venerdì 2 ottobre 2009

Franceschelli, Orlando, Darwin e l'anima. L'evoluzione dell'uomo e i suoi nemici.

Roma, Donzelli, 2009, pp. 185, € 15,00, ISBN 9788860363114.

Recensione di Martina Di Teodoro - 2/10/2009

Antropologia, Filosofia della scienza, Filosofia politica

Ogni qualvolta ci si trova davanti a un libro il cui titolo sembra prospettare un'analisi di questioni ancora aperte, intorno alle quali il dibattito sembra non essersi ancora concluso o del tutto risolto, ci si dovrebbe chiedere, con fiduciosa speranza accompagnata da senso critico: troverò in esso qualcosa che permetta di guardare all'argomento in modo nuovo, tale da fornire nuovi spunti di riflessione e nuove occasioni di dialogo? Questo è, o dovrebbe essere, lo scopo di ogni libro e la sfida dalla quale ogni autore dovrebbe muovere e che, a sua volta, il lettore, nella scelta libera del testo, dovrebbe voler cogliere.
Il libro di Orlando Franceschelli, Darwin e l'anima. L'evoluzione dell'uomo e i suoi nemici, risponde positivamente alla questione sopra sollevata e soddisfa appieno le aspettative di un lettore che viene immediatamente coinvolto dal testo e condotto all'interno di un percorso del quale lui stesso diviene protagonista e parte integrante, essendo il libro diretto proprio a indagare l'origine e la storia dell'uomo. Ma, oltre che brillante testimonianza di quanto sia importante per l'uomo far luce sulla propria storia e la propria origine, il saggio di Franceschelli, nell'anno del bicentenario della nascita di Darwin (e dei centocinquanta anni della pubblicazione de L'origine delle specie), si propone di offrire una panoramica dettagliata delle teorie darwiniane esposte prima ne L'origine delle specie e, successivamente (nel 1871), ne L’origine dell’uomo, dal momento che l'impatto che esse hanno avuto su tradizioni scientifiche, filosofiche e religiose già consolidate è stato così dirompente da far parlare di una vera e propria rivoluzione antropologica.
La portata di questa rivoluzione, e con essa la radicalità del contrasto tra una cosiddetta antropologia basata sull'anima e una basata invece sulla natura dell'uomo, viene delineata da Franceschelli già nel titolo del libro. In “Darwin e l’anima, L’evoluzione dell’uomo e i suoi nemici” compaiono, infatti, quattro termini che, se uniti in maniera “alternata” possono essere considerati come due coppie di sinonimi separate dalla congiunzione “e” che sottolinea il contrasto dei rispettivi significati: la “coppia” Darwin - evoluzione dell'uomo e quella anima-suoi nemici (dell'evoluzione e dell'uomo).
Da un lato, dunque, troviamo la figura del grande naturalista inglese che, sulla base dei dati raccolti durante il suo viaggio a bordo del Beagle, elaborò la sua teoria dell'evoluzione incentrata sul concetto di selezione naturale definita ne L'origine delle specie come “conservazione delle variazioni favorevoli ed eliminazione di quelle nocive”. Ma la rivoluzione antropologica che Darwin innescò derivò dall'aver mostrato come potevano essere estese anche all'uomo le leggi dell'evoluzione per selezione naturale alla base del ciclo vitale degli altri esseri viventi. E, come Darwin stesso affermerà nell'introduzione de L'origine dell'uomo, “l'unico scopo di questo lavoro è di considerare primo, se l'uomo, come tutte le altre specie, è disceso da qualche forma preesistente; secondo, la maniera del suo sviluppo; e terzo il valore delle differenze tra le cosiddette razze umane”.
Dall'altro lato, invece, troviamo nel titolo i termini: anima e nemici dell'evoluzione e dell’uomo che racchiudono le critiche che vennero avanzate contro il naturalismo evoluzionistico di Darwin. Egli aveva osato spiegare il “mistero dei misteri” rintracciando una base empirica in ciò che fino a quel momento era stato considerato concepibile solo a partire una spiegazione metafisica e/o religiosa, tale da escludere ogni ricorso alla scienza e all'osservazione naturalistica. Ma la domanda che ritroviamo già nell'introduzione (e che suona piuttosto come una risposta) è: “Oggi, chi può ragionare con sagacia sulla natura umana e sulla storia dell'uomo, senza partire da Darwin?” (p. 4). Franceschelli, subito dopo aver posto questa domanda, si affida al motto delfico Conosci te stesso (che da inoltre il titolo all'Introduzione stessa) come ammonimento a non rinunciare ad indagare la natura umana e a non paralizzare il confronto e l'analisi con una concezione dell'uomo e della storia che non prevede il ricorso né ad una essenza o anima immortale e creata da Dio, né alla Provvidenza che guiderebbe la civilizzazione e la storia di Homo sapiens (p.10).
Tanti, dunque, i pregiudizi teologici da cui le teorie darwiniane hanno dovuto difendersi che spaziano, appunto, dal considerare la dignità umana e con essa i valori etici, la giustizia e la civilizzazione dipendenti da un'anima immortale fino ad arrivare al tentativo di assimilare Darwin alla volontà di potenza di Nietzsche, al darwinismo sociale, al razzismo, all'eugenetica e alla politica di sterminio di Hitler.
Franceschelli dedica i cinque capitoli che compongono il libro proprio all'analisi dell'antropologia delineata da Darwin e alle accuse che ad essa sono state rivolte allo scopo di far luce su ogni aspetto della questione, di smascherare i travisamenti ed evitarne letture distorte e fuorvianti.
Nel primo capitolo – dal titolo L'antropologia di Darwin – la riflessione del nostro autore si concentra dapprima sulla concezione dell'uomo esposta ne L'origine dell'uomo nel quale Darwin, con atteggiamento prudente, “rompe il suo silenzio sull'uomo” (p.22) applicando la sua teoria dell'evoluzione per selezione naturale alla storia dell'uomo, teorizzando così la sua discendenza da forme meno organizzate.
Stabilire questo, vale a dire considerare l'uomo alla stregua di tutti gli altri esseri viventi, significava destituirlo di quel ruolo predominante che gli era stato attribuito all’interno del creato, nonché mettere in discussione la allora imperante teoria creazionista. Ma ciò che detronizzava l'uomo dalla posizione privilegiata di creatura fatta da Dio a sua immagine e somiglianza, era piuttosto la negazione da parte di Darwin della diversità tra l'uomo e i mammiferi più elevati riguardo alle loro facoltà mentali. La sola differenza che Darwin aveva prospettato tra l'intelligenza e il linguaggio dell'uomo e quelli degli altri animali, era di grado – spiegabile con la legge della selezione naturale – e non di genere.
Di conseguenza a questa affermazione, Darwin aveva sostenuto che anche le qualità morali, le attitudini e le capacità ad esse connesse, che sembrano essere caratteristiche specifiche ed esclusive dell'uomo erano, in realtà, espressione matura di istinti sociali propri anche degli animali. E quanto alle facoltà intellettuali superiori (raziocinio, astrazione, autocoscienza), esse non erano altro che l'esito del miglioramento di quelle facoltà mentali che anche gli animali mostravano di possedere attraverso il linguaggio e l'arte con cui organizzano la loro vita.
Darwin, dunque, come giustamente ricorda Franceschelli, ha elaborato ne L'origine dell'uomo una genealogia del tutto naturale delle nostre capacità intellettuali e morali sviluppatesi appunto gradualmente come coevoluzione di istinti sociali, poteri mentali e comportamenti già presenti negli animali (p.28).
Tale genealogia è andata incontro, tuttavia, alle critiche più disparate, come quelle avanzate da naturalisti come Lyell e Wallace sostenitori dell'esistenza di un “disegno” divino nella natura e ha sollevato altresì obiezioni e perplessità estese anche alla visione darwiniana della civilizzazione umana, elaborata proprio a partire da quanto affermato circa il rapporto tra capacità intellettuali e morali, lotta per l'esistenza e selezione naturale. Franceschelli, consapevole dell'importanza di tale questione, dedica un intero paragrafo alla spiegazione della cultura morale e del progresso civile della nostra specie offerta da Darwin, specificando come e per quale motivo essa sia poi stata equiparata all'eugenetica di Galton, alla competizione eliminatoria esaltata da Spencer, al cosiddetto «darwinismo sociale» e alla volontà di potenza di Nietzsche (p.43) di cui l'autore parlerà nel corso del libro.
Come si evince dal titolo – Dall'anima alla natura e alla storia dell'uomo – nel secondo capitolo Franceschelli ritorna sulla concezione evoluzionistica della natura umana presente ne L'origine dell'uomo e lo fa considerando anche i contributi che alla spiegazione della mente umana e del suo sviluppo stanno dando scienze impegnate a completare il programma di Darwin, come ad esempio le neuroscienze, la psicologia e la primatologia (p. 50). Per avere un'idea del contributo che Darwin ha saputo dare alla conoscenza della natura umana, Franceschelli cita, non a caso, il biologo statunitense G. M. Edelman che, nell’elaborazione della sua teoria della mente, pone il darwinismo neurale alla base della formazione delle connessioni tra i neuroni all'interno del cervello con un processo di selezione in base agli stimoli esterni.
Franceschelli, dunque, ribadisce come dopo Darwin ci sia stata una emancipazione dall'anima e dall'idea che la cultura e il progresso civile siano frutto di capacità misteriose e provvidenziali (p.55) specificando, però, come questo cambiamento di prospettiva non sia stato esente da critiche e problematiche non ancora del tutto risolte. Il nostro autore, infatti, per dimostrare quanto sia ancora diffuso nell'Occidente cristianizzato il dualismo anima-corpo, illustra in questo capitolo la ricchezza del dibattito e delle rielaborazioni filosofiche e teologiche intorno alla relazione corpo-anima-Dio (p.57) ripercorrendo quanto affermato da Tommaso d'Aquino e da Cartesio, arrivando fino a Hobbes e a Kant e alla loro concezione di sviluppo dell'umanità, di progresso etico e di cultura morale.
Una panoramica importante, quella offerta da Franceschelli, utile per capire perché la storia dell'uomo delineata da Darwin abbia incontrato resistenze anche da parte di chi, come Marx e Engels, avevano invece dichiarato di condividerla. Se, da un lato, delle teorie di Darwin, Marx ed Engels avevano apprezzato la critica alla teologia a favore di una spiegazione del tutto naturale del progredire dell'uomo verso la civiltà, dall'altro sottolineavano piuttosto le lacune del naturalismo darwiniano all'interno di un discorso più ampio sul processo storico e sul progresso civile.
Franceschelli conclude il capitolo evidenziando gli errori di lettura e di interpretazione che spesso sono stati rivolti alla concezione darwiniana della natura e della civilizzazione ribadendo, in chiusura, come l'antropologia di Darwin rinaturalizzi sì l'uomo, ma senza negare la dimensione storico-culturale della natura umana (p.76).
Nel terzo capitolo – La teologia ha perso l'anima? – l'intento di Franceschelli è in un primo momento quello di richiamare l'attenzione alla nozione di “emergenza”, prospettata come base della rivalutazione dell'antropologia naturalistica da parte di quella teologia che ha finito, piuttosto, per parlare di emergenza dell'anima. Un emergentismo teologico che ha poco a che vedere con il concetto di emergenza evolutiva. In questo terzo capitolo, dunque, si ritorna ancora sugli attacchi alle antropologie darwiniane, sull'impossibilità di un dialogo tra teologia e naturalismo di ispirazione darwiniana e, nonostante si specifichi che in ambito cattolico il quadro offerto dalla teologia risulti piuttosto variegato, ciò non è considerato come condizione sufficiente per una vera apertura e un dialogo costruttivo. Franceschelli cita, come esempio delle sue constatazioni in proposito, l'antropologo Fiorenzo Facchini e la sua posizione non immune dal dualismo tradizionale anima-corpo che, in maniera differente, appartiene anche dello stesso John Haugth che addirittura, come ricorda criticamente l'autore accusando il filosofo di arroganza neointegralista, non esita a decretare che il naturalismo nutrito dal dialogo con la scienza sarebbe la mortificazione di ogni sapere aude e conosci te stesso (p. 92).
Franceschelli auspica un dialogo tra naturalismo e religione e proprio in questo suo dichiarato desiderio sta la chiave per capire il titolo del capitolo. La teologia ha perso l'anima? Sarà destinata a perderla due volte, dichiara Franceschelli, se non saprà impegnarsi in quel “dialogo della plausibilità” capace di evitare incomprensioni e reciproche accuse (p. 97).
Il capitolo si chiude con una Postilla, nella quale Franceschelli, pur definendo Vito Mancuso un teologo leale nella testimonianza della sua fede (p.109), lo criticherà con rammarico per aver parlato anch'egli di emergentismo teologico piuttosto che di emergenza evolutiva e per essere stato più interessato a un Darwin cattolico che non a quello vero (p. 102).
Un capitolo, questo, molto denso e ricco di riferimenti, che funge da preparazione e giuntura tra quanto affermato finora e il quarto capitolo – L'anti-darwinismo di Nietzsche e del darwinismo sociale – nel quale l'attenzione del nostro autore sarà rivolta al confronto tra Darwin e Nietzsche e al complesso rapporto di quest'ultimo con il darwinismo e con le sue implicazioni etico-politiche.
Si intuisce, dunque, come questo capitolo rappresenti un contributo importante nell'assetto generale del libro poiché in esso vengono esposte le posizioni più critiche nei confronti dell'antropologia darwiniana, nonché quelle che più ne hanno distorto e sottovalutato, secondo il nostro autore, i veri contenuti.
Franceschelli ci pone fin da subito di fronte al complesso rapporto di Nietzsche con il darwinismo e alla concezione nietzschiana dell'evoluzione definita a partire da una volontà di potenza superiore all'influenza esercitata dall'ambiente stesso e dalla quale dedurre tutti gli istinti degli animali e tutte le funzioni della vita organica (p. 117). Una concezione dell'evoluzione, quella di Nietzsche, destinata a condizionare anche l'idea di progresso civile da lui successivamente elaborata.
L'autore prosegue nel capitolo mettendo il lettore in guardia dal pericolo di assimilare Darwin al darwinismo sociale e di equiparare la sua antropologia con concezioni estreme e pretestuose, come quelle di Spencer e Galton, che hanno contribuito piuttosto a gettare su di essa inutili perplessità e false interpretazioni. Un ulteriore colpo alle teorie darwiniane, conclude Franceschelli, è stato inferto anche da coloro che, paradossalmente, hanno creduto di poter far risalire alla scienza di Darwin i crimini di Hitler e le nefandezze dell'olocausto.
Se si analizza il titolo del quinto e ultimo capitolo – Oltre l'anima e la volontà di potenza – si intuisce come la parola “oltre” venga usata per sottolineare come oggi l’antropologia darwiniana si confermi sempre più come l’unica plausibile e come valida alternativa all'anima e ai valori di origine divina, nonché ad ogni logica di potenza o uso sociale del darwinismo (p. 142). Da questa emancipazione dalle visioni religiose e metafisiche, sottolinea Franceschelli, ne deriva anche un rinnovato punto di vista etico-politico.
Il nostro autore conclude il libro sostenendo come un'antropologia naturalistica ci aiuti anche a far chiarezza e ad affrontare con responsabilità i problemi bioetici che interessano le nostre società: dalla questione ambientale all'uso delle biotecnologie.
Se si considera il testo da un punto di vista stilistico: precisa e fluida si presenta la scrittura che rende la lettura del libro molto piacevole e, al contempo, la sapiente e curata divisione in paragrafi dei cinque capitoli permette all'autore, così come al lettore, di ritornare, in maniera mai ripetitiva o ridondante, su argomenti e riflessioni che, proprio per la loro complessità, meritano un approfondimento e una spiegazione ulteriore.
Un testo, dunque, questo di Franceschelli, complesso ma decisamente consigliato sia a un pubblico di “addetti ai lavori” che trova in esso precisione, puntualità e sapere specialistico, sia ad un pubblico più eterogeneo e interessato piuttosto a indagare quali cambiamenti e innovazioni le teorie darwiniane hanno apportato non solo nel contesto della biologia moderna ma anche all'interno di un discorso sull'uomo tout court.

Indice

Introduzione
Conosci te stesso: l'anima, l'antropologia di Darwin e la volontà di potenza di Nietzsche 
I. L'antropologia di Darwin 
II. Dall'anima alla natura e alla storia dell'uomo 
III. La teologia ha perso l'anima? 
IV. L'anti-darwinismo di Nietzsche e del darwinismo sociale 
V. Oltre l'anima e la volontà di potenza 
Bibliografia 
Indice dei nomi


L'autrice

Orlando Franceschelli, filosofo, insegna Teoria dell'evoluzione e politica presso l'Università «La Sapienza» di Roma. E' autore di diversi volumi, tra cui, Disincanto, natura e volontà (2003), Dio e Darwin. Natura e uomo tra evoluzione e creazione (2005); La natura dopo Darwin. Evoluzione e umana saggezza (2007) e Karl Lowith. Le sfide della modernità tra Dio e nulla (2008).

7 commenti:

MAURO PASTORE ha detto...

Non ha sempre senso porre darwinismo contro darwinismo senza porre darwinisti contro darwinisti e così se ne può notare certi limiti.
Spencer ne fu solo provvisorio distaccato esponente. Suo positivismo non era stabile; sua esperienza concreta del mondo filosofico limitata alla preparazione filosofica a scopo di impresa ed in particolare tecnica poi tecnico-scientifica non viceversa, così vera filosofia di Spencer era definita in titolo di suo lavoro: sintetica. Tal definizione non era antidialettica ma positivisti tale ne reinvention — psicologo avveduto che studiasse ascesa e decadenza del filosofismo positivista (questo ne è di positivismo autenticamente filosofico) scoprirebbe pensiero dell'idolo. Talora (non talvolta) fu inavveduto Spencer proprio in società né aveva risorse proprie per fermarne illazioni; tuttavia riuscendo in ultimo ad avvertire colleghi sistematici (e dialettici) di altrui ossessivi insavi accaduti e già da prima con (umorista) accanimento svelando realtà di idea -idealità-ideale-ideazione corrispondente a stessa fissità di illazioni; che sembravano divenute suo giocattolone e lui tiranno capriccioso mentre filosofemi provvisori e problematici o dilemmatici si avvicendavano come burattini di burattinaio, ma v'era appunto logica dialettica di accademie e sistemi universitari a distaccare dai magici inganni; così nuove tecnocrazie si formavano già da antipositivismo — che Spencer e stavolta per davvero iniziò a trattare da gioco di controreazione-reazione culturale. Però dopo aver indagato cosmologicamente evoluzione, ne lasciò e senza cosmogonia per scusa; non tutti ne seguirono non positivista esempio.

Spencer costruiva culturali evolutive non solo in biologia, anche per psicologia e sociologia; per intero inadatte zoologia (ché tanatologica) ed antropologia (ché proprio umana anche inventiva è); della evoluzione biologica ne aveva fatto parametro culturale non solo per neodarwinismi anche per evoluzionismi meglio organizzati. Non conviene citare sua etica al rovescio: della spietatezza delle selezioni sociali ne aveva descritto per aiutare ad integrare società in contesti più umani o più naturali e viceversa; in ciò riflessioni di Darwin invece non erano che parziali ed anche di darwinisti; però tra fine di Secondo Millennio e inizio di Terzo làscito di Spencer non più bastante; parendo altro, era impotenza di distruttori. Senza più moderazioni di ex teatro dei burattini, nessun burattinaio colpevole e nessun inganno dai vecchi burattini e allora i nuovi non invincibili.

Darwin e darwinismo, neo darwinismi (e neodarwinismi...) dipendevano da pensieri fortemente legati a progressi di scienze; essi a più riprese travolti da idoleggiamenti e idolatrie, poco ne restò e ne è restato.
Darwin agì ottimamente contro allontanamento di cultura di biologia da zoologia. Esponenti di cattolicesimo specialmente, di evangelismo, si rovinavano escatologie e soteriologie in evidenze di morti naturali... e utopiche; precarietà di zoologia della evoluzione – cui fondatore (Lamarck) spesso volle che fosse negata in frattempo di rigorose riespressioni – adito a sconfinamenti di religiosismi, appelli a evoluzione umana parvero tronfi; ma zoologia e biologia quali scienze erano riferimenti... anche per allevatori e per bestiami in incertezze di lotte sociali e paci esterne o guerre interne — non paleontologia attestandone ma nuovo criterio ecologico scientifico introdotto, da definitore (Haeckel) di evoluzione antropologica – con metodo 'partecipante' detto "antropogenico".


MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

In messaggio precedente

'reinvention'

sta per

reinventarono .


Sono spiacente per inconveniente di scrittura forse nullo ( o forse benevolo (per chi di prima lingua inglese)) dipeso da immancabile brighe da attorno e da elettromagneticità che ha fatto iperattivare-innescare (anche ora ne tenderebbe) automatizzazioni di mio supporto di scrittura internet (elettromagnetismi - ed assai quest'oggi - da porto marittimo non lontano (cui annunciato già futuro salpare più lontano (ma non accaduto))).


MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

_

Non ha sempre senso porre darwinismo contro darwinismo senza porre darwinisti contro darwinisti e così se ne può notare certi limiti.
Spencer ne fu solo provvisorio distaccato esponente. Suo positivismo non era stabile; sua esperienza concreta del mondo filosofico limitata alla preparazione filosofica a scopo di impresa ed in particolare tecnica poi tecnico-scientifica non viceversa, così vera filosofia di Spencer era definita in titolo di suo lavoro: sintetica. Tal definizione non era antidialettica ma positivisti tale ne reinventarono — psicologo avveduto che studiasse ascesa e decadenza del filosofismo positivista (questo ne è di positivismo autenticamente filosofico) scoprirebbe pensiero dell'idolo. Talora (non talvolta) fu inavveduto Spencer proprio in società né aveva risorse proprie per fermarne illazioni; tuttavia riuscendo in ultimo ad avvertire colleghi sistematici (e dialettici) di altrui ossessivi insavi accaduti e già da prima con (umorista) accanimento svelando realtà di idea -idealità-ideale-ideazione corrispondente a stessa fissità di illazioni; che sembravano divenute suo giocattolone e lui tiranno capriccioso mentre filosofemi provvisori e problematici o dilemmatici si avvicendavano come burattini di burattinaio, ma v'era appunto logica dialettica di accademie e sistemi universitari a distaccare dai magici inganni; così nuove tecnocrazie si formavano già da antipositivismo — che Spencer e stavolta per davvero iniziò a trattare da gioco di controreazione-reazione culturale. Però dopo aver indagato cosmologicamente evoluzione, ne lasciò e senza cosmogonia per scusa; non tutti ne seguirono non positivista esempio.

Spencer costruiva culturali evolutive non solo in biologia, anche per psicologia e sociologia; per intero inadatte zoologia (ché tanatologica) ed antropologia (ché proprio umana anche inventiva è); della evoluzione biologica ne aveva fatto parametro culturale non solo per neodarwinismi anche per evoluzionismi meglio organizzati. Non conviene citare sua etica al rovescio: della spietatezza delle selezioni sociali ne aveva descritto per aiutare ad integrare società in contesti più umani o più naturali e viceversa; in ciò riflessioni di Darwin invece non erano che parziali ed anche di darwinisti; però tra fine di Secondo Millennio e inizio di Terzo làscito di Spencer non più bastante; parendo altro, era impotenza di distruttori. Senza più moderazioni di ex teatro dei burattini, nessun burattinaio colpevole e nessun inganno dai vecchi burattini e allora i nuovi non invincibili.

Darwin e darwinismo, neo darwinismi (e neodarwinismi...) dipendevano da pensieri fortemente legati a progressi di scienze; essi a più riprese travolti da idoleggiamenti e idolatrie, poco ne restò e ne è restato.
Darwin agì ottimamente contro allontanamento di cultura di biologia da zoologia. Esponenti di cattolicesimo specialmente, di evangelismo, si rovinavano escatologie e soteriologie in evidenze di morti naturali... e utopiche; precarietà di zoologia della evoluzione – cui fondatore (Lamarck) spesso volle che fosse negata in frattempo di rigorose riespressioni – adito a sconfinamenti di religiosismi, appelli a evoluzione umana parvero tronfi; ma zoologia e biologia quali scienze erano riferimenti... anche per allevatori e per bestiami in incertezze di lotte sociali e paci esterne o guerre interne — non paleontologia attestandone ma nuovo criterio ecologico scientifico introdotto, da definitore (Haeckel) di evoluzione antropologica – con metodo 'partecipante' detto "antropogenico".


MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

Ho rinviato con correzione inclusa.


MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

In recensione si rappresenta di lavoro recensito un assunto che è una soggettivazione, ciò mostrato da recensore. A interpretar titolo per totalità significante, si deduce scopo di autore di descrivere una avversione al divenire della umanità. Non è affermazione nuova; che in Eraclito era messianica eppure furiosa e più che polemica, cioè bellicosa. Nella Germania funestata da Hitler, hitleriani, nazisti, l'affermazione del divenire era di umani e non solo umani diritti; e regimi nazista e di Hitler stesso quando messi da parte restavano a scherzare e poi a sfruttare coincidenze e a riprendere soprusi; non diversamente in Italia fascista; e dunque titolo di autore si rapporta a questi guai non a quelli britannici dai tempi di Darwin; quanto a quelli comuni europei, erano diversi. Di fatto in Gran Bretagna ed Impero Britannico, scienza non era assieme a tante rimostranze e filosofia era di solito, in motivazioni europee, breve e assai mirata... Appunto, comunanza restante v'era da allora; e quel che di necessario sento di poter e dover scrivere, riguarda causa comune ma del tutto aliena da faziosità ed anche da polemiche areligiose o religiose. Innanzitutto, tal causa non è doppia ma ha sua duplicità: concezioni troppo statiche della realtà sono correlate a concezioni troppo mutevoli della esistenza; allora bisogna riconoscere di pubblicazione recensita funzione alquanto limitata; difatti darwinismo è programma scientifico che si applica a divenire e in forte divenire, qual metodo biologico non teoria determinatamente precisabile; inoltre teoriche recenti di evoluzione biologica son migliore occasione... E polemiche culturali non erano per Darwin semplici e darwiniani e darwinisti ne han sbagliate anche tante; pure nei confronti di F. W. Nietzsche. Costui fu lieto di conoscere e dar merito a studi scientifici di Darwin ma intese presto che si doveva dar spazio pure a suoi colleghi con analoghi studi anche precedenti ed anche agli altri con non analoghi; inoltre capì - in questo Darwin neppure differendo - che era rischioso risolver solo questione di poca naturalità intellettuale e lasciar insoluto il resto. Nietzsche agì in totalità di intenti ed azioni, da assoluti a relativi numinosi di Zarathustra, a cultura filosofica edonista e pragmatista rivolta a scienze, fino agli inviti a rinnovata Età della Tecnica...
Quanto a Psicologia della Evoluzione, Evolutiva, è da valutarsi teoria di Piaget e senza sconfessare popolari animismi e questi da non confondersi coi filosofici panpsichismi e con dovuta attenzione a non negare energia della materia e nella materialità tecnica...
Come ho esposto già: teoresi di evolutività psichiche-psicologiche non son fatte per sostituire teorie di costanti psichiche e di ritorni psicologici (psicologia degli archetipi, archetipica, archetipale); perché il divenire costretto è tale anche con l'essere obliato...
Però!, resta utile notare titolo di lavoro recensito: e qui riesco a venire al dunque: si tratta di riferimento ad accadere di eventualità in natura non di natura stessa; cui non solo biologi, anche zoologi, paleontologi, etologi, e neurologi, psicologi, antropologi, morfologi, geologi, metereologi... applicatisi per scopi di vita e talvolta di sopravvivenza e non sempre solo altrui!
...


MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

... Dopo anni passati da celebrazione di nascita di Ch. Darwin e di pubblicazione di sua opera di maggior compiutezza, trovo necessario far notare che riferendo di evoluzione umana e crisi di evoluzione umana non ci si trova solo a confrontarsi con asprezze politiche o tragedie sociali o crimini in convivenze; ma coi pensieri delle catastrofi; queste possono impedire più di tutto svolgersi di progetti di esistenza e programmi di vita; e polemiche sterili non superate o accumulate; mentre condizioni sociali, civili, culturali, in Italia e altrove, sono funestate da ignoranze e prepotenza ed in politiche, per cui da organi di informazione si diffondono comandi di fatto contrari a successi di vita ed anche umana
( paurosi che controproducentemente vorrebbero scambiare intero Paese per una clinica in affrontare emergenza sanitaria - influenzale - e che tentano di dimenticare volontarie inadeguatezze di ambienti sanitari stessi e fingon che si possa insegnare istinti e tirano fuori ordini in realtà criminosi... e peggio ancora moltitudini che ne hanno educati e spesso con inganni... Mentre altri devono pensare a destini tra sciagure non solo ipotetiche!
... ...


MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

Autore recensito propugnerebbe antropologia "naturalistica"; ma non trovo giusto che accada dimenticando che "emergenze dell'anima" in quanto emergenze ed essenziali sono anche naturali ed istruttive o forse salvifiche; inutile finger che studi neurologici, peraltro occultati da abbreviazioni gergali spesso al servizio di malasanità, ne possano sussumere; ed errato presumere contro antropologia come se soltanto di generale e non specifica ve ne debba essere; anzi psico-antropologia e antropologia fisica stanno bene entrambe tra le altre; non servono infatti a negare evoluzione antropologica, che non è contenibile in alcuna antropo-biologia.
Evoluzione biologica non è una totalità - interezza né una interezza - totalità; è una pluralità - molteplicità e non viceversa. Ricorso ad integrazioni, ovviamente impossibili, da morfologia, è stata una illusione, fatta preda da maestri di avvilimenti che anche pirati sempre ripudierebbero; perché ricorrere ad impossibilità ha creato confusione e dissuasione (e avvilimento); tal illusione da scientisti usata per disporre fittiziamente quadro di riferimento; ma, né Lamarck né Haeckel – neppure Darwin – hanno veramente affermato di divenire bestiale-umano. Haeckel riferì di successione di ruoli (il ruolo: Discendente); Lamarck di fatto indicò avvicendamento di presenze (presenza: Sèguito); Darwin di prossimità di modi (modi: Prossimi).

Qui sotto accludo ricostruzione di pensiero da testo scritto (non originale) altrui cui mi accinsi ieri notte per gravi necessità non solo mie, dopo aver ripensato altra altrui opera rimasta anonima ove riferito di Vestigia di materialità nuova ed evidente (argomento di fatto: paleontologia); invece, ricostruzione da foto di testo e pubblicato: di Haeckel:

".. " X [] Egli {XxNn} propose perciò di dividere l'ordine delle scimie in altro modo: dei   {corsivo:} Primari{:corsivo} [uomo e antropomorfi]  e delle scimie propriamente dette o {corsivo:}pitezi{:corsivo} [le altre catarrine e tutte le platir*v*ine ]  {**:corsivo} |f|. In ogni modo, ne [corsivo:] risulta la stretta affinità {,} tra l'uomo e le /simie {,} antropoMorfa [:corsivo] {invece è riferito a catastroficità successiva a formazione umana il catalogo che annovera umanità qual preminenza e pure trovando eguali preminenze bestiali e ugualmente faune precedenti senza poterne dire di eguali prominenze ma queste eppure necessariamente essendovene; dunque tal catalogo è da condizioni di catastroficità future qualora non si comprende somiglianza di quei remoti animali non antecedenza e meno somiglianza di quelli poi non posterità differente  — :— /simie : barra inclinata indicava mondo sconosciuto di animali evidentemente marini anfibi con meno di comunanza e mondana non universale; scimie: animali uguali a scimmie ma anche altro ed in ciò più differenti ancora di scimmie da umani}. "... "
Intellettuale ricostruzione di: " "Universo. I problemi." " - Ernst Haeckel.
(( Traduzione titolo: mia personale. ))


MAURO PASTORE