martedì 19 gennaio 2010

Katz, David, Ma El Greco era davvero astigmatico? Con un ricordo di Rudolf Arnheim, a cura di Andrea Pinotti.

Roma, Armando Editore, 2009, pp. 144, € 10,00, ISBN 9788860814456.
[Ed. or.: War Greco astigmatisch? Eine psychologische Studie zur Kunstwissenschaft, Veit, Leipzig 1914]

Recensione di Alessandro Fiengo - 19/01/2010

Estetica, Psicologia

La domanda, che campeggia nel titolo di questo saggio, è il centro di un interessante percorso delineato da studiosi di diverse discipline all'interno di un lungo dibattito che nell'offrire una o più possibili risposte apre in realtà a nuove domande, illustrando così l'infinito motivo della scienza.
Nell'introduzione del testo, curato da Andrea Pinotti, troviamo una interessante e completa contestualizzazione della questione relativa al vero o presunto astigmatismo di El Greco, pittore di origini cretesi che dopo un periodo di formazione in Italia approda definitivamente in Spagna dove acquista il proprio pseudonimo.
A partire dagli anni ‘80 dell'Ottocento la notorietà delle opere di El Greco, celebrato come un mistico e visionario, grande precursore nelle scelte stilistiche è andata di pari passo con l'emergere di teorie e critiche che invece prendevano come presupposto un possibile difetto oftalmico.
Sostanzialmente le due anime dell'analisi sull'opera di El Greco sono sopravvissute fino ai nostri giorni, ed è interessante analizzarne le premesse metodologiche anche alla luce dell'attuale affermazione delle neuroscienze.
Nel caso particolare di El Greco, sembra che lo sviluppo del dibattito e delle teorie che attribuivano al pittore ora un difetto oftalmico, ora una forma di pazzia, ora una scelta stilistica, si siano presentate ciclicamente con un accanimento non verificatosi per altri pittori.
Dopo due secoli di silenzio - El Greco muore all'inizio del XVII secolo - sul finire dell'Ottocento si apre una diatriba che ha numerosi attori nell'arco del suo sviluppo: da Carl Justi che attribuiva al pittore una graduale degenerazione dell'organo della vista e della salute psichica, in parte sulla scorta dell'analisi compiuta dall'oculista Richard Liebreich, secondo il quale a precisi difetti oftalmici corrispondevano particolari inclinazioni in pittura, passando per Goldschmidt, che sosteneva la tesi dell'astigmatismo, fino a Cossìo, Meier-Gräfe e Tschudi, che invece lo celebravano come un grande anticipatore dell'impressionismo e la cui opera era finalmente apprezzabile proprio alla luce delle acquisizioni raggiunte a fine Ottocento.
Lo sguardo sull'opera di El Greco attraverso la corrente impressionista non è un particolare ininfluente. Il primo ad associarlo alla più recente corrente pittorica è proprio Meier-Gräfe con il libro Spanische Reise, seguito da Tschudi, direttore della Galleria di Monaco, che presenta un approccio all'arte in cui lo studio filologico passa in secondo piano, mentre diventa interessante rintracciare nella storia intenti e orientamenti comuni a pittori vissuti in epoche diverse che, attraverso il loro accostamento, guadagnano una migliore comprensione.
La lista degli studi e degli intrecci va infittendosi prima e dopo il contributo di David Katz, arricchendo il dibattito di elementi in una spirale argomentativa che sembra però non assumere del tutto i nuovi contributi, anche se vi trova alimento (Polack, Liebreich, Patry, Levi-Sender, Huber, Isakowitz, Strebel).
A suffragare l'ipotesi di un difetto della vista, ma più che altro per completare ulteriormente il quadro estremamente intricato del dibattito, Pinotti riporta anche la testimonianza di Cézanne che, oltre ad aver studiato l'arte pittorica di El Greco e ad essere accostato al cretese in ambito pittorico, sembra che in vita abbia lamentato disturbi alla vista assimilabili all'astigmatismo, gettando un'ombra sulla sua stessa produzione.
Esprimendosi proprio riguardo a Cézanne, Merleau-Ponty, seguito poi da André Malraux, sembra superare le alternative tra oftalmico e stilistico, illustrando la possibilità di una produzione artistica che offre un proprio punto di vista attraverso un “sistema di equivalenze” tra i particolari biografici e il mondo.
David Katz (1884-1953), psicologo gestaltiano di origini svedesi, consapevole della diatriba scatenatasi intorno all'opera di Domenikos Theotokopulos, attraverso un procedimento rigoroso sgombra il campo da una serie di potenziali equivoci legati alle opere del pittore.
Prima di tutto dichiara immediatamente la propria tesi e l'esito finale della ricerca, indicando sostanzialmente nella cifra stilistica le ragioni delle caratteristiche particolari dei quadri. Conscio, fin dall'inizio, dei rischi e dei limiti di un'analisi scientifica delle opere di un pittore, ha la precisa intenzione di circoscrivere il campo di intervento della psicologia rispetto a quello dell'estetica e della storia e critica d'arte, chiarendo i diversi ambiti di competenza disciplinare ed individuando le potenziali zone franche o, per meglio dire, di dialogo interdisciplinare proprio laddove si possono rivelare più efficaci e produttive per la ricerca scientifica.
I temi, i contenuti delle raffigurazioni - apparizioni spirituali o estasi religiose - non sono in discussione, né a questi in particolare è possibile attribuire un'influenza sul giudizio dei critici, soprattutto tra coloro che hanno ritenuto El Greco affetto da astigmatismo e da pazzia; l'intenzione di Katz è di chiarire le questioni relative all'astigmatismo del pittore in rapporto alla semantica formale adottata nelle opere, anche se un'analisi del genere, qualunque possa essere il suo esito, non è all'altezza della capacità suggestiva delle opere stesse.
Lo psicologo distingue le “deviazioni” in “stiramenti” quando esse si mantengono più regolari, con riferimento alla sproporzione tra lunghezza e larghezza nei corpi, lunghezza del corpo e del capo e un allungamento in senso ellittico dello spazio, e in “deformazioni” con riferimento all'irregolarità simmetrica all'interno dei volti e negli accostamenti prospettici tra i personaggi presenti nel quadro.
È possibile ritrovare, seguendo l'analisi di Katz, quasi tutti gli elementi evidenziatisi fino ad ora nel dibattito, ma questa volta sembra si rimetta, in maniera definitiva, nelle mani dei critici d'arte l'insieme dei giudizi e delle valutazioni. Tali elementi emergono con precisione, mano a mano che lo studioso approfondisce l'analisi delle diverse tipologie di astigmatismo da cui El Greco potrebbe essere stato affetto, aprendo la strada verso una soluzione prevalentemente stilistica dell'opera.
Katz illustra una serie di discrepanze tra i dati di fatto, legati alla biografia del pittore e a tutto quello che è possibile desumere dalle opere, e l'analisi più dettagliata del suo presunto astigmatismo. Dimostra come non sia temporalmente compatibile l'astigmatismo attribuito ad una fase della pittura di El Greco con un periodo successivo, dove il tratto del pittore non tradisce difetti di esecuzione.
Così come il difetto oftalmico di El Greco non dovrebbe avere alcun peso perché l'artista avrebbe dovuto creare opere d'arte normali per vederle, egli stesso, secondo i canoni dell'occhio astigmatico, pena una visione ulteriormente deviata dell'opera, una visione per così dire deformata alla seconda.
Ancora, le tesi che avallano il punto di vista ottico piuttosto che quello stilistico, in molti casi, partono da un dato di fatto che tale non è: il presupposto, tutto da dimostrare, il pittore volesse raffigurare realisticamente ciò che vedeva.
Dunque, lo psicologo fa emergere le argomentazioni affrontando concretamente la possibilità di un effettivo astigmatismo del pittore e dimostra come le diverse ipotesi attraverso le quali è possibile affermare una stretta relazione tra il difetto oculare e le caratteristiche delle sue opere non riescano a superare il vaglio dell'analisi scientifica. I casi di astigmatismo regolare e irregolare, come le ipotesi di astigmatismo congenito o acquisito, dimostrano via via di non essere sufficientemente suffragate né dalla biografia del pittore, né da valutazioni sperimentali eseguite attraverso l'utilizzo di lenti deformanti.
Le valutazioni sperimentali invece finiscono per dimostrare che, anche di fronte a evidenti e considerevoli deformazioni della vista, avviene sempre o quasi una correzione nella percezione, per effetto di diversi fattori, non ultimi il movimento dell'occhio stesso, quello del corpo dell'osservatore e quello dell'oggetto. Il movimento accompagna infatti un cambiamento di prospettiva, che nel caso di un errore percettivo offre ogni volta la possibilità di una correzione.
Le ipotesi relative all’astigmatismo di El Greco, presupporrebbero tra l'osservatore e l'oggetto una relazione statica, quando invece l'esperienza percettiva quotidiana indica, nella quasi totalità dei casi, operazioni relative al movimento e a tutti gli aggiustamenti ad esso legati. Presupporrebbero inoltre una analisi del processo produttivo del pittore secondo categorie strettamente meccaniche, come se il funzionamento dell'occhio, della visione e della produzione pittorica fosse assimilabile completamente a quello di una macchina fotografica.
Tutto ciò emerge con particolare chiarezza laddove Katz, nell'analisi sperimentale dell'astigmatismo indotto, osserva invece il verificarsi di una correzione da parte dell'apparato visivo, che tende ad escludere le visioni distorte o precisamente a correggerle, testimoniando per l'appunto la complessità dell'apparato visivo e i limiti invece di un'osservazione meccanica.
Per ciò che concerne, invece, l'andamento ellittico dei paesaggi e degli ambienti, Katz ritiene dimostrabile la tesi secondo cui l'ellisse è un principio compositivo adottato intenzionalmente da El Greco. Principio che spiega non solo la definizione spaziale delle composizioni del pittore ma anche una certa regolarità nell'allungamento dei corpi, non spiegando invece le deformazioni più irregolari anch'esse rinvenibili all'interno dei quadri.
Se quindi un andamento ellittico, all'interno dei quadri, potrebbe trovare una spiegazione in una forma di astigmatismo, questa non può spiegare altre presunte anomalie, riscontrabili in deformazioni meno regolari.
La confutazione delle tesi sul difetto oftalmico dell'artista, è in conclusione data dalle opere stesse, dall'incoerenza tra le anomalie, il che significa che le particolari caratteristiche dei quadri di El Greco sono dovute all'adozione di un principio pittorico. La soluzione della questione è dunque da cercarsi in quell'unicum formato dalle opere e dalla biografia del pittore che compartecipano alla costituzione del suo stile.

Indice

Introduzione: Il dubbio di El greco (Andrea Pinotti)
Nota ai testi
Ma El greco era davvero astigmatico? (David Katz)
David Katz: 1884-1953 (Rudolf Arnheim)
Bibliografia di David Katz
Opere di El Greco citate


L'autore

David Katz (1884-1953) psicologo svedese famoso per le sue ricerche sulla percezione del colore, in Psicologia della forma (1949) considera il significato della scuola della Gestalt sul piano teorico e su quello metodologico esaminando il contrasto fra questa scuola e la psicologia tradizionale.


Il curatore

Andrea Pinotti insegna Estetica all'Università degli Studi di Milano. Si occupa del rapporti fra estetica, teoria dell'immagine e storia delle arti visive. Fra le sue pubblicazioni ricordiamo: Piccola storia della lontananza(1999); Il corpo dello stile (2001); Memorie del neutro (2001); Quadro e tipo (2004); e Estetica della pittura (2007).

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