Recensione di Silvia Salardi - 20/02/2009
Filosofia della religione
Il binomio fede-ragione, con le sue difficoltà e aporie, ha occupato le menti di filosofi, teologi e scienziati per secoli. A tutt’oggi, nell’era della tecnologia e del trionfo della ragione scientifica, l’interesse per questo binomio non si è per nulla affievolito. È una questione di antica origine, vexata quaestio, che tocca, per un verso, la comprensione della realtà fattuale da una prospettiva propriamente scientifica, per altro verso, pone il problema di una giustificazione di tale realtà da una prospettiva che trascende la scienza stessa. In altre parole, si tratta di trovare delle risposte adeguate alle eterne domande della filosofia quali ‘perché esistiamo?’, ‘quale è il nostro scopo?’, ‘dove siamo diretti?’, cui la scienza non sembra in grado di rispondere in modo definitivo.
L’eterno scontro-incontro tra fede e ragione non è l’espressione di una sterile disputa tra pochi intellettuali, bensì ha delle implicazioni pratiche che si manifestano, oggigiorno, con particolare evidenza, nelle materie bioetiche. È in tale contesto, infatti, che emergono chiaramente tutti i nodi critici che hanno le loro radici nella difficoltà di configurare e delineare i confini tra fede e ragione. Invero, il dibattito bioetico non è confinato ai suoi risvolti sulla sola ‘moralità personale’, ma ha forti ripercussioni in ambito pubblico, in particolare per ciò che riguarda l’individuazione di linee d’azione e di strumenti normativi. Quest’ultimo aspetto è tornato ad essere spunto di riflessione, nonché argomento di infuocate discussioni, da quando, negli ultimi anni, la Chiesa cattolica, almeno nel nostro paese, si è riproposta sulla scena pubblica, non tanto quale voce tra le voci, ma in quanto soggetto pubblico al pari dello Stato. Ad agevolare l’affermazione in campo pubblico del soggetto Chiesa è stato l’attuale clima storico. Come già accaduto in altri momenti di trasformazione sociale - si pensi ad esempio alla fase di ‘eclissi’ dell’impero romano, alla situazione dei secoli XII-XIII (età di Francesco), o più recentemente, al tormentato periodo degli anni Venti del XX secolo- la diffidenza e la paura del cambiamento portano ad assumere un atteggiamento negativo nei confronti del futuro. Si cerca, pertanto, rassicurazione in assetti di valori che sembrano avere superato il collaudo della storia. Ci si rifugia nel passato con un atteggiamento di critica disfattista nei confronti di quelli che, lungi dall’essere considerati i valori conquistati dalle società moderne, vengono additati come sue imperfezioni. E così si attribuisce, ad esempio, una connotazione negativa al pluralismo etico, caratteristico delle moderne società, identificandolo con il nichilismo o indifferentismo etico; oppure si considerano con sospetto soluzioni politiche che, ispirate alla ‘mitezza politica’, cercano di operare scelte in grado di far convivere più identità sociali, culturali, religiose, riconoscendone uguale rilevanza nei diversi ambiti di discorso.
Per superare tali imperfezioni si propone il riferimento ad un’entità esterna allo Stato in grado di dare certezza e stabilità alla società. Questa entità si identifica con la Chiesa cattolica.
È bene sottolineare che, nell’attuale momento storico, la Chiesa non adotta un atteggiamento di contrapposizione verso lo Stato, ma anzi si propone come la detentrice degli strumenti adatti a risolvere le contraddizioni e trovare le soluzioni politiche (teologia civilis). Essa non nega il fondamento costitutivo dello Stato moderno, vale a dire la sua laicità, ma ne reinterpreta sapientemente e strumentalmente le sue componenti. Un esempio è dato dal già citato approccio al pluralismo etico. All’accettazione, infatti, nel senso di riconoscimento, del pluralismo etico delle società moderne come realtà fattuale, peraltro difficilmente negabile, non corrisponde, tuttavia, da parte della Chiesa cattolica, un’eguale legittimazione e parificazione delle diverse posizioni etiche sul piano sostanziale. L’idea di fondo è quella di una laicità funzionale alla fede e non, invece, come ‘metodo’ per garantire la convivenza a diverse istanze (sociali, culturali, politiche, religiose), sulla base del principio sostanziale del rispetto della pari dignità di tutte le identità.
Si tratta di un dibattito molto delicato di cui vanno considerate e comprese tutte le sfaccettature. Per questo motivo risulta molto interessante la lettura del testo a cura di Luca Savarino, Laicità della ragione, razionalità della fede? La lezione di Ratisbona e repliche.
I contributi raccolti in questo libro mettono a confronto diversi punti di vista, non solo le usuali fazioni, vale a dire laici e cattolici, ma anche le posizioni degli esponenti della Chiesa protestante rispetto a quelle cattoliche. Come rileva il suo curatore, «fede e ragione significa, infatti, una riflessione sui fondamenti del cristianesimo e sul suo rapporto con la cultura religiosa e scientifica occidentale», così come «sul rapporto tra religione e modernità, sul ruolo pubblico della religione e sulla laicità» (Savarino, p. 7). Lo spunto per le varie riflessioni è dato dall’intervento di Papa Benedetto XVI riportato integralmente e analizzato nel dettaglio dal contributo di Coda.
Dal primo confronto, vale a dire all’interno del cristianesimo stesso (protestanti vs. cattolici),
emerge un dato comune tra le due correnti, vale a dire che fede e ragione non vanno concepite come distinte, bensì va individuato l’elemento di connessione tra queste due realtà (Aime).
Quindi, né una fede senza ragione, né una ragione senza fede (Huber).
Il legame inscindibile tra fede e ragione si palesa, secondo Ricca, in un allargamento degli interessi della ragione non solo ai fatti empirici, ma anche alle domande esistenziali. Tuttavia, piuttosto che parlare di ‘razionalità’ della fede, si preferisce proporre l’espressione ‘plausibilità’ della fede (Ricca) in quanto, pur non essendo quest’ultima direttamente derivabile dalla ragione, si possono addurre ragioni che rendono l’opzione fede, per l’appunto, plausibile.
Nemmeno nella teoria di Lutero troviamo una negazione del rapporto tra fede e ragione, nonostante la famosa frase Ratio inimica fidei. Con questa espressione Lutero riassume la sua particolare visione del rapporto tra fede e ragione. Per il Riformatore, infatti, la ragione diviene nemica della fede quando pretende di tradurre in azione concreta la conoscenza che essa può avere del bene e del male, trattandosi di una conoscenza contingente e limitata. La ragione, infatti, non possiede il nesso che permette di tradurre i principi di giustizia in opere e quando pretende di individuare l’azione giusta, che conduce alla salvezza, compie un atto di presunzione, poiché crede di conoscere la volontà di Dio (Rostagno).
Passando all’analisi del ruolo che la fede dovrebbe giocare in ambito pubblico, i contributi della seconda parte del libro mostrano orientamenti differenti sia quando si tratta di individuare un fondamento assiologico per il diritto, sia rispetto al ruolo che la Chiesa deve ricoprire sulla scena pubblica.
Rispetto al primo punto, gli autori, pur concordando sulla necessità di un fondamento assiologico, non concordano tutti con l’idea che tale fondamento giustificativo sia da rinvenirsi nei contenuti della fede cristiana, nello specifico cattolica. Zagrebelsky evidenzia come l’assolutismo etico, di cui il pensiero cattolico è espressione, mal si concilia con il concetto di democrazia, che rischia di venire strumentalizzata e ridotta alla sola regola della maggioranza, funzionale all’affermazione di un’unica posizione etica. Andrebbero valorizzati, secondo l’autore, i valori –principio di tolleranza, rispetto delle idee altrui, apertura verso gli altri ecc.- che stanno alla base della concezione laica dello Stato, additati, invece, spesso dagli avversari come punti deboli di tale pensiero. In realtà, questi valori sono adeguati a stabilire regole di convivenza per tutti.
Non riesce, invece, a rinunciare ad un fondamento trascendente, ad una verità comune, Ciancio, che muovendo dalla tesi secondo cui relativismo significa «altra faccia del dogmatismo e della sua intolleranza» (p. 183) tralascia di individuare i vari significati di relativismo (culturale, etico, metaetico, scetticismo morale), riducendo quest’ultimo al solo nichilismo etico, che nulla ha a che fare con la visione laica dello Stato. Tale visione si fonda, come rilevato sopra, su un forte principio etico di carattere sostanziale, vale a dire il rispetto di tutte le identità morali e religiose, nonché il rispetto del diritto di manifestare dissenso rispetto ai valori altrui.
Con riguardo, invece, al ruolo pubblico della Chiesa, una prospettiva che sembra poter avvicinare le posizioni di laici e cattolici, è quella della Chiesa Valdese.
Con una riflessione, che, per molti versi, ricorda quella svolta nel contesto filosofico-morale di orientamento laico sul ruolo del diritto quale cornice di garanzia per l’esplicazione delle diverse posizioni morali, si afferma che punto di partenza per un dialogo è il riconoscimento reciproco della non neutralità originaria del proprio punto di vista (Ferrario) e della necessità di ricercare costantemente un compromesso, sul versante politico, per permettere la convivenza alle diverse identità presenti nella società, di cui la Chiesa rappresenta una delle componenti. Il suo diritto di far sentire la propria voce non deve, pertanto, trasformarsi in un’imposizione a tutti di un'unica prospettiva.
Infine, una critica al concetto di laicità e di secolarizzazione, in una più ampia prospettiva di ‘crisi della crisi della ragione’, viene prospettata da Tronti. Mentre Barcellona, riprendendo il quesito se esista una ‘crisi della crisi della ragione’, sposta l’attenzione sul rapporto tra fede e scienza. Un testo, quindi, ricco di spunti di riflessione, particolarmente utili nel quadro storico attuale.
Indice
Introduzione di Luca Savarino
PARTE PRIMA. LA LEZIONE DI RATISBONA E LA REPLICA PROTESTANTE
Fede, ragione e università. Ricordi e riflessioni di Benedetto XVI
Fede e ragione di Wolfang Huber
La lezione di Benedetto XVI a Ratisbona di Piero Coda
Alcune osservazioni sulla lezione di Ratisbona di Paolo Ricca
Il circolo interrotto di Oreste Aime
Ratio inimica fidei. Asimmetria fede-ragione in Lutero di Sergio Rostagno
PARTE SECONDA. FEDE E SPAZIO PUBBLICO
Crisi della ragione e critica della fede di Mario Tronti
Parola, scienza, religione di Pietro Barcellona
La ragione credente di Fulvio Ferrario
Democrazia e verità di Gustavo Zagrebelsky
Povertà del relativismo e universalità della ragione ermeneutica di Claudio Ciancio
Note bibliografiche
Indice dei nomi
Il curatore
Luca Savarino è ricercatore presso l’Università del Piemonte Orientale, è presidente del Centro evangelico di Cultura «Arturo Pascal» di Torino e coordinatore della Commissione bioetica della Tavola valdese.
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