martedì 12 maggio 2009

Bianchi, Claudia, Pragmatica cognitiva. I meccanismi della comunicazione.

Roma-Bari, Laterza, 2009, pp. XVI+240, € 20,00, ISBN 9788842088608.

Recensione di Salvatore Pistoia Reda – 12/05/2009

Filosofia del linguaggio

Accendo il televisore, mi sintonizzo sulla terza rete e assisto ad un eccentrico scambio di battute, protagonisti un intervistatore ed un intervistato. Dice il primo: “Dimmi, Giovanni, in tutti questi anni di esperienza come allenatore, qual è l’insegnamento che ti sei trovato a dover ripetere più spesso?”; l’altro risponde: “Beh, a chi affrontava le partite e gli allenamenti con poco agonismo e con eccessiva leziosità, ero solito dire...insomma, ragazzi, il calcio non è mica suonare il violino! Il calcio è badabum badabim badabam!”. Ciò che è strano (ma poi neanche tanto, e forse è proprio che non sia tanto strano ad essere a sua volta strano o almeno significativo) è che non sono rimasto stranito di fronte a questa latitanza di significato. Le parole erano arrivate, come si suol dire. In effetti, quello che Giovanni ha voluto dire dovrebbe essere chiaro a tutti, o almeno a coloro che sanno cos’è un violino e conoscono la caratterizzazione comune dell’atto di suonarlo (vale a dire, coloro che hanno una conoscenza enciclopedica del violino); inoltre, le battute che seguono e quelle che precedono “badabum badabim badabam”, l’ambiente in cui la conversazione si svolge, magari le espressioni facciali, i gesti del nostro allenatore o il tono della sua voce possono costituire una guida affidabile per risalire al messaggio inteso (costituendo cioè una forma di conoscenza contestuale). Insomma, appellarsi ad aspetti che abbiano stretta o esclusiva attinenza con le parole o con il loro significato non è indispensabile per la comprensione di quello scambio. Le parole non sono necessarie, e anche nei casi in cui deriviamo da esse informazioni interessanti sulla conversazione in corso non si tratta quasi mai di informazioni sufficienti a comprendere il messaggio del nostro interlocutore.
Il principale uso che facciamo delle parole, e più generalmente del linguaggio, è senza dubbio nella comunicazione. Su questo punto anche linguisti come Noam Chomsky, che sono contrari all’idea che il linguaggio umano si sia evoluto come adattamento per la comunicazione, non hanno perplessità: il loro disaccordo si esplicita semmai nell’istituzione di una peraltro condivisibile distinzione tra “functional origin” e “current utility” dell’apparato biologico linguistico. Ma in nessun caso che il linguaggio sia lo strumento più preciso e affidabile per portare avanti le nostre conversazioni e per esprimere i nostri intenti comunicativi è messo in discussione. Allora risulta essere meritevole di attenzione, per le indicazioni che questo può dare in merito al funzionamento generale della comunicazione, il fatto che spesso, sistematicamente secondo alcuni, tale strumento non basti a contenere tutte le informazioni necessarie per la comprensione di uno scambio comunicativo, siano esse implicite o esplicite.
Da questa osservazione muove il percorso teorico del nuovo libro di Claudia Bianchi, Pragmatica cognitiva (PG), pubblicato quest’anno da Laterza, come parte della collana Manuali Laterza. Suddiviso in 4 capitoli (che, rispettivamente, presentano al lettore gli approcci principali allo studio della pragmatica cognitiva (capitoli I, II e III), e ne analizzano le implicazioni per il rapporto tra semantica e pragmatica, tra dire e implicare (capitolo IV)), il volume costituisce una vera e propria indagine sui processi di base del funzionamento della comunicazione, i “meccanismi” di cui parla il sottotitolo, fornendo al contempo una presentazione critica non banale del dibattito contemporaneo intorno alla questione della comunicazione e del suo rapporto con la filosofia e le scienze cognitive. Professore associato presso la Facoltà di Filosofia dell’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, Claudia Bianchi è uno dei riferimenti in Italia per la ricerca nel campo della filosofia analitica del linguaggio ed in special modo della pragmatica del linguaggio. Chi, come il sottoscritto, ne segue già da qualche anno l’attività di ricerca si aspettava in un certo senso la pubblicazione di PG. L’indizio era stata la stessa autrice a fornirlo, scrivendo nelle pagine conclusive del suo Pragmatica del linguaggio (Laterza, 2003) le seguenti parole: “Più volte si è sottolineato come la questione dell’interpretazione del comportamento linguistico dei nostri interlocutori si leghi indissolubilmente a quella dell’interpretazione del loro comportamento in generale [...]. Ne segue che gli esiti più interessanti e promettenti della pragmatica privilegiano una prospettiva cognitiva, che tende a identificare modelli di interpretazione linguistica, modelli di interpretazione tout court e modelli della mente” (Pragmatica del linguaggio, p. 99). Aprendo il suo nuovo libro si è dunque poco sorpresi di leggere quanto segue e di constatarne la corrispondenza con la citazione precedente: “In una prospettiva cognitiva, accanto a riflessioni filosofiche su cosa rende possibile la comunicazione, assumono rilevanza gli interrogativi sui processi mentali alla base della produzione e della comprensione linguistica, sulle facoltà cognitive coinvolte nei processi comunicativi e sulla loro interazione, sull’architettura mentale soggiacente. La questione del comportamento comunicativo viene d’altronde vista in intima connessione con quella dell’interpretazione del comportamento in generale, dei modi in cui acquisiamo, elaboriamo, organizziamo e trasmettiamo informazione, e in ultima analisi dei modi in cui costruiamo e modifichiamo la nostra rappresentazione del mondo” (PG, p. XIV). La pragmatica cognitiva si caratterizza dunque come un ambito di ricerca non destinato esclusivamente ai filosofi del linguaggio, in cui al contrario la collaborazione di psicologi, scienziati cognitivi, linguisti e magari biologi evoluzionisti contribuisce ad inserire il discorso sulla comunicazione linguistica in un capitolo più ampio dello studio della mente e della cognizione umana, diventando così disciplina sensibile ai richiami di adeguatezza empirica ed assecondando di fatto le tendenze di ricerca contemporanee. Allo studio delle condizioni di giustificabilità degli enunciati o agli aspetti convenzionali del linguaggio coinvolti nella produzione di inferenze si sostituisce l’analisi di concetti, tipicamente quello di pertinenza, che rispondono a precisi vincoli di coerenza con la struttura dei sistemi cognitivi: ad esempio, la plausibilità cognitiva o le condizioni di arresto del sistema nel processo di comprensione, fattori del tutto sconosciuti alle teorie precedenti della comunicazione. Rispetto a nozioni classiche della filosofia del linguaggio, come il significato, si propone una visione sostanzialmente deflazionista. La frontiera di questo modo di vedere la comunicazione è costituita dalla Teoria della pertinenza (Relevance theory, RT) inaugurata nel 1986 da Relevance a firma di D. Sperber e D. Wilson a cui è dedicata un’intera sezione di PG. Tuttavia, l’origine del filone cognitivo in pragmatica risale ai lavori del filosofo P. Grice, che presentano punti di differenziazione rispetto a RT.
Lo spazio logico su cui si muove il dibattito contemporaneo sulla comunicazione è disegnato da due modelli di riferimento concorrenti. Il primo, che risale ad Aristotele e trova affermazioni di supporto in alcuni lavori di J. Locke, è chiamato “modello del codice” e considera la comunicazione un processo di codifica e decodifica di informazioni. Essendo possibile stabilire una corrispondenza perfetta tra rappresentazioni interne (pensieri, rappresentazioni mentali) e segnali esterni (parole, enunciati), il codice può garantire l’identità tra le rappresentazioni interne di chi emette il messaggio e di chi lo riceve e comprende. È importante rilevare che la comprensione di un messaggio è una reazione automatica al recepimento di un segnale, che non comporta il calcolo di processi inferenziali e non richiede nessuna creatività. Per la forte influenza esercitata dalla tradizione formalista, il modello del codice ha rappresentato e rappresenta, secondo Bianchi, la spiegazione standard in filosofia del linguaggio. L’obiettivo critico del secondo modello, detto “modello inferenziale”, è rappresentato dalla tesi della corrispondenza perfetta tra segnale e rappresentazione. Come è facilmente sperimentabile nella comunicazione di tutti i giorni, non sempre è possibile riconoscere questa corrispondenza tra la codifica linguistica ed il messaggio inteso dal parlante: la comprensione richiede che l’ascoltatore riconosca le intenzioni con cui il parlante ha emesso il suo enunciato ed in funzione di ciò sia in grado di arricchire il messaggio linguisticamente codificato, giungendo ad una piena comprensione. Scrive Bianchi: “Sul bordo della corsia centrale della piscina Bacone di Milano è affisso il cartello “Nuotatori veloci” che non mette in guardia sulla presenza di nuotatori veloci, come farebbe il cartello “Squali feroci”, ma riserva la corsia ai nuotatori veloci. [...] Regolamenti e manuali, come le liste della spesa, non possono dire tutto, precisare tutto, prevedere tutto. Il resto lo aggiungiamo noi, per via inferenziale, appunto” (PG, p. XIII).
All’origine del modello inferenziale è dunque Grice. Prima di concludere, è bene sottolineare un punto che Bianchi correttamente non elude. Sebbene possano essere ricondotti ad un unico filone, caratterizzato in sostanza dall’adesione ad un modello inferenziale di spiegazione della comunicazione, l’impostazione griceana e quelle che sono definite come prospettive neo-griceane e post-griceane devono essere considerate come progetti distinti, con ovvie corrispondenze ma non necessariamente dipendenti l’uno dall’altro. Mentre il progetto di Grice è riconducibile ad un ordine di discorso filosofico, perché mira a stabilire quali siano le condizioni di possibilità della comunicazione, i neo-griceani sono per lo più linguisti interessati a combinare una prospettiva griceana con la tradizione semantica formale e la grammatica generativa, e si concentrano dunque sugli aspetti convenzionali del linguaggio. Da ultimo, i post-griceani, fra i quali spiccano i teorici RT, intendono caratterizzare in senso cognitivo il loro modello di spiegazione. Coerentemente l’attenzione dei tre progetti si concentra su luoghi teorici distinti. Grice, in primo luogo, distingue tra significato naturale e significato del parlante, caratterizzando dunque il significato come intenzione. La comprensione inferenziale, secondo lui, sarebbe regolata da aspettative di razionalità che trovano origine in alcune massime conversazionali; mentre la nozione di implicatura, e dunque la distinzione conseguente tra esplicito ed implicito, assume un ruolo esplicativo fondamentale. In secondo luogo, l’impostazione neo-griceana, presentata nei lavori di S. Levinson e L. Horn, assegna maggior peso agli aspetti convenzionali del linguaggio, in particolare alle implicature conversazionali generalizzate, e offre una revisione delle massime conversazionali attraverso l’ideazione di euristiche che risolvano il problema della sovraproduzione di implicature incompatibili. In terzo luogo, RT propone l’estensione del modello inferenziale anche agli aspetti espliciti della comunicazione, ritiene che le aspettative che guidano i partecipanti ad uno scambio comunicativo non siano di razionalità o di collaboratività ma di pertinenza e descrive infine i processi inferenziali come processi automatici, non riflessivi né consapevoli.
Come accennato in apertura, l’ultima parte di PG indaga le modalità in cui il dibattito appena presentato ha influenzato la visione del rapporto tra semantica e pragmatica e la concezione stessa dei due ambiti di ricerca. A tal proposito, sono discusse nel dettaglio recenti posizioni sulla questione come il letteralismo, l’indicalismo, la prospettiva sincretica, il quasi-contestualismo e il contestualismo, il che rende PG uno strumento di consultazione utilissimo anche per i lettori specialisti di scienze cognitive di formazione filosofica.

Indice

Prologo
CAPITOLO PRIMO: L'EREDITÀ DI GRICE
1. Logica e linguaggio ordinario: una rivoluzione filosofica?
2. Prima eredità: significato come intenzione. Leggere la mente
3. Seconda eredità: aspettative. Principio di cooperazione e massime conversazionali
4. Terza eredità: esplicito e implicito. Implicature
CAPITOLO SECONDO: DOPO GRICE: UNA MAPPA
1. Dopo Grice: Neo-griceani e Post-griceani
2. Grice: Esplicito e implicito
3. Semantica tradizionale: Letteralismo
4. Neo-griceani
CAPITOLO TERZO: LA TEORIA DELLA PERTINENZA
1. Grice e il modello inferenziale
2. Le aspettative che orientano i processi interpretativi (B.): la pertinenza
3. Estensione del modello inferenziale (A.): la distinzione fra esplicito e implicito
4. Natura dei processi inferenziali (C.): modularità
CAPITOLO QUARTO: I CONFINI DELLA PRAGMATICA
1. Due modelli comunicativi
2. Minimalismo
3. Indicalismo
4. Prospettiva sincretica
5. Contestualismo
6. Obiezioni al letteralismo
7. Obiezioni all'indicalismo
8. Obiezioni alla Syncretic View
9. Obiezioni al Contestualismo
10. Conclusioni
Epilogo
Bibliografia


L'autore

Dottore di ricerca all’École Polytechnique di Parigi, Claudia Bianchi è professore associato presso la Facoltà di Filosofia dell’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano. È autrice di Pragmatica del linguaggio (Laterza, 2003) e La dipendenza contestuale. Per una teoria pragmatica del significato, (Edizioni Scientifiche Italiane, 2001). Tra gli altri, ha curato i volumi Filosofia della comunicazione (Laterza, 2005, con Nicla Vassallo), The Semantics/Pragmatics Distinction (CSLI, 2004) e Significato e ontologia (Franco Angeli, 2003, con Andrea Bottani) Milano, Franco Angeli (con Andrea Bottani). Ha pubblicato numerosi articoli scientifici sulle principali riviste filosofiche specialistiche italiane ed internazionali come “Analysis” e “Epistemologia”.

Link

Pagina web di Claudia Bianchi - http://www.unisr.it/persona.asp?id=361

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