sabato 24 novembre 2007

Zeki, Semir, La visione dall’interno, arte e cervello.

Torino, Bollati Boringhieri, 2007, pp. 269, € 20,00, ISBN 9788833917665

Recensione di Rodolfo Ciuffa - 24/11/2007

Estetica, Psicologia (neuroscienze)

La visione dall’interno è una sorta di fondazione della neuroestetica. Semir Zeki, professore di Neurobiologia allo University College di Londra, si è occupato per circa trent’anni dello studio della corteccia visiva e ha annodato quest’approccio alla visione e all’immagine tanto a un passione per l’arte quanto a un’esplorazione delle estetiche classiche, di matrice essenzialmente, anche se non esclusivamente, platonica e hegeliana.
L’assunto di fondo è che, poiché l’estetica presuppone una conoscenza minuta e complessa della visione, e giacché una conoscenza del genere non può essere raggiunta in assenza di un discorso neuroscientifico, allora un’estetica che abbia pretesa duratura di validità dovrebbe essere biologicamente fondata. Il problema di ancorare la riflessione sull’oggetto alla conoscenza diretta e interna di quest’ultimo, che ha investito da sempre la filosofia nel suo rapporto con le aree e i saperi ai quali si è via via interessata e che ha riguardato anche l’estetica e la critica d’arte, viene posta e riproposta da Zeki in chiave biologica: per poter parlare di ciò che passa attraverso la visione, ovvero la fruizione dell’opera d’arte, bisogna far riferimento a un apparato di conoscenze tecniche che rendano ragione di quel fenomeno e di quei meccanismi che collettivamente indichiamo con il termine “visione”. La visione è un processo attivo e articolato. Come dimostrano molti esperimenti su soggetti sani e cerebrolesi, l’atto del vedere è spiccatamente costruttivo e di conseguenza può essere scomposto in una serie non ancora interamente definita di stadi (fra i quali, ad esempio, il riconoscimento del colore, della forma e delle relazioni cromatiche tra due aree distinte ma prossime), la realizzazione dei quali è affidata a strutture anatomiche identificabili e distinguibili fra loro.
Zeki fa notare una curiosa correlazione tra il significato gnoseologico di alcune forme d’arte e la funzione conoscitiva di ciascuno degli stadi di cui si compone la visione: come se, senza saperlo, gli artisti avessero di volta in volta selezionato uno dei meccanismi neuronali della visione per sfruttarlo, isolarlo, potenziarlo ed esaltarlo al massimo grado e in senso artistico. Monet, ad esempio, sembrava consapevole dei meccanismi che regolano la costanza del colore, ovvero l’identità cromatica di un oggetto in condizioni di illuminazioni differenti. In altre parole, un oggetto ci appare sempre dello stesso colore, eppure, essendo sottoposto a luci differenti fra loro, non dovrebbe. Con la celebre serie dedicata alla cattedrale di Rouen, Monet avrebbe provato, anche se inconsapevolmente, ad anticipare (o sottrarre con un’ulteriore operazione cognitiva) l’omogeneizzazione cromatica, restituendo il “vero” colore della cattedrale nei diversi momenti del giorno e nelle diverse condizioni atmosferiche. Calder, Mondrian e molti altri non si sarebbero poi dimostrati meno epistemologicamente consapevoli di aspetti quali la visione del movimento e della forma. In tal senso l’artista è, a dire di Zeki, un neurologo inconsapevole e un neuroscienziato ante litteram.
È l’arte stessa, aggiunge Zeki - descrivendo una sua precisa e impegnativa estetica -, a poter essere definita sulla falsariga della visione e della sua funzione biologica. La visione è essenzialmente un processo di selezione e individuazione di costanti finalizzato alla conoscenza: così l’arte. È in questo senso che due estetiche tanto divergenti quanto quelle platonica e hegeliana, l’una censore intransigenze della doppia e depauperante mimesis artistica, l’altra celebratrice la sua forza assoluta, possono essere riconciliate: perché l’arte è, come Platone avrebbe forse desiderato e a dispetto di quanto credeva, la ricerca dell’essenziale e perciò stesso icastica particolarizzazione dell’universale.

Indice

Prefazione all’edizione italiana 
Ringraziamenti 
PARTE PRIMA UNA FUNZIONE DEL CERVELLO E DELL’ARTE 
La ricerca dell’essenziale da parte del cervello 
La ricerca dell’essenziale nell’arte 
L’illusione di ‘vedere con gli occhi’ 
Una valutazione neurobiologica di Vrmeer e Michelangelo 
Neurologia dell’idea platonica 
La ricerca dell’essenziale nel cubismo 
Modularità della visione 
Vedere e capire 
Modularità dell’estetica visiva 
Patologia dell’idea platonica e del concetto hegeliano 
PARTE SECONDA L’ARTE DEL CAMPO RICETTIVO 
Il campo ricettivo 
Mondrian, Malevič e la neurofisiologia delle linee orientate 
Mondrian, Ben Nicholson, Malevič e la neurofisiologia dei quadrati e dei rettangoli 
Problemi di percezione creati dai campi recettivi 
Neurofisiologia del MetaMalevič e del MetaKandinskij 
L’arte cinetica 
PARTE TERZA ESAME NEUROLOGICO DI ALCUNE FORMA D’ARTE 
Non riconoscere i volti: un ritratto della prosopagnosia 
Fisiologia della visione dei colori 
Il cervello dei fauves 
Neurologia dell’arte astratta e dell’arte figurativa 
Il cervello di Monet 
Epilogo 
Bibliografia 
Indice analitico 
Fonti delle illustrazioni


L'autore

Semir Zeki è uno dei più noti neuroscienziati viventi e fra i massimi esperti del sistema visivo. Insegna Neurobiologia presso lo University College di Londra. Fra le sue pubblicazioni A Visione of the Brain (1993), Balthus o la ricerca dell’essenziale (1995, tr. it. 1999).

Links

Laboratorio di neurobiologia diretto da Zeki: http://www.vislab.ucl.ac.uk/
Sito dell’Istituto di Neuroestetica: http://www.neuroesthetics.org/

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