sabato 26 luglio 2008

Saviani, Lucio, Ermeneutica e Scrittura. Saggi e Conferenze.

Roma-Reggio Emilia, Aliberti, 2008, pp. 191, € 18,00, ISBN 9788874242771.

Recensione di Ottavia Spisni - 26/07/08

Ermeneutica

Lucio Saviani raccoglie in questo testo gli scritti del decennio che va dal 1996 al 2006. In essi molti temi sono percorsi: il limite, il gioco, il silenzio, la trascendenza, lo stile in filosofia, il rapporto tra filosofia e scrittura. Questo percorrere dell'uomo curioso, del viaggiatore disposto a mettere in gioco tutto (e non dunque del turista) talvolta incontra, discute e si intreccia con i medesimi percorsi circa il filosofare di Gadamer, Nietzsche, Heidegger, Derrida, Jankélévitch, Pareyson, Merleau-Ponty, Frank. Si tratta di un testo ricco, stratificato, un lungo viaggio nel senso e per il senso del mito greco, e del mediterraneo tutto, con tutta l'ampiezza antropologica, psichica, mitologica e perché no storica che il termine 'mediterraneo' porta con sé. L'arte dell'interpretazione e la scrittura è dunque il filo rosso che tiene insieme gli schizzi di queste pagine: “Le origini della parola 'ermeneutica', così come dell'ermeneutica stessa, affiorano in un'atmosfera ambigua, in un mondo mediano, carico di sostanze leggere come l'aria, fatto di cielo e di terra, abitato da uomini, demoni e dei. E' in questa terra così mobile, umida di vita e di morti a cui i sogni ridanno vita, che l'ermeneutica affonda le sue radici. sono radici intricate, a volte rampicanti, spesso sospese, aeree anch'esse. Ma c'è una radice, più nascosta delle altre, che, come vedremo, dà vita a questi caratteri peculiari dell'ermeneutica che sono l'esperienza dell'altro, il dialogo con la tradizione, l'etica dell'ospitalità, la storicità, la trasmissione dei messaggi nella vicenda delle interpretazioni; insomma, l'ermeneutica come esercizio di radicale finitezza” (p. 15). Spiega ancora Saviani nell'Introduzione che Hermes è il dio che è sempre sulla strada, che si trova sulle soglie, ai margini, è occasionale, transitorio. Ed è sempre Hermes a dare il nome alle erme che si trovano per la strada, punti di contatto tra un luogo e un altro del percorso, luoghi ideali di s-fondamento da cui è possibile gettare un ponte, da cui è possibile dialogare, comunicare: “La radice erm di ermeneutica ha origine nel sanscrito varsma che indica un 'ammasso di pietre'; in particolare, nell'espressione ermata themelìon, ossia 'rovina dei fondamenti': una radice che porta dunque nella direzione opposta del significato principale di erma, ossia 'base', 'fondamento'.” (p. 17). Il tratto principale dell'ermeneutica contemporanea è proprio la messa in discussione della nozione di fondamento. Ma come andare oltre il logos pur conservando la filosofia? E dunque come conservare un pensiero che arrivi a ramificare, a comunicare, ad essere novità pur senza oltrepassare i propri limiti? Hermes, ricorda Saviani “non è inflessibile né autoritario, ma giocoso e, unico tra i suoi e nel suo genere, Hermes non è violento” (p.17). Come lavorare dunque per andare oltre la filosofia attraverso la filosofia? “Posizione di un limite e tentativo di padroneggiarlo, delimitazione rigorosa dei proprio margini -tra un dentro e fuori- il pensiero fa esperienza che ogni limite e che ogni trasgressione non può che risolversi in una ulteriore conservazione del limite” (p. 20). Si tratta di tenere insieme e di performare il filo e Aracne, il labirinto e Arianna, ed ecco dunque che “sforzato fino al suo limite, il discorso del pensiero diventa allora pratica di scrittura. Una scrittura che si esercita nell'aprire il testo all'impensato che lo attraversa, e che nei suoi vuoti e nelle sue cancellazioni non ha mai finito di scriversi” (p. 20). Che ruolo hanno la parola e la scrittura in questo lavorio volto ad annunciare, ad interpretare, a svelare, ma pure a nascondere e distorcere le cose? “Non è un caso che Pan, figlio di Hermes è -come può esserlo il linguaggio- 'liscio e divino' nella parte superiore e - sempre come può essere il linguaggio - 'caprino' e dunque tragico nella parte inferiore” (p. 16). Solo un dio ci salverà, disse Heidegger. Nel postmoderno la cura del discorso filosofico sembra essere affidata all'ermeneutica: “una cura con cui riuscire a sopportare il corso instabile delle cose, afferrandolo e comprendendolo nei termini, appunto, di un dis-corso” (p. 16).
I saggi che compongono il corpo del testo sono complessi e affrontano temi diversi ma tutti legati dalla prospettiva e dall'intento, paradossale, di “legare (legein) la filosofia al silenzio piuttosto che al logos, come 'di solito' invece accade” (p. 166). Saviani è uno dei maggiori esponenti dell'ermeneutica in Italia, e il suo discorso si inserisce in quella corrente di pensiero che va dall'ultimo Heidegger a Verità e Metodo di Hans-Georg Gadamer fino ad arrivare nel nostro Paese alla filosofia di Gianni Vattimo, che è anche il direttore editoriale assieme a Santiago Zabala della collana che ospita questo libro. Libro del quale dicono, introducendolo, Vattimo e Zabala nella Prefazione: “Il testo di Saviani è molto importante per le nostre investigazioni nella cosiddetta 'ontologia dell'attualità' o 'ontologia dei residui', perché è una risposta e un'indicazione di quanto sia rimasto dell'essere, una volta che la metafisica sia stata decostruita attraverso la sua propria scrittura” (p. 14).
La prima sezione ospita nove saggi: Colpi di stile (pp. 25-30) è dedicato a quell'aspetto dell'ermeneutica legato al fatto che il dio che le da il nome “è seduttore, seguendo la radice della parola (sed-duco), in quanto attrae, svia, allontana e confonde, lasciandosi desiderare; seduce perché è esclusivo nei suoi messaggi ed è inavvicinabile, se non attraverso una serie di attributi, ruoli diversi, maschere, mentre indossa i suoi infiniti abiti” (p. 17). Il problema (l'ostacolo) qui affrontato è quello dello stile, del metodo, dell'enigma: “le prime figure di sapienti appaiono come acuti solutori di enigmi. La risposta all'enigma è una soluzione, uno sciogliere improvviso dal vincolo con il quale chi interroga tiene legato a sé: è un taglio, il nodo reciso che libera e rilancia” (p. 26). La musica del silenzio. Su note di Vladimir Jankélévitch (pp. 31-35) è una profonda variazione e meditazione sul tema della finitudine, dell'imparare a morire socratico e della musica: “la musica non è l'esposto di una verità intemporale, bensì l'esposizione stessa - che è la sola, seria verità” dice Jankélévitch (p. 33). La verità spettrale (pp. 36-39) è un rapido schizzo sul tema del doppio e della maschera. Antiterra Meditare Mediterraneo (pp. 40-48) è una lezione magistrale di sensibilità teoretica, dove il Mediterraneo, luogo immaginale, viene ripercorso e reinterpretato, ridetto, attraverso l'esperienza poetica del Nietzsche che naviga verso il Sud del Mondo alla ricerca della grande salute: “l'avventurarsi alla ricerca di quello che, afferma sempre Nietzsche, è l'impossibile per il pensiero metafisico, ossia: 'nel nord il sud e nel sud il nord' ” (p. 42). Mediterraneo 'poroso', come descritto da Walter Benjamin e ancora il Mediterraneo come non-luogo: “è un'utopia quella del Mediterraneo, che non si incatena alla tirannia dell'Uno, in cui l'elemento 'polemico' non è ridotto ad unum, il polemos non è risolto nella "gnosi dell'Uno". Nel suo rapporto con l'Uno il Mediterraneo esprime una identità necessariamente plurale, multipla: è la ragione per cui la "patria dei miti" soffre delle mitologie che essa stessa ha generato ed è suo destino orientare nuove visioni del mondo riannodando i fili della sua storia, riportandoli alla superficie come tesori sepolti sotto il mare” (p. 43). Le cento solitudini. L'arcata e il labirinto (pp. 49-56) dipinge città vissute: Venezia, Parigi aiutano il filosofo a meditare sul silenzio assieme ad Heidegger (l'immagine di un ponte), Hölderlin (il poetare come condurre l'uomo sulla terra, nell'abitare), e altre sensibilità letterarie e poetiche. Piccoli demoni (pp. 57-68) è un vivace saggio sul gioco, sul significato del giocare e sul significato del giocattolo, rileggendo Plotino “non sanno essere seri, prendono poi sul serio i loro giochi, ma sono essi stessi giocattoli” (p. 67). L'ombra, regina dei colori. Filosofia e colore (pp. 69-73) tratta ancora di un non-luogo, de umbris idearum e rievoca l'immagine metaforica del filosofo seduto al proprio tavolo di lavoro, in penombra al lume di una candela. Colpi di fulmine (pp. 74-77) è un intenso saggio dedicato a “Zeus, genitivo in greco di dios, cioè il dio della dies, della luce diurna” (p. 87). Assieme ad Eraclito ed Heidegger, Saviani ci dice che “il corso del mondo è governato da un colpo di fulmine” (p. 76). La materia del dire. Commentario (pp. 78-82) è un saggio sull'origine della poesia: Notte e Silenzio. Ricordati sono qui i Saggi eretici di Jan Patoĉka, ma pure Cesare Cuscianna, Mario Luzi e Ospitalità di Milosz. A questo punto del libro c'è l'intermezzo, che separa idealmente la prima e la seconda sezione. E' intitolato Sulla soglia tra filosofia e poesia. L'eversione dei fatti (pp. 85-95): “come una soglia del genere possa "fare testo", come ci si possa attestare su questa soglia è un problema a cui tenteremo di accedere attraverso altri tre problemi: l'origine, il limite, la differenza tra senso e significato o tra logico e patico” (p. 85). La seconda sezione è composta di nove saggi. Il viaggio in Italia di Nietzsche (pp. 99-111) è il tentativo di riflettere, ripercorrendo le tappe del viaggio-naufragio di Nietzsche in Italia, sull'aspetto metaforico, aforistico del pensiero di Nietzsche. Filosofia, antica passione della gioventù. Su Hans-Georg Gadamer (pp. 112- 122) riconduce ancora ad una città, Napoli, le vicende intellettuali, di pensiero di uno dei massimi esponenti della filosofia ermeneutica. Tra due soglie. Il pensiero di Dedalo (pp. 123-125) è un brevissimo schizzo che ripensa Enea fermo ad osservare le sculture sui battenti del tempo che Dedalo ha dedicato al dio Apollo: è la storia del labirinto di Creta. Metafore dell'essere. Su Ernesto Grassi (pp. 126-138). Con Ernesto Grassi, Saviani ripercorre le radici storiche e teoretiche dell'Umanesimo in Italia (XIV- XV) ricongiungendole al destino della filosofia tedesca. Conversione, vocazione e ascesi nella metafisica di Jankélévitch (pp. 139-149) tenta di ricostruire e di narrare di nuovo le influenze dirette o meno che hanno contribuito a disegnare il percorso di questo pensatore. Gettare ponti. Logiche, retoriche, metafore del fondamento e nuove sponde per le "due culture" nella koiné ermeneutica (150-164) fa il punto della situazione dell'ermeneutica in Italia, partendo idealmente dalla proposta fattuale fatta da Gianni Vattimo negli anni Ottanta di costituire una 'nuova koiné ermeneutica' volta ad essere accoglienza non solo nei confronti della cultura filosofica ed umanistica occidentale, ma pure di quella scientifica. In questo tentativo di fare il punto della situazione, Saviani si serve dell'acuto pensare di Giorgio Agamben che tenta una risposta al problema: “La questione che qui ora va posta con molta chiarezza è questa: l'espropriazione dell'esperienza era implicita nel progetto fondamentale della scienza moderna. In che senso?” (p. 152). Il silenzio della filosofia. Ex silentio ad silentium (pp. 166-171) offre al lettore un approfondimento sul tema, già trattato nel corso del testo, del silenzio. Viaticum (pp. 172-182) è una riflessione sul senso profondo del viaggiare, dell'andare e darsi alla vita, perché nonostante il peso dei giorni, per noi umani, il divario tra reale e ideale non è, fortunatamente, mai colmato: il viaticum è proprio “la provvista che il peregrinus porta con sé lungo il cammino per agros, per campi e terre straniere. Che cosa porta? Per chi?” (p. 177). Dei tornanti. Risvolti dell'origine e versanti del trascendere (pp. 183-191) riflette sul senso metaforico dei tornanti di montagna, assieme a Thomas Mann, a Nietzsche e a Gadamer, Agostino e Petrarca: Saviani ricorda che per Nietzsche la filosofia è pure “una vita volontaria tra i ghiacci e le alture -r icerca di tutto ciò che l'esistenza ha di estraneo e problematico, di tutto ciò che fino ad ora era proscritto dalla morale” (p. 190).

Indice

Prefazione di Gianni Vattimo e Santiago Zabala
Introduzione di Lucio Saviani
PRIMA SEZIONE
Colpi di stile
La musica del silenzio (su note di Vladimir Jankélévitch)
La verità spettrale
Antiterra Meditare Mediterraneo
Le 'cento solitudini'. L'arcata e il labirinto
Piccoli demoni
L'ombra, regina dei colori. Filosofia e colore
Colpi di fulmine
La materia del dire (commentario)
INTERMEZZO
Sulla soglia tra filosofia e poesia. L'eversione dei fatti
SECONDA SEZIONE
Il viaggio in Italia di Nietzsche
'Filosofia, antica passione della gioventù'. Su Hans-Georg Gadamer
Tra due soglie. Il pensiero di Dedalo
Metafore dell'essere. Su Ernesto Grassi
Conversione, vocazione e ascesi nella metafisica di Jankélévitch
Gettare ponti. Logiche, retoriche, metafore...
Il silenzio della filosofia. Ex silentio ad silentium
Viaticum
Dei tornanti. Risvolti dell'origine e versanti del trascendere

L'autore

Lucio Saviani è nato a Caserta nel 1960. E' uno dei massimi esponenti in Italia della corrente di pensiero conosciuta con il nome di Ermeneutica. Fecondo scrittore, ha pubblicato molti libri dedicati all'estetica e all'ermeneutica contemporanea: A dadi con gli dei (1994), Segnalibro (1995), Ermeneutica del gioco (1998), tra i testi dedicati alla filosofia come genere di scrittura ricordiamo: Voci di confine (1993), L'ordine del giorno (1995). Ha inoltre riflettuto sul dialogo tra filosofia e teologia: Sull'Athos (2002), Necessità della filosofia (2007). E' attualmente docente di Estetica all'Università 'La Sapienza' di Roma. Collabora con l'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici di Napoli, è consulente di Rai Educational ed è membro della Società Italiana di Estetica.

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