martedì 31 luglio 2007

Rigotti Francesca, Il pensiero delle cose.

Milano, Apogeo, 2007, pp. XIII+82, € 8,00, ISBN 8850326402.

Recensione di Rolando Ruggeri - 31/07/2007

Filosofia teoretica (ontologia, gnoseologia)

Il libro è una sorta di viaggio etimologico, semantico e logico, nel mondo delle cose e del loro pensiero. Ma su cosa occorre porre il fuoco del discorso? Sul pensiero o sulle cose? Chi produce cosa? È il pensiero che si volge alle cose oppure sono le cose che pensano?
Rigotti mette subito in chiaro quale sia la prospettiva del testo: le cose parlano, pensano, hanno una loro soggettività e non sono semplici oggetti a cui il pensiero si rivolge.
La cosa, solitamente intesa come oggetto del pensiero, diviene soggetto.
Stabilito questo punto di partenza occorre stabilire un percorso; percorso lineare o piuttosto per tappe discrete e non contigue? Per apprezzare il pensiero delle cose non è possibile squadernare una ragione che sistematizzi la cosa pensante (che non è la res cogitans cartesiana) una volta per tutte, occorre procedere per suggestioni, allusioni, spunti e intuizioni; occorre affondare la propria solida nave, lasciarsi cullare naufragi dalle onde, per approdare su un’isola sconosciuta fatta di cose che parlano e che pensano.
Il testo si pone alla riscoperta di quelle “piccole cose” che nella maggior parte dei casi sono dimenticate dalla filosofia (e non solo).
Il primo etimo che viene presentato è, ovviamente, quello della parola “cosa”. Il termine italiano deriva da causa, se si passa al tedesco e al greco però le cose si complicano: il greco antico designa con pràgma il concetto di cosa (fatto); il tedesco ha il termine Ding per significare la cosa concreta e Sache per rimandare all’essenza dell’oggetto, la sua sostanza. Heidegger afferma che la cosa (Sache) è autosufficiente e precede l’oggetto (Ding). Di fronte ad una cosa, quindi, non ci si deve fermare alla pura materialità della stessa (Ding), occorre cercare la sua intima essenza (Sache); questo è il compito del filosofo, seppur spesso tradito. Comincia a delinearsi un bel garbuglio: nella vita quotidiana ci troviamo immersi in cose singole e materiali; come fare per comprenderne la portata universale e l’essenza che portano con sé? Ora, il reale fine del libro è sollevarsi dal particolare per cercare l’essenza (la sostanza) delle cose? È più produttivo (e niente affatto riduttivo) restare sulle cose singole, non vederle come mezzo per arrivare a qualcosa d’altro, il concetto generale: la cosa rivendica la sua singolarità e porta in sé anche la chiave per leggere l’insieme, senza per forza dover sparire in esso.
Riuscire ad applicare il metodo filosofico alle cose di tutti i giorni porta con sé l’accettazione di una prospettiva niente affatto comune nel campo degli studiosi. Per poter far incontrare filosofia (che si rivolge alle cose generali) e vita quotidiana (che generale, in senso filosofico, non è) occorre conciliare i due mondi apparentemente opposti in una concezione che porti a comprendere ciò che è piccolo, senza perdere di vista ciò che gli sta attorno.
Le cose materiali, che tutti i giorni ci circondano, che sono alla base della nostra vita e del nostro linguaggio (dato che anche nella terminologia filosofica si ritrovano parole che hanno la loro origine in fatti semplici, materiali). Ed ecco le cose. Rigotti ce le presenta in tutto il loro splendore (sempre quotidiano), con tanto di disegni.
Scopriamo porte e finestre che collegano il mondo esterno con quello interno; le possiamo trovare aperte sul mondo oppure chiuse come per la monade leibniziana. Incontriamo oggetti vari, che ci svelano la loro essenza e ci fanno scoprire quanto c’è di piccolo nelle azioni che ci sembrano grandi e viceversa; ci guidano alla scoperta di un mondo di analogie e metafore che prima, quando il mondo della filosofia e quello della vita concreta erano tanto distanti, erano impensabili.
Il filo che lega un aquilone può farci volare con esso e farci scoprire similitudini suggestive. Il moto di un pendolo disegna orizzonti di libertà pur essendo legato.
Parole e immagini ci apparecchiano un mondo filosoficamente nascosto, fatto si sedie, finestre, scarpe, ombrelli, pentole e specchi; attraverso una scala poi siamo invitati a salire (o a scendere) per ascoltare il prologo a tutto lo scritto. Il consiglio, prima di abbandonare il testo su qualche polveroso scaffale (non analizzato ma sicuramente con la sua profonda funzione), è di recuperare una prospettiva “straniante” verso ciò che ci circonda. Per non vedere le cose come meri oggetti che fanno da contorno alla nostra esistenza occorre attuare una strategia di “defamiliarizzazione”, un atteggiamento che sa ritrovare in un semplice oggetto qualcosa di straordinario ed unico. Occorre quindi, porre attenzione alle cose, non farle scivolare nell’abituale e nel monotono; porre attenzione ai gesti che meccanicamente eseguiamo ma che dentro di sé portano quell’unicità che merita di essere sempre riscoperta.

Indice

Introduzione
Capitolo 1. La cosa, le cose
Capitolo 2. Ordinario e straordinario
Capitolo 3. Cose che coseggiano
Epilogo


L'autrice

Francesca Rigotti, docente, filosofa e saggista, insegna Dottrine politiche alla Facoltà di Scienze della Comunicazione dell’Università della Svizzera italiana. Tra le sue opere più recenti, La filosofia delle piccole cose, Interlinea, Novara 2005 e Il pensiero pendolare, Il Mulino, Bologna 2006.

Nessun commento: