martedì 16 dicembre 2008

Badano, Claudio, La possibilità e il senso. Un itinerario intorno al tema della possibilità nella filosofia del pensiero: Meinong, Husserl, Wittgenstein.

Roma, Armando, 2008, ISBN 978-88-6081-339-8   € 25,00

Nota di Elisa Leonzio – 16/12/2008

Possibilità, filosofia del pensiero

La possibilità e il senso è il primo volume di una trilogia che ha per tema il pensiero della possibilità nella filosofia europea della prima metà del ‘900 – ad esso seguiranno L’apriori della storia e la possibilità e Il possibile tra l’essere ed il nulla. Il saggio muove dalla considerazione del ruolo svolto dalle geometrie non-euclidee nelle sviluppo della fisica di inizio Novecento: l’idea, infatti, che sia possibile “svincolare gli assiomi geometrici dal requisito dell’evidenza intuitiva” (p. 7) – idea che portò ad una messa in discussione del V postulato euclideo – conduce all’affermazione di un nuovo metodo, fondato sull’assunzione di ipotesi di carattere controintuitivo, che favorisce, in fisica, la nascita della teoria della relatività. Questa trasformazione si riflette su ogni altro campo del sapere, non ultimo quello della filosofia. Il logico polacco Lukasiewicz, in particolare, muove da queste premesse per confutare il principio di non-contraddizione che è alla base della filosofia aristotelica e di tutta la logica successiva, ed il cui errore di fondo consisterebbe nella confusione tra piano ontologico, logico e psicologico. Egli, riprendendo la questione dei “futuri contingenti” affrontata da Aristotele nel De interpretatione, costruisce un sistema di logica trivalente: l’enunciato relativo ad un evento che non è ancora accaduto non è né vero né falso, ma ha un terzo valore, il “possibile”; altrettanto si può dire per quegli oggetti generali ai quali il principio del terzo escluso è inapplicabile.
In questo contesto centrale è la teoria dell’oggetto (Gegenstandstheorie) – e all’interno di essa il concetto di “oggetto impossibile” – ideata dal filosofo austriaco Alexius Meinong, cui è dedicata la prima parte del saggio di Badano. Nonostante la dimenticanza cui il suo pensiero è andato incontro in Italia, infatti, notevolissima è l’importanza di Meinong per lo sviluppo delle principali prospettive teoretiche nella filosofia e nella psicologia primo-novecentesche. Influssi delle teorie di Meinong, a volte pure esplicitamente citate, si ritrovano anche in Husserl e in Wittgenstein, autori ai quali Badano dedica per questo la seconda e la terza parte del suo lavoro.
Meinong è, tra i tre autori considerati, l’unico ad aver dedicato alla nozione di possibilità un’intera opera, Über Möglichkeit und Wahrscheinlichkeit. Beiträge zur Gegenstandstheorie und Erkentnisstheorie, del 1915. Il maggiore equivoco in cui la filosofia è caduta a proposito della possibilità concerne l’individuazione degli enti di cui la possibilità è attributo; la realtà delle cose concrete (l’orizzonte dell’esserci, Dasein) soggiace all’alternativa tra essere e non-essere e tra questi due poli non vi è spazio per il possibile. L’orizzonte dell’esserci è però solo il modo più immediato della realtà, ma non l’unico; accanto ad esso vi è il non-esistente, che la metafisica ha sempre reputato irrilevante, ma che l’ontologia deve considerare. Meinong introduce la distinzione tra oggetto (Objekt) e “obietivo” (Objektiv). Quest’ultimo indica la proposizione oggettiva (“daß”-Satz) che descrive lo stato delle cose. Solo gli oggetti fisici sono esistenti in senso stretto, mentre per gli obiettivi Meinong introduce la categoria della sussistenza (Bestand). A distinguere l’ambito delle cose materiali da quello dei significati sono le modalità, cioè le determinazioni dell’esser-così degli obiettivi. E tra le proprietà modali delle proposizioni vi è il predicato del “possibile”: la possibilità dunque non attiene alla dimensione temporale reale (al futuro), ma indica la “condizione di incompiutezza fattuale di un obiettivo” (p. 25).
Meinong mira a fornire un concetto positivo di possibilità che superi la nozione logica del ‘meramente-possibile’, di una ‘possibilità incapace di incremento’, in vista di quella ‘capace di incremento’ che è misurabile con il calcolo delle probabilità.
Se la possibilità concerne gli obiettivi, essa deve però avere a che fare anche con gli oggetti (che degli obiettivi costituiscono il “materiale”). “L’implicazione dall’obiettivo all’oggetto è del resto comprovata dal rapporto che lega il giudizio sulla possibilità al giudizio di possibilità: la possibilità del fatto che il triangolo sia rettangolo implica l’attribuzione al triangolo del poter-essere-rettangolo” (p. 63). Occorre allora identificare gli oggetti che possano fungere da soggetti delle possibilità. Essi non possono essere gli oggetti del mondo reale, che, per il principio del terzo escluso, o esistono o non esistono. Vi sono però oggetti che Meinong definisce oggetti incompleti (unvollständige Gegenstände), come quello “un qualcosa di blu” e come il triangolo (ossia un oggetto intellettuale, un Begriffsgegenstand). “Le possibilità pure sono le proprietà compatibili rispetto a cui l’oggetto incompleto è indeterminato e che possono essergli variamente attribuite” (p. 66).
Accanto all’esistenza e alla sussistenza, Meinong introduce poi il modo dell’essere-così (Sosein) dell’oggetto, che è completamente indipendente dall’essere dell’oggetto stesso. “Autonomo dall’essere, l’oggetto (Gegenstand) è anche libero dai vincoli cui l’essere è sottoposto, compreso quello di non-contraddizione. Un oggetto quale il “quadrato rotondo”, ad esempio, benché né reale né possibile, è comunque qualcosa che è analiticamente determinato nel suo essere-così [...] Un obiettivo esistente non richiede l’esistenza reale dell’oggetto che figura in esso come soggetto” (p. 77). Questi sono gli oggetti impossibili, gli oggetti contraddittori, che si affiancano agli altri oggetti non-esistenti dell’universo meinonghiano: oggetti ideali, oggetti inattuali, oggetti non fattuali. “L’oggetto impossibile è privo di qualsiasi possibilità, intesa in senso proprio; esso però, determinato nel suo essere-così, acquista veste semantica e rientra quindi nelle possibilità di essere in senso lato. [...] in questo senso è innegabile che la Gegenstandstheorie sia una teoria che dilata l’ambito del possibile” (p. 85). Intendendo il Gegenstand come entità indipendente dall’attualità dell’atto percettivo che la pensa, Meinong si oppone inoltre allo psicologismo, senza con ciò porre in discussione il ruolo che il fattore psicologico svolge nell’esperienza gnoseologica.
Meinong sviluppa inoltre – a ciò sono dedicati gli ultimi due capitoli della prima sezione – la nozione di Außersein (il “fuori-essere”), che è pensata come connotazione dell’oggetto puro o, conferendo ad esso un connotato ontologico, come un terzo modo di essere, e la nozione di Annahme (assunzione), che è la modalità epistemica con la quale ci dirigiamo al non-fattuale e che, non essendo vincolata al principio di non-contraddizione, consente di configurare l’intenzionamento di un oggetto impossibile.
La seconda parte del saggio è dedicata a Edmund Husserl, di cui Badano illustra la dottrina logico-semantica delineata nelle Ricerche logiche, evidenziandone i punti di convergenza, m pure di rottura rispetto ala Gegenstandstheorie di Meinong. Le stesse entità logiche – oggetti, obiettivi, stati di cose – ricorrono infatti nelle Ricerche e anche lì sono concepite come “oggetti di ordine superiore dotati di natura autonoma, indipendenti cioè dal loro essere concretamente pensati” (p. 147). Husserl distingue due funzioni del linguaggio, quella comunicativa e quella significante. Il significato però non è costantemente associato ad oggetti realmente esistente, come prova il fatto che vi siano nomi che denotano oggetti inesistenti. L’espressione significante è dunque soggetta solo alle leggi logico-grammaticali che regolano i nessi combinatori fra le diverse categorie semantiche del contesto grammaticale. Il linguaggio gode dunque di una possibilità significante che lo rende autonomo da vincoli realistici: l’oggetto significato può essere reale, ma anche fittizio e perfino impossibile. L’unico limite che l’espressione significante deve rispettare è dato dalla delimitazione ontologica, dalle possibilità ed impossibilità ontologiche di ogni specie di oggetti. Le specie sono oggetti singolari che si differenziano dagli oggetti materiali in cui si esemplificano per la loro natura ideale. Su questo terreno, come Badano evidenzia, si situa la differenza fondamentale rispetto alla teoria degli oggetti impossibili di Meinong: per Husserl, infatti, questi ultimi non hanno alcuna forma d’essere; il carattere dell’esser-pensato, infatti, non conferisce esistenza a qualunque oggetto della rappresentazione e gli oggetti della finzione e del controsenso sono un nulla, sono possibilità vuote.
Dalla centralità della nozione di forma, cui si aggiunge l’elemento intuitivo, deriva la dottrina ‘eidetica’ che viene esposta in Idee I: “essa ripercorre il cammino che dai dati di fatto (Tatsache) sensibili, percepiti nel corso dell’esperienza naturale, risale all’intuizione degli eide ad essi immanenti” (p. 159). Per compiere questo tragitto la fenomenologia ricorre al metodo della variazione: “assunto un dato come esemplare del concetto che si intende spiegare, se ne variano via via le proprietà fino al punto in cui la variazione non è più possibile” (p. 159). Tra il 1920 ed il 1926 Husserl matura la convinzione che le leggi logico-formali rappresentino condizioni solo negative di possibilità. Per ricercare una condizione positiva, invece, Husserl ricorre ad una ‘indagine genetica’, distinguendo tra la dimensione generale dell’esperienza della coscienza ed il momento della intenzionalità. La sfera della possibilità si dischiude quando l’insorgere di un contrasto interrompe il soddisfacimento delle intenzioni di aspettazioni ed insinua il dubbio: si avranno allora “possibilità aperte” quando l’incertezza scaturisce nella indifferenza e “possibilità problematiche” quando essa scaturisce nella differenza, dove “l’intenzione interrogativa deve operare una scelta tra possibilità contrapposte che esercitano una attrazione effettiva sull’io” (p.190).
Nell’ultimo capitolo della seconda sezione Badano si sofferma in maniera più approfondita sulla doppia valenza della possibilità che dalle argomentazioni precedenti è emersa: “quella del contrasto di possibilità concorrenti che viene a modificare la certezza; quella – più radicale – che invece priva della certezza stessa” (p. 219). Si giunge con ciò alla possibilità che il mondo nel suo complesso sia oggetto di una illusione percettiva.
Nell’ultima sezione del suo saggio Badano muove nuovamente dalle nozioni meinonghiane di oggetto e di “stato di cose”, che egli rintraccia nel Tractatus logico-philosophicus di Wittgenstein (1918), mostrando però come quest’ultimo, impiegandole, pervenga ad esiti molto diversi: l’indagine dei significati, infatti, non conduce in Wittgenstein, come accadeva invece in Meinong, ad una “proliferazione ontologica che dà vita ad entità di nuovo tipo, quanto piuttosto assolve il campito di isolare la griglia logico-grammaticale entro cui la possibilità dei significati viene delimitata” (p. 241). “Possibili” sono, in questo primo periodo della riflessione di Wittgenstein, tutte le proposizioni che non sono insensate (unsinnig), che sono cioè grammaticalmente corrette. Oltre alla correttezza grammaticale, esse devono però anche essere dotate di senso, raffigurare situazioni possibili, stati di cose di cui sia immaginabile l’opposto. Wittgenstein sviluppa nel Tractatus una tavola della possibilità di verità, ai cui due estremi si trovano la tautologia e la contraddizione: tra i due estremi si collocano le proposizioni di probabilità, che non descrivono uno stato di cose possibili, bensì una condizione formale di eventualità di verità.
Nella fase intermedia del suo pensiero, documentata soprattutto dalle Osservazioni filosofiche del 1929-1930, si assiste ad una svolta pragmatica: centrale diviene cioè l’applicazione, l’uso del linguaggio. Dall’isomorfismo immediato di linguaggio e mondo si passa allora all’analisi della grammatica logica degli “spazi”, per ricostruire così il sistema di coordinate che lega il soggetto alla realtà. Il soggetto è legato al mondo attraverso una modalità percettiva che gli è data dall’esperienza fenomenologica degli spazi: tempo, spazio, colori, suoni. «L’esperienza che nella realtà facciamo del finito rimanda ad una dimensione di possibilità che è in-finita. Vi è dunque un duplice livello dell’esperienza e quindi anche due diverse competenze: la fisica si occupa degli stati di cose reali che possono essere veri o falsi; la fenomenologia si occupa invece del possibile, corrispondente alla sfera del senso. Ogni spazio è dunque una condizione di possibilità. Per evidenziarlo Wittgenstein ricorre al “metodo immaginativo” che consiste nell’immaginare situazioni che rasentino l’impossibilità fisica, sì da mettere indirettamente in risalto il punto fin dove si estende il possibile.
A partire dal Big Typerscript, raccolta di appunti degli anni 1929-1932, tuttavia, Wittgenstein respinge il proprio stesso assunto che sia l’esperienza fenomenologica a definire l’ambito della possibilità. È soprattutto con le Ricerche filosofiche (1941-9), comunque, che questa critica è definitivamente sancita. Centrale si fa qui la nozione di Lebensform (forma di vita): “le regole logiche consentono il funzionamento dei giochi linguistici, ma non è la logica che vi sta a fondamento, bensì i comportamenti prelinguistici a cui la storia naturale degli uomini risale come suo termina intrascendibile” (p. 291). Wittgenstein invita ora ad un esercizio: provare a pensare come possibile ciò che per noi è impossibile; ciò consente di dimostrare che l’idea dell’univocità del nostro sistema logico è solo un’idea fuorviante: prefigurando così altre logiche a altri giochi linguistici, tale “metodo immaginativo sembra porci in una carta misura all’esterno del nostro sistema grammaticale, così da poterlo descrivere. L’escogitare possibilità, se viene inteso sotto questo profilo, non appare più come attività surrettizia della filosofia, ma come metodo in cui essa può esplicare la sua funzione critica” (p. 294).

Indice

PARTE PRIMA: ALEXIUS MEINONG
Capitolo primo: La possibilità (Möglichkeit) e gli “obiettivi” (Objektive)
Capitolo secondo: Il semplicemente-possibile (das bloß Möglisches) e la possibilità capace di incremento (steigerungsfähige Möglichkeit)
Capitolo terzo: Supposizione (Vermutung) e probabilità (Wahrscheinlichkeit)
Capitolo quarto: Possibilità pure (Nurmöglichkeiten) e possibilità applicate (angewandte Möglichkeiten)
Capitolo quinto: Gli “oggetti impossibili” (unmögliche Gegenstände)
Capitolo sesto: La possibilità percettiva (Wahrnehmungsmöglichkeit)
Capitolo settimo: Il “fuori-essere” (Außersein)
Capitolo ottavo: La libertà illimitata delle assunzioni (Annahmen)
PARTE SECONDA: EDMUND HUSSERL
Capitolo primo: Possibile ed impossibile fenomenologici
Capitolo secondo: Il sistema delle possibilità eidetiche
Capitolo terzo: Il noema del possibile
Capitolo quarto: Le possibilità problematiche (fragliche Möglichkeiten)
Capitolo quinto: Le possibilità vuote dell’immaginazione
Capitolo sesto: L’apparenza trascendentale: la possibile irrealtà del mondo
PARTE TERZA: LUDWIG WITTGENSTEIN
Capitolo primo: Contingentismo e possibilità logico-grammaticale
Capitolo secondo: Grammatica degli spazi e limiti di possibilità
Capitolo terzo: Il superamento della concezione “umbratile” della possibilità
Capitolo quarto: La contraddizione e le forme di vita


L'autore

Claudio Badano insegna Filosofia e Storia presso il liceo G.P.Vieusseux. Ha pubblicato tra gli altri Le origini del movimento socialista nel Ponente ligure 1880-1900, Dominici (1984), Clarence Bicknell studioso e socialista, in “Insieme”, mensile della SOMS di Oneglia, n. 2, anno V (1984) e Malattia tedesca e cultura europea, Quaderno filosofico a cura dell’ICIT (1994).

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