lunedì 1 giugno 2009

Henrich, Dieter, Metafisica e modernità. Il soggetto di fronte all’assoluto.

Torino, Rosenberg & Sellier, 2008, pp. 168, € 15,00, ISBN 9788878850712

Recensione di Martina Subacchi – 01/06/2009

Filosofia teoretica (metafisica)

Il volume propone un’autobiografia intellettuale di Dieter Henrich, cui fanno seguito quattro testi del filosofo tedesco intitolati Autocoscienza e pensiero di Dio, L’io di Fichte, Che cos’è metafisica-che cos’è modernità? Dodici tesi contro Jürgen Habermas.
Il primo è inedito, il secondo e il terzo sono stati tradotti per la prima volta in italiano. Ogni singolo testo è arricchito da una discussione proposta dallo stesso autore durante una lezione seminariale tenuta presso la Scuola di Alta Formazione Filosofica di Torino (SdAFF).
La Premessa – a cura di Ugo Perone, direttore della SdAFF – è finalizzata a illustrare le linee essenziali della filosofia di Henrich: alla metafisica classica, riproposta in chiave moderna, il pensatore tedesco associa la passione giovanile per l’archeologia, quale fondamento filologico delle sue ricerche storiche.
Il suo pensiero gravita intorno al tema della soggettività. Contro chi, a partire da Heidegger e Habermas, ritiene superate la modernità e la questione del soggetto, Henrich difende l’attualità dell’idealismo tedesco: solo con un ritorno alla metafisica, che consenta di raccordare il finito all’Assoluto, è possibile trovare il fondamento della soggettività umana. L’io di Fichte, ad esempio, pur ponendo se stesso nel libero agire ed essendo autocoscienza di sé, risulta privo di un fondamento che lo giustifichi. Solo Dio, chiamato anche Assoluto o Infinito, postulato dalla metafisica all’origine della finitezza, è in grado di fondare il soggetto. L’Assoluto viene così a coincidere con il Grund (fondamento), non nel senso di causa prima, ma in quanto principio esplicativo (p. 96).
Inserito in tale prospettiva, il pensiero di Henrich non può non polemizzare con Habermas, il quale rifiuta la metafisica e la soggettività in nome di una comunicazione linguistica universale posta a fondamento della comunità umana e volta a risolvere, in termini immanenti, i conflitti umani suscitati dalla modernità. Anche la filosofia di Heidegger viene criticata per la sua opposizione all’autocoscienza, insieme alla pretesa di ridurre la soggettività umana a dimensione esistenziale del mondo (Weltichkeit). Ma la soggettività, ridotta a linguaggio e a comunicazione, a mondità o a intersoggettività – osserva Henrich – è priva di fondamento (p. 89). Se da un lato infatti il pensiero moderno ha fatto della coscienza di sé il fondamento di ogni sapere, dall’altro l’autocoscienza non si trova a fondamento di se stessa; e un sé che non ha il proprio fondamento in se stesso, non può essere neppure causa di se stesso.
Il problema riguarda allora la teoria riflessiva: in che modo l’io, immerso nel mondo, può conoscersi se viene definito dal suo porsi? In che modo può conoscere se stesso senza un sapere originario? Solo la metafisica, che stabilisce un legame tra l’io e il Grund, sarebbe in grado di fondare la nozione di autorelazione conoscitiva (p. 132).
La polemica tra Henrich e Habermas non si limita al tema della soggettività, ma investe anche il recupero della metafisica all’interno della cultura tedesca degli anni Ottanta. Habermas polemizza contro tale ritorno “all’universalità del pensiero platonico”, mentre Henrich considera la metafisica, adattata alla modernità, “un compito del pensiero” irrinunciabile perché appartenente alla stessa esistenza umana (p. 150).
Richiamandosi alla filosofia kantiana, egli distingue la “metafisica dell’elementare”, che si occupa dei principi primi costitutivi del conoscere, dalla “metafisica dei pensieri conclusivi”, che riguarda i principi ultimi (pp. 138-140). Solo affrontando la questione su “chi è l’uomo”, fondamento universale di ogni domandare, l’essere umano può giungere all’autentica comprensione di sé. Con ciò la metafisica non intende fare dell’autocoscienza un sapere assoluto e incondizionato, né postulare l’esistenza di un mondo soprasensibile opposto alla realtà empirica e neppure negare le conquiste della scienza moderna; al contrario, i pensieri conclusivi riguardano la conoscenza dell’uomo in quanto si trova a vivere nel mondo.
Sarebbe proprio la condizione del trovarsi inseriti nel mondo come persone e al tempo stesso come soggetti, la causa dei conflitti umani: in quanto persone infatti apparteniamo al mondo e abbiamo a che fare con gli enti intramondani; come soggetti invece trascendiamo il mondo perché non ne facciamo parte. Solo il pensiero metafisico, capace di fondare la finitezza umana nell’Assoluto, è in grado di risolvere le contraddizioni della coscienza, fornendole gli strumenti necessari a superare una situazione da sempre conflittuale (pp. 152-153).
Il capitolo 1 (Fondamenti di una teoria della soggettività) è preceduto da una Introduzione di A. Manolino; i capitoli 3 (Soggettività come principio) e 4 (Metafisica e modernità) da una Introduzione di F. Michelini. Il capitolo 5 (Autocoscienza e pensiero di Dio) propone il testo della conferenza pubblica tenuta da Henrich presso la Scuola di Alta Formazione Filosofica.
Sia la Premessa di Perone che le Introduzioni delle due ricercatrici costituiscono un prezioso strumento di indagine di una filosofia tanto interessante, quanto poco conosciuta dal pubblico italiano.
Poco attuale, pur tuttavia urgente, ci sembra la rivalutazione del pensiero metafisico proposta al di fuori delle classiche categorie aristotelico-scolastiche. Lo scopo specifico dell’autore è proprio di attirare l’interesse del lettore contemporaneo verso una struttura di pensiero in grado di salvaguardare l’unicità dell’esistente di fronte all’Assoluto, in un’epoca in cui la soggettività e la libertà umane risultano compromesse sia dalla dimenticanza dell’Essere in quanto tale, che dalla massificazione imposta dalla pseudo-cultura dei mass media.
Consigliamo questo testo a coloro che, pur non professando apertamente alcuna confessione religiosa, sono interessati ad una filosofia fondata sull’idea di unità che trascende il mondo ed è fondata nell’Assoluto. Se infatti non è possibile dimostrare con certezza cartesiana l’esistenza di Dio e neppure il suo porsi a fondamento del reale, ciò non implica il dover rinunciare al pensiero razionale per cadere in certe forme di pregiudizio, dogmatismo o irrazionalità. Rimane sempre aperta la possibilità di una filosofia fondata sull’idea di una confluenza tra Assoluto e autocoscienza, nonché sulla coappartenenza di finitezza e pensiero del divino. E chi rinuncia a tale possibilità – osserva Henrich – rinuncia a molte cose irrinunciabili al pensiero in quanto tale (p. 164).

Indice

Premessa. Un’archeologia del moderno, di Ugo Perone
Un’autobiografia intellettuale
Fondamenti di una teoria della soggettività
Soggettività come principio,
Metafisica e modernità
Autocoscienza e pensiero di Dio


L'autore

Dieter Henrich è nato a Marburgo (Germania) nel 1927. Si è laureato in filosofia ad Heidelberg nel 1950 ed ha insegnato nell’università di Germania, Stati Uniti e Giappone.

Links

Biografia di D. Henrich
http://www.emsf.rai.it/biografie/anagrafico
Henrich, ritorno all’assoluto?
http://www.aifr.it/pagine/notizie/010.html
Autocoscienza e pensiero di Dio
http://www.filosofia.it/pagine/pdf/argomenti/Autocoscienza_pensierodiDio_Henrich.PDF
Originalità e tradizione nel pensiero di Cartesio
http://www.emsf.rai.it/scripts/interviste

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