lunedì 25 giugno 2007

Tamagnone, Carlo, La filosofia e la teologia filosofale. La conoscenza della realtà e la creazione di Dio.

Firenze, Clinamen, 2007, pp. 223, € 22,50 ISBN 9788884101013.

Recensione di Gualtiero Tacchini – 25/06/2007

Storia della filosofia, Filosofia della religione

Nell’opera si contrappongono due modi di fare filosofia: pensare a partire dai dati della scienza, inserendoli in una conoscenza più complessa, in una visione del mondo (che per l’autore è la filosofia tout court), e la ricerca del 'divino' inteso come causa primaria non fisica del mondo fisico, ciò che per secoli è stato chiamato 'filosofia prima' o 'metafisica' e che nel testo viene chiamato 'teologia filosofale'. Tale definizione è dovuta al fatto che, come la celebre pietra alchemica, questa attività di pensiero attraverso l’uso della logica compie un’operazione di carattere 'magico' in quanto "magicizza il linguaggio umano come strumento soprannaturale in grado di autotransustanziarsi (attraverso i suoi meccanismi e le sue definizioni e dimostrazioni) in strumento meta-fisico in grado di 'fondare' l’essere 'e i suoi correlati', in modo del tutto indipendente dallo studio della realtà che si offre all’osservazione, all’indagine e alla sperimentazione" (nota p.8).
Nella Prefazione e nel primo capitolo, Conoscenza della realtà e invenzione di una meta-realtà, Tamagnone mette in rilievo il tratto distintivo del teologo filosofale che è quello di porre l’idea di Dio come veritativa conoscenza primaria dalla quale bisogna partire per arrivare alla conoscenza secondaria, cioè quella che concerne la realtà materiale. Non è solo il caso delle religioni monoteistiche, la situazione rimane sostanzialmente immutata con tutte le forme storiche di panteismo e anche con tutti quei sistemi, anche laici o dichiaratamente atei, che pongono le fondamenta del fenomenico in qualcosa di diverso dal fenomenico. Si citano, per limitarsi all’età moderna, Descartes, Spinoza, Leibnitz, Kant, Hegel.
Nel suo sorgere la filosofia è vista come un tutt’uno con la scienza, ma tale unità viene messa in crisi dagli Eleati e poi distrutta da Platone che non solo rivendica alla filosofia l’indipendenza dalla scienza, ma le assegna spesso anche il compito di fissare i fondamenti procedurali cui la scienza dovrebbe attenersi. Questo significa che "la teorizzazione scientifica dovrebbe prodursi a partire non già dai 'dati' rilevati strumentalmente, ma piuttosto in base a una legge veritativa di carattere 'linguistico-formale' che fonderebbe ogni discorso teorico in generale." (p. 32). È il filosofo ateniese, con la sua abilità letteraria e dialettica, ad essere il referente fondamentale dell’operare filosofale dell’Occidente, destinato a dominare anche perché rispondente alle esigenze omeostatiche della psiche umana. Da Platone, perlomeno in questo ambito, non si discosta l’allievo Aristotele, soprattutto quando sostiene che la filosofia prima è vera scienza in quanto ha come oggetto l’essere in quanto essere mentre quelle che per noi oggigiorno sono considerate le scienze tout court hanno scarsa dignità conoscitiva in quanto hanno come oggetto l’essere come accidens.
Nel secondo capitolo, Il reale e il pensiero sul reale, si cerca di affrontare il problema della filosofalità nei diversi aspetti in cui si manifesta. Si asserisce la necessità di distinguere tra il reale e il pensiero sul reale contro la pretesa della teologia filosofale di elaborare modelli di realtà su base esclusivamente logico-dialettica per poi 'saltare' dal piano logico a quello ontologico senza mediazioni coinvolgenti la realtà stessa e i suoi dati per confermare la legittimità del procedimento. Il vero filosofo fa riferimento alla realtà mentre il teologo filosofale fa riferimento al pensiero sulla realtà nella convinzione che "il pensiero filosofico possa essere legittimato ad operare in mdo autoreferenziale e a prescindere da altre fonti di conoscenza." (p. 80). Di conseguenza "siccome il pensiero si esprime attraverso il linguaggio, si creano dei circuiti pensiero/linguaggio… grazie ai quali il pensiero crea linguaggio ma di ritorno il linguaggio crea pensiero." (p. 92). Le convenzioni linguistiche si pongono come filtro tra noi e la realtà ed è da questo filtro che nascono illusioni antropiche come il continuum spazio-temporale e la concezione dell’uomo come microcosmo rispecchiante il macrocosmo intero come gigantesco organismo vivente.
Argomento del terzo capitolo, La teologia dell’Uno-Tutto olistico, è il monismo olistico, espressione tipica della teologia filosofale che lo sostiene tuttora nonostante non vi sia "ombra di alcun elemento probatorio che autorizzi il ritenere che la struttura attuale della materia cosmica e del vivente siano il risultato inevitabile di un’unità olistica 'a priori' da cui sarebbe derivata una pluralità ontica 'a valle' riassorbibile nell’unità originaria." (p. 118). L’universo, diversamente dagli organismi biologici, non è un sistema complesso e organizzato ma disorganizzato e caotico e i suoi singoli costituenti obbediscono singolarmente alle leggi fisiche, non in funzione di un’organizzazione unitaria e globale. Tali concezioni monistiche sono alimentate anche da usi linguistici impropri tra i quali i casi più comuni concernono la luce e l’acqua. Persino l’unità della materia, non solo professata dalla metafisica ma anche data per scontata dal pensiero comune, è un’illusione.
Concezioni monistiche sono anche i panteismi, sistemi nei quali "le infinite differenziazioni derivanti dall’unità divina sono sempre ricomprese nell’Uno-Tutto che le ha originate e le informa." (pp. 134-135)
Il quarto e ultimo capitolo, Teologia della necessità, è dedicato al determinismo che è correlato costante del monismo e ha sempre un carattere teologico, anche in quelle concezioni che utilizzano la cogenza della necessità per escludere la volontà del Dio dei monoteismi. Infatti "gli orizzonti ontologici sono solamente due e diametralmente opposti. O l’universo ha avuto una nascita casuale e si evolve in modo e indeterministico e deterministico ("facendosi") in un divenire dove il caso genera il nuovo e la necessità lo fissa attraverso leggi conservative) oppure esso nasce da un 'disegno intelligente' e si evolve in modo pre-determinato; dominato completamente da una Volontà o da una Necessità, che gli hanno dato origine, struttura, informazione, ordine." (p. 168)
Strettamente unito al determinismo è il finalismo che è di norma considerato tratto distintivo delle concezioni religiose, ma per l’autore esso è presente in molte concezioni deterministiche non religiose e anche atee in quanto "in ogni determinismo è insita (esplicitata o meno) la convinzione che l’esistenza del cosmo sia 'bene', in quanto frutto 'positivo' della necessità. Necessitato ad essere rispetto al non-essere, cioè al nulla (che è negativo), esso è, quindi, 'bene', e ciò annulla ogni differenza tra determinismo e finalismo." (p. 171), sicché 'ateismo determinista' è una contraddizione in termini in quanto l’ateismo deve ammettere la realtà del caso perché esso solo esclude Dio in modo categorico.
Ammettere il caso non significa negare la causa ma rifiutare una consequenzialità fissata a priori, accettando sconnessioni, intersezioni e sovrapposizioni delle cause. Anche quando non è esplicitamente teologico il determinismo lo è sempre a livello intrinseco, poiché ogni teorizzazione della necessità assoluta conduce sempre ad intendere un 'disegno intelligente' e ciò implica sempre l’opera di una causalità extrafenomenica.
Per Tamagnone il determinismo nasce da cogenze della psiche e solo questo spiegherebbe la sua odierna sopravvivenza, seppure a costo di adattamenti forzosi e talora contraddittori, di fronte alle novità portate dall’evoluzionismo darwiniano, dalla meccanica quantistica e dalla biologia delle mutazioni genetiche.
Lo statuto concettuale non cambia nella teoria dell’auto-organizzazione deterministica della materia, cioè la tesi formativo-creativa del cosmo dell’autopoiesi che teorizza una tendenza "interna (naturale, intrinseca, strutturale) che spinge la materia ad organizzarsi in modo pre-organizzato e pre-ordinato." (p. 202) Al pari dell’eteropoiesi religiosa questa concezione nega che "l’evoluzione della materia possa essere un 'farsi' stocastico di mutazioni evolutive cui seguono leggi conservative 'per l’esistenza', come sostiene l’indeterminismo."(p. 202)

Indice

Prefazione
Conoscenza della realtà e invenzione della meta-realtà
 Il reale e il pensiero sul reale
La teologia dell’uno-tutto olistico
La teologia della necessità
Conclusione
Bibliografia
Indice dei nomi
Indice analitico-tematico


L'autore

Carlo Tamagnone si è occupato soprattutto del pensiero filosofico ateo ed è teorico del post-materialismo. Tra le sue opere principali. Necessità e libertà. L’ateismo oltre il materialismo (Clinamen Firenze 2004) e Ateismo filosofico nel mondo antico. Religione naturalismo materialismo atomismo scienza. La nascita della filosofia atea (Clinamen Firenze 2005).

Nessun commento: