mercoledì 12 dicembre 2007

Nussbaum, Martha C., Le nuove frontiere della giustizia, a cura di Carla Faralli.

Tr. it. di G. Costa, R. Albicca, F. Lelli, S. Zullo, Bologna, il Mulino, 2007, pp. 432, € 35,00, ISBN 97888452120427.

[Ed. or.: Frontiers of Justice. Disability, Nationality, Species Membership, The Belknap Press of Harvard University Press, Cambridge (Mass.)-London 2006]

Recensione di Francesca Rigotti - 12/12/2007

Filosofia politica

C'è qualcosa di insoddisfacente nell'ultimo libro di Martha C. Nussbaum (l'ultimo tradotto in italiano, perché nel frattempo ne sono usciti altri due in inglese). Non è certo l'argomento della ricerca, anzi. Esso risulta lodevolissimo nel suo occuparsi e preoccuparsi degli svantaggiati: i disabili, i poveri lontani, gli animali non umani, nello sforzo di proteggerli e affermarne i diritti. È la struttura più strettamente teorico-filosofica dello studio che, come cercherò di mostrare, rende le quasi cinquecento pagine del volume in gran parte ripetitive e povere di contenuto, e questo nonostante l'A. non faccia che ripetere che intende proporre formulazioni adeguate delle strutture teoriche, nuovi apparati teorici, argomenti e guide morali originali e forti per costituire i nuovi fondamenti di una teoria della giustizia veramente globale, giacché quella di John Rawls non lo è (né peraltro ha mai inteso di esserlo).
Il fatto è che questo in primo luogo è un libro su John Rawls: è un modo per rendergli omaggio con una critica decisa, per quanto rispettosa, della inadeguatezza della sua teoria della giustizia a risolvere in particolare i tre grandi problemi dei disabili, dei cittadini del mondo, degli animali.
Per comprendere la critica a Rawls all'interno della struttura generale del libro occorre tornare ai principi di giustizia da lui postulati attraverso l'artificio della Posizione Originaria che chiede di immaginare una scelta collettiva dei principi di giustizia condotta con gli occhi coperti dal Velo di Ignoranza. A queste condizioni il contratto sociale che stipuleremo conterrà condizioni e accordi imparziali e quindi giusti. Ma quali sono le parti che intervengono a stipulare il contratto, quindi a scegliere i principi politici fondamentali che regoleranno la loro vita? Sono, è qui giace il punctum dolens della faccenda, le persone umane intese come soggetti «approssimativamente uguali», liberi e indipendenti. Ora, nota Nussbaum, né i disabili gravi fisici e mentali né i poveri globali e nemmeno gli animali assolvono queste condizioni. Nella posizione originaria di Rawls sono ammessi solamente esseri che possiedono senso di giustizia e un alto grado di razionalità. La posizione di partenza presume che soltanto coloro che sono in grado di stipulare un contratto in quanto eguali possono essere considerati soggetti primari e non soggetti derivati di una teoria della giustizia. Per questi ultimi ci saranno, e soltanto in seconda istanza, interventi dettati da compassione e carità, non da giustizia.
L'alternativa di Nussbaum al contrattualismo di Rawls è la dottrina delle capacità (capabilities), fondata non sui principi kantiani ma su quelli aristotelico-marxiani che insistono sulla partecipazione politica e sulla socialità umana come manifestazioni del bene. L'approccio delle capacità permette alle persone di condurre una vita buona indipendentemente da postulati metafisici e credenze religiose. Con questo espediente è garantito un forte universalismo che supera la logica nazionale e culturale dei diritti umani e definisce la vita umana in base alle caratteristiche di sviluppo e fioritura (flourishment, il termine col quale Nussbaum traduce in inglese l'aristotelico eudaimonìa). Universalista in campo etico, Martha C. Nussbaum è anche una teorica del diritto naturale nella sua dimensione intuitiva: non a caso l'eroe intellettuale che qui si aggiunge a Aristotele e Marx è Ugo Grozio, con la sua insistenza sulla dignità e sulla socialità dell'essere umano. Che poi sia anche cosmopolita, come da più parti la si definisce, è tutto da vedere. Sicuramente lo è nella versione del cosmopolitismo del genere umano di matrice stoica; non lo è invece nella versione radical-chic del cosmopolita ricco, poliglotta e «cittadino del mondo» ben protetto dalla società ben ordinata in cui vive e dal passaporto del suo stato ricco e legittimamente fondato, proposta per esempio da A.K. Appiah. Ma questa è soltanto un'anticipazione del dibattito cui assisteremo prossimamente.
Il nucleo centrale dell'approccio di Nussbaum è quello di chiedere l'ingresso degli esseri umani soggetti a forme di bisogno e dipendenza, come pure dei poveri lontani e degli animali non umani, non dopo che i giochi sono stati fatti, non dopo che la struttura sociale è stata progettata, bensì nel momento ipotetico della scelta politica fondamentale, tramite tutori quando questo sia assolutamente indispensabile, altrimenti convocandoli direttamente, nell'ipotetico raduno, al momento della progettazione della struttura fondamentale della società. Non è per benevolenza quindi, come vorrebbe Rawls, ma per realizzare una giustizia fondamentale, che gli interessi di questi nuovi soggetti vanno riconosciuti fin dall'inizio, e fin dall'inizio deve essere preso l'impegno di affrontarli.
I temi messi a tappeto dunque, insieme all'intenzione che lo sostiene, sono ottimi e condivisibili: si comprende tra l'altro, tra le righe del vibrante impegno simpatetico di Nussbaum, che le strutture e le iniziative per i disabili devono essere negli USA inferiori al livello europeo. Del resto le critiche agli USA non mancano: sono dirette all'inaccettabilità della posizione sulla pena di morte che viola i diritti umani, alla plutocrazia che mette a repentaglio le capacità umane permettendo che i media e le campagne politiche siano controllate dai ricchi (fenomeno ben noto anche nell'Italia degli ultimi anni), fino alla critica della mentalità americana che considera i poveri colpevoli della loro povertà.
Se l'impegno empatico è eccellente, l'impianto teorico lo è un po' meno. Innanzitutto per la bibliografia, che comprende esclusivamente testi di autori americani e forse qualche inglese scritti per la maggior parte da amici, parenti, conoscenti e colleghi dell'autrice. Da una parte il fenomeno si può comprendere se si pensa che Nussbaum fa parte dei 100 intellettuali più influenti del pianeta (secondo classifiche statunitensi) e sarà quindi normale per lei conoscere tutti i personaggi preminenti sulla scena della filosofia politica. Dall'altra il costruire una bibliografia sui diritti degli animali e dei disabili etc. nella quale l'ultimo autore europeo citato è Jacques Maritain, è perlomeno provinciale e limitato.
L'apparato teorico, già debole perché costruito su fondamenti ristretti, rischia di annacquarsi a causa delle forti concessioni fatte all'intuizionismo, visibili soprattutto quando si tratta del problema degli animali, dei quali Nussbaum sembra avere una conoscenza diretta minima, a parte il cane di Cass Sunstein citato a p. 383. E altrettanto forti aperture all'utilitarismo, specialmente per quanto riguarda gli esperimenti condotti sugli animali o le pratiche della castrazione e dell'eutanasia, per le quali valgono improvvisamente misure molto diverse che per gli animali umani. O i ritorni di fiamma col contrattualismo, come se si avesse l'impressione che la critica a Rawls si sia spinta troppo avanti e si voglia tornare indietro. Teoreticamente è forse questo il punto più fragile della costruzione: se davvero il contratto è un espediente ipotetico del quale si può fare a meno nella dottrina delle capacità, perché insistere veementemente sulla richiesta che tutti debbano partecipare a quel momento decisionale alle condizioni rawlsiane del velo d'ignoranza?
Non si vogliono con ciò negare gli aspetti positivi del libro, per esempio i numerosi punti in cui Martha C. Nussbaum prende le difese delle donne contro chi vorrebbe rifilar loro l'esclusività della cura degli anziani o la pratica del lavoro part-time, che garantisce la cura dei bambini ma assicura anche a chi lo adotta una carriera miserabile e priva di avanzamenti, col beneplacito della religione, delle principali religioni, che tutte sostengono la sottomissione sessuale, anche se alcune religioni hanno dovuto mutare in parte le loro idee, obtorto collo, per essere accettate nella società liberale. Pure le posizioni ambientali e politiche di Nussbaum sono coraggiose e generose, ma ciò non esclude che l'impianto teorico finisce per essere, più che una precisa dottrina alternativa, un misto di buon senso, intuizionismo, utilitarismo e contrattualismo, soprattutto per quanto riguarda l'ingresso di questi nuovi soggetti in una teoria della giustizia globale.

Indice

Prefazione
Introduzione
I. Il contratto sociale e tre problemi irrisolti della giustizia
II. Disabilità e contratto sociale
III. Capacità e disabilità
IV. Vantaggio reciproco e diseguaglianza globale: il contratto sociale transnazionale
V. Le capacità oltre i confini nazionali
VI. Al di là di «compassione e umanità»: la giustizia verso gli animali non umani
VII. I sentimenti morali e l'approccio basato sulle capacità
Riferimenti bibliografici
Indice dei nomi


L'autrice

Martha C. Nussbaum insegna Law and Ethics nell’Università di Chicago. Tra i suoi libri pubblicati in Italia: La fragilità del bene (Il Mulino, 1996), Il giudizio del poeta. Immaginazione letteraria e civile (Feltrinelli, 1996), Terapia del desiderio. Teoria e pratica nell’etica ellenistica (Vita e Pensiero, 1998), Coltivare l’umanità (Carocci, 1999), Diventare persone (Il Mulino, 2001), Giustizia sociale e dignità umana. Da individui a persone (Il Mulino, 2002), L’intelligenza delle emozioni (Il Mulino 2004).

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