venerdì 28 novembre 2008

Laura Sanò, Un pensiero in esilio. La filosofia di Rachel Bespaloff.

Napoli, 2007, pp. 244, Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, ISBN 978-88-89946-21-3.

Recensione di Francesca Rigotti  28-11-2008

pensiero dell'esilio, esistenzialismo, cultura ebraica

L'istituto presso la cui sede è stato stampato il volume è ovviamente il beneamato e benemerito Istituto per gli Studi Filosofici, che ha accolto il testo di Laura Sanò, con prefazione di Remo Bodei,  nella sua collana dedicata a «Momenti e problemi della storia del pensiero». Diciamo subito di Rachel Bespaloff, pensatrice ancora pressoché sconosciuta, senza nemmeno una voce in Wikipedia, e sulla quale questo libro è il primo lavoro in assoluto pubblicato. Diremo poi dell'autrice, Laura Sanò.

Rachel Bespaloff (1895-1949) – impariamo da questo lavoro – era un'ebrea ucraina emigrata in Svizzera, Francia e Stati Uniti, una filosofa non accademica di grande originalità e vigore, infilata sbrigativamente finora, dai pochi autori che se ne sono occupati, tra gli esistenzialisti. Di matrice giudaica, credente piena di dubbi (non c'è uscita tra ateismo e religione, scrisse), Bespaloff fu «marchiata a fuoco» (Braidotti) dall'esperienza dell'emigrazione e del nomadismo, dalla condizione di esule, rifugiata, senza patria, sempre alla ricerca di una terra irraggiungibile. Due i luoghi principali dell'esilio, che danno anche il titolo alle due parti in cui l'autrice del volume distribuisce, come vedremo, il materiale di analisi: gli anni francesi (1915-1942) e gli anni americani (1942-1949, anno della morte per suicidio). In realtà v'erano stati un precedente brevissimo soggiorno a Kiev (i primi due anni, dopo la nascita in Bulgaria) e poi una permanenza ben più lunga a Ginevra,  quella degli anni formativi dei quali Sanò nulla ci dice -  non si dimentichi che si tratta comunque di una ricerca pionieristica - se non che l'autrice giovinetta vi studiò «danza e musica». 

A Parigi Bespaloff si inserisce nei circoli degli intellettuali di punta, nei quali erano presenti molti ebrei emigrati dalla Russia, e partecipa con entusiasmo alla vita intellettuale della città, anche se le scelte di un marito tirannico la portarono a un certo punto lontano dalla capitale; se si pensa poi anche alla convivenza con una madre nevrastenica, che non andava d'accordo col marito di Bespaloff, si comprende come il quadro della sua vita familiare fosse infelicissimo, rallegrato soltanto dalla presenza dell'adorata figlia Noemi.

Laura Sanò, giovane e accurata studiosa del pensiero filosofico e già autrice di altre impegnative monografie, sceglie di parlare di Bespaloff in primo luogo attraverso l'analisi dei testi, trattandosi di personaggio di cui si sa ben poco e di cui un'interpretazione di tipo ermeneutico sarebbe quasi incomprensibile. Ci sono quindi «gli anni francesi» e «gli anni americani, che corrispondono più esattamente a «gli anni in cui Bespaloff scrisse questo» e «gli anni in cui Bespaloff scrisse quest'altro». In entrambi i paesi vennero scritti rispettivamente un libro monografico, alcuni articoli un po' di corrispondenza. Non è tanto, ma Rachel Bespaloff non era una filosofa accademica,   lavorava come insegnante di un'altra materia e aveva da badare a una famiglia impegnativa, alla casa e a tutte quelle incombenze che bon gré mal gré cadono addosso alle donne, filosofe e no. 

La fase europea vede comunque la produzione da parte di Bespaloff di studi su Kierkegaard, Heidegger – di cui fu una delle prime lettrici e interpreti francesi -  Malraux ed altri, tra i quali soprattutto Lev Šestov, filosofo russo del Novecento altrettanto poco conosciuto, anche se fu colui che a detta di Bespaloff produsse il suo risveglio filosofico prima di essere alla fine da lei ripudiato.

La fase americana appare più familiare al lettore normalmente erudito, dal momento che nomi  e argomenti gli sono più o meno noti. Bespaloff, poco dopo il suo arrivo negli USA trovò lavoro nel collegio residenziale per ragazze (allora come ora) di Mount Holyoke, Massachusetts, grazie all'amico Jean Wahl (sul quale pure è uscita di recente una monografia a cura di Riccardo Piaggio, Tra esistenza e pensiero. Saggio su Jean Wahl, il nuovo Melangolo, 2007). In quel periodo Bespaloff compose un saggio monografico sull'Iliade, che Sanò sceglie di mettere a confronto con lo scritto composto da Simone Weil negli stessi anni e sullo stesso tema: L'«Iliade» poema della forza, redatto dall'estatica mistica francese alla fine degli anni '30 e stampato a Marsiglia nel 1941: «Entrambe donne, entrambe di famiglia ebraica, entrambe esuli, entrambe destinate a una morte prematura, esse hanno avvertito la necessità di compiere un ritorno al proprio passato, attraverso il confronto serrato con uno dei maggiori poemi epici dell'occidente», scrive di esse Sanò. Ma mentre nella Weil c'è una chiara e decisa condanna della forza, in Bespaloff la guerra è vista come necessaria e l'uso della forza come inevitabile nelle relazioni umane, all'interno come all'esterno di ogni collettività: la guerra per Bespaloff è parte integrante e irremovibile dell'esistenza, come hanno ripetuto e ripetono tanti autori (vedi oggi Oriana Fallaci o James Hillman) che sembrano non accorgersi come tanti fenomeni «integranti e irremovibili dell'esistenza» come la schiavitù o l'oppressione delle donne, possono invece essere superati, e la storia è lì a dimostrarlo. È come se la presenza di Dio nel pensiero di Bespaloff serva a lei per ribadire la responsabilità individuale da assumere nel momento del flagello inevitabile, come inevitabile fu l'esodo che la costringeva a vagare alla ricerca di un punto in cui fermarsi a riposare da quella infinita stanchezza fisica e mentale alla quale alla fine preferì – e chi potrebbe darle torto- la morte.

In conclusione diremo ancora che Laura Sanò, con tempra di ricercatrice professionista di rara profondità e finezza si muove con perizia e competenza nei meandri del pensiero filosofico dello scorso secolo e non soltanto, ed è in grado di fornirci del pensiero di Bespaloff e dell'ambiente filosofico del suo tempo e dei suoi luoghi una ricostruzione e anche in parte un'interpretazione assolutamente solida e appassionante.  Grazie anche - lo diciamo perché è una conoscenza importante anche se vieppiù trascurata – a una ricostruzione filologica ineccepibile, come si vede, tra l'altro, nel mirabile apparato delle note.

Indice

Avvertenza
Prefazione di Remo Bodei
Introduzione
Parte prima
Gli Anni Francesi
Capitolo I
1.1 L'emigrazione russa a Parigi negli anni venti
1.2 “Ne cherchez d'autre raison pour mon suicide que mon estrême fatigue”
Capitolo II
2.1 Un nuovo confine: Heidegger
2.2 L'autenticità del pensiero di Kierkegaard
2.3. Šestov di fronte a Nietzsche
Parte seconda
Gli Anni Americani
Capitolo III
3.1 Pontigny-en-Amérique
3.2 Sulla violenza
3.3 Un esilio cronico
Capitolo IV
4.1 Due donne e un libro
4.2 Vendetta e resistenza
4.3 Icona dell'ambiguità
4.4 La forza della guerra
4,5 La verità nella poesia
Capitolo V
5.1 Rachel Bespaloff e Simone Weil
5.2 Fratelli nella stessa miseria umana
Capitolo VI
6.1 Sartre: ambiguità dell'engagement
6.2 Morte e liberazione in Camus
6.3 Tracce di un testamento spirituale
Epilogo
Nota bibliografica


L'autore

Laura Sanò è Ricercatrice presso il Dipartimento di Filosofia dell’Università di Padova. Le sue indagini sono indirizzate all’esplorazione della filosofia italiana contemporanea nel contesto del pensiero europeo. Tra le sue pubblicazioni ricordiamo: Un daimon solitario. Il pensiero di Andrea Emo, La Città del Sole, Napoli 2001; Andrea Emo. Il monoteismo democratico. Religione, politica e filosofia nei Quaderni del 1953, Bruno Mondadori, Milano 2003; Le ragioni del nulla. Il pensiero tragico nella filosofia italiana tra Ottocento e Novecento, Città Aperta, Troina (EN) 2005. Ha inoltre curato la raccolta di saggi Le potenze del filosofare. Lògos, téchne, pòlemos, Padova, il Poligrafo, 2007.

Links

http://www.nybooks.com/nyrb/authors/11014

7 commenti:

MAURO PASTORE ha detto...

Recensione ha alcunché di fortemente soggettivo e soggettivante fatto di affermazioni basate su concezioni di pace e guerra cui primo termine inespresso da stesso recensore che ne chiudeva con ridurne ad impressione e dando così non senso ma in un nonsenso significato che attribuisce a di quanto recensito e non senza riscontri ma non razionali su Weil ed esorbitanti su Fallaci ed antiinterpretativi su Hillman, su R. Bespaloff acontestuali e già avendone dichiarato non senza dare indizio di antieuristica con sorta di paralogia familiare femminile che potrebbe sol indurre diffidenza dal troppo scommettere sui pareri recensivi stessi cui poi lettore si imbatte... Difatti recensione è in alcuni tratti antipsicologica e trova in oggetti suoi paritetiche antipsicologie ma non senza drammi esistenziali oltre che in psicodrammi e non teatrali.

...


MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

...
Mentre Weil aveva istituito assieme allo studio della Iliade un confronto serrato entro propria condizione culturale occidentale internazionale non totalizzante perché non senza America non occidentale ovvero solo occidentalizzata a far da secondo mondo, restando priva di approvazioni a lei medesima disponibili circa proprio destino in Occidente Bellico ed alle prese con internazionalismi occidentalismi guerrafondai, non senza però averne adeguato le sue istanze, tutt'altro che pacifiche contro ostinazioni di sedicente Popolo Eletto cui ella stessa sarebbe dovuta essere entusiasta e che invece ritenne in stragrande maggioranza antiquato culturalmente ed obsoleto civilmente fino esso a tradire le ragioni europee di vita politica e coesistenza etnica, rabbiosa -sino non a sproloquio frequente dei falsi wagneriani né al turpiloquio irreligioso che Lutero stesso fece rifiutato ma non suoi non veri seguaci anche- ma sino a minaccia ed invocazione a finire in suicido diverso da quello, a detta di Weil, da tal Popolo minacciato, che proprio Weil accusò di essere diventato disonesta alterità e disastroso sostituto del Popolo tedesco e non senza ottenere, dai pochi ai molti e moltissimi accusati, reazione di ripensamento prima che Hitler ugual espressioni usasse ma non a scopo dissuasivo o impeditivo di futura tragedia - che avvenne dunque ma altra da quella dalle maledizioni sociali di stessa Weil paventata per certa tantoché era evidente che stessa Weil non aveva inteso tutta la seconda alterità e maggior violenza di Hitler ed hitleriani, però ella medesima, pur accorgendosi poi dell'abisso di sciagure gravante da torti ed errori di imposizioni naziste a politiche, non riusciva ad intendere che veto di tradizioni omeriche contro fatti così e tal violenti era oltre che totale anche radicale, troppo tardi mostrandosi in mente sua la altra radice di altro futuro, diversa in tutto e differente in tutto, altra, della teologia omerica essoterica solo dopo iniziazioni semantiche o restante esoterica ... Mentre insomma così la Weil, la Rachel Bespaloff invece sol parallela tragedia ma in confronto non collettivo-individuale ma individuale-collettivo, tra presupposizioni e supposizioni sue stesse passate cui dando un presente scritturale non si avvedeva di darne non: tramiti, ma non-tramiti, cioè del pensato non intuibile offrendosi non relativizzabilità col non pensato stesso... La opposizione violenta non criminale di Weil alla confusione ed importunità etnica-etnofobica di masse ebree ex ebree in Germania e luoghi occupabili occupati con truppe tedesche dal regime nazista - cioè in ogni caso non vero nazional socialismo né socialismo nazionale - corrispondeva alla contrarietà intollerante di Bespaloff alla degenerazione della culturalità giudaica in culturizzazione giudaista che stessa Bespaloff celiava e caricaturava confrontandone temi e tematiche con estranee argomentatività ed alieni argomenti; ...entrambe senza saggezza filosofica non perché non trovassero vantaggi da loro imprese intellettual culturali ma perché non abbastanza giovandone; ed il poco insufficiente palesavano con verbalità ostile a loro ambizioni distratte ed in ciò segno non di nullità filosofica ma di incontro culturale più che difficile date coincidenze sociali e più asociali cui entrambe ridotte, restando Verbo omerico stesso irrecepito da entrambe studiose.
...


MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

... Rachel Bespaloff, a differenza di Weil, non aveva iniziato psicodramma suo per aggressività sociale asociale, ma per aggressività acritica critica, cui incontro con filosofia di 'Sestov' fu occasione mancata ed elezione di America a nuovo primo mondo sol in parte d'esso occidentalizzato ma infine inospitale e inospite poiché fuoriuscita europea di lei era negando comunanze inde - indiche orientali europee... Difatti neanche Bespaloff, neanche Weil, accolsero via culturale sanscrita cui invece Kant, kantismo, Schopenhauer, schopenhaueriani.
Perciò anche Bespaloff rovinò sua permanenza in America in mancate occasioni vitali e non potette inventar rimedio a suoi disastri personali europei.
Di tal vicende in recensione non può trasparir niente.

MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

Origini culturali di Rachel Bespaloff si intrecciavano con vicende della Russia Separata cui costituita Ucraina da Zar Nicola II quindi resa Non Solo Russia da Lenin ...infine prevalere di garanzia anarchica di Bakunin cui assicurata da Lenin (su successive disgregazioni staliniste (e con Decentramento impartito da Breznev)...
Episodio recensivo accadeva, dopo desovietizzazione durante presidenza di Gorbaciov e derussificazione durante presidenza di Eltsin, di stessa intera Ucraina politica, prima di attuale altro Stato Collegato di Crimea, ora russa politicamente civilmente russificata, con Russia, prima anche di successiva odierna russificazione programmabile di tutta Ucraina in aggiunta a zone etnarchicamente russe...
Prospettive intellettuali culturali ristrette di recensione dipendono da conoscenze geopolitiche non del tutto lasciate diffondere in ambienti sociali cattolici di Europa Ovest e culturali evangelici di Ovest Europa.


MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

Condizione attuale odierna di vasta italianità e cattolicità non consentiva non consente di considerare direttamente il pensiero russo cui riferimento era anche di R. Bespaloff. Per tal pensiero non sono appartenenze ebraismo e giudaismo, né Torah Talmud Cabala, essendone alienità intrinseche ulteriori essenzialità; quelli limitati ad eventuale sempre provvisoria secondaria culturalità cui funzione in cultura russa di diplomazia religiosa ed in culture politiche russe di informazioni culturali-religiose.
Civiltà in Ucraina, Stato multiculturale, ha vissuto ultimi decenni di differenziazioni e distacchi fino a ritorni o possibili ritorni e riattacchi. Attraverso cattolicesimo ucraino e fine di cattolicesimi civili italiani, tal vicenda multiculturale ha generato separazioni cultural-filosofiche e con analiticità ed interpretabilità filosofiche separate epperò non interrotte e senza opposizioni determinanti. Ma ciò in dialoghi filosofici culturali civili sia interni ad Italia che esterni, ha costituito circostanze culturalmente disastrose o su orlo di disastro di disculturazione.
Tutto quanto esposto in recensione di multiculturalità europea-occidentale circa vicende intellettuali di R. Bespaloff, vige secondo vecchia opposizione analitica/continentale, di cui ovviarne.


MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

Riferimenti di recensore a psicologo filosofo James Hillman richiamano inevitabilmente ed oltre volontarietà di recensore stesso -anche in parte entro, con sua prudenza - tematiche cui: teoria e teoresi scientifiche di J. Hillman ed aggiunte riflessioni psicologiche -filosofiche, pure queste di Hillman. Recensore se ne avvaleva con apparente intenzione etica che non potrebbe essere, in tal caso specifico, primaria né necessitante, datoché se ne potrebbe rapportare a modi o maniere soltanto, inoltre senza realizzazione pratica: difatti citazione in recensione trova perspicuamente lavoro psicologico assolutamente necessario sia per paci che per guerre, a causa -e non solo- di contesto di Guerra Fredda mondiale e Dopo Guerra Fredda, cui rischi di catastrofi da intromissioni incompetenti circa uso in guerra di esplosioni atomiche e con in dopoguerra il maggior rischio... Data caratterizzazione "fredda" di conflitto stesso, la evidenza anche solo psicologica della naturale componente combattente della psiche, individuale e collettiva, riusciva e riesce a mostrare anche psicosocialità intromessa non essa stessa marziale; inoltre con evidenza era ed è il descrivere totalità psichica di contrasti nascenti possibili e cioè circostanzialità non condizionalità di danni e morti in guerre, cui impulso mentale sempre e solo di opposizione non prevaricazione per tensione psicologica di opposizione non prevaricazione... Tal quadro, scientifico, era da Hillman inserito in programma ecologico non solo umanitario che non solo terapeuticamente aveva funzione di evitare considerazioni fuorvianti della marzialità al fine di favorire concentrazione entro opposizioni non prevaricazioni, cioè naturalità, da tutte le parti in accadimento reale coinvolte... Lavoro anche in qualità di preparazione astratta non in solo astratto; tutto ciò per esigenze globali di sopravvivenze non solo umane; integrità cui tener conto per capire che Hillman non proponeva disvalori umanistici ma offriva opportunità di collocazioni equanime vitali, umanamente a prescindere da personalità e umano genere in se stesso e dunque biopsichicamente- psicologicamente, a scopo di vita universale ed anche singolarmente. Concezioni transpersonali, cho ho sintetizzato, in lavoro psicologico e di etica deontologica nonché politica di J. Hillman, risultano contenenti menzioni di situazioni di crisi vitali e di crisi di convivenza stessa vitale, cioè di vite in quanto tali ed in multiformità di vite non solo umane anche umane, in cui possibilità di opposizione-non-prevaricazione riferita in interezze di combinative coincidenze anche di crisi senza esiti vitali, con impulso non prevaricante anche se per morte, ma accadendo sempre e solo istintivamente, anche patologicamente e sintomatologicamente, per impulso - psichico!- cioè non fallibilmente ovvero infallibilmente, non in raggiunger obiettivo - e cui peraltro fisiologia necessaria per descriver tutto e senza datità univoca ovviamente neppure scientificamente interdisciplinarmente- ma in finalità ultime vitali anche se non ultime non vitali mai però dirette né dirigibili esse medesime a mortalità... Insomma trattazione che avvicinava ed avvicina empiria psicologica scientifica ad intendimento del valore vitale delle arti marziali le quali da doversi sovraordinare a mere programmazioni militari e non viceversa e senza tramiti di interessi allegati, di attività non aggressive (--tantomeno 'sportive'-) e ciò per il principio ed unico naturale che è il disperder concentrazioni aggressive a dar potere a circostanze negative contro vita anche di nemico...


MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

...
Opera vitale-culturale,
...cioè trattazione --di cui in mio precedente invio-- che avvicinava ed avvicina empiria psicologica scientifica ad intendimento del valore vitale delle arti marziali (...le quali da doversi sovraordinare a mere programmazioni militari e non viceversa e senza tramiti di interessi allegati, di attività non aggressive ((--tantomeno 'sportive'-)) e ciò per il principio ed unico naturale che è il disperder concentrazioni aggressive a dar potere a circostanze negative contro vita anche di nemico) ...
non confliggeva, non confligge con sociologia dei cosiddetti stati nascenti, basati sull'amore e la concordia preliminare (principio scientifico formulato da Alberoni) anzi ne mostra eventualità di evoluzione differente socialmente non distruttiva, rispettosa quindi delle basi di sociali convivenze restanti. Nonostante questo, in vasta parte di culture occidentali europee impegnate in socialismi e comunismi, si tendeva - anche in tempi di pubblicazione e recensione - ad affermar sociologia per negar psicologia- e questo era stato il caso, in parte, di comunicazioni pubbliche di Oriana Fallaci... Però per suo romanzo ((non direttamente biografico!!)) "Un uomo", la Fallaci era, psicologicamente, allineata su filosofie della non-morte e della nascita, cui Weil e stessa Bespaloff; e messaggio letterario di O. Fallaci non era eminentemente sociale e soprattutto non era di valore comparativo ma 'assolutitativo'.


MAURO PASTORE