martedì 15 settembre 2009

Dellantonio, Sara, La dimensione interna del significato. Esternismo, internismo e competenza semantica.

Pisa, Ets, 2008, pp. 354, € 28,00, ISBN 884672013X.

Recensione di Claudio Faschilli - 15/09/2009

Filosofia del linguaggio

Uno degli aspetti cui si deve fare l’abitudine quando si lavora nell’ambito della filosofia di stampo analitico è il vizio, forse tipicamente anglosassone, che vorrebbe affibbiare a ogni posizione teorica un’etichetta uscente in “ismo”. Lo studioso non deve certo perdere la pazienza davanti a questo fenomeno, né tanto meno deve privarsi del piacere di considerare certi temi, che senza ombra di dubbio sono riccamente sviluppati dagli autori appartenenti alla suddetta corrente.
Con il suo lavoro, frutto della rielaborazione della tesi di dottorato, Sara Dellantonio ci accompagna, come una guida esperta, nella selva dei vari “ismi” che s’intrecciano attorno a uno degli argomenti più ampiamente trattati all’interno di questa tradizione, il tema del significato delle espressioni linguistiche, dipanandone gli intrichi e presentandoci un percorso ordinato e dalla panoramica completa. Infatti, l’autrice ci fornisce una presentazione delle principali teorie inerenti al tema, delle quali mette in luce pregi e difetti, valutandone la forza di fronte ad alcuni problemi centrali.
Lo spunto che dà il via alla discussione è la nozione di contenuto proposizionale, presentata nel primo capitolo. Si definisce contenuto proposizionale la proposizione cui un atteggiamento proposizionale – ossia, una credenza, un desiderio, etc. – è relativo: ad esempio, se io credo che Chiara abbia dei bellissimi riccioli, si può dire che il contenuto del mio atteggiamento proposizionale di credenza sia dato dalla proposizione “Chiara ha dei bellissimi riccioli” che altro non è che la proposizione oggetto di credenza.
L’autrice considera gli atteggiamenti proposizionali, in quanto essi hanno il pregio di mettere in luce una peculiare difficoltà nella caratterizzazione semantica dei contenuti, difficoltà dovuta al fatto che essi generano i cosiddetti “contesti opachi”, ossia contesti che non permettono la intersostituibilità dei termini coreferenziali salva veritate. Un esempio chiarirà il tecnicismo: in un enunciato semplice come “Aristotele era greco” le parole possono essere usate in modo puramente referenziale (l’enunciato è vero considerando solo ciò a cui le parole si riferiscono). Infatti, sostituendo il nome “Aristotele” con un altro termine dallo stesso riferimento (come “il maestro di Alessandro Magno”), si ottiene ancora un enunciato vero: “il maestro di Alessandro Magno era greco”. Invece nei casi degli atteggiamenti proposizionali, come in “Pietro crede che Aristotele sia greco”, è evidente che l’intersostituibilità dei termini coreferenziali non garantisce la verità dell’enunciato: l’enunciato “Pietro crede che Aristotele sia greco” può essere vero, mentre potrebbe non esser vero “Pietro crede che il maestro di Alessandro Magno sia greco”, in quanto Pietro potrebbe non essere a conoscenza del fatto che Aristotele fu maestro di Alessandro Magno.
La considerazione di questa difficoltà sembra mostrare come, almeno in alcuni casi, il significato non dipenda in primo luogo dal riferimento delle parole, quanto invece dai contenuti mentali dei soggetti che impiegano e comprendono tali parole. Tutto ruota attorno a come si sceglie di determinare il contenuto proposizionale.
La filosofia contemporanea contempla due famiglie di risposte a tale questione. Da un lato troviamo la posizione secondo la quale il contenuto è determinato in base a “criteri larghi”, ossia considerando come stanno le cose nella realtà, indipendentemente da quanto può credere il parlante. Dall’altro lato, invece, vi è la posizione secondo la quale il contenuto è definito con “criteri stretti”, tenendo conto dell’ambito delle credenze del soggetto e di come questo concepisce e conosce il mondo. Le due posizioni che si ottengono sono definite rispettivamente esternismo ed internismo: “L’esternismo sostiene che il contenuto dipende dal mondo nella sua caratterizzazione fisica e sociale; che esso, quindi, è determinato da fattori esterni alla mente. L’internismo sostiene invece che il contenuto dipende da fattori interni alla mente, quali le strutture mentali e le relazioni fra contenuti” (p. 43).
La discussione sulla determinazione dei contenuti, tuttavia, non si ferma a questo livello, ma si estende anche al tema più specifico del modo in cui le parole stesse assumono significato, essendo, infatti, i concetti, che dalle parole sono espressi, a comporre i contenuti. Di conseguenza, un sostenitore dell’esternismo riterrà che anche i concetti si determinano a partire da fattori esterni ai soggetti, come la realtà e le convenzioni dei linguaggi sociali e scientifici che sanciscono le regole di applicazione dei termini linguistici, mentre un internista dirà che i concetti si determinano sulla base di fattori interni agli individui, a seconda di come la mente rielabora gli stimoli sensoriali e di come le credenze soggettive interagiscono tra loro. La distinzione tra esternismo ed internismo è quindi una distinzione che non si esaurisce nel mero ambito dei contenuti proposizionali, ma si trasmette e si estende anche al piano della determinazione dei significati delle parole.
Il secondo capitolo è di conseguenza dedicato all’analisi e alla presentazione di queste due correnti alternative, le quali si differenziano tra loro per il modo in cui descrivono l’acquisizione della conoscenza, che a sua volta influenza il modo in cui si può rendere conto della dimensione semantica. Si mostra poi come la corrente dell’esternismo possa essere suddivisa a sua volta in altri due filoni, a seconda della concezione epistemologica che si assume sulle rappresentazioni mentali: da un lato, si può infatti escludere ogni rilevanza delle rappresentazioni mentali nella determinazione del contenuto o del significato, difendendo così una teoria della mente di tipo anti-rappresentazionalista; dall’altro lato, invece, un esternista può farsi anche sostenitore di una posizione rappresentazionalista, ovviamente a patto che le rappresentazioni mentali che entrano in gioco non siano una elaborazione attiva del dato sensoriale, in grado di modificarlo e di reinterpretarlo attivamente, ma una sua semplice codifica passiva. Come si può invece facilmente intuire, l’internismo, che pone l’attenzione sul livello cognitivo del soggetto, si limita a poter sostenere una posizione di tipo rappresentazionalista.
Da questa ulteriore distinzione segue la struttura del testo. Nel terzo e nel quarto capitolo sono presentate tre forme di esternismo anti-rappresentazionalista, ossia quelle di Hilary Putnam, Tylor Burge e Donald Davidson. Le teorie esterniste anti-rappresentazionaliste si concentrano principalmente attorno al concetto di lingua naturale e presentano la nozione di contenuto mentale come strettamente dipendente dalla lingua. Esse non riconoscono alcun valore alla dimensione interna e mentale del linguaggio, ma interpretano la capacità linguistica come un processo di assimilazione di regole (sociali o idiolettiche).
In questi capitoli vengono inoltre proposti tre criteri per valutare le pretese di validità delle teorie presentate nel corso del lavoro: 1) le teorie devono spiegare l’uso corretto e deviante del significato, 2) devono fornire una spiegazione adeguata riguardo al modo in cui si apprendono i significati e 3) devono essere in grado di dire su cosa si basino le componenti che caratterizzano la competenza semantica. La debolezza delle teorie anti-rappresentazionaliste appena citate sta appunto nel non essere in grado di fornire un’adeguata spiegazione al terzo criterio di valutazione proposto dall’autrice: sono, infatti, deboli nello spiegare il livello della competenza semantica.
Il quinto capitolo è dedicato invece ad una teoria di stampo internista rappresentazionalista, la teoria semantica di Ray Jackendoff, la quale sottolinea l’importanza del contributo attivo da parte della mente e dei processi cognitivi nella determinazione dei significati e dei contenuti.
Il sesto capitolo infine considera due teorie di tipo esternista, ma rappresentazionalista: le teorie di Fred Dretske e di Jerry Fodor. Queste, sebbene sposino la posizione esternista, ammettono il ruolo delle rappresentazioni mentali, considerandole come elementi covarianti con l’informazione presente nel mondo. Le teorie di Dretske e Fodor risultano essere descrittivamente più forti rispetto alle altre teorie esterniste non-rappresentazionali. Tuttavia, anch’esse non sono prive di difficoltà, in particolare nel rendere conto del modo in cui si formano i concetti e di come si possono spiegare gli errori concettuali.
La teoria che si rivela essere quindi migliore, a fronte dei criteri di valutazione considerati, è la teoria internista di Jackendoff. Questa, infatti, riesce a tener conto non solo del livello interno del contenuto stretto, ma, a partire da un indagine mentale e cognitiva, contempla anche una dimensione sociale linguistica, che tradizionalmente viene associata al contenuto largo esternista. Ciò è possibile in quanto le rappresentazioni postulate da Jackendoff sono tali da permettere sia l’elaborazione di un contenuto stretto, sia quella di un contenuto largo.
La parte conclusiva del lavoro è quindi dedicata alla disamina dei numerosi vantaggi esplicativi di questa teoria rispetto alle altre.
Il valore di questo libro non si ferma alla completezza e alla chiarezza con cui le tematiche sono presentate. Il suo più grande pregio sta infatti nell’evidente apertura alle scienze cognitive che supera un antico pregiudizio, spesso diffuso tra i filosofi analitici, nei confronti dei dati psicologici e cognitivi. Apertura testimoniata dalla convincente elezione della teoria di Jackendoff come teoria semantica più forte tra quelle oggi in circolazione.

Indice

Ringraziamenti
Introduzione
Capitolo Primo: Il contenuto proposizionale: introduzione al problema
Capitolo Secondo: Internismo ed esternismo: i fondamenti del dibattito
Capitolo Terzo: L’esternismo di Putnam e Burge
Capitolo Quarto: Donald Davidson. Esternismo e mente proposizionale
Capitolo Quinto: Rappresentazionalismo e semantica: l’internismo di Ray Jackendoff
Capitolo Sesto: Esternismo rappresentazionalistico: le teorie di Fodor e Dretske
Conclusioni: mente e semantica
Bibliografia


L'autrice

Sara Dellantonio è attualmente assegnista di ricerca presso l’Università di Bari. Già assegnista presso l’Università di Trento, dove ha insegnato Filosofia della scienza e Filosofia e scienza cognitiva, ha conseguito il Dottorato di Ricerca e insegnato filosofia della mente e del linguaggio presso l’Università di Brema (Germania).

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