lunedì 4 gennaio 2010

Morin, Edgar, Il gioco della verità e dell’errore. Rigenerare la parola politica,

trad. it. di S. Manghi e R. Sardi, Trento, Erickson, 2009, pp. 180, € 14,00, ISBN 9788861375529.

Recensione di Paolo Calabrò – 04/01/2010

Filosofia politica, Epistemologia

“Questo libro avrebbe potuto intitolarsi: Manuale per affrontare la complessità del secolo” (p. 38). Così Edgar Morin apre Il gioco della verità e dell’errore, dedicato alla politica. Coerentemente con il suo motto “Collegare i saperi!” e con l’approccio transdisciplinare a cavallo tra la filosofia, la sociologia, la biologia e la teoria dei sistemi che lo contraddistingue, l’intellettuale francese intende spronare a riconoscere e a comprendere la complessità del nostro tempo e l’esigenza di riprendere il controllo del timone della politica, quella “cosa generale che necessita di idee generali in un mondo in cui le conoscenze generali sono insufficienti proprio perché generali, e le conoscenze specializzate insufficienti proprio perché specializzate” (p. 43).
La politica è strettamente intrecciata alla verità: smascherare la menzogna e proclamare la verità (agendo di conseguenza) è per così dire la ‘missione’ della politica. Intreccio visibile dappertutto: da «Pravda», ovvero «La verità», il nome del quotidiano fondato da Lenin, divenuto poi l’organo di stampa ufficiale del Partito comunista sovietico; passando per il nazismo hitleriano fondato sulla verità della teoria della razza (per il quale lo sterminio degli ebrei e delle loro falsità e mistificazioni è il semplice dar effetto a una legge ‘storica’ e ‘naturale’ più che una scelta deliberata, legge cui perfino il führer è sottomesso – come Hannah Arendt rilevò già nel 1951 nel suo Le origini del totalitarismo); fino alle odierne democrazie occidentali, presso le quali gran parte del dibattito è nutrita dall’invettiva verso coloro che fingono e tramano nell’ombra, che non operano veramente nell’interesse dei cittadini, che parlano con demagogia (quella forma particolare di infingimento usata per imbonire il popolo con argomenti fallaci ma dalla facile presa emotiva). Insomma, il rapporto con la verità è il dinamismo interno di ogni forma di politica intesa come conquista e amministrazione del potere nei confronti delle masse popolari.
Ora, Morin fa osservare che la ricerca in politica della ‘verità più vera’ (fino alla proclamazione ‘definitiva’ della verità, illusione dei totalitarismi ‘millenari’) conduce all’irrazionalità e al disastro: all’irrazionalità, perché non è davvero possibile riconoscere la verità intrinseca di qualcosa nell’ambito della politica (si immagini ad esempio di dimostrare la verità di una determinata politica energetica o fiscale: è una questione priva di senso) e si finisce per dare il proprio assenso a un marchio, uno slogan, un motivetto che propagandano se stessi come veri ma che in realtà vengono scelti solo perché in grado di vendersi meglio di quelli rivali; al disastro, perché in nome della verità con la maiuscola sono stati commessi dall’umanità i crimini più efferati.
Quale possibilità resta dunque, una volta scartata quella di riconoscere la verità in quanto tale di una teoria politica? Resta la possibilità di riconoscere l’errore di una teoria politica piuttosto che la sua verità. Morin si diffonde sulla concezione popperiana della teoria scientifica, servendosene per enunciare il suo concetto di biodegradabilità di una teoria: dal fatto che nessuna teoria scientifica possa dirsi vera – poiché 1) i dati su cui si basa sono mutevoli, incompleti e in continua evoluzione e 2) la teoria non viene dedotta ‘automaticamente’ dai dati, ma è frutto di un lavoro induttivo della mente che è invalicabilmente ‘personale’ (anche quando è collettivo) – non se ne conclude che tutte le teorie scientifiche siano false o inutili (il fatto stesso dell’enorme progresso scientifico dimostra proprio il contrario). Dove risiede dunque la forza di tali teorie? Donde proviene il prestigio dell’appellativo ‘scientifico’, garanzia di solidità e di affidabilità? “Una teoria è scientifica” conclude Morin sempre sulla linea di Popper “non perché è vera, ma perché consente che il suo errore si possa dimostrare” (p. 50). Il pensatore francese definisce una siffatta teoria ‘biodegradabile’, perché essa non rifiuta quel commercio con il mondo circostante (l’esperienza e la verifica) che può anche decretarne la morte.
In questa dialettica fra intrinseca falsificabilità e possibilità di smascheramento dimora quel “gioco della verità e dell’errore” in cui la proposta politica dovrebbe imparare a inserirsi, evitando di irrigidirsi su posizioni di principio. Ogni proposta politica dovrebbe essere enunciata in una forma falsificabile: dovrebbe cioè offrire la possibilità di dimostrare che quella determinata proposta politica è inadeguata perché incapace di far fronte al problema che si propone di risolvere. Questa è per Morin la base del pluralismo politico che egli auspica come fondamento di ogni di ogni democrazia. Da esso discendono diversi corollari: ad esempio, c’è bisogno della più ampia libertà di informazione affinché il dibattito e le possibilità di verifica siano più ampi possibile; in più, bisogna diffidare della razionalità monolitica sempre pronta a sfoderare la ‘necessità’ e il ‘male minore’ e simpatizzare invece con la devianza, la marginalità e ogni espressione della creatività. Ma Morin non si illude di aver scoperto la panacea o di poter ridurre tutto a un infantile ‘la fantasia al potere!’; egli è ben consapevole dei rischi insiti nell’esercizio della libertà che propaganda, così come della impopolarità della sua teoria del rapporto tra il mito, la verità e la relatività della conoscenza. Il suo non è un negare la complessità della politica, tutt’altro; è proprio il rilevare che – di fronte a tale complessità – la sfiducia e lo smarrimento sono inconcludenti e perniciosi. La complessità del reale va assunta ed elaborata: ecco il programma di Morin, contro ogni politica che in nome (o col pretesto) del realismo non fa altro che semplificare la realtà in maniera manichea, sfregiandola fino a renderla irriconoscibile (come ad esempio nelle caricature razziste cui abbiamo assistito nella storia passata, ma anche ai nostri giorni).
Il gioco della verità e dell’errore è costituito dalla seconda parte del volume di Morin intitolato Pour entrer dans le XXIe siècle (Paris, Éditions du Seuil, 2004; già pubblicato nel 1981 con il titolo Pour sortir du XXe siècle dall’editore parigino Nathan). Il volume è arricchito da due saggi scritti in occasione dell’80° compleanno di Morin: la lunga intervista redatta da Francois L’Yvonnet e l’omaggio di Alain Touraine. Il curatore (e il traduttore di gran parte) del volume è Sergio Manghi, docente di Sociologia dei processi culturali e comunicativi all’Università di Parma e autore del libro Il soggetto ecologico di Edgar Morin. Verso una società-mondo (ed. Erickson, 2009), che lo stesso Morin ha definito “il miglior libro scritto sul mio pensiero”.

Indice

La parola politica e l’uomo immaginario di Sergio Manghi 
Prefazione 
Introduzione 
Capitolo primo. Il gioco dell’errore e della verità 
Capitolo secondo. La missione dell’intellettuale 
Capitolo terzo. Che credere? Che fare? 
Una conclusione. Notte e nebbia. Intervista di Francois L’Yvonnet 
Appendice. Il complesso, l’uomo, l’opera. Omaggio a Edgar Morin per il suo 80° compleanno di Alain Touraine


L'autore

Edgar Morin (Parigi 1921), filosofo e sociologo francese, è uno dei più grandi pensatori del Novecento. È Direttore emerito di ricerca al CNRS (Francia), Presidente dell'Associazione per il pensiero complesso (Parigi), Titolare della Cattedra itinerante Edgar Morin (UNESCO), Membro del Consiglio di Stato per la pace e lo sviluppo (Unione Europea) e dell'Università per la pace (Nazioni Unite). Le sue opere sono tradotte in America latina, Iran, Cina e Giappone. Tra i suoi scritti in italiano più recenti: Aa. Vv., Della politica. Un vocabolario per ricominciare (Armando, 2008); L’anno I dell’era ecologica (Armando, 2007 – già recensito per «ReF», n° 27, marzo 2008); (con C. Pasqualini), Io, Edgar Morin. Una storia di vita (Franco Angeli, 2007); Lo spirito del tempo (Meltemi, 2005). I 6 volumi che compongono l’opera Il Metodo sono editi da Raffaello Cortina (il volume n° 3 è già stato recensito per «ReF», n° 30, giugno 2008).

Link

Progetto Babel – dedicato alla raccolta e alla presentazione dell’insieme delle opere di Edgar Morin (in italiano, francese e inglese, a cura dell’Università degli Studi di Bergamo): http://193.204.255.27/~morin/morin/.

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