale perpetrata dal marxismo ed istigata dallo stalinismo, che tentava di svalutare o finanche distruggere il patrimonio artistico più recente dell'Occidente; e tale violenza era attuata per ignorantissimo disastroso dispetto controculturale anche durante la sconfitta del Blocco Sovietico Comunista della Guerra Fredda, in ultimo per vendetta ovvero del tutto immotivatamente e quindi con maggior gravità di effetti postumi; ai quali si doveva e si deve realmente riparare — senza continuare gli echi degli editti dei persecutori ma neanche occultandone i segni.

MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

La rassegna praticata dal recensore stesso (Federico Ferrari) è senza dubbio in ultimo ambigua, perché non specifica adeguatamente che il mostrar di più cinematografico dipende in ultima istanza dalla rappresentazione dei realizzatori del cinema e questa eccedenza è a disposizione solo di usi od utilizzi artistici a di arte della tecnica e tecnologia cinematografiche, mentre cinema non cinematograficamente risultante non è dimostrativo ma, sempre attraverso arte, rivelativo. (Ciò corrisponde assai efficacemente pure a quanto ho esposto in mio messaggio precedente a questo.) È molto importante sia ai fini di pensiero estetico che di percezione mentale questa distinzione cui ho inoltrato e che invece da recensione non risulta; difatti se essa è accantonata, diventa impossibile definire i limiti dimostrativi dei documentari e documenti cinematografici: questi, dal disporsi non solo dalla presenza, rispettivamente di soggetti e di oggetti, meccanicamente obbiettivabili-visionabili, ottengono una certa indiretta omologia rispettivamente reale e realistica; tantoché è sempre ed altresì vero che le semplici registrazioni visive o le sole visioni, entrambe pur tecnologicamente ottenute come le altre, sono prive di omologie e recano solo indirette analogie — nonostante un falso senso assai diffuso si ostini a scommettere ed a convincersi del contrario, benché con tali ultimi illusioni ed inganni non sia neppure possibile costruire macchine per realizzare registrazioni o sole visioni, solo precariamente tentare di continuarne costruzione... Tanto che — faccio esempio importantissimo — i recenti mutamenti climatici europei e nordici (glaciazione già incipiente, notabile attraverso estremismi climatici nuovi) hanno impedito usi ed utilizzi ingenui di dispositivi e impediscono uguali progettazioni, però impedendo anche continuazione di valutazioni climatiche inette epperò impedendone pure continuazione di altre adatte, in un circolo vizioso, rischioso ed attardante, di illusioni per differenti inattuabilità... che rischiano di divenire più gravi a causa di sopravvalutazioni o sottovalutazioni di videoarti od arti visive!

Inconcludenze intellettuali di pochi (!!) circa prodotti cinematografici o non solo tali nonché circa prodotti altramente grafici assieme ad erranze di moltitudini ingenti (!) anche circa registrazioni e visioni ottenute con moderni macchinari generano ulteriori inganni ed illusioni, anche potenzialmente distrasosi per la politica e di fatto già distrastanti, perché la estetica filosofica oggi ha valore essenziale o comunque non trascurabile in culture anche universitarie oramai con implicazioni anche di politica filosofica.

Si consideri dunque quanto è importante la filosofia estetica e della percezione ed anche per realtà non filosofica e si noti che non si deve sottovalutare la distinzione tra poteri di rappresentazione di arti e di non-arti.

(...)

MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

... Accludo ulteriore esemplificatività a mio precedente messaggio:

Nonostante vi sia una grave diffusissima ingente disastrosità subculturale antitecnologica, anche col concorso di alcune distratte oppure incerte intellettualità non ignare di filosofia o per altro in filosofia impegnate, v'è anche tutt'altro, cioè perdurante competenza; per esempio in Giurisdizione italiana per la quale i famigerati stradali o autostradali propriamente detti 'autovelox' sono anticostituzionali ed i famigerati propriamente detti 'tutor' sono legalmente inutizzabili quali sistemi di comprovazione e solo legalmente utilizzabili quali sistemi di coadiuvazione — tuttavia dal valitare ingente opposta aberranza, finanche e di fatto illegalmente intromessa in stesso Stato ma di fatto anche perseguita giudiziariamente da stesso restante Stato non sottoposto a disonesta invasione antipolitica, si deduce quanta difficoltà creino le inconcludenze che impediscono necessaria consulenza culturale nonché filosofica; anche perché altre erranze ne sono coinvolte oppure aggiunte, erranze pure ((scrivere: anche, non basterebbe per tutti i casi)) linguistiche — del caso (già gigantesco) menzionato con ultimo esempio risultava e purtroppo risulta anche colossale sbaglio su uso di parola, "autostrada", che fuor di errore significa: 'strada tale di per sé, cioè con percorribilità stradale non dipendente da tattiche di procedere'; ma che non significa "strada più o eminentemente adatta ad autoveicoli", eppure (drammaticamente, tragicamente fino ad ultimi tempi — e non mi risulta ufficiale provvedimento di Stato a riguardo) ingenti masse di cattivi automobilisti e di pessimi autisti questo secondo falso significato avendo pensato e pensando spesso con minacce o finanche per incidenti e a volte con feriti, con morti, a danni di chi autostrade usava od utilizzava su motoveicoli (particolare accanimento contro motocicli e motociclette, mezzi adattissimi alle autodtrade) e con dazi (commisurati da privati con ostativa prepotenza) sempre insensati per i motociclisti (cioè, ovvero, coloro che procedono con motocicli o motociclette)... e tutto ciò da combinazione, cui manchevolezze culturali anche filosofiche evitarono, hanno evitato di scongiurare, diventa pure coincidenza nefasta quando si ha ignorato e allorché si ignora la necessità comunicativa o non comunicativa di stili e stilemi di oggetti in movimento, che filosofia inadatta non aiuta anzi ostacola se intromessa — a riguardo si nota, per (stesso) esempio (!),
che le consulenze filosofiche dette filosoficamente "deboli" univocamente non aiutano a formare mentalità capaci di individuare fatti e identificare differenze per strade ed autostrade e non spingono a saggia moderazione né a "sacrosanta“ astensione di provvedimenti statali, sicché:
le dannose tentate imitazioni ai danni di visibilità caratteristica del motociclismo da parte di autotrasportatori disonesti sono ignorate, sempre o spesso o troppo spesso; e se chi visiona immagini riprodotte non si rende in grado di notar differenza tra ciclomotori e motocicli (di cui variante non differenza sono le motociclette) e neppur di percepir l'effetto solo analogo non omologo di registrazioni o sole visioni, ecco che aumentano i soprusi...
Faccio altro esempio:
le telecamere, anche quelle a circùito chiuso, non sono atte a rappresentare dispiaceri epidermici per stupri o sole riuscite invadenze; un documento cinematografico ne potrebbe ma senza certezza; finzione cinematografica ne può; e purtroppo tanta confusione hanno fatto subcultura ed inavvedutezza che molta gente è convinta oppure vuol convincersi ancora del contrario... ed a volte c'è chi minaccia od ha reazioni violente se smentito in tali erronea ostinazione adudersi sbagliando!!

MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

In mio messaggio precedente:

'valitare' sta per:

valutare

'autodtrade' sta per:

autostrade

'tali erronea ostinazione adudersi' sta per:


tali erronee ostinazioni ad illudersi .


Invierò quanto prima anche testo con correzioni.

MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

*
... Accludo ulteriore esemplificatività a mio precedente messaggio:

Nonostante vi sia una grave diffusissima ingente disastrosità subculturale antitecnologica, anche col concorso di alcune distratte oppure incerte intellettualità non ignare di filosofia o per altro in filosofia impegnate, v'è anche tutt'altro, cioè perdurante competenza; per esempio in Giurisdizione italiana per la quale i famigerati stradali o autostradali propriamente detti 'autovelox' sono anticostituzionali ed i famigerati propriamente detti 'tutor' sono legalmente inutizzabili quali sistemi di comprovazione e solo legalmente utilizzabili quali sistemi di coadiuvazione — tuttavia dal valutare ingente opposta aberranza, finanche e di fatto illegalmente intromessa in stesso Stato ma di fatto anche perseguita giudiziariamente da stesso restante Stato non sottoposto a disonesta invasione antipolitica, si deduce quanta difficoltà creino le inconcludenze che impediscono necessaria consulenza culturale nonché filosofica; anche perché altre erranze ne sono coinvolte oppure aggiunte, erranze pure ((scrivere: anche, non basterebbe per tutti i casi)) linguistiche — del caso (già gigantesco) menzionato con ultimo esempio risultava e purtroppo risulta anche colossale sbaglio su uso di parola, "autostrada", che fuor di errore significa: 'strada tale di per sé, cioè con percorribilità stradale non dipendente da tattiche di procedere'; ma che non significa "strada più o eminentemente adatta ad autoveicoli", eppure (drammaticamente, tragicamente fino ad ultimi tempi — e non mi risulta ufficiale provvedimento di Stato a riguardo) ingenti masse di cattivi automobilisti e di pessimi autisti questo secondo falso significato avendo pensato e pensando spesso con minacce o finanche per incidenti e a volte con feriti, con morti, a danni di chi autostrade usava od utilizzava su motoveicoli (particolare accanimento contro motocicli e motociclette, mezzi adattissimi alle autostrade) e con dazi (commisurati da privati con ostativa prepotenza) sempre insensati per i motociclisti (cioè, ovvero, coloro che procedono con motocicli o motociclette)... e tutto ciò da combinazione, cui manchevolezze culturali anche filosofiche evitarono, hanno evitato di scongiurare, diventa pure coincidenza nefasta quando si ha ignorato e allorché si ignora la necessità comunicativa o non comunicativa di stili e stilemi di oggetti in movimento, che filosofia inadatta non aiuta anzi ostacola se intromessa — a riguardo si nota, per (stesso) esempio (!),
che le consulenze filosofiche dette filosoficamente "deboli" univocamente non aiutano a formare mentalità capaci di individuare fatti e identificare differenze per strade ed autostrade e non spingono a saggia moderazione né a "sacrosanta“ astensione di provvedimenti statali, sicché:
le dannose tentate imitazioni ai danni di visibilità caratteristica del motociclismo da parte di autotrasportatori disonesti sono ignorate, sempre o spesso o troppo spesso; e se chi visiona immagini riprodotte non si rende in grado di notar differenza tra ciclomotori e motocicli (di cui variante non differenza sono le motociclette) e neppur di percepir l'effetto solo analogo non omologo di registrazioni o sole visioni, ecco che aumentano i soprusi...
Faccio altro esempio:
le telecamere, anche quelle a circùito chiuso, non sono atte a rappresentare dispiaceri epidermici per stupri o sole riuscite invadenze; un documento cinematografico ne potrebbe ma senza certezza; finzione cinematografica ne può; e purtroppo tanta confusione hanno fatto subcultura ed inavvedutezza che molta gente è convinta oppure vuol convincersi ancora del contrario... ed a volte c'è chi minaccia od ha reazioni violente se smentito in tali erronee ostinazioni ad illudersi sbagliando!!

MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

+

Sono spiacente per inconveniente di scrittura creatomi dandomi gravi altre necessità da intorno dove stavo scrivendo e con intenti violenti proprio nei confronti di mio compito e scopo di scrittura.
Chi mi ostacolava aveva anche scopo di suscitar ulteriore violenza da chi sopravvaluta necessità di scrittura e da chi, stoltissimo, intende ogni scrittura alla stregua di cartello indicativo e da altri che intendono al rovescio lettura competente di nozioni tecniche:
Infatti chi cerca significati tecnici per trovarne deve capire e limitarsi a quanto effettivamente capito e non usar scritti come fossero insegne.

Inoltre lamento che esiste assoluta aberranza ai danni di Stato ed intromessa in Stato, la quale evita di ostacolare alcune comunicazioni solo se trova intoppi comunicativi non determinanti e poi ne finge determinanza per toglier meriti od impedire stesso fine comunicativo.

In verità internet non è una libreria e vi basta ottenere il sufficiente dal reinvio.

Sono altresì spiacente nell'aver notato che taluni dintorno dove scrivo con invadenza negavano limiti di natura umana e stessa non medesima naturalità umana anche singola non solo collettiva pur di difendere falsa idea di falsa scienza e false tecniche, idea falsa che interessi intellettuali profondi siano incompatibili con conoscenze intellettuali solo derivabili da azioni specialmente fisiche estreme.

MAURO PASTORE