lunedì 5 novembre 2007

Garavaso, Pieranna - Vassallo, Nicla, Filosofia delle donne.

Roma-Bari, Laterza, 2007, pp. 174, € 10,00, ISBN 9788842082361

Recensione di Barbara Romagnoli - 05/11/2007

Donne, femminismi, metafisica, epistemologia

Un saggio scritto a quattro mani con l’intento di farsi carico di quel dovere di cui parlava Virginia Woolf nel secolo scorso, ossia continuare a porre domande e ricercare risposte che possano trasformare e migliorare “la vita di tutti gli uomini e di tutte le donne”. Per farlo è necessario che si tenga conto dell’autorevolezza della parola femminile e soprattutto che la “filosofia delle donne” sia presa in seria considerazione da quella tradizionale affinché possa nascere un dialogo fecondo e costruttivo per entrambe le prospettive di ricerca.
Pieranna Garavaso e Nicla Vassallo in una sorta di introduzione al loro agile testo spiegano chiaramente, già dalle prime righe, in che maniera intendono dipanare e sciogliere la tela di Penelope, quel lento fare e disfare che è divenuto simbolo di un lavoro che non ha mai fine. Bastano poche parole alle due autrici per mostrare perché ha senso parlare di filosofia delle donne, in che modo si fa e quali sono gli spunti più interessanti e costruttivi.
“Una filosofia delle donne è una filosofia in cui le donne parlano da protagoniste, è un discorso fatto da loro e che a loro appartiene; in essa le donne sono i soggetti del dialogo. È anche una filosofia sulle donne, che parla delle donne e degli argomenti che a loro interessano, in cui il mondo femminile diviene oggetto del discorso”, perché “è necessario produrre una filosofia delle donne, una filosofia che presti attenzione a come e a cosa pensano molte donne” (pag. 4-7).
Se infatti è indubbio che alle donne è stata preclusa per secoli la possibilità di dire la loro, è altrettanto evidente che “per cambiare un ambito di studio e renderlo più accessibile a gruppi sociali finora esclusi non basta aggiungervi qualche rappresentante degli esclusi e mescolare il tutto. Per un cambiamento autentico è necessario che si metta in atto un ripensamento profondo della disciplina stessa, chiedendosi se le metodologie usate finora siano accessibili a tutti e ugualmente fruibili e, se non lo sono, essere disposti a sostituirle o modificarle” (pag. 7).
Questo mutamento dello sguardo sulla e nella filosofia tradizionale, fatta a immagine e somiglianza degli uomini, è avvenuto certamente grazie alla moderna critica femminista che segnato un distacco con il pensiero precedente. Anche se non mancano nella storia dell’umanità figure di donne che hanno tentato di prendere parola sul mondo, si è dovuto aspettare la “rivoluzione” femminista per vedere agire un radicale distacco dalle opinioni filosofiche che hanno forgiato la modernità, almeno quella occidentale. Come sottolineano le due autrici ciò è avvenuto perché una delle novità delle filosofie femministe è la loro “interdisciplinarietà”, che è anche uno dei motivi per cui sembra difficile studiarle. Le riflessioni femministe muovono critiche feconde all’etica, introducendo la nozione di relazioni di cura, e alla filosofia del linguaggio, mettendo in luce i pregiudizi sessisti e patriarcali che sottendono al linguaggio.
Sono teorie che nascono dalla consapevolezza della differenza di genere, non in chiave essenzialista, ma più nel senso “performativo” suggerito da Judit Butler. Ossia considerare la differenza sessuale non come qualcosa di dato e fissato una volta per tutte - e magari riproporre una rappresentazione del sesso femminile speculare a quello maschile – ma invece tenere conto dei codici sociali e culturali che influenzano la costruzione del genere stesso e che producono “aspettative, reazioni e comportamenti”.
Questo nuovo posizionamento rispetto alle dinamiche tra i sessi, permette di mettere in discussione due ambiti fondamentali della riflessione filosofica generale: la metafisica o scienza dell’essere e l’epistemologia o scienza del sapere. Nel primo caso le teoriche femministe si chiedono se esista o meno una essenza donna e come è possibile conciliare una essenza comune con la singola identità di ognuna. Sul piano epistemologico invece si tratta di considerare le donne come soggetti conoscenti e cercare di capire se è possibile avere una prospettiva oggettiva.
Il testo di Garavaso e Vassallo, nella seconda e terza parte, interroga questi due ambiti sia attraverso una rilettura delle tematiche della tradizione sia analizzando le critiche e i nuovi concetti ai quali hanno lavorato diverse teoriche femministe. In particolar modo le autrici si sono mosse nella prospettiva analitica della filosofia di matrice anglosassone, ma hanno accolto anche diverse altre suggestioni (a riguardo è molto utile sia la bibliografia che i percorsi di lettura suggeriti a fine saggio).
Nel ragionare attorno alle tematiche della percezione del sè e della costruzione dell’identità, si evidenzia come la maggiore rottura del femminismo contemporaneo sia stata determinata dall’aver introdotto nella definizione del sé il suo essere corporeo, relazionale e narrativo. Al dualismo e individualismo del cogito cartesiano si risponde con una nozione che tiene conto della fondamentale importanza della materialità del corpo nella costruzione di sé e di un soggetto che pur autonomo e autodeterminato è fortemente radicato nel contesto sociale in cui vive e in cui si sviluppa.
Diventa così essenziale il sé narrativo, riferendosi al fatto che “la nostra identità sia costituita da una narrazione diacronica dei fatti della nostra vita”, quasi una sorta di autobiografia dove il sé costruisce se stesso “narrando la propria storia” (pag. 40). Muovendo da questa prospettiva le autrici affrontano la questione della conoscenza, di come la filosofia tradizionale abbia trattato le donne sotto il profilo conoscitivo ma anche di come sia necessario e possibile dare rilievo alle “dimensioni sociali della conoscenza”, così come è stato maggiormente evidenziato dalle teoriche femministe.
Garavaso e Vassallo entrano nel merito di alcune domande cruciali che sorgono nel dibattito contemporaneo, ad esempio ci si chiede che valore dare alle epistemologie femministe. Secondo le autrici, queste hanno senso se la nozione di genere diviene “l’ingrediente di primaria importanza, o perlomeno uno dei principali, nella affermazioni di conoscenza”. Ciò significa da un lato tenere conto, per evitare derive essenzialiste, che possano esistere molteplici generi; dall’altro, per scartare semplici generalizzazioni e dare spessore alle differenze, si tratta di ribadire che “nonostante siano differenti, le donne rimangono accomunate dal fatto di vivere in società sessiste, maschiliste e patriarcali” e che se è vero che “donne diverse hanno esperienze cognitive diverse (…), è altrettanto vero che ogni donna sperimenta su di sé una qualche forma epistemica di sessismo, maschilismo e patriarcato”. Questo può essere rivendicato solo a partire dalla tesi di fondo delle epistemologie femministe, ossia la socialità del soggetto conoscente, sia esso maschio o femmina, e l’interdipendenza epistemica, che non può essere sottovalutata, anzi “il contributo originale che una filosofia delle donne può apportare alla filosofia tradizionale consiste in una difesa più argomentata e in una comprensione più profonda della dimensione sociale dell’esistenza umana” (pag. 98).
Garavaso e Vassallo, in un’epoca complessa in cui si parla anche di morte dei femminismi, hanno messo a confronto con cura, facendole financo dialogare dove era possibile, la tradizione filosofica con le nuove correnti di pensiero femministe, utilizzando uno stile narrativo insolito per un saggio di filosofia. Il testo è infatti popolato di “protagonisti e protagoniste” che appaiono, mediante l’uso di nomi propri di donne e uomini, a mo’ di esempio non tanto di “eccezionalità” quanto per stimolare la voglia di conoscenza e la curiosità di entrare in contatto con altre storie di vita.
Accanto al noto Immanuel (Kant) c’è Vita (Sackville West), conosciuta forse solo dagli addetti ai lavori, ma soprattutto altre donne, comprese le autrici, che hanno avuto quella “stanza tutta per sé”, necessaria per conoscere e riflettere a partire dal proprio posizionamento di genere, perchè “c’è bisogno di una filosofia delle donne innanzitutto per le donne, per l’altra metà del genere umano. Ma c’è anche bisogno di una filosofia delle donne per la filosofia stessa, perché essa necessita di rappresentare la più ampia varietà possibile di punti di vista”.

Indice

La tela di Penelope
L’identità delle donne
La conoscenza delle donne
Una stanza tutta per sé
Cos’altro leggere
Bibliografia
Ringraziamenmiti
Protagoniste e protagonisti
Le autrici
Indice dei nomi


Le autrici

Pieranna Garavaso è professoressa ordinaria di Filosofia presso l'Università del Minnessota, Morris. Si interessa di filosofia della matematica e del linguaggio, con particolare attenzione alle critiche femministe alla filosofia della scienza.

Nicla Vassallo è professoressa ordinaria di Filosofia della conoscenza presso l’Università di Genova e visiting professor di Epistemologia presso l’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano. Autrice di numerosi volumi e pubblicazioni in italiano e inglese, ha recentemente curato Filosofia delle conoscenze  (Torino 2006). Fa parte del Consiglio Scientifico del Osservatorio Nazionale sulla Salute della donna e del Festival della scienza. Scrive regolarmente su Domenica, il supplemento culturale de Il Sole-24 Ore. Tra i suoi interessi di ricerca ricordiamo, oltre la filosofia della conoscenza e l'epistemologia, le filosofie femministe, la metafisica, la storia e la filosofia della logica, il naturalismo filosofico e lo scetticismo.

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